SQUADRANI, Edel

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
SQUADRANI, Edel

Date di esistenza

Luogo di nascita
Savignano sul Rubicone
Data di nascita
November 13 1881
Luogo di morte
Verrucchio

Biografia / Storia

Nasce a Savignano sul Rubicone (FC) il 13 novembre 1881 da Francesco e Giovanna Colli, pittore. Figlio di un anarchico schedato nel 1896, S. segue il padre a Udine e a Trieste, poi, nel 1906, è a Zurigo, dove alle contestazioni che il triestino Scutis, arrestato per fabbricazione di bombe, aveva il suo passaporto, risponde che il documento gli era stato sottratto da sconosciuti. A fine anno viene espulso da Fiume, con altri anarchici e “rimpatriato” a Savignano di Romagna. Schedandolo il 26 dicembre 1906, la Prefettura di Forlì lo descrive così: “Egli mostrasi intelligente, ardito, infatuato dell’idea anarchica e del suo apostolato, come egli stesso dice, e rivela infatti una coltura non comune sulle teorie anarchiche, quantunque abbia frequentato solamente le cinque classi elementari. Dai suoi discorsi fatti in ufficio di PS parrebbe che egli abbia spesso fatto viaggio da Trieste a Milano e da Zurigo a Milano nella quale ultima città sembrerebbe che fosse molto conosciuto dai correligionari” e “con essi in continui rapporti”.

Il 3 dicembre 1908 S. viene condannato a Milano a due mesi e 23 giorni di reclusione per offesa al culto cattolico e oltraggio al pudore, per la pubblicazione dell’articolo Santa bottega su «La Protesta umana» di Milano, della quale è gerente dal 6 giugno. Membro della redazione de «Il Demolitore» di Milano nel 1909, emigra clandestinamente a Trieste in gennaio per non finire in carcere. Rientrato in Italia, grazie a un’amnistia, espia 43 giorni di reclusione “per multa insoddisfatta di £ 250”. Denunciato per oltraggio ai carabinieri, viene condannato, il 21 febbraio 1910, a 25 giorni di prigione dal pretore di Rimini. Ritenuto pericoloso come propagandista e per la partecipazione a manifestazioni sovversive, collabora, nel 1911, al giornale «L’Agitatore» di Bologna, firmandosi “Eldo Quindarof”.

Contrario alla guerra di Libia, organizza, a Rimini, il gruppo libertario “Moderni malfattori” e il 30 settembre 1913 invita il pubblico, nella stessa città, a disertare le urne, durante un comizio, in cui parlano anche Errico Malatesta e Domenico Zavattero. Richiamato alle armi al principio del 1917, diserta e viene arrestato il 7 dicembre. Condannato, il 7 agosto 1918, a 15 anni di reclusione dal Tribunale di guerra di Venezia, beneficia dell’amnistia di Nitti (2 settembre 1919) e torna in libertà.

Verso la fine del 1922 emigra clandestinamente in Svizzera, per sfuggire a un mandato di cattura spiccato a suo carico per l’uccisione di un fascista a Cesenatico il 27 luglio e per il mancato omicidio di altri tre seguaci di Mussolini (fra cui l’on. Leandro Arpinati) e viene arrestato nel Cantone di Schaffouse per mancanza di documenti di identità. Il 3 maggio 1923 è denunciato per correità nella morte di un altro fascista, ammazzato a Rimini il 19 maggio 1921, e il 19 luglio per complicità nel mancato omicidio di un commissario di P.S., a Rimini, il 27 giugno 1920. Iscritto nel «Bollettino delle ricerche» e nella Rubrica di frontiera, è segnalato in Francia, in Belgio, in Olanda e in Germania. Trasferitosi in Spagna nel 1931, viene arrestato a Caixana per motivi politici e invitato a lasciare il paese. Nuovamente arrestato il 2 agosto per essere rimasto illegalmente nel paese, raggiunge Marsiglia, da dove, il 7 ottobre, invia una lettera a Errico Malatesta, criticando severamente la condotta degli anarco-sindacalisti spagnoli dopo la proclamazione della Repubblica: “La rivoluzione è morta? No! I rivoluzionari da burletta l’hanno soffocata! Nei giorni che ricevei la tua lettera, vi fu un tentativo insurrezionale che fu soffocato nel sangue (come l’ultimo sciopero generale così detto dell’Alleanza del lavoro in Italia alla fine luglio 1922) alle spese dei generosi che si immolarono [...] Quando si ha fiducia nella rivoluzione bisogna lavorare per essa, non estinguerla a poco a poco con tentennamenti, compromessi e azioni intesi a svisare gli obbiettivi. E se nel momento decisivo si ha tanta paura delle così dette responsabilità, si affianchino almeno e si facciano liberamente agire coloro a cui lo spirito d’audacia non manca”.

Stabilitosi a Marsiglia, insieme a Maria Amalia Melli, sorella della compagna di Malatesta, scrive al padre il 15 febbraio 1932 una lettera di sfida agli schiavisti in camicia nera: “Caro padre, dateci pure il mio recapito [ai fascisti] che nulla ho da temere e nulla mi possono fare, e volete sapere perché? L’indirizzo al quale mi scrivete è quello della mia compagna, la quale è suddita di questa baldracca di Marianna [la Francia] e nulla le possono fare, ed io sono 15 mesi che mi trovo lontano migliaia di chilometri da Parigi, dunque accontentateli e così facendo forse vi lasceranno tranquilli. Qua disoccupazione miseria su tutta la linea, e l’avvenire si prospetta pessimo da tutti i punti di vista. Gli attuali dirigenti sapranno dipanare la matassa? O si ingarbuglieranno? Chi vivrà vedrà”.

Nella primavera del 1932 S. dà vita, con gli anarchici della Costa Azzurra, a un Comitato per la difesa di Pietro Cociancich e Dante Fornasari, accusati di un attentato alla Casa degli italiani di Aubagne, e il 16 dicembre spedisce al babbo una cartolina con la foto di Malatesta, dove si legge: “Animo ardente di ribelle, cuore generoso di compagno, mente colta ed elevata di maestro e di fervente discepolo. Visse da anarchico. Dall’esilio. Novembre 1932. Per cura del Comitato Anarchico pro perseguitati politici di Marsiglia”. Nel 1933 viene incluso fra i sovversivi forlivesi “classificati attentatori o ritenuti capaci di atti terroristici” residenti all’estero e al principio del 1934 è sospettato di voler compiere un attentato in Italia, insieme a Francesco Barbieri, a Ugo Boccardi, al sardo Franchi di 26 – 27 anni e a certo Lodovici di Brignoles. Qualche mese dopo suo figlio Aristotile si vede negare il passaporto che gli permetterebbe di riunirsi a S.: “Il passaporto – scrive Aristotile – non lo rilasciano, perciò chiedo a te di potermela svignare. Insomma cerca il modo di aiutarmi a varcare la frontiera”.

Nell’estate del 1936 S. parte per la Spagna e il 23 agosto manda, da Perpignano, una cartolina a Elena Melli, la compagna del defunto Malatesta, che non riesce a lasciare l’Italia: “In questa sosta ci ricordiamo di te e ti mandiamo i nostri affettuosi saluti. Poi domani ti scriveremo da un’altra nazione. Randolfo [Vella], Edel, [Giuseppe] Pasotti, Corghi Mario”. Il 24 agosto si arruola, a Barcellona, nella Colonna Italiana, a maggioranza anarchica, e il 28 agosto prende parte alla battaglia di Monte Pelato. Il 2 settembre manda, da Barcellona, una cartolina ad Elena Melli, firmata anche da Attilio Bulzamini, Tomaso Serra, Carlo Castagna, Bruno Quiriconi, Riccardo Di Giuseppe e Giuseppe Tinti. In ottobre partecipa al combattimento di Tardienta e in novembre a quello di Almudévar, nelle file della Sezione Italiana della Colonna “Ascaso” CNT-FAIb. Il 2 dicembre scrive, dal fronte aragonese, alla sorella Vera, che abita a Forlì: “Mi trovo qua per fare il mio dovere come umile milite della libertà, e colla speranza nel cuore di essere utile anche a voi oppressi dalla tirannia. La mia salute è ottima, il mio morale altissimo come pure dicasi di tutti noi, abbiamo un fucile in mano e solo la morte ce lo strapperà se non a vittoria completa[…] Quassù su queste montagne ho trovato qualche amico che vi conosce personalmente e fra i quali [Antonio] Zanchini, il quale vi manda a mezzo mio i suoi saluti”.

Al principio del 1937 si diffonde la voce che sia caduto in Spagna, ma a fine febbraio la polizia fascista segnala che è rientrato illegalmente in Francia, dove è stato arrestato per violazione del bando di espulsione. Condannato dal Tribunale di Ceret a 2 mesi di prigione, S. viene rilasciato il 29 aprile e il 10 maggio scrive alla sorella Vera da Marsiglia: “Mi trovo qui in Francia per pochi giorni, dove sono venuto per trovare la famiglia, parto salvo incidenti venerdì 14 corrente per Avion a raggiungere il mio posto di lotta. Fin oggi mi è andata bene, le soddisfazioni morali sono moltissime, si spera di aver ragione dei nostri antagonisti entro poco tempo e così mettere fine a questo stato di cose…”.

Il 30 maggio S. è in viaggio per la Spagna e due mesi dopo lavora in una fabbrica catalana. Di nuovo in Francia in ottobre, viene arrestato, insieme a Maria Amalia Melli, per inosservanza del bando di espulsione e condannato a un anno di carcere a Aix-en-Provence. Il 2 agosto 1939 scrive a Elena Melli che “noi si lavora a tutta lena per riuscire ad ottenere questo discusso permesso per la tua entrata in Francia” e nell’autunno 1940 figura in un elenco di esuli italiani, che “hanno svolto nel paese notevole attività sovversiva”. La lista comprende anche Giulio Bacconi, Duilio Balduini, Giuseppe Biasini, Ugo Boccardi, Emilia Buonacosa e molti altri sovversivi ed è stata trasmessa dalla polizia fascista a quella hitleriana per agevolare la loro cattura. Il 15 novembre S. informa la sorella Vera che “di salute sto benissimo e la mia carcassa resiste ottimamente. Ho deciso di lasciare questi paraggi e rifugiarmi in qualche foresta dell’ospitale Messico, ci riuscirò?”.

Il 20 aprile 1943 è ancora a Marsiglia con la sua compagna. Nel Secondo dopoguerra rientra in Italia dove continua la sua attività politica e partecipa a diversi congressi della FAI fra cui quelli di Bologna (II, 1947), Livorno (III, 1949), Civitavecchia (V, 1953) e Rosignano Solvay (VII), 1961. Muore a Verrucchio il 22 settembre 1964. (F. Bucci - S. Carolini - G. Ciao Pointer)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; Lutti nostri, «Umanità nova», n. 36, 4 ott. 1964.

Bibliografia: La Spagna nel nostro cuore. 1936-1939, Tre anni di storia da non dimenticare, Roma 1996, ad nomen.

Codice identificativo dell'istituzione responsabile

181

Note

Paternità e maternità: Francesco e Giovanna Colli

Bibliografia

2004

Persona

Collezione

città