CERVETTO, Arrigo

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
CERVETTO, Arrigo

Date di esistenza

Luogo di nascita
Buenos Aires
Data di nascita
16 Aprile 1927
Luogo di morte
Savona
Data di morte
23 Febbraio 1995

Wikipedia

Arrigo Cervetto

Attività e/o professione

Qualifica
Operaio

Nazionalità

Italiana

Biografia / Storia

Nasce a Buenos Aires il 16 aprile 1927 da Amedeo e Bernardina Eugenia Pasquino, operaio. La famiglia era emigrata, come moltissimi altri italiani, in cerca di lavoro in Argentina nei primi anni del Novecento. Cervetto ritorna a Savona da ragazzo e vive presso suo nonno e sua zia, in un quartiere della vecchia periferia operaia della città. Qui conosce Bogliani, con cui condividerà una lunga amicizia e l’impegno politico. Nel primavera del 1943, durante gli scioperi contro la guerra che investono il triangolo industriale, Cervetto matura definitivamente la scelta antifascista e l’anno successivo, nonostante la giovane età, aderisce come partigiano combattente alla Brigata Savona “Sguerso” della Divisione autonoma “Fumagalli” con il nome di battaglia “Stalin”. La formazione opera nel retroterra cittadino di Savona e nel basso Piemonte. Cervetto rimane ferito durante un’azione il 9 luglio 1944 nei pressi di Torre di Mondovì (cn) e per questo verrà decorato con la croce al merito. Al termine della guerra ritorna a Savona e, da subito, si immerge nell’attività politica militando nel “Fronte della gioventù per l’indipendenza nazionale e per la libertà”, e aderendo al pci. Tra i suoi compagni c’è Parisotto, anch’egli reduce dalla Resistenza, che sarà con lui nei gaap. L’impegno di Cervetto nelle file del pci termina nel 1946 a causa della politica di compromesso avviata dalla direzione togliattiana e alle campagne reazionarie contro i partigiani. Ecco come racconta lo stesso Cervetto in una lettera a Masini il suo passaggio dagli entusiasmi della lotta partigiana all’impegno politico: «Avevo diciotto anni quando, dopo 12 mesi di partigiano, ritornai a casa. In tutta Savona serpeggiava attraverso il rosso delle bandiere, dei fazzoletti, delle coccarde rosse, l’entusiasmo comunista. Sembrava l’avvento di una nuova era, il premio di tante speranze. Si parlava, si beveva, ci si sentiva “compagni”. Mi iscrissi al Partito Comunista, frequentai le riunioni, le cellule, le sezioni. Mi misi a leggere Lenin, Marx, Engels come sapevo. “Questa è la verità” pensavo tra me. Ma non bastava. Allora cominciai a leggere Vittorini e il Politecnico. Si formava in me quella passione per la letteratura che ho ancora adesso» (Lettera di A. Cervetto a P.C. Masini, [autunno 1948]). Avvicinatosi alle idee libertarie, costituisce insieme ad altri giovani il Gruppo “Né dio Né padrone” che si unisce all’altro gruppo savonese, “P. Gori”, nell’attività di propaganda e agitazione politica. In quel periodo C. conosce Marzocchi, – militante anarchico di lunga data con un curriculum di tutto rispetto, antifascista della prima ora, fuoruscito, miliziano nella Spagna repubblicana e poi resistente in Francia – con cui stringe un’amicizia fatta di rispetto e lealtà, che si manterrà anche dopo che le loro strade politiche si divaricheranno. Il gruppo giovanile di Cervetto si inserisce nel movimento libertario ligure raccolto intorno alla Federazione anarchica, erede di una forte tradizione presente sul territorio fin dai tempi della Prima Internazionale. Sono giovani per lo più di origine proletaria, C. stesso è operaio nello stabilimento siderurgico dell’ilva, che vivono e operano nello stesso quartiere e che hanno qualche anno di esperienza in comune. Di essi si ha notizia per la prima volta il 24 novembre 1946 in un convegno della “Gioventù anarchica” a Genova Sestri. Poi, su «Il Libertario» del 16 settembre 1947, vi è la convocazione nei locali del gruppo di via Noberasco di un Convegno dei giovani anarchici della riviera ligure di Ponente, all’ordine del giorno la necessità di un collegamento per la propaganda e l’esplicito invito a Doglio e Masini, reduci dalla breve esperienza come redattori del periodico «Gioventù anarchica», a mettersi in contatto. Il gruppo inizia l’affissione di un suo giornale murale dal 22 settembre 1947 in via S. Lorenzo, il 1° maggio 1948 Masini è oratore al teatro Chiabrera di Savona ed è forse in quest’occasione che Cervetto lo incontra. Tra i due si forma subito una forte intesa fatta di amicizia e condivisione politica.

 

Cervetto, anni dopo, racconterà che il militante toscano era stato «quello che meglio» era riuscito a cogliere a fondo il suo carattere, la sua esperienza, la sua determinazione. «La sua conoscenza della storia, illustrata non a grandi linee come faceva Bordiga ma nei particolari anche biografici che io gli chiedevo per poterli confrontare con la pratica che conoscevo, agiva da sprone nei miei confronti» (La Barbera, 2012, p. 46). È in questo periodo che Cervetto inizia a collaborare con la stampa libertaria: «L’Adunata dei refrattari», «Umanità nova», «L’Amico del Popolo». Su «Volontà» scrive un breve articolo dal titolo esemplificativo Considerazioni d’un giovane (15 novembre 1948, pp. 274-277) e il testo si conclude con le seguenti parole che fotografano bene il carattere e il pensiero di C. giovane ventenne: «Studiare, insomma, la natura della crisi odierna e trovare soluzioni anarchiche, poiché non ne siamo immuni, anzi ne siamo la parte cosciente e progressista, atta a sentire maggiormente il bisogno di elevazione dell’individuo. Elevare vuol dire evadere da uno stato d’inferiorità morale, cioè rendere l’uomo né bestia né asceta, ma individuo umano, libero, padrone della sua volontà». In questi anni Cervetto è tra i redattori di «Inquietudine», rivista ciclostilata edita dalla Gioventù anarchica ligure tra il 1949 e i primi mesi del 1950, sul numero di aprile della quale appaiono due suoi racconti, tra i suoi primi scritti d’argomento letterario editi dalla stampa libertaria (La rivolta, p. 12 e L’incendio, p. 17). C. partecipa in qualità di delegato al Terzo congresso della fai (Livorno, 1949) ma rimane fortemente deluso dal livello del dibattito e dalle eccessive polemiche e diatribe tra i militanti. Subito dopo – in accordo con Masini e in collaborazione con altri militanti delusi dalla situazione politica in cui versa il movimento – aderisce al gruppo d’iniziativa per un movimento “orientato e federato”. Ben presto diventa discriminante nei confronti del “movimento generico” il richiamo alla tradizione classista e organizzatrice dei primi internazionalisti italiani, contro l’area degli antiorganizzatori nel campo libertario definita “resistenzialista”. Cervetto non sviluppa una completa concezione dell’anarchismo ma cerca una sintesi tra questa tradizione e il patrimonio culturale e teorico del marxismo. Lui stesso si definisce, in una lettera a Masini, quasi un «marxista-anarchico» che però deve ancora molto «leggere, studiare, vagliare e criticare prima di adottare schemi fissi» (Lettera di A. Cervetto a P.C. Masini, 6 giugno 1949). Sarà Masini stesso a indirizzarlo nelle letture e nello studio dei principali teorici del socialismo dell’Ottocento e del Novecento. Da questo stretto rapporto nasce anche uno dei primi articoli politici di Cervetto, dedicato alla rivolta di Kronstadt e pubblicato dal settimanale anarchico «Umanità nova» del 12 giugno 1949. Va qui precisato che in questo precoce testo di C. vi è sicuramente la mano “esperta” di Masini, allora come detto redattore di «Umanità nova», dal momento in cui si evince dal testo la coesistenza di due tesi di analisi sullo Stato, sul ruolo di Lenin e sui Soviet. È stato ipotizzato, da alcune ricerche nell’ambito della ricostruzione storica del rapporto tra i due militanti, in questo testo la genesi di una divergenza di fondo sulla «dittatura del proletariato» e sul processo «simultaneo» tra dissoluzione dello Stato e rivoluzione, contrasto che poi in seguito maturerà in maniera più chiara. Già nell’estate di quell’anno Cervetto è esplicito nel­l’abbracciare gli ideali del socialismo scientifico: «Sto cercando una strada giusta e l’ho imboccata. Vado avanti bene. Non credevo che il marxismo, e soprattutto il leninismo potesse essere un’arma così potente. Giorno per giorno ne trovo alimento per le mie concezioni e per il mio studio. Se non se ne esce fanatici, se ne esce rivoluzionari» (Lettera di A. Cervetto a P.C. Masini, Savona 29 luglio 1949). Il confronto teorico con Masini continua intenso in questo periodo. I due, a novembre, si incontrano con altri militanti savonesi con i quali vi è un confronto serrato sul da farsi e sulle posizioni teoriche del gruppo de «L’Impulso». Da una lettera di Masini si evincono bene i problemi teorici e il suo disagio di fronte alle posizioni espresse da C. che ribadisce, con forza, le sue scelte che da un’iniziale posizione anarco-marxista lo indirizzano sempre più verso una più precisa posizione neo-leninista (Lettera di P.C. Masini e A. Cervetto, Cerbaia Val di Pesa 16 novembre 1949). Nel frattempo, a settembre, esce il primo numero del periodico «L’Impulso», espressione dei gruppi raccolti intorno a Masini, e nel febbraio del 1950 viene pubblicato il testo Resistenzialismo piano di sconfitta (Note critiche sull’indirizzo della rivista “Volontà”), scritto in buona parte da Masini ma che viene discusso, condiviso e sottoscritto anche da Cervetto insieme a Scattoni e Sbriccoli. Cervetto continua a studiare e leggere con passione e voracità, e ad affinare la propria cultura politica, abbandonando ogni residuo di ideologie libertarie e socialiste generiche. In questo senso in una lettera a Masini della primavera del 1950 è fortemente esplicito: «La nostra ragione, credo, invece è quella di essere un neo-leninismo con altri obiettivi: un leninismo perfezionato, critico ecc. Lo scoglio che abbiamo davanti è lo scoglio che fece scrivere a Lenin Stato e rivoluzione: la questione del potere (non fisico, né autoritario, ma pratico, ma vitale per conservare una Rivoluzione). Credo che siamo sulla strada giusta per superarlo. Trovata la formula per un “nuovo potere” avremo vinto una importante battaglia teorica» (Lettera di A. Cervetto a P.C. Masini, Savona 1° marzo 1950). Tra le letture che certamente spingono Cervetto ad abbracciare il marxismo vi è Gramsci. Per Cervetto abbinare Gramsci, che lui definisce «il più li­bertario dei teorici del marxismo», e Lenin vuol dire unire la «precisione teorica, l’intelligenza nella ricerca, la capacità ideologica, il metodo di studio» del primo con «il genio tattico organizzativo, l’intransigenza, la politicizzazione della volontà rivoluzionaria» del secondo (Lettera di A. Cervetto a P.C. Masini, Savona 10 febbraio 1950). È in questo periodo che Cervetto allarga il giro delle sue relazioni politiche, in ambito non solo locale, ma soprattutto nazionale. Inizia a corrispondere ad esempio con il trockista Livio Maitan, con il quale ha uno scambio epistolare proprio sulla questione teorica dell’estinzione dello Stato nell’interpretazione anarchica e marxista. Nel frattempo ‒ nella riunione del 14-15 agosto 1950 del Gruppo d’iniziativa per un movimento “orientato e federato”, che si tiene a Firenze ‒ Cervetto insieme a F. Bazzanella e a Masini è nominato membro del Comitato politico-ideologico che ha il compito di stendere le tesi teoriche e programmatiche della futura nuova organizzazione libertaria, che prenderà vita nel febbraio dell’anno seguente con il convegno di Genova- Pontedecimo. Cervetto e Masini, sono i due principali protagonisti del dibattito che vi si svolge.

 

Nell’esposizione delle Tesi, approvate, sulla «liquidazione dello Stato come apparato di classe», Cervetto precisa nel corso dell’esposizione che è stato scelto il termine «liquidazione» «per rendere più evidente» l’atteggiamento teorico dei gaap «nei riguardi dello Stato». Infatti per Cervetto «altre espressioni, come “abolizione” dello Stato, “estinzione” dello Stato, discendono da atteggiamenti» che prefiguranto «l’idea della scomparsa spontanea» sostenuta in particolare dai socialdemocratici, mentre si è ritenuto più pertinente adot­tare il concetto di “liquidazione” derivandolo dal pensiero gramsciano della «teoria del “blocco storico”», e alla sua «concezione storicistica» dell’evoluzione della so­­cietà, un’interpretazione «nuova del materialismo storico», «vitale in opposizione alle interpretazioni deterministiche» e «mec­­ca­ni­cistiche», che «sono in definitiva astratte, e tacciate di infantilismo dal Gramsci stesso» (Rendiconto della Conferenza nazionale anarchica per un movimento orientato e federato, Genova-Pontedecimo, gaap 1, p. 294). In un passo del documento sulle linee politiche dell’organizzazione – che viene approvato e fatto proprio dall’organizzazione nell’ambito della Conferenza nazionale e frutto del lavoro del Comitato di lavoro politico-culturale di cui ha fatto parte, co­me detto, lo stesso Cervetto – è possibile già intravedere alcune riflessioni anticipatrici delle sue successive elaborazioni teoriche sulla questione della natura e lo sviluppo del capitalismo contemporaneo: «Non esistono due imperialismi di diverso grado e natura, fra i quali la classe lavoratrice possa avere la possibilità di scelta». L’imperialismo è una «manifestazione unitaria di una società divisa in classe ed in Stati» (I Gruppi anarchici d’azione proletaria nella presente situazione politica, gaap 1, p. 308). L’imperialismo indivisibile diventa il tema costante dell’analisi: non si tratta per i rivoluzionari di scegliere fra usa e urss, ma di cogliere nelle contraddizioni dell’imperialismo e su scala mondiale i sintomi di «sostanze infiammabili» che riaccendano la lotta di classe. In occasione di ognuna delle conferenze nazionali dei gaap, Cervetto presenterà diversi lavori da cui emerge la sua concezione dell’imperialismo, dello sviluppo ineguale del capitalismo, delle sue parti e della conseguente necessità di declinare una nuova strategia rivoluzionaria. Al termine dei lavori della Conferenza, Cervetto è nominato mem­bro del Comitato nazionale. In questo periodo si intensificano le sue collaborazioni giornalistiche oltre che su «L’Impulso» anche su «Il Libertario» di Milano, diretto da Mantovani, nel quale pubblica numerosi articoli dedicati a temi di politica internazionale. Tra l’estate del 1951 e la primavera del 1952 C. si trasferisce per motivi di lavoro in Argentina, emigrazione forzata dovuta al licenziamento subito all’ilva nella primavera dell’anno precedente. Nel paese latinoamericano avvia contatti proficui con esuli spagnoli e militanti libertari, sia a Buenos Aires che a Montevideo (Uruguay). Ritorna in Italia alla fine del maggio del 1952, giusto in tempo, per partecipare alla Seconda conferenza nazionale (Firenze) e intervenire più volte nel dibattito sottolineando la necessità di un maggiore approfondimento sul ruolo politico ed economico dei due blocchi imperialisti contrapposti. Al termine dell’assise è nominato membro del Comitato nazionale con l’incarico della propaganda. In questo periodo è impegnato anche nel campo sindacale ricoprendo l’incarico di membro della Commissione esecutiva della cdl di Savona (Lettera di A. Vinazza a P.C. Masini, Genova Sestri, 9 dicembre 1952).

 

Dopo il suo rientro in Italia si tuffa con ancora più vigore e determinazione nello studio, dimostrando il progresso intellettuale e teorico compiuto. Alla fine del 1952 viene coinvolto da Bosio, conosciuto tramite Masini, nel progetto promosso dalla Biblioteca Feltrinelli di una bibliografia della stampa operaia e socialista in Italia. Cervetto si occupa di approfondire la storia del movimento operaio e socialista nella provincia di Savona, da cui trae alcuni saggi successivamente pubblicati, e altri rimasti a lungo inediti, dedicati alla Resistenza nel savonese. In questi saggi dimostra di saper padroneggiare con destrezza le fonti e le proprie passioni, si va formando in lui la tempra dell’intellettuale che si dedica a tempo pieno alla causa rivoluzionaria. Un ruolo quello che Cervetto si va definendo che può ben essere riassunto dalla concezione gram­sciana dell’«intellettuale nuovo» che deve – immergendosi nello studio della centralità del lavoro industriale della società moderna – svolgere una funzione di «elaboratore e mediatore» dell’ideologia, passaggio fondamentale – secondo Gramsci – per la conquista e l’esercizio dell’egemonia culturale da parte della classe proletaria su quella bor­ghese. Nel contempo continua il confronto teorico con Masini. È evidente come ormai tra i due militanti sia sempre più netta la diversità di concezione dell’organizzazione e delle sue finalità. Mentre il militante toscano insiste con un approccio verso una forma di organizzazione “laica”, che pur richiamandosi a una tradizione – quella libertaria – la superi riuscendo in un’ardita operazione di sintesi di pensiero con altre scuole, identificate non semplicemente per correnti ma per singole persone, Cervetto ritiene che solo attraverso il ripristino di una teoria rivoluzionaria, di cui il leninismo costituisca la base, sarà possibile costruire una nuova organizzazione rivoluzionaria di quadri. Il confronto ha anche momenti intensi come quello che si svolge, sempre sul tema del­la politica internazionale e il ruolo di usa e urss, al Comitato nazionale di Genova-Nervi del 26 ottobre 1952. Un confronto che Cervetto ha anche con altri militanti del­l’organizzazione come Vinazza e Filosofo. Alla fine dell’aprile del 1953 Parisotto, un militante del gruppo di Savona abbastanza noto, si suicida. Il gesto colpisce tutti i militanti dell’organizzazione e in particolare Cervetto, di cui era stato amico fin dall’immediato dopoguerra (A. Cervetto, Piero Parisotto (Alce), «imp», 15 maggio 1953). Cervetto è poi presente alla Terza conferenza nazionale (Livorno, 1953), nella quale presenta una relazione dettagliata sull’imperialismo, che ruota sul concetto che «l’imperialismo oggi è già in crisi, che non è ancora crisi generale; è più periferica che interna, più nei paesi satelliti che nelle metropoli dell’imperialismo» (I gaap escono rinsaldati e rafforzati dalla terza conferenza nazionale di Livorno, «imp», 15 ottobre 1953). Al termine dei lavori è nominato nel Comitato nazionale con il compito di curare la propaganda. In questo ruolo Cervetto, oltre a coordinare i rapporti tra il cn e i gruppi locali, svolge un proficuo lavoro di relazioni con le altre componenti della sinistra rivoluzionaria, in particolare con Damen e il pcint e altri nuclei di militanti come quelli di Cremona raccolti intorno a Danilo Montaldi. Cervetto si muove in questa direzione coerentemente con quanto espresso dai deliberati della Terza conferenza che aveva dichiarato la volontà di «agitare il problema dell’unità della classe operaia sul piano della preparazione ideologica, dell’azione politica e della propaganda». Cervetto è coinvolto direttamente da Masini nei progetti di agganciare da un punto di vista del confronto politico il pcint, e in questo senso va intesa la sua partecipazione al progetto di redazione collegiale della rivista «Prometeo» – nato dopo l’incontro del 18 ottobre 1953 di Milano della «Sinistra operaia» – che raccoglie un pugno di militanti di diversa provenienza culturale e politica. Anche se i rapporti con Damen e il suo gruppo non saranno facili, e spesso saranno interrotti da contrasti ideologici e personali, Cervetto continua il suo lavoro di chiarificazione e di presenza tanto che, insieme a Masini, sarà tra gli osservatori alla Seconda Conferenza nazionale del pcint (Milano, marzo 1955).

 

In questi anni Cervetto svolge, come già accennato, anche un lavoro storico culturale che spesso sfocia in articoli e lunghe recensioni di libri pubblicate da «L’Impulso». Ad esempio l’uscita della prima ricerca organica sulla storia della Resistenza scritta da Roberto Battaglia è recensita da Cervetto con molta attenzione, sottolineando che l’opera colma una «grave lacuna» nella storiografia contemporanea e che l’autore «ha compiuto un lavoro meritevole radunando una vastissima documentazione dispersa, ricollegandola, riordinandola sistematicamente argomento per argomento, capitolo per capitolo», un libro utile a «fronte della spudorata» mole «di menzogne che da anni, con un’impronta chiaramente fascista, avvelena l’opinione pubblica», ma nel contempo ne evidenzia un limite e cioè quello che la ricerca non è «la vera storia rivoluzionaria della Resistenza». Infatti, per Cervetto, l’opera di Battaglia «non riassume criticamente l’esperienza storica, perché non indica come l’attuale situazione politica sia strettamente legata alla politica della lotta di liberazione, perché non ne trae quella dura lezione che i fatti, col tempo, hanno dato. Un libro come quello del Battaglia può essere utile al proletariato ma non può essere un testo di pedagogia rivoluzionaria». Ciò perché, agli occhi di Cervetto, l’interpretazione data da Battaglia del moto resistenziale, a livello sia nazionale che europeo, si concentra sugli aspetti di lotta di liberazione nazionale dal nazifascismo e non di quella antimperialista, non va alle cause reali del conflitto ma accetta supinamente l’idea di «fronte unito» contro le dittature nazi-fasciste, in nome di una generale e generica idea di difesa delle de­­mocrazie liberali, senza interrogarsi sulle dinamiche e le contraddizioni del capitalismo internazionale che sono alla base del conflitto. Va ricordato, infine, che questo impegno di Cervetto nella ricerca sulla Resistenza continuerà, tanto che un suo lavoro sul territorio savonese negli anni 1943-1945 sarà premiato in un concorso letterario con il primo premio a pari merito con un’altra ricerca. L’opera è stata poi pubblicata, molti anni più tardi, dopo la scomparsa dell’autore, e presenta vari spunti interessanti nel raccontare la storia di quella generazione di operai «che, a partire dalla difesa degli interessi immediati di classe, dopo gli scioperi del 1943 e spinta alla lotta politica e militare dalla elementare necessità di autodifesa», maturò l’adesione agli ideali rivoluzionari e comunisti. La ricerca va inserita nel contesto degli studi, relativi alla storia economica e sociale del savonese, che Cervetto portava avanti in quegli anni (Le lotte operaie alla Siderurgica di Savona, 1861-1913, «Movimento Operaio», 1954; La crisi del movimento operaio savonese e l’attività di G.M. Serrati nel 1912, «Movimento operaio e contadino in Liguria», 1957; Dopoguerra rosso e avvento del fascismo a Savona, «Rivista storica del socialismo», 1958). L’impegno nello studio non gli impedisce di proseguire quello politico e così alla Quarta conferenza (Bologna, 1954) è riconfermato membro del Comitato nazionale anche nel ruolo di segretario della “propaganda”.

 

Durante i lavori dell’assise interviene più volte e presenta una relazione, sempre dedicata allo sviluppo delle questioni internazionali e al ruolo del­l’imperialismo, nella quale precisa la necessità teorica di sviluppare un’attenta analisi dell’interpretazione della crisi dell’imperialismo, che ha le sue radici nelle due principali centrali imperialiste (usa e urss), «cioè collegando i sintomi e gli aspetti evidenti della crisi con determinate leggi dell’economia capitalista (sottoconsumo, tendenza alla caduta del saggio medio di profitto, la concentrazione e l’accentramento ecc.) nella sua fase imperialista». In secondo luogo, collegando allo studio teorico l’aspetto politico-economico, per una chiara visione d’insieme al fine di fissare per l’organizzazione una conseguente tattica d’intervento. Per lui è fondamentale «intervenire attivamente contro ogni manifestazione della forza imperialista predominante nel proprio paese» perché ciò «significa porsi in prima fila sul fronte della lotta di classe internazionale. Partecipare a ogni lotta che direttamente o indirettamente colpisce uno o tutti i settori dello imperialismo, partecipare distinguendosi ideologicamente e politicamente con proprie tesi, parole d’ordine, risoluzioni e denunciando la dialettica unitaria dell’imperialismo». Nelle vesti di segretario della propaganda, in questi mesi Cervetto sollecita i militanti a prestare particolare attenzione alla questione del proselitismo, al fine di rafforzare l’organizzazione non solo dal punto di vista quantitativo ma anche da quello qualitativo. Per lui è centrale la costruzione dell’«influenza rivoluzionaria» dell’organizzazione nel proletariato, e quindi se «mancano quadri e se vi è scarsa preparazione», la sua linea politica non potrà essere messa in pratica. È necessario, dunque, che i «singoli militanti diventino quadri rivoluzionari, preparati allo studio, allenati alla pratica, specializzati in un determinato ramo» al fine di «avere un peso, un prestigio, una forza, un’influenza su vari settori» e «costituire un centro d’attrazione proselitistica». Per Cervetto, come per altri militanti dell’organizzazione, è importante lavorare alla base dei grandi partiti di massa dove vi sono evidenti segnali di dissenso e critica, in particolare in quello comunista, verso le direzioni politiche. È un’ulteriore sollecitazione, dopo la Terza e Quarta conferenza dei gaap, a guardare verso la base del più grande partito comunista in Occidente, dove alcune crepe stanno rompendo il blocco monolitico della cultura stalinista. A tale proposito, Cervetto coglie con lucidità i segnali venuti durante la preparazione e lo svolgimento della Quarta Conferenza nazionale del pci del gennaio 1955. In questo periodo, e con questa impostazione teorica e pratica, Cervetto partecipa a numerosi incontri; ad esempio a quello promosso a Milano, il 19 maggio 1955, dai rappresentanti del pcint al fine di trovare una piattaforma comune di opposizione sindacale tra le minoranze della sinistra operaia. Sono questi me­si intensi anche per la preparazione della Quinta conferenza nazionale (Pisa, 1955), nella quale Cervetto sarà ancora nominato membro del Comitato nazionale. Inoltre è incaricato della direzione del periodico «L’Impulso» con collaboratori Ferrari e Libertino Padellaro. L’assise è aperta dal dibattito sul­l’appello lanciato dalla riunione tenuta a set­tembre, nel Giura francese, per commemorare Zimmerwald (1915-1955), relativo alle condizioni, i problemi e le prospettive del proletariato in Italia e nel mondo. Cervetto accompagna Masini nell’introduzione al confronto tra i delegati, alla fine del quale viene votata e approvata una risoluzione che fa proprio l’appello di Zimmerwald, im­pegnando l’organizzazione a elaborare un’analisi coerente sulla questione coloniale, del «terzo campo» e della crisi dell’imperialismo, assumendo come proprie le «parole d’ordine di unità delle forze operaie d’avanguardia, di conseguente opposizione di classe e di direzione rivoluzionaria» del succitato appello. Cervetto, inoltre, interviene in fase di discussione con una relazione sugli aspetti relativi all’attività di propaganda sostenendo – in linea con quanto aveva già espresso nella precedente conferenza centrata sulle «questioni nevralgiche» dello scontro imperialista – la necessità di concentrarsi sulla formazione dei quadri e il rafforzamento dell’organizzazione nell’ottica di un lavoro di anni senza sbocchi politici apparentemente immediati, ma dedicandosi all’elaborazione teorica e senza perdere di vista il lavoro militante nelle situazioni di lotta dei lavoratori. In questi mesi, come segretario della propaganda, continua a tessere rapporti con gli altri gruppi della sinistra rivoluzionaria italiana e in particolare con il gruppo di militanti comunisti che, da poco tempo, hanno iniziato un’opera di critica alla direzione togliattiana del partito. Nel maggio del 1955 si incontra per la prima volta con Seniga e altri esponenti del gac, e dopo stila una relazione in cui sottolinea i limiti teorici di questo gruppo, ma ne coglie però anche la disponibilità ad aperture per un dialogo futuro, partendo anche da una più approfondita analisi sulla natura dell’urss, per questo sollecita i gaap a proseguire e migliorare i contatti. Il rapporto con i gruppi guidati da Seniga si intensificherà nei mesi successivi anzi, dopo le conclusioni del xx Congresso del pcus e del iv Congresso nazionale della cgil, porterà a una svolta importante non solo dal punto di vista politico generale ma anche nelle vicende personali del militante savonese. Dall’aprile del 1956 si succedono vari incontri tra esponenti dei gaap e dei gac sulla proposta di questi ultimi di condividere il progetto di creare un nuovo periodico di opposizione. I gaap, al termine del confronto, accettano la proposta e il 6 maggio 1956 il Comitato nazionale incarica Cervetto e Libertino Padellaro – giovane militante dei gaap entrato nell’organizzazione l’anno pre­­cedente – di rappresentare il gruppo nella messa a punto e nella redazione del nuovo periodico che prenderà il titolo di «Azione comunista». Questo, il cui principale finanziatore è Seniga, vedrà alla luce il 21 giugno 1956, un «parto dolorosissimo dopo tante doglie», cosi descrive l’evento Cervetto a Masini. L’arrivo di Cervetto e Libertino Padellaro a Milano è un’ulteriore svolta nella storia dei gaap, si avvia a compimento quel percorso di avvicinamento tra l’esperienza comunista libertaria di questi anni con militanti e gruppi d’area comunista rivoluzionaria, con­cretizzandosi così l’idea di avviare la costruzione di un’inedita terza forza, alternativa ai partiti storici della sinistra, visto che il momento storico, ai loro occhi, sembra essere propizio per tale scelta. Cervetto – che tra i gaapisti, sul progetto editoriale e politico con il gruppo guidato da Seniga, è sicuramente quello meno convinto e più incerto sul da farsi – ha lasciato un vivo ricordo del suo arrivo nella capitale meneghina: «In quella calda primavera girai in lungo e in largo Milano, incontrai centinaia di persone, partecipai a decine di riunioni.

 

Milano rappresentava il punto più vivo dell’evoluzione dei movimenti politici in Italia. Seguendola con attenzione potevo avere una visione abbastanza precisa delle tendenze in atto e del loro prevedibile futuro». Sono mesi intensissimi di lavoro per Cervetto, che ne mettono a dura prova la tempra di militante: solo l’autodisciplina e una forza morale non comune gli permettono di sopportare sacrifici e anche delusioni legate sia all’eterogeneità del gruppo di Seniga, sia all’emergere di contrasti personali con Libertino Padellaro. Cervetto, comunque, non demorde e nell’estate si impegna nelle attività dell’organizzazione, soprattutto per la preparazione della nuova conferenza nazionale che si dovrà tenere nell’autunno anche se poi sarà costretto, sia per le difficoltà materiali legate alla propria sopravvivenza quotidiana, sia per gli evidenti limiti organizzativi e teorici del Gruppo che ruota intorno a Seniga, a cessare la propria esperienza nella redazione del giornale. La fine di quel rapporto non significa cessazione completa della collaborazione, che invece si manterrà nel tempo, anche perché Cervetto afferma che «a Milano ci sono molte possibilità» per un proficuo lavoro politico. Cervetto è consapevole dell’enorme sforzo, politico e organizzativo, che negli ulti­mi mesi i gaap hanno sostenuto, un impegno senza precedenti, dimostrando che la «corrente» è diventata un «partito». Questa iperattività non deve però distogliere i militanti dal lavoro di approfondimento ideologico, evitando così di cadere nel «tatticismo». Solamente un «rapporto dialettico teoria-azione», secondo lui, può garantire alla minoranza rivoluzionaria di ergersi a punto di riferimento per tutti i rivoluzionari, e per far ciò occorre uscire dal «“pressapochismo” ideologico». Richiama l’attenzione dei militanti sul bisogno di man­tenere un filo coerente tra «la concezione teorica dell’imperialismo unitario» e la «situazione politica italiana e delle forze sociali e dei partiti che in questa situazione si muovono», perché «spesse volte», nelle «analisi di politica interna», si è concepita troppo la lotta politica italiana come qualcosa di avul­so dal contesto internazionale, e questo errore si può rilevare oltre che in alcuni articoli editi da «L’Impulso», anche nell’impostazione data alla ultima campagna politica in occasione delle elezioni am­mini­stra­tive della primavera. Cervetto insiste ancora su questi aspetti di insufficienza ideologica, sottolineando in particolare come non si sia sviluppata una maggiore coerente teoria della liquidazione dello Stato e una più convinta adesione in generale al materialismo storico e al marxismo leninismo, sui quali – si lamenta – non esistono ancora «tesi ufficiali e nemmeno una elaborazione collettiva». È importante che si elabori una «posizione teorica» sui «problemi del momento»: «democrazia e dittatura del proletariato», «riforma o rivoluzione» senza dimenticare l’annosa questione della carenza di un’analisi sui «problemi economici e della natura sociale dell’urss». Riguardo alla questione del cambiamento del nome in «Partito Comunista Libertario», avanzata negli ultimi mesi nel dibattito interno, egli è concorde, considerando che il termine anarchico sia ormai superato e rappresenti solo un’«istanza rivoluzionaria, primitiva, inorganica e confusionaria di fronte alla degenerazione riformista». Avverte però del pericolo che non tutti nell’organizzazione siano d’accordo su questa svolta e che, dunque, si possa prospettare la perdita di qualche militante e/o gruppo. Sulla questione del «partito di classe», Cervetto sviluppa un’analisi che sembra non discostarsi da quella di Masini, e rivendica il fatto che i gaap sono «l’organizzazione dove la disciplina ideologica è diventata un costume, dove la spontaneità non predomina sulla teoria, dove il senso della tattica è una norma». Per tutto ciò è necessario «rafforzare al massimo» l’organizzazione, «convogliare quante più forze è possibile» nei gaap, cosa che però non esclude a priori la collaborazione con i gac, ma su di un piano di rispetto alle relative sfere d’interessi. Tali ultime posizioni di Cervetto costituiscono un’ulteriore dichiarazione di distacco politico, ideologico e sentimentale dal movimento libertario in genere che ritiene, come dichiara esplicitamente durante i lavori della Sesta conferenza nazionale (Milano, 1956), un movimento degenerato «un caso patologico, che non riesce a concretare nulla» insterilito dal suo «conservatorismo ideologico» e che non va più considerato come un soggetto politico di riferimento. La Conferenza, tra le varie deliberazioni, decide di modificare la denominazione dell’organizzazione in fcl, e di stringere ulteriormente la collaborazione con i gac e gli altri gruppi della sinistra rivoluzionaria disponibili a scendere su questo piano per il progetto di un nuovo «Movimento Rivoluzionario con lo scopo generico di raccogliere tutti gli elementi rivoluzionari del pci». Cervetto condivide questa scelta, anche se al momento il progetto non è ancora definito nei suoi aspetti organizzativi e teorici. Durante la Conferenza – nel corso della quale è nuovamente nominato nel Comitato nazionale – presenta una relazione sulla questione internazionale, che negli ultimi mesi è fortemente in movimento, concentrando la propria attenzione su alcuni aspetti dello sviluppo dell’imperialismo: 1) la lotta per la conquista dei nuovi mercati; 2-3) lo sviluppo dell’imperialismo russo e i suoi rapporti con i paesi sottosviluppati; 4) la questione del mercato asiatico; 5) il xx Con­­gresso del pcus e le sue ripercussioni sui paesi del bloc­co sovietico; 6) la nuova area economica del blocco orientale; 7) gli effetti della crisi polacca (Poznań) negli equilibri economici dell’area dei paesi del “socialismo reale”; 8) la lotta per il controllo del Canale di Suez e le ripercussioni nel sistema mondiale economico.

 

Egli ritiene che il momento sia contraddistinto «da una fase di favorevole sviluppo economico delle centrali imperialiste, pur nelle naturali contraddizioni proprie della loro natura» con una crisi che tende ad acutizzarsi nei paesi coloniali. Sulla base di precisi e documentati dati «demolisce la favola della Russia socialista», inserendo «anch’essa nel quadro imperialista con il blocco occidentale, [con cui] essa forma un tutto unico». In realtà un ulteriore scossone al sistema economico e politico del Paesi del blocco sovietico si è manifestato già nel­l’estate del 1956, provocato dalla rivolta operaia che avviene a Poznań in Polonia. Per Cervetto, come per l’organizzazione comunista libertaria, la crisi che investe il blocco dei “paesi socialisti” va analizzata dal punto di vista strutturale, non soffermandosi sugli aspetti esteriori, e superando la semplice critica e/o responsabilità di Stalin come è uscita dal xx Congresso, perché solo così sarà possibile cogliere «i veri termini della nuova svolta sovietica». Per portare la polemica «su di un piano politico reale e concreto», vanno ricercati «tutti i caratteri che contraddistinguono la natura sociale del­l’Unione Sovietica e le sue spinte imperialistiche» che stanno facendo maturare importanti contraddizioni e crisi. La rivolta ungherese di fine ottobre del 1956 è, per i comunisti libertari, una riprova delle loro tesi sulla crisi del blocco dei “paesi socialisti”, ma con una novità che distingue l’insurrezione del paese magiaro dalle altre, infatti, per la redazione de «L’Impulso», questa «ha assunto proporzioni di massa, ha investito e mobilitato l’intera collettività popolare» e la sua «spontaneità» ha spiazzato uno dei regimi più «fortemente strutturati e centralizzati». «È stata la prima rivoluzione contro il capitalismo di stato in­carnato da una burocrazia formatasi sulla base di un doppio rapporto: da una parte quale agente di affari dell’imperialismo sovietico in Ungheria, dall’altra quale titolare del dominio di classe sul proletariato ungherese». Non bisogna dimenticare che le analisi sugli avvenimenti ungheresi e polacchi prodotte dai comunisti libertari in questo periodo, sono derivate in gran parte dalla lettura della pubblicistica della sinistra rivoluzionaria francese, e in particolare dalla rivista «Socialisme ou barbarie», come dimostra l’articolo (Un numero speciale di “Socialisme ou Barbarie” sugli avvenimenti ungheresi, «imp», 10 febbraio 1957). Il 16 dicembre 1956 Cervetto partecipa, al Cinema Dante di Milano, alla Conferenza indetta dalle quattro organizzazioni fcl, gac, pcint e gcr ‒ su La situazione del movimento operaio in Italia e nel mondo, che rappresenta il punto d’arrivo di mesi di lavoro politico ma anche il coagularsi alla sinistra del pci di un’opposizione di classe e rivoluzionaria che, oltre a condannare decisamente la repressione indiscriminata dei lavoratori ungheresi e polacchi, denuncia la politica opportunista della direzione togliattiana del partito italiano e il ruolo subalterno di quest’ultimo rispetto alla politica imperialista del­l’urss. Cervetto, nell’occasione, inter­vie­ne come «guastafeste» ponendo il «problema della strategia» e la «questione della natura sociale dell’urss come discriminante», ma in parte condivide la proposta di un progetto di mozione ufficiale avanzata da Damen che poi verrà pubblicato da «Azione comunista» del 15 gennaio 1957. Il documento proposto non sembra sia stato approvato dall’assemblea degli intervenuti ma solo messo agli atti, dal momento che le “differenze” tra le diverse componenti promotrici l’iniziativa non possono essere sintetizzate in cosi breve tempo. Il 30 dicembre 1956, insieme a Vinazza, partecipa a un incontro a Nizza con Fontenis, è l’ultimo incontro dell’icl che con la scomparsa della fcl italiana e la dissoluzione di quella francese cesserà le proprie attività nella primavera del 1957. Cervetto, nelle settimane successive alla Conferenza milanese, si mette al lavoro per stendere un lungo documento sulla natura del capitalismo di Stato, la prima parte del quale è pubblicata da «L’Impulso» alla fine di febbraio, e il giornale precisa che «nel pubblicare questo studio del compagno Cervetto come primo contributo alla elaborazione di tesi sul problema dell’imperialismo, del capitalismo di Stato e della natura sociale dell’urss, avvertiamo i lettori che esso sarà completato da una serie di altri appunti sull’industria sovietica e sulla produzione usa». L’approccio di Cervetto allo studio di questa fase dell’imperialismo e dello sviluppo dell’economia sovietica, parte dalla traccia dei lavori di Bordiga – ai quali riconosce il merito di avere sma­scherato il capitalismo di Stato come falso socialismo – ma andando oltre e inquadrando questo modello economico nelle forme più moderne della concentrazione imperialistica, tesi che si basa sul presupposto fondamentale secondo il quale ogni settore economico nazionale, al di sopra d’ogni contrasto che lo pone in lotta per la conquista e la ripartizione dei mercati, è sempre più legato al sistema economico mondiale, e in tale interdipendenza lavora e contribuisce allo sviluppo dell’imperialismo. Inoltre, l’attuale sviluppo dell’economia a livello planetario può essere così definita: «Il sistema capitalistico è un sistema mondiale che possiamo raffigurare in una serie di vasi intercomunicanti il cui contenuto è rappresentato dalla produzione mondiale e dal profitto che questa determina. Dalla potenza di ciascun vaso (potenza derivata dalla capacita produttiva e produttivistica ecc.) dipende il peso più o meno forte che il singolo paese ha nel complesso generale. In sostanza la cosiddetta competizione si risolve sempre più nel rafforzamento dei gruppi capitalistici più forti. Nel caso concreto la competizione rafforza in primo luogo gli usa e, solo in scala subordinata, l’urss e altri paesi. Se non fosse così perché sono stati gli usa quelli che, proporzionalmente, si sono avvantaggiati di più nella “competizione” e nelle gravi crisi scaturita da questa? In sostanza, tutti i fenomeni economici e politici dell’imperialismo debbono essere visti nella loro dialettica unità. Non vi è possibilità di scelta. Chi sceglie o parteggia, pur con tutte le riserve, per la Russia o l’America, non sceglie una parte ma tutto l’imperialismo».

 

Questa intuizione di Cervetto nell’individuare la tendenza del capitalismo contemporaneo ad accentuare la sua concentrazione e il suo “spirito monopolistico”, anticipa alcune riflessioni che saranno fatte proprie da alcuni pensatori nei decenni successivi come quelle di Baran e Sweezy, che però nell’analisi del ruolo dell’economia sovietica rimangono sostanzialmente ancorati a una visione arretrata, considerando ancora il sistema produttivo dell’urss un’economia di tipo socialistico. Non che nel pensiero marxiano non ci sia stato fino a quel momento un riconoscimento della potente tendenza alla concentrazione e centralizzazione del capitale insita in un’economia concorrenziale; lo stesso Marx ne parla nelle sue opere, lasciando intravedere quella che sarà la tendenza futura del capitalismo verso nuove forme di monopolio, e anche Lenin lo ribadisce nella sua teoria dell’imperialismo sul predominio del monopolio nei paesi a capitalismo avanzato, tanto che è ben nota la sua affermazione che «se si volesse dare la definizione più concisa possibile dell’imperialismo, si dovrebbe dire che l’imperialismo è lo stadio monopolistico del capitalismo». Il Monopolio, nella lettura di Cervetto, non ostacola la diffusione del capitalismo nelle aree arretrate, anzi, essendo l’imperialismo un grande esportatore di capitali, sempre alla ricerca di un saggio di profitto maggiore, svolge la funzione di acceleratore dell’industrializzazione nei paesi a giovane capitalismo, spesso ex-coloniali, dove vi è una grande disponibilità di manodopera a basso prezzo. È una tesi di Marx applicata all’India che Cervetto condivide e fa sua. Va considerato, però, che fino agli anni Cinquanta e Sessanta tale aspetto dello sviluppo capitalistico non è stato sufficientemente approfondito, in particolare in Italia, nell’analisi dei fondamenti della teoria economica marxista, né tanto meno in ambito libertario, ed è quello che appunto si appresta a fare Cervetto in questi anni, con tanta fatica e dedizione, anche se spesso questo “ruolo” non gli viene riconosciuto, dal momento che la sua riflessione sembra rimanere isolata ed emarginata dal dibattito a lui coevo. Cervetto, infine, condivide la scelta finale della fcl di fondersi con i gac e alla Settima conferenza nazionale (Genova, 1957), approva la mozione conclusiva nella quale si decide la confluenza dell’organizzazione insieme ai gruppi suddetti nel Movimento della sinistra comunista. Nella conferenza Cervetto è nominato membro della Commissione incaricata di curare i dettagli pratici che dovranno portare alla confluenza dell’organizzazione nel movimento unificato. Si chiude così questa esperienza politica, ma nel contempo se ne apre un’altra che accentuerà notevolmente le differenze tra Cervetto e Masini, i due protagonisti di questa storia. Entrambi, fin dai primi anni della loro comune esperienza, avevano iniziato una graduale divaricazione politico/culturale sul problema del­la organizzazione e delle sue prospettive po­litiche. Al momento della fusione con il gac, questa diversità non si è ancora palesata con forza, i due sono stati presi dagli avvenimenti e lo scontro è stato rimandato, inizierà a manifestarsi alla fine del 1957 per poi esplodere nel 1958, con la definitiva rottura non solo politica ma anche personale. Per Cervetto, l’esperienza dei gaap/fcl rappresenta la fase di incubazione di una nuova proposta organizzativa portata avanti da un “nucleo ristretto” di militanti che – partendo dalla necessità della sconfitta del Partito staliniano, in questo è perfettamente d’accordo con Masini – deve abbandonare ogni residuo di teoria libertaria, per orientarsi decisamente verso la costruzione di un nuovo soggetto rivoluzionario inquadrato in una concezione dell’organizzazione decisamente neo-leninista, al fine di ristabilire quell’ortodossia marxista all’inter­no della storia del movimento operaio che la politica opportunista del pci togliattiano, con la sua proposta di «via italiana al socialismo», aveva contribuito a diluire e depotenziare. Cervetto partecipa attivamente alla vita del msc e in questo periodo ha un confronto definitivo sul piano teorico e politico con Masini, soprattutto sulla proposta avanzata da quest’ultimo di una partecipazione del movimento alle prossime elezioni politiche. Poco tempo dopo Cervetto scrive una lettera critica verso tali posizioni, firmata anche da Parodi e altri militanti liguri. Tale presa di posizione sarà poi alla base della discussione del successivo cn del 25 agosto 1957 che rigetterà il progetto di Masini. È una divaricazione politica ormai inarrestabile quella tra i due. Cervetto sarà tra i promotori e i protagonisti del Primo convegno nazionale della nuova organizzazione (Livorno, 1957), nel quale presenta con un lungo intervento, le note Tesi sullo sviluppo dell’imperialismo, poi ciclostilate e distribuite tramite il circuito del «Bollettino interno» dell’organizzazione. Il documento si incentra sulla constatazione che l’organizzazione dovrà af­fron­ta­re un lungo periodo controrivoluzionario nella prospettiva di un nuovo sviluppo dell’imperialismo “unitario” e del “capitalismo di Stato”, anche in aree del globo, come il continente asiatico, fino a quel momento toccate marginalmente dal modo di produzione capitalistico, uno sviluppo condizionato da ritmi ineguali ma caratterizzato da un’estensione del mercato mondiale mai visto precedentemente nella storia dell’umanità. In questo contesto è individuato il quadro strategico e storico per lo sviluppo del nuovo partito rivoluzionario basato su una solida pratica e una solida teoria neo-leninista. Il convegno del msc si conclude con un nulla di fatto, dal momento che il movimento rimane fortemente indebolito dall’eterogeneità delle posizioni interne dei singoli militanti e gruppi, situazione che accentua in Cervetto, come in Parodi, la necessità di impostare un nuovo percorso di distinzione teorica da quelle che vengono giudicate scelte politiche sbagliate.


Con una serie di interventi, Cervetto precisa la propria posizione rispetto al progetto di partito, cioè un’organizzazione rivoluzionaria di quadri ideologicamente ancorata al pensiero leninista, criticando aspramente le posizioni di “compromesso” di Masini (Cfr. Analisi dell’imperialismo e lotta per il partito, «Bollettino interno del msc», febbraio 1958, pp. 13-20). Sempre insieme a Parodi, nei primi mesi del 1958, Cervetto elabora il Progetto di tesi sulla questione sindacale che viene pubblicato nel numero di giugno del «Bollettino interno del msc». C., poi, è tra coloro che promuovono l’autonomia del Comitato ligure del msc dal cn (Dichiarazione del Comitato ligure del Movimento della Sinistra Comunista, 8 luglio 1958) e al successivo Convegno nazionale del msc, svoltosi a Genova il 5 ottobre 1958, su iniziativa del Gruppo “Roma centro”, sostiene la “censura” delle attività del Centro nazionale di Milano (Seniga-Masini). Cervetto, infine, sottoscrive la risoluzione finale del convegno nella quale si accusano Seniga e Masini di aver dato un indirizzo «opportunistico» al Centro nazionale e concesso l’appoggio «a certe correnti e gruppi autonomisti e revisionisti operanti nel psi nella prospettiva dell’unificazione socialista». La storia del msc – dopo la rottura con Masini e Seniga – è per Cervetto, comunque, una storia “difficile” dal momento che deve affrontare una fronda interna, rappresentata dai fratelli Bazzanella e da Raimondi che negli anni 1963-65, sull’onda dell’influenza del­l’esperienza comunista cinese, mettono in discussione il modello organizzativo e teorico del militante savonese. I Bazzanella e Raimondi nel 1963 convocano a Padova un primo convegno con l’intento di costruire un’iniziativa politica tesa a raccogliere un’area d’opinione di sinistra che, sfruttando i «25 punti di Pechino», proponga la riapertura di un dibattito sul futuro del socialismo, sviluppando una critica serrata al modello dell’Unione Sovietica ma sostanzialmente allineata dal punto di vista teorico con il comunismo cinese. La svolta filo maoista di questo gruppo interno al msc si concretizzerà con la convocazione di un secondo convegno nazionale a Perugia nel maggio 1965, appuntamento che deciderà il trasferimento della redazione del giornale «Azione comunista» da Genova a Milano, con una nuova direzione gestita da Raimondi. I fratelli Bazzanella insieme a Raimondi saranno poi espulsi dal msc nel corso del Quarto convegno nazionale (Roma, 1965). Cervetto con un manipolo di militanti del suo gruppo concentrati soprattutto, ma non solo, in Liguria darà vita nel dicembre 1965 al periodico «Lotta comunista», organo dei Gruppi leninisti della sinistra comunista, dedicandosi alla militanza e allo studio a tempo pieno. Muore a Savona il 23 febbraio 1995. (F. Bertolucci).

Luoghi di attività

Luogo
Savona

Fonti

Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Direzione generale di Pubblica sicurezza, Divisione Affari Generali, 1954, b. 18; ilsrec Banca dati partigiani liguri; Archivio Biblioteca Franco Serantini, Carte GAAP, Comitato nazionale dei GAAP; Archivio Biblioteca Franco Serantini, Carte P.C. Masini, Corrispondenza

; Archivio A. Cervetto, Savona; Archivio A. Cervetto, Savona, Fondo Vinazza; L. Parodi, Le nostre scelte strategiche, «Lotta comunista», mar. 1995.

Bibliografia

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