VENTURINI, Domenico
Tipologia Persona
Intestazione di autorità
- Intestazione
- VENTURINI, Domenico
Date di esistenza
- Luogo di nascita
- Chiusi
- Data di nascita
- December 26 1880
- Luogo di morte
- Allauch
Biografia / Storia
- Nasce a Chiusi (SI) il 26 dicembre 1880 da Davide e Maria Giulietti, sarto. Nell’ambiente familiare V. matura le proprie scelte ideali. Chiamato alle armi il 22 giugno 1900, presta servizio in un reparto di fanteria sino al 14 settembre 1902. Trasferitosi a Piombino, invia, nel settembre 1910, una sottoscrizione a «L’Alleanza libertaria» di Roma e nel 1911 prende attivissima parte allo sciopero degli alti forni, che gli costa l’arresto, la notte tra il 29 e il 30 agosto, con le accuse di violenza e resistenza ai carabinieri e lesioni all’ing. Guglielmo Brass, uno dei dirigenti dello stabilimento. Il 20 ottobre è schedato dal prefetto di Pisa. Descritto come “persona di alta statura, corporatura esile, fronte rettilinea e barba rossa a due punte, non riscuote – secondo il funzionario – buona fama”, è dotato di una certa cultura politica, professa “spiccatamente idee anarchiche e ne esercita anche la propaganda […]. Prende sempre parte attiva alle riunioni politiche ed è sempre in prima fila quando si tratta di commettere disordini”; a Piombino “si è mostrato uno dei più forti agitatori delle masse operaie” e può “benissimo ritenersi pericoloso dato il suo carattere violento e impulsivo”. Il 30 ottobre V. viene processato a Volterra, insieme a Quirino Pepi, Duilio Dell’Ira, Agostino Benvenuti, Adele Cerri e Narciso Chellini. La difesa – riferisce ironicamente «Il Martello» di Piombino – ha agio “di conoscere l’imparzialità del tribunale”, che rigetta “tutti i pur giusti incidenti da essa sollevati” e condanna V. a 19 mesi e 28 giorni di reclusione, malgrado – insiste il giornale sindacalista – i difensori abbiano demolito “il mostruoso castello di accuse”. Le pene degli altri imputati variano da uno a undici mesi di carcere. Al principio del 1912 il nome di V. viene rinvenuto fra quelli degli abbonati al giornale anarchico «L’Agitatore» di Bologna, dopo l’arresto della redazione per associazione a delinquere e altri reati, “commessi a scopo antimilitarista”. Il 25 gennaio 1913 V. lascia il Mastio di Volterra, grazie a un’amnistia, e torna a Piombino, ma il 17 agosto è nuovamente arrestato, dopo il ferimento del socialista Giuseppe Gambini da parte di un gruppo di anarchici, “per odio agli appartenenti all’Ufficio del lavoro”. Scarcerato il 30 settembre, firma l’11 aprile 1914, insieme agli anarchici Mario Casagni e Antonio Menci, il resoconto finanziario della festa per la Scuola moderna, tenutasi l’8 marzo al Teatro dei Ravvivati di Piombino, e il 5 settembre fa stampare clandestinamente dei manifesti, che riproducono l’articolo di fondo del numero del 29 agosto del giornale «Volontà» di Ancona. Il “pezzo”, intitolato: La nostra dichiarazione al popolo italiano, si chiude con le parole: “Abbasso la guerra! Viva la rivoluzione socialista! Viva l’anarchia!” Denunciato dopo il sequestro dei manifesti, V. assiste il 27 gennaio 1915, a Pisa, al convegno anarchico contro la guerra. Il 6 marzo è l’amministratore del numero unico «La Nostra Guerra», organo del Fascio rivoluzionario di Piombino, e il 17 aprile è a Cecina, dove tiene un comizio contro l’intervento. Chiamato alle armi e destinato al Distretto militare di Arezzo, si allontana dal reparto il 1° novembre 1915 e viene dichiarato disertore. Rintracciato, è punito con 15 giorni di reclusione, perché dimostra di essersi ricoverato in ospedale per un’ulcera gastrica. Due anni dopo diserta dal 248° rgt di fanteria, in zona di guerra, e il 12 agosto 1917 è colpito da mandato di cattura del Tribunale militare del 2° Corpo d’armata. Ricercato, si rifugia in Francia all’inizio del 1918 e fa il minatore a Port-de-Bouc per l’impresa Joillot, impegnata nello scavo di un canale. Il 18 gennaio 1919 è accusato di “avoir organisé quelques attentats contre des fabriques d’armes et de munitions françaises, notamment contre une fabrique de Toulon”, e il 27 gennaio 1919 è sospettato dalla “Sûreté générale” di voler attentare alla vita del re d’Italia. Aiutato in Francia da un compagno di fede di Piombino, Jacopo Giusti, e in Italia, dove è rientrato da poco, da un anarchico di Sarteano, Mario Casagni, che lo ha ospitato a Vado Ligure, V. conterebbe – secondo le stesse fonti – sulla complicità di Leonetto Ciolli e di altri due correligionari per uccidere Vittorio Emanuele III. Il 22 febbraio V. viene arrestato a Trapani, al Deposito dell’85° rgt di fanteria, e tradotto a Venezia. Condannato alla reclusione militare, resta nelle carceri lagunari fino al 12 settembre, quando torna in libertà grazie all’amnistia concessa dal Governo Nitti. Di nuovo a Piombino, sostiene, con le sue sottoscrizioni, il giornale anarchico «Il Seme» di Livorno, inneggiando “alla rivoluzione sociale”, e si oppone al dilagante squadrismo, organizzando – insieme a Albino Zazzeri, a Dino Giuggi e a Vasco Sacchetti – gli arditi del popolo nelle vallate del Cornia e del Pecora. Alla fine di luglio 1921 viene denunciato per aver fatto stampare un manifesto degli arditi del popolo, dove si legge che due giovani di Piombino, uno dei quali fascista, sono saltati in aria il 23 luglio, mentre, in un’abitazione privata, “fabbricavano una bomba per rinnovare gli eccidi del Diana a Piombino”. Nei mesi successivi V. aiuta generosamente gli anarchici di Scarlino, Gavorrano e Follonica, costretti dallo squadrismo a lasciare la Maremma grossetana, e il 20 giugno 1922 viene condannato dal Tribunale di Volterra a 18 mesi di carcere e a 1200 lire di ammenda per aver diffamato la memoria dei due piombinesi saltati in aria. Emigrato clandestinamente a Marsiglia, prende contatto, verso la fine del 1924, con un altro esule, l’anarchico massetano Bixio Sorbi, e sottoscrive una piccola somma in favore de «Il Libero Accordo» di Roma, insieme all’anarchico scarlinese Biagio Cavalli e ad altri compagni di fede. Il 24 gennaio 1926 assiste alla commemorazione di Pietro Gori nella Maison de Provence e alla rappresentazione del dramma “I senza patria”, protagonisti Sabatino Gambetti, Giulio Bacconi e Egle Zazzeri. Nel 1927 viene iscritto nella “Rubrica di frontiera” per le misure di “perquisizione e segnalazione” e nel 1932 è segnalato a Marsiglia, dove gestisce una sartoria, insieme all’antica sovversiva Daria Dardini. Il 31 maggio 1937 scrive al figlio Valfrido, calzolaio a Tuscania: “apprendo che non hai […] ricevuto l’ultima mia, dico con sorpresa ma non mi meraviglia affatto [che] in un paese di Mussolini [si] possa arrivare [a] simili cose, paese d’ordine e d’incanto che sparisce pure le lettere […] speriamo che presto sparisca per incanto pure l’assetto fascista”. E il 7 luglio – dopo i fatti di maggio di Barcellona – gli fa sapere: “Io sono avverso al fascismo per principio, ma sono ancora più avverso al comunismo, e di questo i comunisti di qua lo sanno a perfezione. Questi ultimi fanno una guerra senza tregua a chi è contro di loro, senza escludere le cose più deleterie e infami contro noi. Ed allora, caro Valfrido, dubito che possano aver scritto delle lettere alle autorità di costà affinché sequestrino la corrispondenza. So da fonte sicura che inviano tratti e opuscoli sovversivi a tutti quelli che hanno parenti in Italia per far loro avere delle noie, arrivando pure a farli arrestare, questo è il comunismo di questi vigliacchi”. V. muore a Allauch (Bouches-du-Rhône) il 7 febbraio 1943. (F. Bucci - S. Carolini - G. Ciao Pointer)
Fonti
- Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; Uno scioperante, Processo Venturini e compagni, «Il Martello», 4 nov. 1911; Resoconto della festa Scuola moderna tenuta l’8 marzo al Teatro dei Ravvivati, ivi, 25 apr. 1914.
Bibliografia: P. Bianconi, Il movimento operaio a Piombino, Firenze 1970, pp. 20, 23, 71, 86, 144, 153.
Codice identificativo dell'istituzione responsabile
- 181
Note
- Paternità e maternità: Davide e Maria Giulietti
Bibliografia
- 2004