VANNUCCI, Amedeo Cesare

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
VANNUCCI, Amedeo Cesare

Date di esistenza

Luogo di nascita
Livorno
Data di nascita
18 Ottobre 1882
Luogo di morte
Livorno
Data di morte
31 Dicembre 1968

Attività e/o professione

Qualifica
Esercente vinaio

Nazionalità

Italiana

Biografia / Storia

Nasce a Livorno il 18 ottobre 1882 da Fortunato e Paola Ceccarini, esercente vinaio. Soprannominato “Il Corvo”, è il fratello minore del più noto Tebaldo (1887-1932). Frequenta il milieu socialista e poi quello anarchico e sovversivo del primo Novecento, in particolare i gruppi anticlericali e antireligiosi.

Come lui stesso scrive: “Nel periodo che va dal 1908 al 1910 ero il giovane di bottega di una trattoria nei pressi del cantiere di lavoro impiantato per la costruzione della nuova stazione Centrale di Livorno e del tronco ferroviario Livorno-Cecina, progettato per rendere possibile la nuova direttissima Pisa-Roma. L'appalto dei suddetti lavori era stato affidato all'impresa Parini di Roma. Per la costruzione della linea ferroviaria e della stazione, l'impresa aveva alle sue dipendenze un buon numero di lavoratori accorsi da vari paesi e città. Nella trattoria, dal mezzogiorno all'una, venivano a mangiare diversi operai e anche alla sera, dopo cenato, molti si trattenevano in conversazione. Sebbene sia passato molto tempo, ricordo ancora il nome di alcuni abituali frequentatori e cioè: il cementista Giuseppe Guarnieri di Genova, i fratelli muratori Giuseppe e Alberto Maestrelli di Empoli (i quali furono imputati per i fatti di Empoli nel 1921 contro l'irruzione fascista e condannati a diversi anni di galera), Domenico Fossati, un pittore di Torino; l'assistente sig. Ferri di Roma ed il muratore Antonio D'Alba anch'esso di Roma. Questa era la solita carovana che in compagnia di altri, alla sera, si intrattenevano in animate conversazioni sui fatti del giorno e della politica. In quell'epoca, essendomi ritirato dalle file della gioventù socialista, mi ero abbonato al giornale «Il Libertario» di Spezia, diretto dall'indimenticabile comp. Paquale Binazzi, e pur dovendo accudire all'esercizio, molto spesso trovavo il tempo d'intervenire io pure nelle loro discussioni” (A. Vannucci, Ricordando Antonio D'Alba nel 1° anniversario della morte, «Il Corvo», giugno-luglio 1954, pp. 1-3).
L'appartenenza del V. al movimento libertario e alla militanza anticlericale fin dalla giovinezza sarà rivendicata e riconfermata da V. medesimo nel suo testamento pubblicato nel periodico «Il Corvo» nel 1967 (A. Vannucci,Testamento, «Il Corvo», luglio-dicembre 1967, p. 3).

Le note della Questura locale indicano che la fiaschetteria da lui gestita insieme alla propria compagna in via Giosuè Carducci al n. 11, negli anni precedenti la Prima guerra mondiale, è utilizzata abitualmente dagli anarchici per riunirsi.
L'attività di V. si esplica, come accennato, in particolare nel campo anticlericale. Nell'agosto del 1910 insieme a un piccolo gruppo di amici (Armando Turinelli, Andreucci, Ilio Cerrai, Opelio Ficini, Milziade Giovannetti, Serri, Tucci, Otello Falleni, Alfredo Pampana, Filippo Filippetti cui si aggiungono successivamente Ottorino Gabriellini, Fortunato Stefanini, Alfredo Bonsignori, Filippi, Gino Menicucci, Ettore Galliano Taddei, Pilade Caiani) promuove la costituzione del Gruppo antireligioso che l'anno successivo assumerà il nome di Pietro Gori. In occasione della manifestazione per il 40° anniversario della fondazione dell'Associazione razionalista livornese, il gruppo antireligioso “Pietro Gori” fa la sua prima uscita pubblica con l'inaugurazione del proprio vessillo, portabandiera della serata sarà la nota attivista rivoluzionaria Maria Rygier. La bandiera è bianca su cui spicca una stella dorata “simbolo del libero pensiero illuminatore del mondo” contornata da un bordo nero, “simbolo della barriera da spezzarsi dell'oscurantismo” clericale.

All'epoca a Livorno, come in molte altre città della Toscana, l'effervescenza del movimento anticlericale si manifesta non solo durante le note giornate dello sciopero generale dell'ottobre 1909 contro l'esecuzione dell'educatore catalano Francisco Ferrer, ma anche con un vivace mondo associazionista dove si coniugano le idee del razionalismo e del libero pensiero con gli ideali massonici e libertari. Fino al 1922 a Livorno sono attive l'Associazione razionalista, l'Associazione antireligiosa livornese, il Nucleo anticlericale Galileo Galilei, il Nucleo anticlericale Giordano Bruno, il Circolo nemici di dio, il Circolo Francisco Ferrer, il Circolo anticlericale l'Avvenire, l'Associazione del Libero pensiero, la Società di cremazione dei cadaveri e varie logge massoniche tutte professanti l'anticlericalismo. Con l'avvento del fascismo, come tutte le sedi delle associazioni anticlericali, anche quella del Gruppo antireligioso “Pietro Gori”, che aveva i propri locali in via del Vigna, è costretta a chiudere (Il Consiglio direttivo del Gruppo ant. «P. Gori», 4 agosto 1910. Come nacque e come vive il Gruppo antireligioso “Pietro Gori”, «Il Corvo», 31 agosto 1946, p. 1).

Il nome di V. sale alla ribalta della cronaca locale quando, alla fine del maggio del 1912, le autorità ordinano la perquisizione della sua abitazione, motivandola con l'invio di una cartolina di saluti e una sottoscrizione ad Antonio D'Alba, detenuto in carcere a seguito del fallito attentato al sovrano d'Italia del 14 marzo del medesimo anno. Le attenzioni della polizia che cercano i “complici” dell'attentatore, i continui richiami dell'autorità per un “atto di generosità ad un bisognoso in carcere” come lo stesso V. rivendica il suo gesto, costringono l'anarchico livornese a emigrare in Francia. Raggiunta Marsiglia, tramite l'aiuto di Virgilio S. Mazzoni e degli anarchici di Pisa, frequenta i gruppi sovversivi e i lavoratori italiani del quartiere Belle de Mai per poi ritornare a Livorno dopo poco tempo.

Con la presa del potere del fascismo V. sembra disinteressarsi d'ogni attività politica, mentre continua la sua attività di esercente vinaio. Nel 1932 muore a Roma, dopo una lunga agonia, il fratello Tebaldo e le difficoltà familiari aumentano. Negli anni Trenta, nel momento del massimo consenso del fascismo, periodo nel quale molti ex oppositori decidono di assecondare il regime aderendo alle organizzazioni sindacali e politiche, anche V. sembra piegarsi al corso degli eventi. Nel autunno del 1935, nell'epoca in cui l'Italia è impegnata nella guerra d'aggressione all'Etiopia, V. presenta un esposto alla Questura di Livorno con la quale si dichiara estraneo alla politica e afferma di “seguire con simpatia le direttive del regime” come i figli che sono tutti iscritti alle organizzazioni giovanili del partito fascista mentre il maggiore, maestro elementare a Rosignano Solvay, è capo manipolo della milizia. La Questura dopo un'attenta valutazione sul comportamento di V. opera la sua radiazione dall'elenco dei sovversivi.
Dopo questa nota, si perdono le tracce di V. dal momento che il suo fascicolo personale conservato nel casellario politico della Questura livornese viene disperso a causa dei bombardamenti che la città subisce durante la Seconda guerra mondiale.

Ritroviamo V. subito dopo la fine del conflitto, quando riprende le attività pubbliche contribuendo a riattivare il gruppo antireligioso “P. Gori”.
È lo stesso V. a ricordare il momento della rinascita del gruppo: “Durante i 22 anni dell'oppressione fascista subimmo un forzoso silenzio, e riconquistata la libertà di pensiero i compagni superstiti del Gruppo Antireligioso «Pietro Gori» riuniti una sera dopo la liberazione, in casa di un compagno, nella quale estraeva da un foro nel muro dove era stato occultato per tutti quegli anni l'involucro contenente il vessillo che rivedemmo dopo un ingiusto confino. Lo rivedemmo deteriorato e sempre imponente, nei suoi colori Bianco-Nero. Entusiasti lo salutammo festosamente e commossi!” (A. Vannucci, Cinquantenario del gruppo antireligioso “Pietro Gori”, «Il Corvo», agosto-ottobre 1960, pp. 1-2).
Nell'estate del 1945, in occasione del 35° anniversario della fondazione, il gruppo promuove con una sottoscrizione pubblica l'installazione di una lapide in ricordo dei propri soci scomparsi che viene inaugurata, il 4 novembre dello stesso anno, di fronte al Tempio crematorio del cimitero dei Lupi di Livorno, con la presenza dei familiari, dei rappresentanti della Società per la Cremazione, del Partito socialista, del Partito repubblicano, del Gruppo libertario “F. Filippetti”, della Federazione comunista libertaria livornese e naturalmente dei membri superstiti del Gruppo antireligioso “P. Gori”.

Tra le principali iniziative del risorto gruppo e dello stesso V. c'è la convocazione di un convegno provinciale anticlericale e la pubblicazione del periodico «Il Corvo». Il periodo che è già pronto nel dicembre del 1945, a causa degli ostacoli frapposti dalle autorità, esce con il primo numero il 21 marzo 1946 e vivrà per circa un ventennio fino al 1968 pubblicando 42 numeri, con una periodicità incerta dovuta alle difficoltà sia economiche che politiche.
Il giornale, il cui titolo è anche il soprannome di V., non si discosta dagli altri organi simili e riprende i temi cari della grande stagione dell'anticlericalismo del primo quindicennio del Novecento. Alle commemorazioni dei martiri del libero pensiero, Bruno e Ferrer, si accompagnano le critiche nei confronti del nuovo ordinamento democratico che ha accolto nell'articolo 7 della Costituzione i postulati dei Patti Lateranensi. Il giornale è composto e sostenuto soprattutto da V. e rappresenta, di fatto, il suo diario autobiografico e politico. Al «Corvo» collaborano nei vent'anni di attività anarchici noti e meno noti come Leda Rafanelli, Ezio Bartalini, Camillo Signorini, Virgilio S. Mazzoni, Vincenzo Toccafondo, Tomaso Concordia, Domenico Mirenghi, Augusto Consani, Vincenzo Bertoni, Gastone Buratelli, Celestino Pomodoro ecc. Tra le iniziative più significative lanciate dal periodico vanno ricordate la pubblicazione del bollettino «Aria e libertà», rassegna di campeggio dei giovani libertari, uscito negli anni Cinquanta e la sottoscrizione per la pubblicazione dell'Enciclopedia anarchica di cui escono 18 fascicoli per le edizioni del «Corvo», tra il 1959 e il 1967.

Va ricordato che, fin dalla prima uscita del gruppo nell'estate del 1945 con la pubblicazione del manifesto di presentazione, le autorità ostacolano le attività del giornale tanto che alla fine degli anni Quaranta lo stesso V. sarà al centro di alcune denunce per vilipendio della religione.
In una nota riservata della Questura di Livorno al Ministero dell'Interno del 29 febbraio 1950 così si descrive V.: “risulta di regolare condotta morale e, politicamente, ha sempre professato idee anarchiche ed anti-religiose. Però non si è mai dimostrato elemento pericoloso, tanto, è vero che nel 1935 venne radiato dal novero dei sovversivi. Trattasi di un idealista e libero pensatore, pacifico e non facinoroso, il quale, in atto, non esplica attività politica contraria allo ordinamento democratico dello Stato, motivo per cui questo Ufficio non avvisa l'opportunità di proporre almeno per ora l'iscrizione al C.P.C.”. La nota della Questura di Livorno continua descrivendo l'attività di V. tutta concentrata a far vivere il periodico «Il Corvo» che ha sostenitori tra la Federazione anarchica livornese e i liberi pensatori.

In questi anni V. continua a gestire il “Bar Terrazza”, sul viale Carducci angolo via del Vigna, probabilmente lo stesso spazio che aveva visto nel 1910 la nascita del gruppo antireligioso, e partecipa alle principali iniziative libertarie della Federazione locale della FAI. È presente come redattore del periodico «Il Corvo» al secondo congresso nazionale della FAI che si tiene a Bologna dal 16 al 20 marzo 1947, mentre al quinto congresso nazionale, Civitavecchia 19-22 marzo 1953, rappresenta insieme a Cariddi Di Domenico la Federazione livornese. Successivamente sarà presente, sempre come redattore de «Il Corvo», al convegno nazionale della FAI tenuto a Pisa dal 6 al 7 dicembre 1959.
V. è iniziatore di varie proposte come quella di costituire una scuola moderna, sul modello di quelle di Ferrer, o di ripristinare la lapide a Giordano Bruno distrutta dai fascisti negli anni Venti, ma senza successo dal momento che il clima politico generale è cambiato e in città vige un “compromesso” di potere tra il Partito comunista italiano e la Democrazia cristiana rappresentante degli interessi politici e sociali della Chiesa cattolica.

Nel 1959, in occasione della scomparsa di Virgilio S. Mazzoni, suo amico e compagno, scrive un commosso e partecipato ricordo biografico e fa aggiungere il nome del caro estinto nella lapide dei fondatori del gruppo antireligioso (A. Vannucci, Virgilio Salvatore Mazzoni, «Il Corvo», marzo-aprile 1959, pp. 1-2).
La sua ultima battaglia, alle soglie degli ottanta anni, la conduce per la difesa delle memoria del Gruppo (A. Vannucci, Cinquantenario del gruppo Antireligioso “Pietro Gori”, «Il Corvo», settembre-ottobre 1960, pp. 1-2). Infatti, la Società di cremazione all'inizio degli anni Sessanta si fa promotrice del restauro del Tempio crematorio e degli spazi adiacenti e per motivi inizialmente tecnici, ma poi politici, chiede al gruppo lo spostamento della lapide e l'eliminazione dalla stessa del termine “artireligioso” ritenuto troppo irriverente (A. Vannucci, Le società per la cremazione sono anticlericali, «Il Corvo», luglio-dicembre 1967, p. 3). V. si attiva perché ciò non avvenga e, dopo una estenuante trattativa durata vari anni, proprio l'anno precedente alla sua scomparsa, riesce a ottenere che la lapide non venga modificata nei suoi contenuti e che sia posta sulla parte esterna di sinistra del Tempio crematorio (A. Vannucci, Gruppo antireligioso P. Gori, «Il Corvo», maggio-dicembre 1968, p. 3).

Ancora oggi la lapide è visibile con i nomi dei fondatori del gruppo e con l'ultimo aggiunto quello di V,. che muore nella città labronica il 12 luglio 1968. L'ultimo impegno di V. prima della morte è la compilazione del numero del «Corvo», che porta la data maggio-dicembre 1968 e la partecipazione al convegno nazionale dei Gruppi d'iniziativa anarchica (GIA) del 25-26 aprile a Rosignano Solvay. «L'Internazionale» nell'annunciare la scomparsa di V. lo definisce “uomo modestissimo, popolano nel senso più vero della parola”, un militante anarchico “infaticabile, semplice, sensibile”. (Franco Bertolucci)

Fonti

Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; Federazione anarchica italiana, U. Fedeli (a cura di), Congressi e convegni (1944-1962), Genova, Libreria della FAI, 1963; Amedeo Vannucci, «L'Internazionale», 1° agosto 1968.

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