VALBONESI, Vittorino

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
VALBONESI, Vittorino

Date di esistenza

Luogo di nascita
Forlimpopoli
Data di nascita
December 2 1855
Luogo di morte
Forlì

Biografia / Storia

Nasce a Forlimpopoli (FC) il 2 dicembre 1855 da Tomaso e Maria Monti, scrivano. Aderisce in giovane età, ancora studente, al socialismo anarchico. Nel 1875, in qualità di unico membro “colto”, risulta a capo della sezione di Forlimpopoli dell’AIL fondata dal calzolaio Clemente Gramiacci, sezione che raccoglie circa 180 soci. Già nel 1878 collabora a «L’Agitatore» di Siena. Segnalato nel 1879, viene definito “capo del partito a cui prestano fiducia gli altri settari”. Il 14 aprile 1879 è colpito da ammonizione. Un mese dopo, il 17 maggio, è arrestato e poi coinvolto in un processo a 25 esponenti dell’Internazionale in Romagna (tra cui Domenico Francolini, Caio Zavoli, Secondo Cappellini, Alceste Cipriani, Ferdinando Valducci, Enrico Squadrani, Sesto Fortuzzi, Alfonso Leonesi, Alceste Faggioli, Alfonso Danesi, Vittorio Grazia) accusati di avere costituito una “associazione di malfattori”. Il processo, celebrato presso il Tribunale di Forlì, si chiude il 7 ottobre 1879 con una generale assoluzione. Alla fine dello stesso anno è accusato di contravvenzione all’ammonizione e di cospirazione contro la sicurezza interna dello Stato per avere redatto, stampato e affisso a Forlimpopoli un manifesto sovversivo, e trascorre diversi mesi nel carcere di Bertinoro. Negli anni ’80 continua a collaborare a tutte le attività locali dell’AIL, e la sua capacità di scrivere facilmente lo rende utile all’associazionismo locale, composto per lo più di artigiani e braccianti, spesso analfabeti o quasi. Per questa sua attività tra il 1878 e il 1894 riceve numerose denunce per reati di stampa, ma quasi sempre viene dichiarato il non luogo a procedere per insufficienza di indizi o si estingue l’azione penale per amnistia (solo nel 1891 sarà condannato a un mese di carcere, confermato in appello). Si mette in luce come uno dei più tenaci oppositori della “svolta” di Andrea Costa in Romagna. È in corrispondenza con Giovanni Domanico, Errico Malatesta e soprattutto Francesco Saverio Merlino. Collabora al «Catilina» di Cesena e a «Il Grido del Popolo» di Napoli, diretto da Merlino. Dopo avere ricevuto da Carlo Cafiero una lettera indirizzata a lui e a Ruggero Maravalli (cognato di Domanico, originario di Perugia e all’epoca residente a Forlì), contenente un attacco personale a Costa di inaudita violenza, la trasmette a Merlino che la pubblica nel numero del 21 luglio 1881 del suo giornale. Nella lettera Cafiero, dopo avere accusato Costa di essere uno spostato, un rinnegato della fede rivoluzionaria del popolo che agisce in malafede, conclude con un appello a togliere di mezzo l’apostata: “Amici, se non volete che il popolo bestemmi la rivoluzione, fate giustizia del perfido ciarlatano, o colpite fieramente me stesso come un ribaldo calunniatore”. La pubblicazione della lettera suscita enorme scalpore e una larga disapprovazione, che si indirizza non tanto contro l’autore Cafiero (in cui stanno manifestandosi i primi sintomi della pazzia e che del resto si pentirà poi amaramente di quelle parole) quanto contro Merlino e lo stesso V. per averla resa pubblica. Va tuttavia precisato che lo stesso Cafiero aveva dato preventivamente la propria disponibilità (“Fate di questa mia l’uso che meglio vi pare; se la darete alle stampe, ve ne sarò tenuto”). Pochi giorni dopo V. prende parte al Congresso di costituzione del pssr (Rimini, 24-29 luglio 1881), durante il quale è il solo, insieme a R. Maravalli, a votare contro la nascita del nuovo partito (mentre sono in sei a chiedere, inutilmente, che nel nome del partito stesso compaia il termine “anarchico”). Nello stesso anno fonda con Gremiacci a Forlimpopoli il Circolo “Sofia Perowskaja”. Partecipa a riunioni a Meldola, a San Giovanni in Marignano (Rimini) e in altre località nel tentativo di aggregare nella provincia le forze anarchiche su una piattaforma intransigente e rilanciare l’Internazionale, in opposizione alla “svolta” di Andrea Costa. La sua attività, che si richiama esplicitamente ai deliberati del recente Congresso anarchico di Londra, preoccupa le Autorità che procedono al suo arresto e a quello di altri 13 componenti del Circolo “Sofia Perowskaja” e imbastiscono un processo per cospirazione e attentato alla sicurezza dello Stato, poi derubricato in associazione di malfattori. Dopo una lunga detenzione preventiva (durante la quale l’1 marzo 1882 muore C. Gremiacci) si tiene finalmente il processo, nel corso del quale V. è difeso dall’avvocato Merlino. Con sentenza del 17 luglio 1882 (poi confermata in appello) il Tribunale di Forlì condanna V. e Luigi Turci a due anni di carcere e gli altri imputati (meno uno assolto) a pene minori, stabilendo inoltre un anno di vigilanza speciale della Pubblica sicurezza per tutti i condannati. Scontata la pena V. collabora con Romeo Mingozzi per costituire la Branca Italiana dell’AIL, ma i rapporti tra i due non sono sempre facili (in una lettera a Emilio Castellani del 22 gennaio 1885 Mingozzi scrive: “Valbonesi è partito per Nizza, dopo aver commesso una delle solite leggerezze che lo rendono stavolta colpevole. I compagni di Forlimpopoli ne sono indignatissimi. Trattasi di pubbliche ritrattazioni di certe cose che i socialisti di là sostengono a tutta prova. Ho già fatto una protesta in questo senso, acciò il prestigio del partito non ne vada di mezzo”). Nel 1887 V. pubblica Avvisaglie, un volumetto di poesie su temi sociali e politici. Pubblica alcuni comunicati e articoli su «La Rivendicazione» di G. Piselli, uno dei quali nel marzo 1888 per denunciare il sequestro del suo n. u. «Bandiera Nera» (non reperito). Il 27 aprile 1889 parte per la Repubblica Argentina, ma ritorna dopo breve tempo a Forlì. Subito dopo aderisce al Circolo “Sempre Avanti”, promosso da Temistocle Bondi e formato dagli anarchici intransigenti che si staccano dalla Federazione Socialista di Forlì (in cui erano presenti sia libertari che socialisti delle diverse tendenze). È responsabile del numero unico «La Folgore» (Forlì, 26 set. 1889), che riporta in prima e seconda pagina un articolo di dura critica al Programma del Partito socialista rivoluzionario romagnolo, dal titolo Al popolo di Romagna, firmato dalla Branca Anarchica Romagnola “Circolo Operaio Emancipato”, dal Gruppo Intransigente “I Malfattori” e dal Circolo Internazionale “Sempre Avanti”. Collabora al «Combattiamo» di Genova (1890). Nell’estate 1890 annuncia la costituzione del Gruppo “Né Dio né Padrone”, da lui diretto («La Rivendicazione», 2 ago. 1890). In collaborazione con T. Bondi, Alessandro Nicolini (che si firma N. Sandri), Antonio Giusti gerente responsabile e altri, pubblica per il Circolo “Sempre Avanti” alcuni altri n. u., tra i quali: «Spartaco» (11 nov. 1890), «Lo Staffile» (22 nov. 1890), «La Vittima» (20 dic. 1890). In quest’ultimo pubblica tra l’altro l’articolo Pel Congresso di Lugano (a Errico Malatesta), duro atto di accusa contro i socialisti legalitari e gli anarchici possibilisti che non prendono dai primi sufficientemente le distanze, in cui auspica che dal prossimo Congresso, a cui egli non potrà partecipare, scaturisca “una spiccata linea di demarcazione che ponga dall’una parte gli anarchici schietti, e dall’altra gli anarchici annacquati”. Dopo il Congresso (Capolago, 4-6 gennaio 1891), che mette in moto una fase di generale riorganizzazione delle forze anarchiche in Italia, partecipa all’attività della Federazione Romagnola del Partito socialista anarchico rivoluzionario, fondata il 2 febbraio 1891 durante il Congresso regionale di Ronco (Forlì). Tra il 1890 e il 1893 collabora ai numerosi giornali e numeri unici anarchici che escono a Imola, per impulso soprattutto di Adamo Mancini. Non è da escludere la sua collaborazione anche ad altri numeri unici anarchici usciti a Forlì tra il 1889 e il 1897, molti dei quali finora non reperiti. Riconducibili a lui sono sicuramente i n. u. forlivesi «Menestrello» (3 mag. 1894) e «Ficcanaso» (20 mag. 1894), come attesta una corrispondenza apparsa su «La Libera Parola» di Imola (10 giugno 1894), nonostante il suo nome non compaia mai e gli articoli siano quasi tutti firmati con pseudonimi (“Tizio”, “Sempronio”, “Asmodeo”, “Minosso” ecc). Si tratta di giornali abbastanza particolari, che difficilmente si potrebbero considerare anarchici nel senso comune del termine. Lo scopo dichiarato della redazione è quello di denunciare i pubblici amministratori che fanno favoritismi, oppure corrotti o incapaci, che divorano il patrimonio del popolo. In particolare, per alcuni articoli dedicati al crac della Banca Popolare di Forlì, V. dovrà difendersi dall’accusa di avere contribuito al suicidio del suo direttore Livio Quartaroli. Preparato dai due numeri unici e con la stessa impostazione, subito dopo esce il settimanale «Lo Staffile», di cui vengono pubblicati 25 numeri tra il 3 giugno e il 2 dicembre 1894. Anche se gerente responsabile è Tomaso Valbonesi, padre di Vittorino, quest’ultimo ne è di fatto il vero direttore, come emerge a seguito di una querela per ingiurie da parte del direttore del socialista «Risveglio». Poco dopo, colpito dalle leggi eccezionali emanate nello stesso anno 1894 dal Governo Crispi, V. viene inviato al domicilio coatto. Secondo le fonti di polizia ha “una certa cultura, perché negli anni giovanili poté frequentare gli studi, ma la sua condotta scioperata lo ha ridotto a tale stato di abiezione e di miseria da non disdegnare di convivere con una prostituta pur di avere una casa”. Nel marzo 1895, mentre si trova confinato all’Isola d’Ischia (verrà rilasciato poco dopo in libertà condizionata), è accusato di “complicità non necessaria” in un tentativo di estorsione perpetrato nel forlivese. Con sentenza 14 settembre 1895 del Tribunale di Forlì, poi confermata in appello, è condannato a 3 mesi e 10 giorni di reclusione e alla vigilanza speciale della Pubblica sicurezza per un anno. Nel 1902, in occasione del solenne rimpatrio dei resti del deputato repubblicano forlivese Antonio Fratti, volontario garibaldino caduto a Domokos nel 1897 combattendo contro i turchi per la libertà e l’indipendenza della Grecia, redige un opuscolo ad memoriam, in cui ribadisce la sua fede internazionalista ma anche la sua amicizia di lunga data col repubblicano Fratti, e invita i lavoratori ad unirsi in nome della pace e delle lotte da affrontare, evitando lotte fratricide. Muore a Forlì il 24 aprile 1911. (M. Gavelli - G. Landi)

Fonti

Fonti: Archivio dello Stato – Forlì-Cesena, Gabinetto di Prefettura Riservato, Anni 1870-1900, passim; Tribunale Penale, 1878-1896; Biblioteca comunale - Imola, Fondo Andrea Costa, Lettere di V. a A. Costa; Museo Civico del 1° e 2° Risorgimento – Bologna, Fondi tematici. Gollini 1967-70.

Bibliografia: Scritti di V.: Avvisaglie, Forlì 1887; Omaggio ad Antonio Fratti, Forlì 1902. Scritti su V.: Due opposte decisioni sulla Internazionale, con note dell’Avv. A. Venturini, Bologna 1879; L. Briguglio, Il partito operaio italiano e gli anarchici, Roma 1969; V. Evangelisti, E. Zucchini, Storia del Partito socialista rivoluzionario 1881-1893, Bologna 1981; L. Forlani, Andrea Costa e gli anarchici, in Ravenna 1882. Il socialismo in parlamento, Ravenna 1985; G. Berti, Francesco Saverio Merlino. Dall’anarchismo socialista al socialismo liberale (1856-1930), Milano 1993.

Codice identificativo dell'istituzione responsabile

181

Note

Paternità e maternità: Tomaso e Maria Monti

Bibliografia

2004

Persona

Collezione

città