​TAVANI, Lodovico

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
​TAVANI, Lodovico

Date di esistenza

Luogo di nascita
Ravenna
Data di nascita
November 23 1868

Biografia / Storia

Nasce a Ravenna il 23 novembre 1868 da Domenico e Luigia Missiroli, cappellaio, manovale. Le fonti di polizia lo segnalano appartenente alla “setta anarchica” fin da giovanissimo. Di temperamento risoluto, è assorbito completamente dalla militanza politica, svolgendo assidua attività di propaganda e scrivendo per numerosi giornali, per lo più sotto pseudonimi (Vico, T. Vico, L.T., Tielle, Ti. Viana). Risulta, negli anni, in corrispondenza con i maggiori esponenti del movimento anarchico italiano, tra cui Malatesta, del cui comunismo organizzatore e movimentista si professa un seguace. Nel 1891 T. emigra in Sud America, soggiornando brevemente a Buenos Aires, per poi stabilirsi in Brasile, a S. Paolo, ove entra in relazione con il gruppo di anarchici italiani facente capo a Felice Vezzani. Con Giuseppe Consorti e Augusto Donati fonda il periodico “L’Avvenire», del quale è redattore dal novembre 1894 all’agosto 1895.

Il giornale, dal taglio decisamente organizzatore, è sottoposto a ripetuti sequestri e conduce un’esistenza stentata. Alla fine del 1896 (o all’inizio del 1897) T. rientra in Italia, prendendo dimora a Genova. Nel capoluogo ligure conosce e frequenta Pasquale Binazzi. Arrestato il 28 (o 30) agosto 1898, viene rimpatriato a Ravenna con foglio di via, perché disoccupato e privo di mezzi di sostentamento. Passa attraverso molteplici vicissitudini giudiziarie. Un anno più tardi è di nuovo a Genova, dove, il primo ottobre 1899, dà vita, con Giovanni Giussani e Pietro Mori, al settimanale «Pro Coatti». Pensato inizialmente come “organo speciale dell’agitazione protesta contro la detenzione arbitraria dei coatti politici” (Agli onesti di tutti i partiti, 1 ottobre 1899), senza un univoco riferimento politico, il giornale evolve in una pubblicazione anarchica. Sospese le uscite il 31 dicembre 1899, riappare infatti il 7 gennaio 1900 come «Combattiamo!», organo ufficiale degli anarchici del Genovesato. Nello stesso periodo, T. è tra i promotori del circolo libertario genovese “Argante Salucci” e – a quanto riferisce una sua scheda segnaletica compilata dalla Prefettura di Genova – tenta di “fondarne altri, senza però riuscirvi”. Subisce una lunga teoria di arresti, con conseguenti rimpatri forzati a Ravenna, da cui regolarmente fugge per far ritorno a Genova. Il 30 maggio 1900 viene nuovamente tratto in arresto (e ancora una volta tradotto a Ravenna), con l’accusa di aver organizzato “maneggi sovversivi [É] per raccomandare l’astensione dal voto agli operai durante il periodo delle lezioni politiche”.

Lasciata Ravenna il 14 luglio, ripara in Francia, facendo tappa a Nizza e a Marsiglia. Felice Vezzani, allora a Parigi, promuove una colletta per consentirgli di raggiungere la capitale francese, ma – a quanto pare – il denaro raccolto non è sufficiente e T. è costretto a trattenersi a Marsiglia, impiegandosi saltuariamente come manovale. Colpito da decreto di espulsione, rientra a Ravenna il 4 novembre 1900, dopo un breve soggiorno in Svizzera, dove torna nel marzo del 1902. Le segnalazioni di Pubblica Sicurezza ci dicono di suoi continui viaggi da Ginevra (spesso ospite di Luigi Bertoni) e Montreaux a Genova e viceversa. Sua ambizione è quella di riesumare il «Combattiamo!», che ha chiuso i battenti alla fine di luglio del 1900, dopo l’uccisione di Umberto I. In una lettera a Vezzani del 24 marzo 1902 T. precisa le proprie intenzioni, mostrando tra l’altro un approccio aperto al problema della definizione tattica e ideologica del movimento. Sconsigliato – scrive T. - da “un compagno della “Agitazione» [Aristide Ceccarelli, secondo i rapporti di polizia]”, in quanto la ripresa del «Combattiamo!» “sarebbe un danno per le condizioni finanziarie della stampa anarchica in Italia”, egli ritiene che le perplessità di quel compagno nascano dalla diffusa opinione che il foglio diretto da Giovanni Giussani sia “un organo individualista”. Il settimanale genovese – sostiene T. invocando la testimonianza di Vezzani, che ne è stato un collaboratore - non era affatto di tendenza individualista, ma, dopo il fatto di Monza, “preferì farsi sequestrare e imprigionare”, pur di “non rinnegare quei generosi che danno la propria vita per esuberanza di amore per l’umanità”. “Dunque – conclude T. – il «Combattiamo», se si potrà, si farà sentire, continuando il suo metodo vecchio di propaganda di idee, lasciando possibilmente da parte le questioni di scuola. Chi vuole l’organizzazione federata, il gran partito, faccia pure, nessuno può impedirglielo; altri si organizzerà in gruppi autonomi, altri, se lo crederanno utile faranno la propaganda individuale, ma purché facciano. Il peggio è non far nulla”.

Il progetto non va comunque in porto, anche perché, l’11 aprile 1902, T. subisce l’ennesimo arresto, cui fa seguito una condanna a due mesi di reclusione, che sconta nel carcere di Marassi. Rilasciato, sembra determinato a tornare in Brasile, dove vivono la madre e il fratello Pietro, ma i soldi inviatigli a questo scopo dai compagni brasiliani (circa 300 lire) sono infine girati, per volontà di Vezzani, a Giovanni Gavilli, anch’egli nella necessità di espatriare. Il 20 giugno 1902 T. rientra pertanto a Ravenna. Seguono numerosissimi altri spostamenti, difficilmente documentabili, in varie città italiane (soprattutto Genova) e ancora in Francia e Svizzera. Sul declinare del 1902 T. accusa i primi sintomi di una grave malattia alla vista, che lo renderà cieco dall’occhio destro. Stabilizzatosi, almeno temporaneamente, a Ravenna, nell’aprile del 1904 figura tra i fondatori de «L’Aurora», che dirige anche per qualche tempo, alternandosi a Domenico Zavattero e Armando Borghi. L’adesione a quell’iniziativa testimonia di un suo spostamento su posizioni antiorganizzatrici. Sulle pagine del settimanale ravennate, T. scrive prevalentemente della questione bracciantile, polemizzando sovente con i socialisti riformisti “baldiniani” e mostrando una particolare avversione per la cooperazione, “una forma di lotta, che, svolgendosi in ceppi, non può a sua volta che incatenare e trattenere nel suo cammino la massa lavoratrice” (Vico, Il cooperativismo e il governo, 15-16 aprile 1905).

Alla fine di novembre del 1905 risulta un’altra volta a Genova, occupato nella redazione del giornale di orientamento socialista «Il Lavoratore del mare». Proseguono da questo momento le sue traversie giudiziarie, con ripetute condanne per attività “sediziose”, finché, forse per il peggiorare delle condizioni di salute, T. si estranea progressivamente dall’attività politica. A partire dal 1911 le carte di polizia annotano che l’anarchico ravennate “non da più luogo a rimarchi”. Nel giugno del 1935, dietro proposta della Prefettura genovese, viene radiato dall’elenco dei “sovversivi”. S’ignorano data e luogo di morte. (A. Luparini) 

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen.

Bibliografia: A. Borghi, Mezzo secolo di anarchia (1898-1945), Napoli 1954, ad indicem; Id., Vivere da anarchici, Bologna 1966, p. 74.

Codice identificativo dell'istituzione responsabile

181

Note

Paternità e maternità: Domenico e Luigia Missiroli

Bibliografia

2004

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