​TRIONFI, Alceste

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
​TRIONFI, Alceste

Date di esistenza

Luogo di nascita
Spoleto
Data di nascita
May 14 1869
Luogo di morte
Napoli

Biografia / Storia

Nasce a Spoleto (PG) il 14 maggio 1869 da Augusto e Angela Merlini. Frequenta la prima classe dell’Istituto Tecnico ed entra, in qualità di disegnatore, nelle Ferrovie Adriatiche, passando, con la nazionalizzazione del 1905, alle Ferrovie di Stato. Dapprima socialista, si avvicina all’anarchismo ad Ancona, dove conosce Malatesta, di cui è segnalato come “ammiratore”. Considerato “impiegato assiduo” e di “parola facile ed ingegno pronto”, non prende parte alle manifestazioni del movimento, ma riunisce in casa propria “i più noti anarchici” di Ancona, ha grande influenza nel proprio ambiente di lavoro e, approfittando delle facilitazioni ferroviarie, si sposta di frequente (Roma, Pisa, La Spezia, Genova, ecc.) tenendo i contatti “con alcuni maggiorenti dei partiti estremi”. Si mantiene tuttavia costantemente defilato e scrive sulla stampa anarchica utilizzando sempre pseudonimi.

Nel novembre 1897 inizia a collaborare a «L’Agitazione» di Ancona firmandosi Barbetta e dimostrando, rispetto alla media degli interventi, una non comune capacità espressiva. Agli inizi del 1900 appare, sulle colonne de «L’Avvenire sociale» di Messina, un articolo a firma Guglielmo Garavani, lo pseudonimo che T. utilizzerà più a lungo e con il quale firma ne «L’Agitazione» brevi pezzi di “propaganda popolare”. Nel maggio 1900 si trasferisce a Firenze, ma nel dicembre viene denunciato, con Alberico Angelozzi, Vincenzo Chiorri, Antonio Brasili, Giuseppe Vedova e altri per associazione sediziosa, e processato ad Ancona (Il processo di Ancona, «L’Agitazione», 21 dic. 1900).

Al processo “Trionfi non fa professione di fede, ma sono suoi principi tutti quelli che accennano a progresso e quindi conviene in parte con le teorie del socialismo anarchico, in parte no. Egli vuole essere libero tanto nel principio che nell’azione”. Assolto per non provata reità, riprende a scrivere sulla stampa libertaria con il consueto pseudonimo, in particolare ne «L’Avvenire sociale» di Messina, sul quale tra la fine del 1902 e gli inizi del 1903 ha un fitto scambio di vedute con un “compagno intransigente”, “l’amico Giardini Augusto”. Il suo legame con gli anarchici anconetani risulta particolarmente tenace, se T. collabora quasi esclusivamente ai loro fogli. Nel maggio 1906 si trasferisce a Roma, quasi in concomitanza con la pubblicazione del periodico anarchico anconetano «La Vita operaia», su cui firma settimanalmente una sorta di rubrica, Conversazioni libertarie.

A Roma conosce e diventa amico di Luigi Lucatelli e Filiberto Scarpelli: il primo giornalista e corrispondente de «La Vita», de «Il Secolo» e de «Il Messaggero», conosciuto soprattutto per “la macchietta” di “Oronzo E. Marginati”, “il cittadino che protesta”; il secondo, giornalista e illustratore, a cui si deve il disegno della copertina de «Il Pensiero» di Luigi Fabbri, “una faccia di truce pensatore, tagliata longitudinalmente dal rettangolo in cui andava composto il sommario” (F. Scarpelli, Giornalismo allegro, Milano 1932, p. 96).

Nel contempo T. inizia a frequentare l’ambiente del giornale satirico “Il Travaso delle idee», a cui collabora con due rubriche fisse che hanno per protagonisti Pierino Benpensanti, capace di semplificare “secondo linee di buon senso i più torbidi problemi sociali”, e Accio d’Empoli, “menestrello pazzerellone”. Probabile tramite di tali conoscenze Luigi Fabbri, che dopo aver fatto parte della lega della “Caupona libera dell’ippopotamo”, fondata da Lucatelli, aveva a sua volta dato vita alla lega dei “Filosofi di Farfa”, tra i cui membri figuravano, oltre a Scarpelli e Lucatelli (peraltro occasionali collaboratori de “Il Pensiero»), Antonio Agresti, Meuccio Ruini, Gino Baldini, poi protosindaco di Roma, Giacinto Stiavelli, Tomaso Monicelli, Guelfo Civinini, Gustavo Brigante Colonna (redattore de «Il Travaso delle idee»), ecc.

A parte il caso di “Gigetto” Fabbri, i rapporti di T. con l’ambiente libertario romano sono scarsi e spesso conflittuali. In una lettera ad Alberico Angelozzi del dicembre 1911 afferma che, a Roma, “la povera anarchia è diventata il monopolio di due o tre avvocatucoli spostati e pieni di ... vanto”, indegni di “avere a capo (Dio ci guardi) una Malatesta, perché, bella roba Malatesta!, che ha fatto, che sa fare Malatesta che non ha nemmeno una laurea?”. Dopo l’esperienza de «La Vita operaia», rientra nel silenzio, che rompe soltanto nel 1913, quando, con il ritorno di Malatesta in Italia, viene pubblicata, sempre ad Ancona, «Volontà». Nel periodico, il cui vero animatore è sempre Fabbri, T. assume una rubrica settimanale, Spigolando, che compilerà fino alla cessazione della testata, nel 1915, con l’intervento italiano in guerra. In questa circostanza, T. dimostra tutte le sue doti di polemista, ironico, arguto, dissacrante e una non comune capacità di saper commentare, nell’ampio panorama della stampa italiana e non, le notizie di più vivo interesse. Particolarmente caustico con Maria Rygier e Libero Tancredi, i suoi attacchi all’interventismo rivoluzionario toccano i vertici del sarcasmo, irritando oltremodo gli ex compagni che, presumibilmente, non riescono ad identificarlo.

Si può senz’altro dire che T. sia il miglior polemista anarchico “antiguerraiolo” del momento, anche se esclusivamente portato al pezzo di colore, alla satira breve e pungente. Dato questo significativo se si pensa non solo ad certo suo garibaldinismo mai ripudiato (il padre Augusto aveva combattuto a Mentana) e alla sua amicizia con Francesca e Clelia Garibaldi, ma anche ai suoi rapporti con Lucatelli, di fervidi umori interventisti (morto proprio nel 1915), con Scarpelli, passato al futurismo ed illustratore del primo «Popolo d’Italia», con l’irredentista Enrico Novelli, alias Yambo, l’ideatore di Ciuffettino. È probabile che l’ascendente di Malatesta fosse allora più forte e che l’anarchia fosse ancora “l’ideale che ha illuminato e che illumina questa stupida vita” (Lettera ad Angelozzi, cit.).

Nel dopoguerra tuttavia T., anche se continua a leggere la stampa libertaria - nel 1924 è abbonato al malatestiano «Pensiero e volontà» -, si allontana definitivamente dall’anarchismo. Ne Le Tiritere di Accio d’Empoli, apparse nel 1928 con la presentazione di Luciano Folgore e vignette di Onorato, Montani, Scarpelli, Camerini (Cam), Leporini (Sem) e dello stesso T., alcune poesie dei primi anni Venti non solo irridono Lenin, Modigliani e il “socialatifondista” Treves, ma anche lo sciopero “legalitario” dell’agosto 1922 (Poveri scioperofili!/ Per voi bastante è solo/ un venticello, un soffio.../ e andate in isfasciolo), non dimostrando certo una vena antifascista. Negli anni Trenta infatti T. risulta iscritto al PNF e nel 1933 ottiene la radiazione dallo schedario dei sovversivi. Profondamente legato alla capitale, scrive poesie in vernacolo e fa parte, con Trilussa, Pascarella, Petrolini, del gruppo dei Romani della Cisterna (dal nome di un ristorante trasteverino, abituale luogo di riunione) e nel 1939 partecipa alla costituzione del gruppo dei “Romanisti”, associazione di cultori di Roma (storia, lettratura dialettale, urbanistica, anedottica, curiosità cittadine, ecc.), che ogni anno, dal 1940, pubblica, nel dies natalis dell’Urbe, la Strenna dei romanisti. Muore a Napoli nel 1949. Nel 1972 il Comune di Roma gli dedica una via in qualità di “poeta romanesco”. (M. Antonioli)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen.

Bibliografia: scritti di T.: Le Tiritere a rime obbligatissime di Accio d’Empoli menestrello disoccupato, Ancona 1928; Luigi Lucatelli e le avventure di Oronzo E. Marginati, Roma [1944]; Accidenti ai capezzatori. Vita segreta di Tito Livio Cianchettini, Roma 1947.

Codice identificativo dell'istituzione responsabile

181

Note

Paternità e maternità: Augusto e Angela Merlini

Bibliografia

2004

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