CIMINI, Carlo
Intestazione di autorità
- Intestazione
- CIMINI, Carlo
Date di esistenza
- Luogo di nascita
- Pisa
- Data di nascita
- 16 marzo 1900
Attività e/o professione
- Qualifica
- Parrucchiere
Nazionalità
- Italiana
Biografia / Storia
Nasce a Pisa il 16 marzo 1900, da Gioconda Barone, parrucchiere. Affidato da bambino a Pietro Cerri, pensionato delle Ferrovie, cresce nel quartiere proletario di S. Antonio e in particolare nella via de La Nunziatina frequentata da sovversivi e dove aveva sede la cooperativa tipografica "Germinal", nella quale oltre alla stampa di opuscoli e manifesti veniva editato il settimanale «L'Avvenire anarchico». Il suo nome sale all'attenzione delle autorità di polizia quando, appena diciottenne e militare a Piacenza, dopo pochi giorni dal suo arrivo in caserma è accusato di disfattismo e condannato a tre mesi di carcere.
Nel Congresso provinciale del PSI che si svolge nell’aprile del 1919 nella sede di Via Vittorio Emanuele (oggi Corso Italia) relaziona, in apertura dei lavori, sulla condizione del movimento giovanile socialista e nell’agosto dello stesso anno è condannato ad altri tre mesi di reclusione per oltraggio nei confronti di agenti della forza pubblica. Pur giovanissimo e privo di formazione scolastica si ritaglia presto un proprio spazio sulle colonne de «L'Ora nostra». Nel marzo del 1920 interviene in merito al dibattito relativo alla costituzione di un fronte unico di tutte le forze rivoluzionarie, dichiarandosi favorevole all’unità di intenti principalmente tra socialisti e anarchici: «il rapido e positivo affermarsi del comunismo in Russia e la stretta unione delle forze borghesi, ci devono vieppiù convincere della bontà dell’unità proletaria [...] Al fronte unico della borghesia dobbiamo opporre il fronte unico del proletariato rosso, per l’avvento e la vittoria del comunismo».
I successivi interventi di Cimini sul periodico della Federazione socialista pisana si concentrano principalmente sulla questione dell’istruzione, sulla necessità di riconoscere il diritto dei figli dei proletari di elevarsi culturalmente e sull’organizzazione della stessa «Lega proletaria dei reduci di guerra» della quale ricopre l’incarico di segretario della sezione pisana. In questi mesi, proprio in qualità di segretario della Lega, interviene in varie iniziative di carattere locale, in occasione di inaugurazioni di bandiere e nuove sedi del partito. Nell’ottobre del 1920 è il segretario cittadino dell’«Unione socialista pisana» e si candida per la lista socialista alle elezioni amministrative del Comune di Pisa, ma non è eletto. Con la costituzione del PCd'I a Livrno nel gennaio del 1921 decide di aderire alla frazione comunista e a seguito della sostituzione di Ruffo Malvezzi, tra l'estate e l'autunno del 1921, è chiamato a ricoprire l'incarico di segretario della federazione pisana del partito coadiuvato nel suo compito da Guglielmo Taddei. Nel 1922 la federazione di Pisa a causa delle sue difficoltà organizzative si fonde a quella di Livorno e Cimini, proprio con Taddei, entra a far parte del Comitato esecutivo federale insieme ai livornesi Ilio Barontini, Gino Brilli e Lenzi; l’incarico di segretario della federazione interprovinciale è assunto da Barontini, incontrastato leader dei comunisti della zona.
Nel febbraio del 1923 Cimini è arrestato per complotto contro i poteri dello Stato, poi assolto perché le autorità non riescono a trovare prove sufficienti a sostenere il grave atto d'accusa. Cimini è definito dalle autorità di polizia nel 1925 un militante di «carattere mite, educato, rispettoso delle autorità, di discreta cultura», «assiduo lavoratore» e in contatto con i comunisti più attivi della provincia come Ciucci, Taddei e Giulio Guelfi che da poco tempo è espatriato con la famiglia in Francia. Corrispondente de «Il Lavoratore» di Trieste e de «l’Unità», è continuamente sottoposto a sorveglianza dopo le leggi eccezionali del 1926 sembra appartarsi dall'attività politica.
Nel primi anni trenta espatria clandestinamente stabilendosi a Parigi e nel 1934 è iscritto nella «Rubrica di frontiera». Nel 1936 è segnalato di nuovo a Genova, mentre la moglie Sabina Calloni - originaria di Livorno che condivide gli stessi ideali del marito - e i due figli rimangono a Parigi. Nell’estate dello stesso anno chiede il rilascio del passaporto per ricongiungersi con la famiglia e i figli; i frequenti spostamenti insospettiscono la polizia fascista e nell’agosto Cimini è convocato in Questura per un interrogatorio. Ai funzionari di polizia dichiara che i viaggi a Genova sono dovuti al fatto che in città, nel quartiere di Sampierdarena, vive una sua figlia che in questi mesi ha provveduto «a mettere in collegio» nata da una precedente relazione con la pisana Maria Brandini. Nello stesso interrogatorio dichiara inoltre di essere iscritto alla Federazione associazioni economiche italiane in Francia nella sezione parrucchieri e di non aver più svolto attività politica contro il regime; quando un funzionario di polizia fa riferimento ad incontri da lui avuti in Parigi con altri sovversivi italiani Cimini afferma: «ho incontrato qualcuno che già conoscevo. Per esempio Mingrino, ex deputato, impiegato all'Agenzia Gondrard; e certo Guelfi Giulio, ex Sindaco di Cascina [...] Furono però incontri casuali e non si parlò di politica». Nell’ottobre del 1936 è di nuovo a Parigi e in una nota dell'Ambasciata d’Italia è definito «un ozioso che vive sul lavoro della moglie e che frequenta con assiduità il Caffè “Tout va bien” sito nel Boulevard Saint Dénis, noto ritrovo dei peggiori sovversivi italiani e francesi. In tali ambienti il Cimini si dimostrava apertamente antifascista». Secondo la stessa nota Cimini vieta ai figli di frequentare le scuole italiane a Parigi in quanto non vuole che «imparino a fare il saluto romano».
Nei primi mesi del 1937 secondo una missiva del Ministero dell’Interno, a firma di Carmine Senise, futuro erede di Arturo Bocchini a capo della polizia fascista, a seguito di un esame comparativo calligrafico della Scuola Superiore di Polizia, Cimini è identificato nel «Mr. Nicole», l’anonimo autore della lettera inviata al comunista pisano Bruno Di Prete contenente frasi enigmatiche scritte con inchiostro simpatico nella quale si fa riferimento, sempre secondo l’interpretazione della polizia fascista, all’altro comunista pisano Roberto Barsotti. Nel maggio del 1937 pubblica un articolo su «La Voce degli italiani» stampata a Parigi, con il quale annuncia una festa per raccogliere fondi pro Brigate Garibaldi impegnate sul fronte spagnolo; nell’articolo si firma con la carica di Segretario del «gruppo sindacale dei parrucchieri italiani». Nel 1938 una copia de «l’Unità» è spedita da Parigi a Cogno Amerigo e Pantò Carmela, residenti a La Spezia, il mittente viene identificato in Cimini in quanto cognato della coppia. Questi continui movimenti tra Parigi e Genova, così come la vicenda della lettera sequestrata a firma di «Mr. Nicole» fanno presumere che Cimini, nonostante dichiari alle autorità la propria estraneità all'impegno politico, continui la propria attività antifascista e riesca a mantenere contatti con la rete clandestina di opposizione.
Nell’agosto del 1943 gli viene concesso il visto per una visita temporanea in Italia, con destinazione Genova, dove dichiara di doversi recare per motivi di salute; il Consolato di Parigi rilascia il nulla osta dichiarando che negli ultimi anni Cimini «non ha svolto attività contro il proprio paese». Dopo questa segnalazione si perdono le sue tracce e non si hanno notizie di sue successive attività e impegni politici. S'ignorano luogo e data di morte. (M. Bacchiet)
Fonti
Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; C. Cimini, Fronte unico, «L'Ora nostra» 20 marzo 1920; Id., Unione socialista Pisana, «L’Ora nostra», 30 ottobre 1920.
Bibliografia
Antifascisti nel Casellario Politico Centrale, 18 voll., Roma, 1989-1994, v. 6, p. 130; P. Consolani, La scissione del 1921 nelle provincie di Pisa e Livorno in La formazione del Partito comunista in Toscana (1919-1923): elementi di una ricerca, Firenze, Istituto Gramsci, Sezione Toscana, 1981.