VELLA, Randolfo

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
VELLA, Randolfo

Date di esistenza

Luogo di nascita
Grotte
Data di nascita
April 20 1893
Luogo di morte
Verona

Biografia / Storia

Nasce a Grotte (AG) il 20 aprile 1893 da Giuseppe e Pedalino Concezione, fotografo ambulante, rappresentante di commercio. La famiglia o, meglio, la “tribù Vella”, come sarà nota nell’ambiente anarchico milanese, è composta, oltre che dai genitori, da otto tra fratelli e sorelle (Diego, Gesuela, Antonio, Carmela, Randolfo, Giuseppe, Attilio e Dante), tutti schedati come anarchici. Al primogenito Diego, nato a Grotte il 30 luglio 1883, si deve l’iniziazione anarchica dei fratelli. Abbandonate le scuole elementari e il mestiere di zolfataio, all’età di vent’anni Diego raggiunge Genova e poi Milano, dove incontra dei libertari e si appassiona alle loro idee. Tornato al paese, convince il padre a trasferirsi prima a Gibellina, poi a Racalmuto e, dal 1910, a Palermo, per impiantarvi un’attività commerciale, e i fratelli a seguirlo nella professione di fotografo ambulante e nell’impegno politico. A Palermo frequenta gli ambienti anarchici, “ammantandosi di mistero” e compiendo qualche piccola truffa. Antonio (Nino), nato a Grotte il 6 settembre 1886, anch’egli inizialmente zolfataio, abbandona la famiglia all’età di 21 anni per recarsi a Milano, dove frequenta le riunioni anarchiche e viene sorpreso, l’11 giugno 1908, a distribuire volantini sovversivi. L’8 marzo 1910 è condannato dalla Corte di Assise di Milano a due anni, sei mesi e 12 giorni di reclusione, per aver partecipato a una rissa. Dopo un periodo trascorso a Genova, nel 1912, quale commesso viaggiatore di calzature, si stabilisce a Stradella (PV), dove si occupa di ingrandimenti fotografici. Qui lo raggiungono Diego e Randolfo. Come i fratelli, anche Randolfo ha dovuto abbandonare precocemente gli studi, che continua privatamente e da autodidatta. A 12 anni è già anarchico e scrive novelle a sfondo libertario. Giunto a Stradella, abbraccia la professione di fotografo e fa le sue prime prove giornalistiche ne «L’Araldo oltrepadano», organo classista di quella CdL. Nel maggio 1914, alla vigilia della Settimana rossa, i tre fratelli si trovano in provincia di Piacenza, dove, per accordi presi con i compagni Sassi e Sartini, Randolfo tiene un ciclo di comizi per chiedere la liberazione di Masetti e Moroni. Il 10 giugno i tre V. prendono parte ai moti di Corte e di Castel San Giovanni, buscandosi una pesante denuncia (Diego scappa all’estero), cancellata dall’amnistia del gennaio 1915. Randolfo, costretto ad assolvere agli obblighi di leva, parte per Messina e poi per Verona, dove frequenta un corso automobilistico. Maltrattato da un capitano che lo sa anarchico, lo schiaffeggia e finisce in carcere in attesa di giudizio. Evaso, raggiunge Bergamo aiutato da un compagno ferroviere, Giovanni Pedalino (che più tardi diverrà suo suocero). Il fratello Diego, con la complicità di un amico primario d’ospedale, riesce a sottrarlo alla condanna e all’esercito facendolo internare per qualche mese nel manicomio provinciale. Dimesso l’11 agosto 1915, si reca a Gualtieri dove subentra all’altro fratello Antonio, richiamato sotto le armi, nel mestiere di fotografo e nella propaganda contro la guerra, che svolge intensissima, nelle province di Reggio Emilia e di Parma. Fermato dai carabinieri, l’11 dicembre 1915 viene munito del foglio di via per Milano. Qui si ricongiunge con Diego, proveniente da Bergamo, e Antonio, da Messina, dov’è riuscito a farsi riformare. Raggiunti dal resto della “tribù”, prenderanno dimora in via Boscovich. Nell’immediato primo dopoguerra, Randolfo figura tra i protagonisti della scena politica milanese. “Oratore ufficiale degli anarchici” di Milano, tiene numerosi comizi e conferenze di propaganda in città e provincia. Il 18 febbraio 1918 è tratto in arresto, col fratello Antonio, a S. Andrea di Torrile. Il 25 agosto è tra i fondatori e dirigenti della Scuola Moderna “F. Ferrer” di Milano. Il 16 febbraio 1919 partecipa, nel capoluogo lombardo, alla “manifestazione proletaria” organizzata per reclamare l’amnistia ai disertori e il ritiro delle truppe italiane inviate in Russia. Il 10 marzo parla in senso rivoluzionario al comizio “pro vittime politiche”. Sarà successivamente, sempre con Antonio, in provincia di Parma, a Bologna, in Sicilia (Palermo e Catania), di nuovo a Milano alla fine dell’anno. Il 5 maggio 1919 pubblica «Ultra!» “giornale d’ogni ribelle”, dalla vita effimera, di cui è responsabile il fratello Diego. Cresce nel frattempo l’impresa commerciale (“Prodotti chimici, cereali e frutta secche F.lli Vella”) che la “tribù” ha impiantato a Milano, condotta soprattutto dal padre e dai figli Giuseppe (Peppino), nato a Grotte il 19 ottobre 1895, ex combattente; Attilio, nato a Gibellina il 17 luglio 1901, che studia arte e dipinge quadri; e Dante Nunziato, nato a Racalmuto il 24 marzo 1908. Nel gennaio 1920, Randolfo aprirà a Bergamo uno studio di rappresentanza dell’impresa di famiglia. Il 30 dicembre 1919 egli presiede a Milano il comizio indetto dalla cdl in occasione della venuta di Malatesta. Questi ne apprezza subito le qualità, lo accoglie nella redazione di «Umanità Nova» quotidiano (pseud. “Demos”, “Giusto Volcedo”, “Il Bersagliere”, “Il sonnambulista”, “Uno della tribù”) e lo conduce con sé in parecchi comizi nei quali parlano insieme. Gli affida persino un incarico di fiducia, inviandolo nel giugno 1920 a Fiume da D’Annunzio (conosciuto alla riunione di Roma del 19 gennaio, in cui era stato respinto il piano di una rivoluzione da attuarsi con i legionari fiumani), ricavandone una celebre intervista per «Umanità Nova». Denunciato con i fratelli Antonio e Giuseppe per l’attentato compiuto da Bruno Filippi alla Galleria “Vittorio Emanuele”, Randolfo V. viene con loro assolto in istruttoria il 20 marzo 1920. Il 21 luglio 1923 parte per il Canada sia per lavoro che per compiere un giro di propaganda negli USA. Arrestato a New York e detenuto a Ellis Island, il 24 settembre 1924 è deportato in Italia, via Cherbourg e Bardonecchia. A Milano apre un negozio di aste dorate per cornici e inizia a commerciare in legnami. Lo aiutano nella nuova attività il fratello Antonio e la  cognata Elisa Sbarbari, da poco proprietari di un piccolo saponificio. Nel febbraio 1927, Diego e Dante, che si trovano a Roma, vengono arrestati perché sospettati di detenere esplosivi. Saranno rilasciati dopo molti mesi di carcere. Anche Randolfo è arrestato e diffidato ma, posto in libertà, espatria clandestinamente in Svizzera, seguito nel marzo 1928 dalla “tribù”, ad esclusione di Diego e Attilio. Il primo viene arrestato il 30 aprile 1928 per la bomba scoppiata nel piazzale Giulio Cesare. Rilasciato il 6 giugno, nuovamente arrestato, perquisito, perseguitato dalla polizia, si spegne improvvisamente a Orte (VT) l’8 novembre 1929 per paralisi cardiaca. Il secondo, ormai artista affermato, preferisce vivere a Milano. La “tribù”, che si stabilisce prima a Lugano poi a Ginevra, è ora composta “da circa 14 o 15 persone: 4 fratelli, 3 dei quali con le rispettive famiglie, un cugino e due sorelle giovani”. I 4 fratelli sono Antonio, Randolfo, Giuseppe e Dante, i primi tre ammogliati (Randolfo e Giuseppe hanno sposato due sorelle Pedalino, Giuseppina e Arpalice). Il cugino si chiama Diego, è nato a Racalmuto il 15 febbraio 1901 ed alla fine degli anni ’30 si trasferirà negli USA. Le due sorelle, Gesuela (nata a Grotte il 6 ottobre 1884) e Carmela (nata a Grotte il 31 dicembre 1888), collaborano alle attività politiche dei fratelli. Randolfo ha due figli: Folgore e Saggia, che l’ovra non mancherà di segnalare come anarchici. Grazie all’editore ticinese Carlo Vanza e alla collaborazione di Camillo Berneri, la “tribù” fonda a Biasca, presso Bellinzona, la rivista mensile antifascista «Vogliamo» (1° agosto 1929-marzo/aprile 1931), che si propone di arginare “la incessante penetrazione fascista nella Svizzera ed in particolar modo nel Ticino”. Nel luglio 1930, la redazione è costretta a trasferirsi ad Annemasse, in Francia, per ordine del presidente della Confederazione elvetica. I V. collaborano nel frattempo alla stampa anarchica internazionale, e in particolare a «Il Risveglio» di Ginevra e «L’Adunata dei refrattari» di New York. Nell’agosto 1930 scoppia una furiosa polemica coi comunisti del giornale «Falce e Martello» di Lugano, che li accusano di essere delle spie fasciste, portando come prova il loro alto tenore di vita. La polemica, che vede accorrere in difesa della “tribù” i principali esponenti dell’anarchismo di lingua italiana, si conclude con la vittoria dei V. in tribunale. Le condizioni economiche della famiglia si vanno in realtà facendo sempre più precarie. Randolfo, che commercia specialmente in “generi alimentari, marmi e ricami”, e Giuseppe, titolare di una ditta di legnami e cornici dorate, sono costretti a spostarsi frequentemente per l’Europa; Antonio s’impiega presso la ditta Peisner di Lugano, quale piazzista di ingrandimenti fotografici. Nel 1932 Randolfo pubblica Pre-anarchia, un opuscolo sull’organizzazione della società post-rivoluzionaria, che solleva nel movimento anarchico critiche contrastanti. Alcuni lo ritengono vicino al “piattaformismo” (lo stesso autore scrive d’essere stato ispirato “sopra a tutto dall’esperimento machnovista”), altri lo elogiano per aver posto sul terreno questioni, come quelle dell’amministrazione dei liberi comuni, della creazione dei consigli economici di gestione, dell’approvvigionamento del popolo, della riorganizzazione dei trasporti e soprattutto della difesa sociale, che diverranno attuali durante la rivoluzione spagnola. Le critiche meno favorevoli le riceve dagli antiorganizzatori Gigi Damiani e Nino Napolitano che gli chiederanno se “per l’attuazione della sua Preanarchia è necessaria una maggioranza […] preanarchica, oppure basta un colpo di mano fortunato di una minoranza per dettar legge, imponendo la costituzione di quella catena di gruppi da lui previsti, in cambio della vecchia funzione governativa”. Sta di fatto che la visione “preanarchica” di Randolfo V. influenza visibilmente i deliberati dei convegni degli anarchici italiani, che si svolgeranno in Francia negli anni ’30, da quello di Puteaux dell’11-12 novembre 1933, che porta alla costituzione della Federazione Anarchica dei Profughi Italiani, a quello di Chambéry del 30 dicembre 1934, ch’egli presiede, a quello infine di Saurtrouville del 1°-2 novembre 1935. In questi anni Randolfo risiede a Cannes, dove periodicamente riceve la visita dei fratelli Giuseppe e Dante, e da dove a sua volta si sposta agevolmente verso Grenoble, Chambéry e la Svizzera. Assume un ruolo di primo piano tra gli esuli anarchici in Francia, che rappresenta ai congressi della lidu, tenuti a Bordeaux nell’ottobre 1933, e a Grenoble, col fratello Giuseppe e con Bertoni, esattamente un anno dopo; e negli incontri con gli esponenti più in vista di GL, come quelli di Parigi del settembre 1934 e di Chambéry, al margine della riunione anarchica del dicembre successivo. A fine agosto del 1936, Randolfo parte per andare a combattere in Spagna con la colonna “Berneri-Rosselli”. Nel novembre 1936 partecipa alla battaglia di Almudévar. A febbraio ritorna in Francia, sostituito al fronte dal fratello Dante, e si stabilisce ad Annemasse. Subisce l’ostracismo dei compagni per l’improvviso rientro in Italia di Giuseppe V., avvenuto il 5 novembre 1936 con un lasciapassare del consolato italiano di Ginevra. Giuseppe, che si stabilisce a Milano presso Attilio, il fratello artista, ne aveva avanzato richiesta fin dal febbraio 1935, affermando “di essere stanco e deluso dei suoi contatti con elementi antiitaliani e antifascisti (…) di desiderare di trasferirsi definitivamente in Italia, rispettoso del Regime e delle Istituzioni, delle cui benemerenze si è reso conto”. Il Capo della Polizia ne diffonde subito la notizia per incrinare il prestigio dell’antifascismo italiano, in un momento peraltro delicato, dopo la vittoria di Monte Pelato e i primi screzi in Spagna degli anarchici con i socialisti ed i comunisti (che ovviamente rilanciano la vecchia accusa di spionaggio nei confronti dei V.) Il 23 gennaio 1937, un informatore della polizia annota: “Il rimpatrio di V. Giuseppe ha suscitato enorme impressione nelle file antifasciste all’estero nelle quali si dà per certo che i V. abbiano tradito l’antifascismo – che naturalmente sospetta ora, anche, il V. Randolfo”. Antonio V., che ha fatto analoga richiesta di rientro il 30 dicembre 1936, diffidato dai compagni anarchici, si stabilisce in Italia solo nel 1940, pur continuando a spostarsi per lavoro in Svizzera e in Francia. Anche Randolfo va dal console, il 22 luglio 1937, e dichiara che, “rientrando in Italia, sarà rispettoso delle leggi ed istituzioni del regime, impegnandosi sulla sua parola a non svolgere alcuna attività né propaganda sovversiva”. Il 30 maggio 1940 gli viene infine concesso di portarsi in Italia a curare la salute malferma. Durante la guerra restano in Svizzera, a Lugano, solo Dante, la cui istanza dell’8 novembre 1938 è stata respinta senza appello, e Gesuela. Ricostituita a Verona, la “tribù” tenta con scarso successo di far fortuna nel commercio delle essenze di arancia, intrapreso coi compagni di Valencia ai tempi della rivoluzione spagnola e proseguito con alcune ditte siciliane. Dopo l’8 settembre, i V. partecipano alla lotta clandestina. Randolfo riesce a sfuggire a un rastrellamento operato dalle SS in una frazione montana del veronese. Giuseppe, che si trova con lui, è invece catturato, condotto nella caserma del Teatro Romano di Verona e salvato dalla fucilazione grazie al tempestivo arrivo delle truppe alleate. Dal 23 al 25 giugno 1945, Randolfo presiede il Convegno interregionale costitutivo della Federazione comunista libertaria Alta Italia, con Failla e Fedeli. Negli anni seguenti, Randolfo tiene comizi e conferenze in ogni regione d’Italia, partecipa a quasi tutti i congressi e convegni della FAI, collabora assiduamente a «Umanità Nova» e a «Il Libertario». Farà discutere il suo appoggio alla campagna per il SÌ alla repubblica nel referendum istituzionale. Pur dedicandosi principalmente alla riorganizzazione del movimento nel Veneto e in Lombardia, egli intrattiene rapporti con i compagni della nativa Sicilia, che visita ogni anno nella stagione estiva. Da tempo malato, si spegne all’ospedale di Verona il 13 novembre 1963, preceduto di qualche mese dal fratello Antonio. (N. Musarra)

 

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen (V. Antonio, Attilio, Dante, Diego, Giuseppe); Archivio dello Stato - Palermo, Gabinetto di Questura (1920-1943), b. 450 (1914), f. Vella Randolfo; Archivio storico degli anarchici siciliani, Archivio Agostino Martorana, Corrispondenza, V. Randolfo-Martorana 12.1.1950; ID., Archivio Nicolò e Paolo Schicchi, Corrispondenza politica, V. Randolfo-Schicchi (1947-1957); Echi dolenti. La “tribù” in lutto (necr. di V. Diego), «Vogliamo», Biasca, dic. 1929; Lutti nostri (necr. V. Antonino), «Seme Anarchico», feb. 1963; A(rmando) B (orghi), Randolfo Vella ci ha lasciati, «Umanità nova», 24 nov. 1963; A. Failla, Una figura esemplare. Ricordo di Randolfo Vella, «L’Agitazione del Sud», dic. 1963.

Bibliografia: Scritti di V. Randolfo: Ultra, teoria dei geni e dei gagliardi, New York s.d.; Pre-anarchia. Pareri pratici sull’organizzazione della società futura, Lugano 1932; Lettera aperta ai rappresentanti dei partiti di sinistra al governo, Verona s.d. (ma 1946); Che si smetta con Cristo socialista. Conferenza dedicata ai fraticelli dell’ordine S. Carlo Marx predicatori del vangelo, Verona s.d.. Scritti di V. Antonio: I Precursori. Alcune scuole pre-marxiste, Milano 1947; Un po’ di storia papale. Origini del potere temporale, Milano 1948. Scritti sui V.: N. Napolitano, Preanarchia, «L’Adunata dei refrattari», 12 feb. 1955; B. Taddei, Veronesi nella Spagna repubblicana, Verona 1975; L. Bettini, Bibliografia dell’anarchismo, vol. 1 t. 2. Periodici e numeri unici anarchici in lingua italiana pubblicati all’estero (1872-1971), Firenze 1976, ad nomen; V. Mantovani, Mazurka blu. La strage del Diana, Milano 1979 (Pescara 2002), ad indicem; I. Rossi, La ripresa del Movimento Anarchico Italiano e la propaganda orale dal 1943 al 1950, Pistoia 1981; E. Malatesta, Epistolario 1873-1932, lettere edite ed inedite, a cura di R. Bertolucci, Avenza, 1984, ad indicem; U. Tommasini, L’anarchico triestino, a cura di C. Venza, Milano 1984, ad indicem; L. Fabbri, Luigi Fabbri. Storia d’un uomo libero, Pisa 1996, ad indicem; Congressi e convegni della Federazione Anarchica Italiana. Atti e documenti (1945-1995), a cura di U. Fedeli e G. Sacchetti, Pescara 2001; G. Sacchetti, Sovversivi agli atti. Gli anarchici nelle carte del Ministero dell’Interno. Schedatura e controllo poliziesco nell’Italia del Novecento, Ragusa, 2002, ad indicem.

Codice identificativo dell'istituzione responsabile

181

Note

Paternità e maternità: Giuseppe e Concetta Pedalino

Bibliografia

2004

Persona

Collezione

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