STRAFELINI, Emilio

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
STRAFELINI, Emilio

Date di esistenza

Luogo di nascita
Rovereto
Data di nascita
February 3 1897
Luogo di morte
Fai della Paganella

Biografia / Storia

Nasce a Rovereto (TN) il 3 febbraio 1897 da Felino e Rosina Genoveffa Perli, carpentiere. Frequenta una scuola tecnica a Rovereto e fin da giovanissimo lavora come operaio, anche se, per Francescotti (p. 53) ma non per le fonti di polizia, suo padre sarebbe stato un ricco possidente. Secondo lo stesso autore, che lo definisce “una personalità iconoclasta e fantasiosa” (p. 54), S. avrebbe dichiarato a uno storico locale, Antonio Zieger, che, dopo il 1915, era già socialista libertario ed “era espatriato in Italia per fare propaganda contro la guerra”. Nel 1919 aderisce al Partito Socialista, e fa parte del Consiglio Direttivo della CdL a Rovereto. Esplica un’intensa attività propagandistica contro il nascente partito fascista e, grazie soprattutto alle sue doti comunicative e alle risorse economiche ereditate che dedica alla militanza, riesce ad acquisire prestigio presso il movimento operaio locale. Però, ancora secondo le fonti di polizia, nel 1920 viene sospeso dal partito per 6 mesi per aver distribuito volantini con la scritta “Viva l’Italia” e, successivamente, per aver fatto battezzare la figlia, nata dalla sua unione con Ida Franchi. Il 25 settembre 1924, ormai senza fondi, emigra in Francia con un regolare passaporto e si stabilisce a Les Abrets (Isère), dove si occupa presso una fabbrica di alluminio. Qui intrattiene una relazione epistolare con il socialista Carlo Bruseghini, di Rovereto, mediante il quale corrisponde con la sua famiglia. In Francia comincia a manifestare interesse per il movimento esplicitamente libertario, entra a far parte dell’USI e stabilisce contatti sempre più stretti con gli anarchici, tra cui Angelo Angilotti, noto alla polizia come “individuo capace di commettere attentati e atti terroristici”. Nel novembre dello stesso anno torna in Italia e si stabilisce a Genova per un breve periodo, trovando occupazione presso una carpenteria. Agli inizi del 1925, S. giunge a Roma, sia con l’intento di trovare una situazione lavorativa stabile, sia con il progetto, considerato reale dagli informatori della polizia, di organizzare un attentato contro Mussolini insieme a Giuseppe Fortunato Gallo, Primo Pellegrini e Ferdinando Puzzoli. Trova lavoro rivolgendosi a Eugenio Aiati, anarchico ben noto alla polizia. Nel frattempo stringe rapporti con Errico Malatesta ed Elena Melli, con la quale intreccerà poi una fitta corrispondenza, in particolare per l’invio di fondi alle famiglie dei prigionieri politici, iniziativa promossa da Malatesta e dalla Melli. L’11 novembre 1927, probabilmente a causa di una “soffiata” della moglie Ida Franchi, con la quale già stava avviando le pratiche per la separazione, gli agenti della Squadra Politica effettuano una perquisizione, senza esito, a casa sua e lo arrestano in quanto sospetto attentatore a Mussolini. Il suo stato di fermo, però, dura pochi giorni e naturalmente viene tenuto sotto particolare controllo. Nell’aprile del 1928, S. viene trovato in possesso di “notizie confidenziali” sul libro di Max Nettlau, Bakunin e l’Internazionale in Italia, al quale collabora anche Malatesta che ne scrive la prefazione (il testo viene pubblicato dalle edizioni de «Il Risveglio» di Ginevra a cura di L. Bertoni). È quindi assegnato al confino di polizia per cinque anni e viene tradotto all’isola di Lipari, dopo aver scontato sei mesi di reclusione nel carcere di Regina Coeli, dove conosce molti militanti, anarchici e antifascisti, che incontrerà poi nei suoi movimentati viaggi. Nel novembre 1932, in occasione del decennale della Marcia su Roma, viene prosciolto con qualche mese di anticipo dal confino politico. Torna a Rovereto e inizia a girare per il Nord Italia lavorando saltuariamente e il 25 aprile del 1933 passa clandestinamente la frontiera italo-austriaca, giunge a Innsbruck e successivamente in Francia. Ad agosto si trova a Parigi e riallaccia i rapporti con molti compagni di confino come Carlo Rosselli, Emilio Lussu e Alberto Cianca, mentre assume un’importante carica nella lidu della capitale francese, dove sono attivi altri anarchici come Enzo Fantozzi e Arturo Vella. Secondo il noto memoriale di Giuseppe Guelfi (riportato da Sacchetti, p. 203), S. è tra gli anarchici che si oppongono decisamente alle proposte di collaborazione, in qualità di esecutori, che provengono da Rosselli e Campolonghi. Fa ritorno in Italia, per un breve periodo, trattenendosi a La Spezia, probabilmente presso il compagno Tullio Lazzaroni, con la cui figlia ha una relazione affettiva, ma nel febbraio 1934 ricompare nella capitale francese. Continua la sua attività politica, mantenendo contatti, sia fisici che epistolari, con compagni veri e falsi; infatti comunica senza alcuna prudenza i suoi movimenti e progetti, anche per una sorta di ingenuità caratteriale (“dabbenaggine”, secondo Franzinelli, p. 271). A Parigi è agganciato da Bernardo Cremonini, dirigente dell’USI in esilio, (l’agente 6, detto anche Solone è il principale informatore dell’OVRA sugli anarchici italiani in Francia; in Franzinelli, pp. 272-74) al quale consegna importanti documenti provenienti dalla LIDU e dalla ricostituenda USI in Italia. S., nella sua relazione all’AIT del gennaio 1934, descrive una rete, di centinaia di militanti, presente in buona parte del territorio italiano con un punto di forza nel trentino (in G. Cerrito, pp. 896-8). Ad ogni modo l’idea, fondata o meno, di un attentato a Mussolini è sempre presente; infatti S. continua a parlarne ad Augusto Mione, Alfredo Bonsignori e Gusmano Mariani, compagni che forse condividono le sue intenzioni. Stando alle informazioni confidenziali fornite dal fiduciario dell’OVRA Gino Andrei (n. 480, ma 488 in Franzinelli, pp. 187-8), S. si trasferisce a Marsiglia, dove è ospite di alcuni compagni, nel giugno del 1935, ma dopo poco si sposta ad Argelès-sur-Mer, dove lavora presso la ditta edile del compagno Augusto Mione e adotta il nome di “Jean Linder”. Il 5 agosto del 1935, in seguito ad alcuni dissapori coi compagni, si licenzia dal lavoro che aveva recuperato a Marsiglia e si allontana dall’ambiente frequentato lasciando numerosi debiti, oltre che la compagna del periodo. Costei sospetta che S. si sia allontanato in seguito alle pressioni dei suoi compagni e manda la polizia nella sua casa provocando l’arresto di Ciro Sperano, Roberto Briganti, Ferdinando Pisani e Giuseppe Petacchi. Per un po’ le sue tracce si perdono, ma nel novembre del 1935 torna a Marsiglia dove collabora assiduamente con Celso Persici e Dario Castellani, membri della FAI e del Comitato Anarchico. Nel gennaio del 1936 si trasferisce a Tolone, dove trova occupazione nella cooperativa di Angeli e Persici; ma già il mese successivo cambia dimora, e si sposta a Bordeaux, dove si collega a Sante Garibaldi, nipote di Giuseppe e acceso antifascista. In seguito ad altri conflitti con i compagni, si trasferisce nuovamente a Marsiglia, ma si ritrova senza soldi, senza casa e in condizioni economiche disperate. Nel maggio delle grandi agitazioni operaie in Francia, S. partecipa al corteo del Fronte Popolare insieme a parecchi volti noti alle autorità, tra i quali Giulio Bacconi, Angelo (sic) Girelli, Edoardo Angeli e Lazzaro (sic) Turroni. Continua anche a mantenere con i compagni lontani una fitta corrispondenza epistolare, utilizzando un fermo posta con lo pseudonimo di “Julien Clot”. Torna a lavorare saltuariamente nella cooperativa di Angeli e Persici e talvolta anche in società con Turroni, in qualità di verniciatore. In questo periodo S. viene incluso negli elenchi dei “sovversivi attentatori e capaci di compiere atti terroristici”. L’11 agosto 1936, S. si reca in Spagna per unirsi ad altri libertari arruolatisi volontari per combattere contro i generali golpisti e si aggrega alla colonna “Francisco Ascaso” della CNT-FAI, ma non partecipa alla Sezione Italiana comandata da Rosselli (con cui ha cattivi rapporti) e Berneri. Lo stesso Berneri (Epistolario inedito, vol. I, p. 41) infatti non lo ritiene adatto a compiti direttivi, militari e di tipo unitario, nella Sezione Italiana. Prende parte, con gli spagnoli, a diversi scontri armati vittoriosi nella zona di Huesca e viene eletto comandante da tre reparti di miliziani. Anche il fiduciario dell’OVRA “Franz”, segnala che S. è diventato in breve un elemento di spicco all’interno delle formazioni libertarie; tra l’altro riceve al fronte le visite di Emma Goldmann, Luigi Bertoni, Hans Kaminski. Quest’ultimo (Quelli di Barcellona, p. 222) lo descrive impropriamente come “un italiano del Tirolo che ha fatto la Grande Guerra come ufficiale dell’esercito austro-ungarico” e che comanda una centuria sul fronte di Huesca. Nello stesso reparto combatte la spagnola Josefina Tablado, la sua nuova compagna. Ai primi di dicembre del 1936, S. entra in qualità di istruttore militare, e poi di secondo comandante, in un “Battaglione della Morte” (istituito da Diego Abad de Santillan, dirigente anarchico spagnolo ed esponente del governo della Generalitat catalana), composto da cinquecento uomini, selezionati secondo il modello italiano degli Arditi e che si addestra a Perpetua de la Munguda, in Catalogna. Il comandante in capo è il noto Candido Testa, in realtà agente dell’OVRA con il nome di “Argentino”. Nel marzo 1937 è, con il Battaglione, sul fronte vicino a Saragozza per compiere importanti azioni di sabotaggio e di infiltrazione, ma per motivi poco chiari il progetto fallisce. Nell’aprile del 1937, per divergenze e dissidi, rassegna le dimissioni che vengono accettate. Passa ad attività civili e diventa impiegato in una fabbrica di scarpe collettivizzata a Sant Cugat del Vallès (Pins del Vallès durante la rivoluzione libertaria) nei pressi di Barcellona. Coinvolto negli avvenimenti del maggio 1937, viene ricercato per un breve periodo ma riesce a nascondersi. Il 26 ottobre del 1937, S. si allontana dalla Spagna “per paura di essere ucciso come Berneri”. Josefina Tablado viene però arrestata a Barcellona. Secondo gli informatori, S. torna a Parigi, e vi rimane fino all’estate del 1938, quando si reca nuovamente a Barcellona, ormai completamente demoralizzato, svolgendo attività solo per la LIDU. (Invece S. dichiara, nell’interrogatorio del luglio 1940, di essersi fermato a Sant Cugat per il resto della guerra civile). Ai primi di febbraio del 1939, alla sconfitta della resistenza repubblicana spagnola, ripara in Francia dove viene internato in un campo di concentramento (ad Argelès-sur-Mer e poi, molto malato, a Gurs). Secondo gli informatori, gli anarchici Enzo Fantozzi e Leonida Leoni lavorano attivamente per farlo tornare in libertà e continuare le azioni antifasciste, in particolare contro Mussolini. Infatti è lui stesso a dichiarare, in una lettera sequestrata, di voler “dimostrare che gli anarchici italiani sono pronti a offrire la vita in olocausto alla libertà ed a far pagare con la vita ai dittatori il massacro di questa libertà”. Il 21 giugno 1940, dopo alcuni duri mesi passati forzatamente nelle Compagnie di Lavoro impegnate a costruire difese militari nel nord della Francia, riesce a scappare durante un bombardamento tedesco e si presenta al Consolato d’Italia a Bruxelles per essere rimpatriato: quattro giorni dopo è arrestato dalla polizia di frontiera al Brennero e tradotto a Trento. Qui subisce un lungo e controverso interrogatorio, nel quale dichiara di non aver partecipato quasi per nulla alle attività sovversive dei fuoriusciti in Francia. Rivendica invece di aver combattuto in Spagna in quanto afferma di aver “sempre considerato indissolubile: pensiero, volontà ed azione”, ma sostiene anche di essersi presto disilluso, constatando la quantità di disonestà e intrighi commessi dai maggiori esponenti del fuoriuscitismo internazionale. S. dice infine di avere abbandonato le idee professate in passato e che per questo si è deciso a rimpatriare, pur intuendone le conseguenze. Per l’attività svolta, viene assegnato ancora al confino per cinque anni ed è destinato a Ventotene, dove rimane fino alla fine luglio del ’43 quando, con altri anarchici e gli slavi “antinazionali”, viene inviato al campo di concentramento di Renicci di Anghiari (Arezzo). Si allontana poco prima dell’arrivo dei tedeschi e fa ritorno in Trentino, dove continua a svolgere attività clandestina contro i nazifascisti. Nel 1948 si iscrive all’ANPI di Trento e poi si trasferisce a Milano, dove rimane vari anni. Qui aderisce al PSI ricoprendo la carica di amministratore nel partito fino al 1955 e diventando Segretario provinciale del Sindacato Chimici della CGIL. Muore a Fai della Paganella (TN) il 4 dicembre 1964. (I. Di Benedetto - C. Venza)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; ivi, Direzione polizia politica, ad nomen; ivi, Confinati politici, ad nomen.

Bibliografia: R. Francescotti, Sotto il sole di Spagna, Trento 1977; C. Berneri, Epistolario inedito, vol. I, a cura di A. Chessa e P.C. Masini, Pistoia 1980 e Id. Epistolario inedito, vol. II, a cura di P. Feri e L. Di Lembo, Pistoia 1984, ad indicem; G. Cerrito, L’emigrazione libertaria italiana in Francia nel ventennio tra le due guerre, in B. Bezza (a cura di), Gli italiani fuori d’Italia, Milano 1983; M. Franzinelli, I tentacoli dell’OVRA. Agenti, collaboratori e vittime della polizia politica fascista, Torino 1999, ad indicem; G. Sacchetti, Sovversivi agli atti. Gli anarchici nelle carte del Ministero dell’Interno. Schedatura e controllo poliziesco nell’Italia del Novecento, Ragusa, 2002, ad indicem.

Codice identificativo dell'istituzione responsabile

181

Note

Paternità e maternità: Felino e Rosina Genoveffa Perli

Bibliografia

2004

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Collezione

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