​BONAFEDE, Francesco Oddo

Tipologia Persona
Ingadolce (pseudonimo)
Francesco

Intestazione di autorità

Intestazione
​BONAFEDE, Francesco Oddo

Date di esistenza

Luogo di nascita
Gratteri
Data di nascita
17/11/1819
Luogo di morte
Gratteri
Data di morte
07/10/1905

Attività e/o professione

Qualifica
Ingegnere agrimensore

Nazionalità

Italiana

Biografia / Storia

Nasce a Gratteri (PA) il 17 novembre 1819 da Domenico, piccolo possidente terriero, e Marianna Oddo, ingegnere agrimensore (pseudonimo: Francesco Ingadolce). Arrestato una prima volta per cospirazione dal governo borbonico nel 1847, mentre frequentava l’Università, e rimesso in libertà, era stato tra i primi a insorgere il 12 gennaio 1848. Con il grado di tenente dell’esercito siciliano aveva preso parte al Corpo di spedizione inviato il 13 giugno 1848 a sostenere le insurrezioni calabresi. Costretto a reimbarcarsi, veniva catturato dalla fregata borbonica “Stromboli” e con un’altra trentina di prigionieri rinchiuso per sedici mesi nei sotterrani del forte di Sant’Elmo a Napoli, e quindi a Nisida. Tornato a Palermo imbevuto di idee mazziniane, era stato nuovamente arrestato e inviato a “domicilio coatto” a Collesano. Qui nel 1856 aveva preso parte al moto di Bentivegna, ponendosi a capo del governo provvisorio insieme a Simone Schicchi, il futuro padre dell’anarchico Paolo Schicchi. Condannato a morte, aveva avuto commutata la pena a diciotto anni “di ferri” da scontare nell’isola di Favignana, dove erano reclusi i superstiti di Sapri, e donde viene liberato all’arrivo di Garibaldi con i “Mille”. Convalescente per malattia contratta in carcere, dopo aver reso dei servigi al nuovo governo nella speranza di un impiego, si era arruolato nel partito d’azione palermitano dove aveva acquistato fama di “fecondo e commovente oratore”. Ebbe incarichi da Garibaldi e da Corrao in preparazione dell’impresa d’Aspromonte che espletò senza compromettersi. Ben presto, “in odio al governo” col quale gli esponenti moderati del mazzinianesimo si mostravano colluso, si lega alla fazione irregolare del repubblicanesimo facente capo a Giuseppe Badia e a Filippo Lo Presti. Con entrambi aveva collaborato a redigere giornali, opuscoli, manifesti e giornali sovversivi e semiclandestini di tendenza proto-socialista («Roma o morte», 1862; «La Voce del Popolo», marzo 1865, sequestrato per attentato contro la sicurezza interna dello Stato), finché non si erano separati, diventando autonomista e politicamente ambiguo il Badia (non disdegnava le alleanze con ex-repubblicani convertitisi al legittimismo come Pietro Oliveri, duchino d’Acquaviva), unitario intransigente il Lo Presti. All’inizio del 1866 B. aveva presumibilmente aderito insieme a quest’ultimo alla società segreta bakuniniana che poi, nel luglio successivo, abbandonavano cedendo al richiamo della guerra nel Veneto. Legato al Grande Oriente di Palermo e con un radicato seguito nelle masse popolari, viene chiamato nel corso della rivolta del “sette e mezzo” (16-22 settembre 1866), preparata da Lorenzo Minneci e dai seguaci del Badia ristretto in carcere, a fungere da segretario del comitato insurrezionale. Si ritrova così al fianco ben note personalità del notabilato liberale o ex-borbonico e tuttavia, nei pochi provvedimenti presi e nel comportamento irreprensibile tenuto in quel frangente burrascoso, riesce a mantenersi fedele all’insegnamento mazziniano. Sottrattosi alla cattura, si mantiene per circa un anno e mezzo in clandestinità nell’isola, organizzando una nuova abortita insurrezione, pubblicando alla macchia un Proclama ai Siciliani e l’opuscolo La vittima e il carnefice, in cui chiama il popolo a instaurare la repubblica, e lasciando incompiuto per opportunità politica un altro opuscolo, Sette giorni di repubblica a Palermo, dove risponde ai denigratori della rivolta palermitana presenti tra gli stessi irregolari. L’11 maggio 1868 ripara a Trieste, in territorio austriaco, dove lo raggiunge da Milano il fratello Giacomo (Gratteri 20.11.1827-Lascari 9.9.1906), fortunato autore di varie pubblicazioni di carattere storico e anticlericale, fondatore nel 1860 del «Precursore», principale organo del repubblicanesimo siciliano, e garibaldino anche nel 1866. B. riallaccia da Trieste, sotto lo pseudonimo Ingadolce, i suoi rapporti con la massoneria palermitana e con l’entourage di Mazzini, tanto da farsi ricettore di proclami dell’Alleanza Repubblicana Universale. Scoperto, sarà arrestato il 22 dicembre 1869, condannato dal Tribunale provinciale di Trieste a cinque anni di carcere duro, ridotti a due in appello, ed amnistiato infine il 7 febbraio 1871. Espulso dall’Austria per nuove attività mazziniane il 15 maggio 1872, B. rientra in Sicilia, dove si è nel frattempo concluso per amnistia il processo intentatogli per il moto del ’66. Subito legatosi al gruppo internazionalista di Salvatore Ingegnieros, ne crea importanti e forti ramificazioni nei circondari di Termini e Cefalù, cosa che dapprima lo fa sospettare d’essere l’artefice d’incendi dolosi nelle campagne avvenuti nel settembre 1873 e gli vale poi sei mesi di carcere preventivo in occasione del tentativo insurrezionale dell’agosto 1874. Ammonito a seguito del moto del Matese del 1877 e inviato a domicilio coatto a Ventotene dal 19 settembre 1877 al 1° luglio 1878, assume posizioni sempre più intransigenti finché, nell’ottobre 1878, accoglie Merlino a Termini Imerese, dove fonda una sezione anarchica dipendente dal “centro palermitano” costituito dai suoi amici Corteggiani, Gramaglia e Burgo che lo avevano coadiuvato nella rivolta del ‘66 e nelle cospirazioni degli anni successivi. A Termini esplica, insieme ad Angelino Iannelli e a Pasquale Quattrocchi, una vasta seppur sotterranea attività propagandistica, avvalendosi pure di alcuni organi di stampa locali (in particolare il giornale «La Salamandra» diretto da Iannelli). Ritiratosi a Gratteri, vi fonda il 7 agosto 1881 una società operaia di M.S. che presiede fino allo scioglimento, avvenuto a seguito dei tumulti del 10 ottobre 1890 contro l’imposizione da parte del Consiglio Comunale di un nuovo dazio sul pane, sulla farina e sulla pasta, conclusisi con decine di ferite (di cui quattro gravi) tra i popolani, e il ferimento a pugnalate del Sindaco, del brigadiere e di tre carabinieri. B. verrà successivamente indicato quale ispiratore della società agricola di Valledolmo, contigua ai Fasci dei lavoratori, che raccoglie all’atto della fondazione, il 1° settembre 1893, ben 763 soci e si fa notare per le imponenti dimostrazioni del 1° e 3 ottobre successivo contro i canoni di affitto delle terre. Per tale motivo la società verrà sciolta il 3 gennaio 1894 e B. nuovamente minacciato di domicilio coatto. Ritiratosi a vivere in una sua tenuta agricola presso Lascari, accanto alla moglie e ai figli, spira nel suo paese natale il 7 ottobre 1905. (N. Musarra)

Fonti

Fonti: Archivio di Stato Palermo, Gabinetto Prefettura (1860-1905), b. 11, fasc. 13 19 “Mene dei Partiti d’azione, borbonico, ecc. ecc.”; Id., b. 21 (1870), fasc. 26 51 “Oddo Bonafede Francesco da Gratteri”; Id., b. 29 (1873), fasc. 3 16 “Mene internazionaliste per moti insurrezionali nel Regno”; Id., b. 62 (1881) fasc. 16 9 “Partito Internazionalista nella Provincia di Palermo”; Id., b. 109 (1889) 16 11 “Gratteri Società Operaia”; Id., b. 131 (1893), fasc. 16 111 “Valledolmo – Società Agricola”; id., b. 140 (1894) cat. 20 “Gabinetto Politico del Generale Morra”; Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, Ministero Grazia e Giustizia, Miscellanea AA.PP., b. 87 (1891), fasc. 5 “Gratteri”; Archivio di Stato, Procura Superiore di Stato (1850-1922), b. 46; Id., I.R. Tribunale Provinciale (1850-1923), Atti Penali, b. 3070 (1872); Id., b. 3060, fasc. 202 (1870); Gesualdo Crisafi, Tumulti in Sicilia, «L’89», Genova, n. 86, 26 ott. 1890.

Bibliografia: scritti di B.: (Anonimo), La vittima e il carnefice, s.e., Palermo, dicembre 1867; Andrea Maurici, La genesi storica della rivolta del 1866 in Palermo, Palermo, tip. Priulla, 1916 (in appendice i proclami di B.).

Scritti su B.: Dizionario biografico degli italiani, Roma [pubbl. in corso], ad nomen; F. Brancato, Il Marchese di Rudinì, Francesco Bonafede e la rivolta del 1866, ibidem, pp. 460-491; idem, Sette giorni di repubblica a Palermo. La rivolta del settembre 1866, Messina, ed. Sicania, 1993; P. Alatri, Lotte politiche in Sicilia sotto il governo della Destra (1866-1874), Torino, Einaudi, 1954; G. Cerrito, Radicalismo e socialismo in Sicilia (1860-1882), Messina-Firenze, D’Anna, 1958.

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