VATTERONI, Angelo

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
VATTERONI, Angelo

Date di esistenza

Luogo di nascita
Avenza
Data di nascita
June 18 1875
Luogo di morte
Siena

Biografia / Storia

Nasce ad Avenza, frazione di Carrara (MS), il 18 giugno 1875 da Michele e Penelope Squassoni, barbiere. Figlio di una famiglia di contadini, i genitori gestiscono anche una piccola rivendita di tabacchi, giovane si avvicina all’ambiente sovversivo e anarchico del suo paese natale. Un “cenno biografico” della Prefettura di Massa così lo descrive: “Ha compiuti gli studi di prima e di seconda elementare [...] figura ascritto al partito anarchico al quale ha sempre appartenuto, ma esercitandovi poca o nessuna influenza”. Nel gennaio del 1894 partecipa ai moti della Lunigiana, viene arrestato per aver preso parte a un agguato a due carabinieri, uno dei quali è stato ucciso. Il Tribunale di guerra (che infligge sei mesi di carcere anche al padre Michele) condanna Angelo a 16 anni di reclusione e a tre anni di vigilanza speciale per “associazione a delinquere ed eccitamento alla guerra civile”, condanna poi commutata in due anni di domicilio coatto a Grosseto ed in sei mesi di vigilanza speciale. La dura segregazione e l’isolamento incidono profondamente sul equilibrio mentale di Angelo che durante il domicilio coatto inizia a manifestare seri disturbi: “Trovandosi senza lavoro e senza mezzi di sussistenza, andò soggetto ad un attacco di delirio acuto... durante il quale si mostrò oltremodo improduttivo e minaccioso”, scrivono gli alienisti del manicomio di Siena, dove il militante libertario viene “trasportato cogli apparecchi di coercizione” il 25 novembre 1896 e dove trova la morte il 13 luglio 1897 a seguito di un’infezione tubercolare. Poco dopo il professore Paolo Funaioli, direttore del manicomio, pubblica sul caso uno studio che fa palese riferimento ai paradigmi teorici della scuola positiva di diritto penale, che riconosce in Cesare Lombroso il suo esponente più noto. Dall’anamnesi lo psichiatra ricava la convinzione che il giovane è portatore di una diatesi epilettica familiare: “Tornato a farsi latente il germe ereditato, altre cause agirono sopra di lui e concorsero a far degenerare il suo carattere e a preparare un terreno meglio adatto allo sviluppo della psicopatia e di altri stati anormali, l’ambiente viziato cioè in cui viveva (fra gli anarchici) e la rivalità nel mestiere”. Funaioli riconosce un ruolo ai fattori ambientali: “Cause depressive potenti agirono su quel povero cervello, la disillusione, la condanna, il carcere, l’esilio”. Egli tuttavia applica alle discipline sociali un evoluzionismo rigido-deterministico mutuato dalle scienze biologiche: la teoria della degenerazione e la presunta ereditarietà dei “caratteri morali” inducono l’autore a cercare conferme all’assunto che ci sono “delitti la cui natura morbosa” e i cui autori “sono da considerarsi come delinquenti d’indole patologica […] epilettico e anarchico [...] sono entrambi degenerati” e formula la diagnosi di “epilessia politica”. Il comportamento “insurrezionale” che V. ha tenuto prima dell’esordio clinico viene dunque considerato una manifestazione di malattia mentale. Le sue conclusioni non sono paradossali: “Se il delitto commesso aveva un’origine morbosa, come una condanna tanto grave?”. Il medico ricorda che la madre del malato ha concesso l’autorizzazione a eseguire “l’autopsia del cadavere, paga di saperlo di un alienato, anziché d’un facinoroso” (il cervello, trattato col metodo Giacomini, viene conservato a scopo di studio). Il saggio di Funaioli echeggia giudizi cari alla stampa moderata e conservatrice dell’epoca ricca di pregiudizi sui nuovi movimenti sociali, in seguito corretti da osservazioni più attente: “Mentre in Sicilia il popolo spinto dalle gravissime strettezze economiche e quasi alla fame si coalizzava e insorgeva”, scrive a proposito dei moti del 1893, gli anarchici della Lunigiana avevano promosso la lotta e la strage sebbene “quelle popolazioni laboriose, forse un po’ intossicate dall’alcool, non avevano di che lagnarsi”. (R. Cappuccio)

Fonti

Fonti: Archivio dello Stato - Massa, Gabinetto di Questura, Sovversivi deceduti, b. 60, c. 542; ivi, Tribunale Militare di Guerra, b. 553, cc. 24, 98, 102, 106, 107, 110, 113; ivi, Comune di Carrara, II serie, b. 376, c. 130; Archivio Storico Ospedale Psichiatrico di Reggio Emilia, a. 1896, cartella clinica n. 2909.

Bibliografia: P. Funaioli, D’un epilettico anarchico. Contributo allo studio dei delitti politici, Siena 1897; R. Cappuccio, Teorie scientifiche e fenomeni sociali nell’Italia di fine secolo, «Rivista storica dell’anarchismo», lug.-dic. 1994, pp. 45-63.

Codice identificativo dell'istituzione responsabile

181

Note

Paternità e maternità: Michele e Penelope Squassoni

Bibliografia

2004

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