DE MAIO, Pietro
Tipologia Persona
Intestazione di autorità
- Intestazione
- DE MAIO, Pietro
Date di esistenza
- Luogo di nascita
- Palmi
- Data di nascita
- 1901
Biografia / Storia
- Nasce a Palmi (Rc) il 9 febbraio 1901 da Domenico e Grazia Corio, ebanista. Svolge attiva propaganda comunista tra i compagni di lavoro sia prima che dopo l’avvento del fascismo. Nel 1920 è segnalato da Genova, dove si era recato temporaneamente, a causa delle sue idee sovversive. Nel febbraio 1926 è a Nizza; rientrato in Italia l’8 marzo, viene fermato a Ventimiglia e il giorno dopo, munito di foglio di via obbligatorio per il suo paese, si presenta al locale ufficio di PS dove si dichiara anarchico-comunista e chiarisce di non aveva nulla in comune con gli anarchici individualisti. Incluso nell’elenco delle persone pericolose da arrestare in determinate contingenze, il 28 dicembre 1929 viene fermato in occasione delle nozze del principe di Piemonte e rilasciato l’11 gennaio 1930. Nell’aprile 1931 parte da Palmi insieme al compagno di fede Vincenzo Messina, con il quale va prima a Torino e poi a Genova, dove – il 30 maggio – viene trovato in possesso di documenti falsi e arrestato per avere svolto attività sovversiva diretta alla ricostituzione del Partito comunista. Intanto Vincenzo Messina era tornato a Palmi, dove, arrestato su richiesta della questura di Genova, aveva rivelato alle autorità inquirenti che il comunista Dino Maestrelli di Empoli aveva avuto in gennaio contatti con D.M. e che era stato anche a Palmi, dove aveva tenuto una riunione alla quale avevano partecipato cinque persone tra le quali egli stesso e D.M. A costoro Maestrelli aveva anche consegnato del denaro con la promessa che sarebbe stato ritirato per una più intensa opera di riorganizzazione del partito. Inoltre Maestrelli aveva consegnato a D.M. una lettera da recapitare a Fausto Gullo, lettera che invece fu distrutta per timore della polizia; infine aveva invogliato D.M. e Messina a seguirlo a Torino per prendere contatto con altri compagni e forse per espatriare clandestinamente al fine di ricevere istruzioni dai centri comunisti della Francia e della Russia. In seguito a tali dichiarazioni, l’Ovra esegue subito indagini accurate a Palmi e a Messina, che portano all’arresto di diverse persone. Con ordinanza del 17 agosto successivo D.M. è assegnato al confino per tre anni dalla Cp di Roma e destinato a Ponza (LT), dove rimane fino a quando, il 13 novembre 1932, viene prosciolto nella ricorrenza del decennale. Rientrato a Palmi, cerca inutilmente un lavoro per sfamare la sua famiglia, composta a dalla moglie e da tre bambini. In un’accorata lettera indirizzata a Mussolini, chiede che gli venga dato un lavoro «ovunque sia nel regno, oppure un libero passaporto per una qualunque parte del mondo». Nella richiesta si legge tra l’altro: «... è perciò che mi rivolgo all’E.V.I. Sicuro della vostra squisita sensibilità, per sapere se debbo considerarmi come prigioniero della grande guerra sociale; perché allora come tale so che sia il dovere di nutrirmi, oppure uccidermi, se ritenuto un nemico e che come tale posso costituire un pericolo per il fascismo, ed allora mi si tolga dalla circolazione... se poi mi si ritiene un elemento innocuo, mi si dia lavoro o mi si lasci espatriare liberamente in cerca di pane, perché ormai mi è reso impossibile assistere ad una lenta agonia della mia famiglia mancante di tutto». Nonostante la persecuzione fascista e le difficoltà di natura economica, non abbandona la militanza politica. Il 21 marzo 1934 è nuovamente arrestato a Palmi e denunciato per attività comunista, venendo però prosciolto il 6 giugno successivo per insufficienza di prove dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato insieme ai compaesani Giuseppe Bongiorno, Rocco Cipri, Vincenzo Messina e Salvatore Domenico Pugliese. Scarcerati il 22 giugno, il 1° luglio tutti e cinque vengono nuovamente arrestati e assegnati al confino per cinque anni dalla Cp di Reggio Calabria con ordinanza del 24 luglio. D.M. è destinato prima a Ventotene (LT) e poi a Muro Lucano (Pz), Locri Inferiore (Rc), Amantea (Cs) e Maierà (Cs). A pochi giorni dall’ordinanza la moglie di D.M. scrive una lettera disperata a Mussolini, nella quale si legge tra l’altro: «Già da molto tempo mio marito non si interessava di politica specie da poi il ritorno dal confino... Nel brevi spazio di un anno abbiamo perso quattro figli di miso morti da quando mio marito si trovava al confino e non l’a nemmeno visti così da pochi mesi mi e morto l’ultimo che aveva nove anni... Intanto a causa dell’arresto di mio marito mi trovo sola abbandonata, da tutti nell’astrico della miseria... poiché l’unica risorsa della mia famiglia era il lavoro di mio marito». Liberato il 30 giugno 1939 per fine periodo, D.M. torna a Palmi, dove però non riesce a trovare lavoro essendo ormai in paese completamente isolato. Il 27 giugno 1941 viene arrestato nuovamente perché ritenuto pericoloso per l’ordine pubblico. Il 14 agosto successivo viene autorizzato il suo internamento in un comune della provincia di Avellino. I carabinieri lo portano a Gesualdo, dove è riconosciuto indigente e gli viene assegnato il sussidio previsto di 8 lire; dopo qualche tempo, la sua famiglia lo raggiunge. Nell’anno successivo, avendo il medico fiscale constatato che tutta la famiglia D.M. versava in precarie condizioni di salute, gli viene concesso un aumento del sussidio giornaliero di 3 lire per tre mesi. D.M. viene liberato solo dopo la caduta del fascismo, ma non torna in Calabria. Il 31 agosto 1943 il prefetto di Avellino comunica infatti alle autorità competenti che l’internato, non avendo potuto raggiungere la sua casa di Palmi abbattuta dai bombardamenti aerei, aveva chiesto di rimanere a Gesualdo. Si ignorano luogo e data di morte. (K. Massara)
Fonti
- Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Divisione generale di pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati, Ammoniti e diffidati, b. 95, f. 710 RC, sf. 66.5, cc. 2, 1934; Cp, b. 338, cc. 340, 1931-1939, 1944-1947 e 1957; Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Divisione generale di pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati, Casellario Politico Centrale, b. 1715, f. 87731, cc. 103, 1926-1943; Ctg. A5G, b. 147, cc. 70, 1941-1943; Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell'Interno, Divisione generale di Pubblica sicurezza, Divisione Affari generali e riservati, categoria S13A - Persone pericolose da arrestare in determinate contingenze, b. 11, f. 65, 1929-1933 e 1939.
Bibliografia: S. Carbone, Il popolo al confino. La persecuzione fascista in Calabria, Cosenza, Brenner, 1989 (rist. an. dell’ed. or. Cosenza, Lerici, 1977), ad vocem.
Codice identificativo dell'istituzione responsabile
- 181
Note
- Paternità e maternità: Domenico e Grazia Corio
Bibliografia
- 2010