PARODI, Lorenzo
Intestazione di autorità
- Intestazione
- PARODI, Lorenzo
Date di esistenza
- Luogo di nascita
- Nervi (Ge)
- Data di nascita
- 24/05/1926
- Luogo di morte
- Genova
- Data di morte
- 31/07/2011
Attività e/o professione
- Qualifica
- Operaio
Nazionalità
- Italiana
Biografia / Storia
Nasce a Nervi (ge) il 24 maggio 1926 da Bartolomeo e Maria Marsano, operaio. Inizia a lavorare a 14 anni presso una piccola officina di bulloneria a Nervi, nel 1942 viene assunto all’“Ansaldo Meccanica” dove anche il padre è operaio nel reparto fucinatura. È testimone delle agitazioni operaie che attraversano il capoluogo ligure durante tutto il 1943, e nella primavera successiva entra in clandestinità militando, con il nome di battaglia “Rezzi”, come partigiano combattente nella Brigata sap “Crosa”. Tale formazione si caratterizza per la presenza di un nutrito gruppo di operai di tendenza comunista libertaria. In questo periodo conosce Vero Grassini ‒ figlio di Emilio, una delle figure più interessanti dell’antifascismo anarchico genovese ‒ subito dopo, nell’autunno-inverno del 1944-45, si incontra con l’anarchico ex comunista Antonio Pittaluga che riunisce attorno a sé un gruppo di giovani molto attivo nella lotta contro i nazi-fascisti; lo stesso leader del gruppo rimarrà ucciso il 24 aprile 1945 in uno degli ultimi scontri tra partigiani e truppe tedesche. Subito dopo la guerra P. partecipa alle attività del movimento libertario ligure e inizia a collaborare alla stampa libertaria con cronache delle lotte operaie di Genova e dintorni (Nervi, la bella addormentata, «un», 12 settembre 1948, p. 2). Prende parte al convegno regionale della Federazione anarchica ligure (Genova-Pontedecimo 20 febbraio 1949), dove presenta una relazione su Gli anarchici e il movimento operaio. Nell’aprile successivo interviene al Terzo congresso della fai che si svolge a Livorno e, come altri militanti, rimane deluso dalla qualità degli interventi e le conclusioni politiche. Incontra Masini, con altri giovani anarchici genovesi tra i quali Vinazza, come lui stesso ricorda, la prima volta de visu il 5 maggio 1949 per discutere il nuovo «programma di lavoro» con il quale scardinare l’influenza «piccolo-borghese» della rivista «Volontà» e del giornale «conservatore» «L’Adunata dei refrattari» (L. Parodi, Memorie 1944-1968, p. 41). Aderisce al nascente Gruppo d’iniziativa per un movimento “orientato e federato”, in particolare al collettivo di studio da questi promosso nell’estate del 1950. In questo periodo partecipa, come redattore, alla pubblicazione di «Inquietudine», rivista ciclostilata edita dalla Gioventù anarchica ligure, uscita tra il 1949 e i primi mesi del 1950. Si dedica alla lettura di testi classici di politica e di economia e in particolare legge, confutandolo, il saggio di James Burnham La rivoluzione dei tecnici, pubblicato da Mondadori nel 1946 (Corrispondenze, «Cantiere» bollettino bimestrale del collettivo di studio, ottobre-novembre 1950, p. 5). È tra i partecipanti alla Prima conferenza nazionale dei gaap (Genova-Pontedecimo, 1951), durante la quale interviene più volte sostenendo la necessità per l’organizzazione di impegnarsi nel mondo del lavoro, e specificatamente nella cgil, tanto che entra a far parte dell’esecutivo provinciale della fiom (Lettera di A. Vinazza della segreteria del cn/gaap, 23 marzo 1951). È sempre tra i protagonisti del dibattito interno anche alla Seconda conferenza nazionale (Firenze, 1952), nella quale è nominato membro del Comitato nazionale con l’incarico della relazioni esterne ‒ ed è anche investito dell’incarico specifico delle relazioni sindacali. Nel corso del dibattito ha modo di illustrare compiutamente sia il lavoro svolto nel sindacato sia i limiti e le contraddizioni dell’intervento degli anarchici nel mondo del lavoro. P. ritiene insufficiente il lavoro svolto nella cgil dalla componente anarchica e propone un rilancio dell’azione sindacale dei cds nei quali lo stesso P., insieme a Vinazza, fa parte della segreteria nazionale. Ciò che maggiormente P. imputa ai cds e ai militanti che ne fanno parte è il fatto di non riuscire a promuovere un lavoro collettivo come «corrente anarchica» all’interno della cgil. A questa deficienza, ricorda P., sicuramente ha contribuito anche l’opera “anti-sindacale” di disgregazione del gruppi del «movimento generico». Ed è perciò che P. ritiene necessario, per uscire da questa impasse, individuare degli obiettivi prioritari per i gaap, tra i quali la creazione di una commissione sindacale composta da un minimo di tre militanti che rilanci l’attività organizzativa e l’edizione di un bollettino sindacale. Questo lavoro deve essere compiuto dai militanti dei gaap nella prospettiva del prossimo Congresso nazionale della cgil, ed è P. che si incarica di coordinare il lavoro teorico di preparazione dei militanti. Va qui precisato qual era il giudizio che dava dell’evoluzione del movimento sindacale in quegli anni, rispetto al ruolo che il sindacato aveva avuto nella storia del movimento operaio nel periodo precedente al fascismo e dopo la fine del regime. Secondo P., si era assistito a una sua profonda trasformazione che aveva sancito la subalternità del sindacato all’influenza dei partiti politici, processo che aveva avviato una deleteria burocratizzazione dell’organizzazione che ‒ insieme all’eredità di certe politiche corporative e di compromesso ‒ veniva vissuta come uno dei peggiori mali che affliggevano il sindacato. L’obiettivo principale dei nuovi sindacati nati nel Secondo dopoguerra era stato quello di «frenare» la spinta delle masse dei lavoratori attraverso il compromesso fordista, cioè un’integrazione dei sindacati nello Stato democratico in nome, appunto, della «collaborazione di classe» e dell’interesse capitalistico-nazionale. È per questo che, secondo P., il ruolo degli anarchici nel sindacato, oltre che quello di resistere al processo di riorganizzazione del sistema di produzione, doveva essere quello di rivendicare una maggiore «democraticità» interna, per ridare centralità all’iniziativa degli organismi periferici e fiducia ai delegati di base, al fine di superare la stasi degli organismi di gestione come le «commissioni interne».
Alla fine dell’anno partecipa al Terzo congresso nazionale della cgil (Napoli, 26 novembre-3 dicembre 1952) nel quale è eletto membro supplente nel direttivo nazionale dell’organizzazione insieme ad altri lavoratori anarchici come Attilio Sassi, Gaetano Gervasio – delegato nazionale membro del direttivo della fiom – e Marcello Bianconi. In questi anni P. ricopre anche l’incarico di membro del direttivo della fiom locale e del comitato sindacale di fabbrica e nella successiva Terza conferenza nazionale (Livorno, 1953) presenta un’articolata relazione sul lavoro svolto in ambito sindacale. Nell’introduzione al suo intervento, mette in evidenza quelle che lui considera le criticità della tradizione sindacalista italiana, che ruota su tre errori di impostazione: «1) l’apoliticità, della quale noi possiamo precisarne la giustificazione teorica e storica che data da Bakunin in contrasto con Marx nel salvaguardare all’Internazionale il carattere di organizzazione di massa che le era peculiare, mentre come è stata propagandata non ha fatto che creare cattive interpretazioni, date le posizioni reazionarie che si hanno in merito; 2) l’anarcosindacalismo che ha impedito il divulgarsi della concezione Bakuniniana sulla esigenza del rapporto organico movimento rivoluzionario-organizzazione di massa, che ha generato concezioni antideologiche, antipartitistiche e il mito della spontaneità; 3) la funzione rivoluzionaria del sindacato che è stata propagandata in modo massimalista, senza legarsi alla concezione bakuniniana della lotta unitaria operai-contadini, mentre proprio sulla tradizione bakuniniana si è saldato il movimento rivoluzionario del 1920 che vide unificarsi la concezione tattica delle punte avanzate del movimento operaio italiano». Poi, nella relazione analizza l’atteggiamento degli anarchici sulla questione sindacale dopo la fine della guerra, sottolineando come «i cds sarebbero stati la giusta applicazione della tesi sul rapporto organico movimento rivoluzionario organizzazione di massa se ci fosse stata l’organizzazione anarchica capace di esercitare la sua attività nel sindacato», ma questo buon proposito si è scontrato con «l’assenza della chiarezza» generale che ha provocato disorientamento e scelte spesso caratterizzate da delle volontà «scissioniste», condizionando in questo l’«efficienza dei cds». P. riconferma la fiducia nella «formula cds», soprattutto ora che le conseguenze delle scissioni sindacali si fanno più sentire sulla capacità della classe operaia di rispondere alle politiche padronali. Per P., come per i gaap, è strategica la scelta di mantenere una presenza organizzata comunista libertaria all’interno della cgil ‒ «dentro i Comitati sindacali di fabbrica, organismi nuovi e più importanti delle Commissioni interne dal punto di vista della lotta di classe, fino ai Comitati direttivi di sezione, provinciali ecc.» ‒ al fine di rivendicare, in nome dell’«unità operaia» e della «democrazia sindacale», un maggior ruolo del sindacato nei conflitti sociali e nella vita del paese. A conclusioni dei lavori, P. è riconfermato nel cn con il compito di curare il lavoro di massa. In questi anni P. garantisce una collaborazione continuata a «L’Impulso» ‒ di cui è anche diffusore tra i compagni di lavoro ‒ con articoli sul mondo del lavoro ma non solo come, ad esempio, quando interviene ‒ in occasione del decennale dell’inizio della Resistenza ‒ per ricordare l’importanza di quell’esperienza collettiva, soprattutto nelle fabbriche del Nord Italia, e la concomitante reazione padronale con il ritorno sulla scena politica dei fascisti (La reazione nelle fabbriche, 15 dicembre 1954, p. 1). Una reazione che stava mettendo a dura prova le organizzazioni sindacali, con l’espulsione dalle fabbriche di centinaia di quadri, e con l’introduzione di nuovi sistemi di organizzazione della produzione (Il decennale della Resistenza, 15 marzo 1954, p. 2). In questo periodo P. si dedica alla studio dei mutamenti dei processi produttivi, ritenendo che ‒ per superare la politica «produttivistica» del pci che ha diffuso tra gli operai una «subalternità teorica» che ne ha favorito il disarmo ideologico ‒ occorra l’intervento di un’opposizione di classe adeguato ai tempi, (Perché i lavoratori conoscano e sappiano resistere agli strumenti vecchi e nuovi dell’assedio padronale, 15 luglio 1955, pp. 1 e 2). È presente alla Quarta conferenza nazionale, (Bologna, 1954) durante la quale è confermato come membro del Comitato nazionale e responsabile delle “relazioni esterne”. In tale veste partecipa, insieme a Cervetto, all’incontro organizzato e promosso dai rappresentanti del pcint a Milano il 19 maggio 1955, al fine di trovare una piattaforma comune di opposizione sindacale tra le minoranze della sinistra operaia. All’evento partecipano anche Damen e Bottaioli per il pcint, Maitan e Villani per i gcr, Delucchi per i cds, Seniga e Noè per i gac e Damonti e Sanò per la Federazione anarchica lombarda. P., durante l’incontro, ricorda che «l’opposizione di base si manifesta in tutte le vertenze, laddove le istanze di lotta dei lavoratori si scontrano col tatticismo distensivo della direzione socialcomunista», ed è per questo che occorre rivendicare «una concreta democratizzazione del sindacato», con «l’accoglimento delle istanze di base, contro l’interferenza» dei partiti politici. Per queste e altre ragioni, i gaapisti ritengono che bisogna «prepararsi fin d’ora» per il prossimo congresso della cgil, «potenziando la corrente d’opposizione per avere all’occasione una rappresentanza sufficiente a far sentire la nostra voce» (Circolare 36 bis, Genova Sestri 28 maggio 1955). Quello dell’organizzazione di una corrente di “opposizione di classe” all’interno della cgil, è un tema che nei mesi seguenti P. porterà avanti con coerenza, insistendovi pure nel corso del suo intervento alla Quinta conferenza nazionale (Pisa, 1955); al termine della quale, è riconfermato nel suo incarico nella “relazioni esterne” ed è nominato membro del Comitato nazionale. La nascita della nuova opposizione di sinistra guidata da Seniga ‒ promotore dei gac ‒ che si sviluppa all’interno del pci, offre a P. la possibilità di concretizzare la sua proposta per la costruzione di un’opposizione di classe all’interno del sindacato nazionale ed è per questo che condivide la scelta strategica e tattica della organizzazione di stringere i rapporti con i gruppi comunisti dissidenti. I risultati di questo lavoro teorico e pratico di P. si vedranno nei mesi successivi quando i gaap interverranno in maniera organizzata in diversi congressi territoriali e nazionali di categoria. Basti qui ricordare, ad esempio, l’azione dei gaapisti durante il Congresso nazionale della fiom, al quale partecipano dieci delegati libertari di cui otto dei gaap – tra i quali Scattoni e lo stesso P. – che intervengono più volte durante il dibattito. Al termine del Congresso Scattoni insieme a Gervasio – non aderente ai gaap – verranno eletti membri del Comitato centrale dell’organizzazione. P. scriverà per «L’Impulso» un articolo che riassumerà nei termini generali il lavoro svolto con soddisfazione nelle diverse istanze degli appuntamenti precongressuali del sindacato (La nostra partecipazione ed il nostro contributo nei vari congressi camerali e di categoria, 31 gennaio 1956).
Il 27 febbraio 1956, dunque, inizia a Roma il iv Congresso nazionale della cgil, gli oltre mille delegati all’apertura dei lavori trovano sui propri tavoli la Dichiarazione della Corrente unitaria degli anarchici distribuita dai militanti gaapisti, documento scritto da P. alcuni mesi prima. Il Congresso, al termine dei lavori, delibera che a fronte dello strapotere dei monopoli si instauri, «in luogo dell’economia del massimo profitto, una “economia del lavoro”, che realizzi in Italia i principi sociali e i rapporti economici dettati dalla Costituzione», e sui problemi dell’organizzazione approva l’istituzione delle sezioni sindacali aziendali, proposta lanciata durante la prima Conferenza di organizzazione del dicembre 1954. Le sezioni sindacali – «strumento per l’elaborazione democratica di una politica sindacale aziendale, per l’organizzazione della lotta e di tutta l’attività sindacale» – saranno affiancate dalle leghe e dai gruppi femminili. Per i gaap e per lo stesso P. non sono soddisfacenti le conclusioni del congresso, anche se grazie a loro la Corrente unitaria degli anarchici ha avuto sicuramente una buona visibilità. Di fatto non sono riusciti a piazzare un proprio militante nella Vice segreteria e, come scrive Vinazza, «i nostri hanno dovuto sudare le tradizionali sette camicie per riuscire a far passare Parodi “effettivo” nel cd» (Minuta della lettera di A. Vinazza a A. Cervetto, Genova Sestri, 8 marzo 1956). Nella relazione che P. invia all’organizzazione sull’andamento del Congresso, e che poi verrà distribuita sotto forma di circolare ai militanti, l’operaio genovese individua anzitutto in tre punti critici dell’azione della Corrente anarchica unitaria: «1) – l’attività precongressuale della nostra corrente si è sviluppata quasi esclusivamente ad opera della nostra organizzazione e, organicamente, in una sola categoria (la fiom) per cui non è stato possibile avere un maggior numero di delegati; 2) – l’apporto dei compagni del movimento generico pesa agli effetti della delegazione di corrente rappresentata al Congresso (su 7 delegati, 4 erano dei loro) in quanto questi compagni occupano dei posti-chiave nella cgil, ma nella realizzazione di un vero lavoro di “corrente” essi non portano un contributo sostanziale; 3) – per la riuscita di un lavoro di questo genere occorre evitare ogni precipitazione e ingenuità, seguendo seriamente una certa tattica». Gli ostacoli maggiori – continua la relazione – si sono manifestati nell’impossibilità di poter intervenire nei lavori congressuali e nella difficoltà, considerato l’esiguo numero di delegati, di avere una rappresentanza adeguata negli organi direttivi. L’intervento di Sassi, autorevole leader anarcosindacalista dei minatori, viene così interpretato da P.: «Passando da un argomento all’altro, questo vecchio “terribile” disse delle grandi verità dimostrando anche una certa conoscenza dei problemi. Purtroppo era un intervento scontato in partenza; preso alla leggera per il tono umoristico e passatista; e soprattutto era l’intervento di una persona che rappresentava soltanto se stessa e il suo passato, non importa se glorioso. Insomma, la storia del Congresso di Napoli si è ripetuta. Sassi ha parlato a nome personale, ma intanto egli, membro del cd eletto per la corrente anarchica, viene interessatamente considerato dai dirigenti l’oratore ufficiale; e quindi non ci è stato possibile realizzare l’intervento qualificato» (Circolare 45 bis, Genova-Sestri 15 marzo 1956). Poi, il giudizio di P. sull’andamento politico/sindacale del dibattito non si discosta da quello di Marzocchi che, dalle pagine de «Il Libertario», definisce il congresso un vero «appuntamento col conformismo». Unico forse dato positivo, per P., è l’incontro con altre minoranze come quella dell’up, che vede eletti nel Comitato direttivo nazionale del sindacato Tagliazucchi e il socialista Pietro Bianconi, collaboratore di «Nuova Repubblica», e già aderente dal 1953 all’organizzazione di Calamandrei. Alla fine, gli anarchici presenti nel Comitato direttivo nazionale della cgil saranno Marcello Bianconi della Commissione esecutiva della Camera confederale del lavoro di Genova – assente dal congresso per causa di salute – Gervasio, membro del Comitato centrale della fiom, P. del Comitato direttivo della fiom di Genova, mentre Marzocchi è eletto membro supplente. I mesi della primavera e estate del 1956 sono per P., come per gli altri militanti dei gaap, intensi da tanti punti di vista per l’evolversi della situazione politica internazionale e nazionale. Alla Sesta conferenza nazionale (Milano, 1956), P. interviene sempre sul lavoro svolto in campo sindacale, ricordando le trasformazioni in atto e che «in un certo senso, si può dire che il processo di «destalinizzazione» e di «democratizzazione» in atto in campo specificatamente politico è stato trasferito in modo meccanico sul piano sindacale coll’agitare, da una parte dei massimi dirigenti, la bandiera della «riunificazione sindacale». È in atto una colossale manovra, e con l’approvazione dei gruppi «illuminati» della borghesia, per «socialdemocratizzare» le masse operaie. Identifica la presente situazione come fase «neo-giolittiana», di integrazione cioè delle masse operaie nel quadro della presente società di classe, della conservazione di un capitalismo «migliorato» e corretto, sulla base degli schemi del piano Vanoni, della ceca, oggi accettati – con riserve puramente formali – dai dirigenti sindacali e politici del pci e del psi (Verbale [manoscritto] dei lavori della viConferenza nazionale, Milano 13-14-15 ottobre 1956). P. condivide le scelte strategiche e tattiche dell’organizzazione approvate alla Sesta conferenza, compreso il cambio di denominazione da gaap a fcl e la politica di alleanza con i gac. Al termine dei lavoro P. è ancora una volta eletto nel Comitato nazionale e nominato responsabile del lavoro sindacale. La crisi e le rivolte operaie, prima in Polonia e poi in Ungheria, vedono ancora P. impegnato nel denunciare il ruolo controrivoluzionario del pci, va ricordato in particolare il suo intervento nella sessione del Comitato direttivo nazionale della cgil del 20-21 novembre 1956, nel corso del quale si manifestano ampiamente tutti i malumori e i disagi dei militanti, soprattutto comunisti e socialisti, di fronte agli avvenimenti internazionali; in questo frangente P., insieme a Marzocchi, interviene a nome della «corrente anarchica unitaria», tenendo una posizione internazionalista e di denuncia della repressione in Ungheria e delle ambiguità e complicità dei dirigenti italiani comunisti, e di quelli sindacali legati alla più stretta ortodossia togliattiana. In questo contesto P. è tra i partecipanti, il 16 dicembre 1956, al Cinema Dante di Milano, della Conferenza indetta dalle quattro organizzazioni ‒ fcl, gac, pcint e gcr ‒ su «La situazione del movimento operaio in Italia e nel mondo», che rappresenta il punto d’arrivo di mesi di lavoro politico, ma anche il coagularsi alla sinistra del pci di un’opposizione di classe e rivoluzionaria che, oltre a condannare la repressione indiscriminata dei lavoratori ungheresi e polacchi, denuncia la politica opportunista della direzione togliattiana del partito italiano e il ruolo subalterno di quest’ultimo alla politica imperialista dell’urss.
Con la costituzione del Comitato d’azione della Sinistra comunista continua l’impegno di P., che per il nuovo organismo è incaricato di stendere una “piattaforma teorica” d’intervento sindacale che poi presenterà all’incontro torinese del 10 marzo 1957. La relazione di P., in sintesi, descrive la necessita di costruire, nei posti di lavoro, un’opposizione operaia contro la «collaborazione di classe per la ricostruzione nazionale», contro il «Piano Vanoni» – che coinvolge i sindacati e la socialdemocrazia italiana nello sviluppo del capitalismo di Stato – per ribadire l’autonomia sindacale e la centralità della lotta di classe come mezzo per affermare l’unità dei lavoratori. La relazione si conclude con l’invito a battersi «contro l’opportunismo, il corporativismo, l’aziendalismo programmatico», rifiutando ogni possibile «collaborazione di classe» e formazione di «aristocrazie operaie», per rivendicare e difendere le «libertà sindacali», nel quadro di un’iniziativa solidale «nazionale e internazionale» (Piattaforma di opposizione sindacale proposta dal Comitato d’Azione della Sinistra Comunista al Convegno sindacale indetto a Torino per il 10 marzo 1957, «ac», 15 marzo 1957). P. condivide la scelta della fcl, con il progetto di fusione con i gac, e alla Settima conferenza nazionale (Genova, 1957) è il relatore dell’ultimo documento del Comitato nazionale che introduce i lavori dell’assise con cui si rivendica, con coerenza e orgoglio, il percorso politico iniziato otto anni prima e si riafferma la volontà della fcl di costituire uno degli anelli fondamentali per una nuova unità rivoluzionaria. P. approva la mozione conclusiva della conferenza nazionale nella quale si delibera la fusione dell’organizzazione con i gruppi guidati da Seniga per la costituzione del Movimento della sinistra comunista. Nella conferenza, P. è nominato membro della commissione per la cura dei dettagli pratici della nuova scelta organizzativa e politica della fcl. P. partecipa attivamente alla vita del msc e in questo periodo ha un confronto determinante, sul piano teorico e su quello politico, con Masini soprattutto sulla proposta avanzata da quest’ultimo di una partecipazione del movimento alle prossime elezioni politiche. P., come Cervetto, giudica negativamente questa proposta e il 14 luglio 1957 durante la riunione del cn ha un vivace scontro con l’intellettuale toscano. Poco tempo dopo P. sottoscrive la lettera di risposta a Masini sulla questione elettorale, scritta da Cervetto e firmata da altri militanti liguri. Tale presa di posizioni sarà poi alla base della discussione del cn del 25 agosto 1957 che rigetterà il progetto di Masini. È una divaricazione politica ormai inarrestabile quella che li separa. P. sarà tra i promotori e i protagonisti del Primo convegno nazionale della nuova organizzazione (Livorno, 3-4 novembre 1957), nel quale Cervetto presenta con un lungo intervento, le note Tesi sullo sviluppo dell’imperialismo, poi ciclostilate e distribuite tramite il circuito del «Bollettino interno» dell’organizzazione. Il documento si incentra sulla constatazione che l’organizzazione dovrà affrontare un lungo periodo controrivoluzionario nella prospettiva di un nuovo sviluppo dell’imperialismo “unitario” e del “capitalismo di Stato”, anche in aree del globo, come il continente asiatico, fino a quel momento toccate marginalmente dal modo di produzione capitalistico, uno sviluppo condizionato da ritmi ineguali ma caratterizzato da un’estensione del mercato mondiale mai visto precedentemente nella storia dell’umanità. In questo contesto è individuato il quadro strategico e storico per lo sviluppo del nuovo partito rivoluzionario basato su una solida pratica e teoria neo-leninista. Il convegno del msc si conclude con un nulla di fatto dal momento che il movimento rimane fortemente indebolito dall’eterogeneità delle posizioni interne dei singoli militanti e gruppi, situazione che accentua in P., come in Cervetto, la necessità di impostare un nuovo percorso di distinzione teorica da quelle che vengono giudicate scelte politiche sbagliate. Con una serie di interventi, P. precisa la propria posizione riguardo al progetto di partito, cioè un’organizzazione rivoluzionaria di quadri ideologicamente ancorata al pensiero leninista, criticando aspramente le posizioni di “compromesso” di Masini (Cfr. Movimento di dissidenza o movimento di iniziativa per la formazione del partito di classe?, «Bollettino interno», febbraio 1958, pp. 11-12; e Per entrare nella prospettiva della formazione del partito di classe, ivi, marzo 1958, pp. 4-7). Nei primi mesi del 1958 P. elabora, inoltre, insieme sempre a Cervetto il Progetto di tesi sulla questione sindacale che viene pubblicato nel numero di giugno del «Bollettino interno» del msc. P., poi, è tra coloro che promuovono l’autonomia del Comitato ligure del msc dal cn (Dichiarazione del Comitato ligure del Movimento della Sinistra Comunista, 8 luglio 1958) e al successivo Convegno nazionale del msc, (Genova, 1958), su iniziativa del Gruppo “Roma centro”, sostiene la “censura” delle attività del Centro nazionale di Milano (Seniga-Masini). P., infine, sottoscrive la risoluzione finale del convegno nella quale si accusano Seniga e Masini di aver dato un indirizzo «opportunistico» al Centro nazionale e concesso l’appoggio «a certe correnti e gruppi autonomisti e revisionisti operanti nel psi nella prospettiva dell’unificazione socialista». Dopo la rottura con Masini e Seniga P., negli anni seguenti, costituirà, insieme a Cervetto, il nucleo di militanti che all’interno del msc esprimerà una posizione neo-leninista, contrapponendosi a coloro che invece guarderanno con sempre più evidenti simpatie al modello comunista cinese. Al termine di un duro confronto P., insieme a Cervetto e ad altri militanti, costituirà i Gruppi operai leninisti della sinistra comunista e parteciperà alla fondazione del periodico «Lotta comunista». Nella nuova organizzazione P. continuerà a interessarsi di questioni sindacali, ricoprendo incarichi dirigenziali. Muore a Genova il 31 luglio 2011. (F. Bertolucci).
Fonti
Fonti: Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Direzione generale di Pubblica sicurezza, Divisione Affari Generali, 1954, b. 18; Archivio A. Cervetto, Savona; Archivio Biblioteca Franco Serantini, Carte GAAP, Comitato nazionale dei GAAP; ilsrec Banca dati partigiani liguri; L. Parodi, Memorie 1944-1968, pro-manuscripto, Genova, 2004.
Bibliografia: scritti di P.: Cronache operaie: corrispondenze di fabbrica degli anni ’50, Milano, Lotta comunista, 1974; Critica del sindacato riformista, Milano, Lotta comunista, 1987; Critica del sindacato subalterno, Milano, Lotta comunista, 1988; Studi sullo sviluppo del capitalismo in Italia, 3 voll., Milano, Lotta comunista, 1998-2010; Grandi famiglie del capitale, Milano, Lotta comunista, 2010.
Scritti su P.: fai Congressi, 1963, p. 122; Peregalli, 1980; E.A. Marsilii, Il movimento anarchico a Genova (1943-1950), Genova, Annexia edizioni, 2004, pp. 100-101, 103-113, 161-164; Pier Carlo Masini: impegno civile e ricerca storica tra anarchismo, socialismo e democrazia, a cura di F. Bertolucci e G. Mangini, Pisa, BFS, 2008, pp. 30-46; La vita fortunata di Lorenzo Parodi, «Lotta comunista», nn. 491-492, luglio-agosto 2011; G. La Barbera, Lotta comunista: il gruppo originario 1943-1952, Milano, Lotta comunista, 2012, ad indicem; P. Iuso, Gli anarchici nell’età repubblicana: dalla Resistenza agli anni della Contestazione 1943-1968, Pisa, BFS, 2014, ad indicem; D. Erba con la collaborazione di P. Bourrinet, P. Casciola, A. Pellegatta, Sovversivi: incontri e scontri sotto la falce e il martello, Milano, All’insegna del gatto rosso, 2015, p. 222; G. La Barbera, Lotta comunista: verso il partito strategia 1953-1965, Milano, Lotta comunista, 2015, ad indicem; G. La Barbera, Lotta comunista: il modello bolscevico 1965-1995, Milano, Lotta comunista, 2017, ad indicem; A. Cervetto, Opere 23. Carteggio 1948-53, Milano, Lotta comunista, 2018, ad indicem; A. Cervetto, Opere 24. Carteggio 1954-58, Milano, Lotta comunista, 2019, ad indicem; A. Cervetto, Opere 25. Carteggio 1959-65, Milano, Lotta comunista, 2019, ad indicem.