FIAT : la lotta continua / L'Assemblea operaia di Torino

Tipologia Iconografica
Data cronica
1969
FIAT : la lotta continua / L'Assemblea operaia di Torino, 5 luglio 1969
FIAT : la lotta continua / L'Assemblea operaia di Torino, 5 luglio 1969

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1 manifesto

Contenuto

Manifesto di propaganda politica:

FIAT: la lotta continua

La giornata del 3 luglio non è un episodio isolato o una esplosione incontrollata di rivolta.
Essa viene dopo 50 GIORNI DI LOTTA ALLA FIAT, lotta che ha coinvolto un numero enorme di operai, ha bloccato completamente il ciclo produttivo, ha segnato il punto più alto di autonomia politica ed organizzativa finora raggiunto dalle lotte operaie, distruggendo ogni capacità di controllo sindacale.
Espulsi totalmente dalla lotta operaia i sindacati hanno tentato di deviarla dalla fabbrica verso l’esterno e di riconquistarne il controllo, proclamando uno sciopero generale di 24 ORE per il blocco degli affitti. Ma ancora una volta l’iniziativa operaia ha avuto il sopravvento.
Gli scioperi simbolici che si tramutano in una vacanza, con qualche comizio qua e là, servono solo ai burocrati.
Nelle mani degli operai, lo sciopero generale diventa l’occasione per unirsi, per generalizzare la lotta condotta all'interno.
La stampa di ogni colore si rifiuta di parlare di quello che succede alla FIAT o ne parla mentendo.
È ORA DI SPEZZARE QUESTA CONGIURA DEL SILENZIO, DI USCIRE DALL’ISOLAMENTO, DI COMUNICARE A TUTTI CON LA FORZA DEI FATTI L’ESPERIENZA DELLA FIAT MIRAFIORI.
Centinaia di operai e studenti decidono in assemblea di convocare per il giorno dello sciopero un grande corteo che da Mirafiori raggiunga i quartieri popolari, unisca gli operai delle diverse fabbriche. Nel pomeriggio di giovedì migliaia di operai incominciano ad affollarsi davanti alla Mirafiori. È una prova di forza, una manifestazione operaia massiccia, al di fuori e contro sindacati e partiti.
È il risultato della maturità raggiunta da quasi due mesi di lotta interna ed insieme la garanzia che la lotta continua e si rafforza.
È troppo per i padroni.
Prima ancora che il corteo si formi, un esercito di poliziotti e baschi neri si scaglia senza alcun preavviso sulla folla, pestando, arrestando, lanciando i lacrimogeni.
Cominciano gli scontri.
Il corteo si forma di nuovo più lontano, e si muove, raggiungendo Corso Traiano.
Qui la polizia carica di nuovo, furiosamente.
Ma poliziotti, padroni e governo hanno fatto male i loro conti.
In poco tempo non sono solo le avanguardie operaie e studentesche a sostenere gli scontri, ma tutta la popolazione proletaria dei quartieri.
Si formano le barricate, si risponde con le cariche alle cariche della polizia.
Per ora ed ore la battaglia continua e la polizia è costretta a ritirarsi.
Il corteo non serve più, è la lotta di massa che conta.
Non è una lotta di difesa: mentre gli scontri si fanno più duri nella zone di Corso Traiano, la lotta contagia altre zone della città, dal comune di Nichelino a Borgo S. Pietro a Moncalieri. Dappertutto le barricate, le pietre, il fuoco vengono opposti agli attacchi della polizia.
I giornali parleranno di estremisti: sono gli operai di Torino, i ragazzi e le donne.
Decine di migliaia di «estremisti», coscienti che l’unica arma degli sfruttati è la lotta e che vincere è possibile.
Poliziotti e carabinieri abituati a picchiare vigliaccamente, hanno paura, si disperdono. Mandati a bastonare un corteo si trovano di fronte alla forza impressionante della classe operaia.
Il 3 luglio ha dimostrato, se ancora ce n’era bisogno, che Torino è il momento più avanzato di un processo di lotta che attraversa tutta l’Italia, è il punto di riferimento politico per tutta la classe operaia.
La maturità e la forza degli operai si è espressa prima di tutto nella conquista del terreno di lotta all’interno della fabbrica, costruendovi la propria unità e la propria autonomia.
In questo processo, il controllo e la mediazione del sindacato sono stati spazzati via; al di là degli obiettivi parziali la lotta significato:

─ RIFIUTO DELL’ORGANIZZAZIONE CAPITALISTICA DEL LAVORO
─ RIFIUTO DEL SALARIO LEGATO ALLE ESIGENZE PRODUTTIVE DEL PADRONE
─ RIFIUTO DELLO SFRUTTAMENTO DENTRO E FUORI LA FABBRICA
 
Gli scioperi, i cortei, le assemblee interne, hanno fatto saltare le divisioni tra gli operi e hanno maturato l’organizzazione autonoma di classe, indicando gli obbiettivi della lotta:
 
─ AVERE SEMPRE L’INIZIATIVA IN FABBRICA CONTRO IL SINDACATO
─ 100 lire DI AUMENTO SULLA PAGA BASE UGUALE PER TUTTI
─ SECONDA CATEGORIA PER TUTTI
─ REALI RIDUZIONI DEL TEMPO DI LAVORO
 
Già in questa fase l’organizzazione ha avuto la forza di uscire dalla MIRAFIORI saldando strettamente operai e studenti ed estendendosi alle altre fabbriche FIAT, da Rivalta al Lingotto alla SPA di Stura.
È questo processo che ha consentito alla lotta di rovesciarsi giovedì sulla città, di affrontare in modo offensivo l’apparato repressivo dello stato borghese e di smascherare le manovre reazionarie del sindacato e del PCI, impegnati a raccogliere firme da presentare rispettosamente a qualche prefetto o ministro.
La lotta di fabbrica si e fatta così lotta operaia generale.
Non la rivolta di un giorno ma lotta continua, capace di coprire tutto il terreno dello scontro.
Un cartello issato su una barricata diceva chiaro il significato di questa lotta:

«CHE COSA VOGLIAMO?» TUTTO!

Oggi in Italia è in moto un processo rivoluzionario aperto che va al di là dello stesso grande significato del Maggio Francese.
Non è un movimento improvviso, ma una lotta che stringe saldamente operai e studenti, braccianti e tecnici.
Una lotta in cui i progetti capitalistici vengono continuamente sconvolti.
Il governo Rumor cade ridicolamente ad un giorno di distanza dalla lotta generale di Torino.
La violenza repressiva, ben lungi dal distruggere le avanguardie militanti, si scontra con la lotta di massa e la radicalizza.
Il grande programma di inserimento del PCI al governo viene svuotato dalla distruzione progressiva dell’influenza del PCI sui movimenti della classe operaia.
Già la lotta della Fiat di Torino si è ripercossa alla Fiat di Modena alla PIAGGIO di Pontedera alla Fiat e all’ALFA ROMEO di Milano e in tante altre fabbriche.
Le lotte per i contratti rappresentano in questo processo di generalizzazione un formidabile pericolo per i capitalisti e i loro servi.
Gli operai hanno già dimostrato nei fatti che la lotta non tollera di essere programmata col calendario dei padroni e del sindacato.
Le gabbie contrattuali sono già saltate, ma la presenza nelle lotte di milioni di operai insieme, ha in questa situazione un significato politico che va ben al di là della firma di un pezzo di carta.
Lo sanno i padroni, i quali hanno bisogno, per poter di nuovo prendere il fiato, di usare le lotte contrattuali per sconfiggere politicamente la classe operaia e per restituire forza ai sindacati.
Per questo la battaglia contrattuale è una battaglia tutta politica.
La vittoria operaia sta nella capacità di uscire avendo fatto piazza pulita dei falsi rappresentanti e rafforzato la propria organizzazione.
Ancora una volta la Fiat offre l’esempio più chiaro.
Agnelli ha già pagato un costo ben più alto di quello che avrebbe pagato accettando le rivendicazioni operaie.
Ma Agnelli oggi sa che nessuna concessione può frenare la lotta operaia, che al contrario ogni concessione si trasforma in un rilancio ancora più radicale della lotta.
La ricchezza politica della lotta Fiat, la sua forza di massa permettono ad oggi a tutta la classe operaia italiana di passare ad una fase di lotta sociale e generale su obiettivi, forme e tempi, non più fissati in base alle esigenze dello sviluppo capitalistico dal sindacato e dal partito, ma interamente determinati dall’organizzazione autonoma degli operai.
Gli operai Fiat non hanno aspettato la scadenza contrattuale (settembre) per chiedere ai padroni, come voleva il sindacato, irrisorie concessioni salariali e normative. La lotta degli operai della Fiat infatti ha rilanciato a livello di massa gli obiettivi che ha espresso nel corso del ’68 e ’69 dalla lotte delle maggiori concentrazioni operaie italiane da Milano a Porto Marghera, da Ivrea a Valdagno. Questi obiettivi sono:

─ Forte aumento per tutti sulla paga base
─ Abolizione delle categorie
─ Riduzione drastica dell'orario di lavoro e parità di salario non dilazionato nel tempo
─ Parificazione normativa immediata e completa tra operai e impiegati.

Sulla base di questa esperienza gli operai torinesi riuniti in assemblea dopo gli scontri del 3 luglio propongono a tutti gli operai italiani di aprire una nuova e più radicale fase della lotta di classe che faccia avanzare sugli obiettivi decisi dagli stessi operai, l’unificazione politica di tutte le esperienze autonome di lotta fin qui realizzate.
Per questo verrà indetto a Torino un convegno dei comitati e delle avanguardie operaie:

1.o) Per confrontare e unificare le diverse esperienze di lotta sulla base del significato della lotta alla Fiat.
2.o) Per mettere a punto gli obiettivi della nuova fase dello scontro di classe che, partendo dalla condizione materiale degli operai dovrà investire tutta l’organizzazione sociale capitalista.
 
DALLA FIAT A TORINO, DALLA FIAT A TUTTA ITALIA PER ORGANIZZARE NEL VIVO DELLE LOTTE LA MARCIA VERSO LA PRESA DEL POTERE.
 
5 luglio 1969                                                       L'Assemblea operaia di Torino


Tip. S.E.I.T. Livorno, 7 luglio 1969

Descrizione fisica

Manifesto a un colore: nero su carta bianca. Testo disposto su due colonne

Dimensioni

Altezza
50,0 cm
Larghezza
35,0 cm

Note dell'archivista

Data di acquisizione: March 14 2017 Archivio BFS Fondo manifesti. Dono M. Rosa-Clot

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Ente

provincia