SERRA, Tommaso

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
SERRA, Tommaso

Date di esistenza

Luogo di nascita
Lanusei
Data di nascita
March 23 1900
Luogo di morte
Barrali

Biografia / Storia

Nasce a Lanusei (NU) il 23 marzo 1900 da Silverio e Paola Mameli, boscaiolo. Emigrato in Francia nell’autunno del 1916, lavora a Fontain, a Grenoble e in altre località transalpine. Rientrato in Italia nel giugno 1918, è in Francia al principio del 1919, per passare quindi in Svizzera, dove fa l’attore di teatro e, alla fine del 1920, conosce Luigi Bertoni. Di nuovo in Francia, lavora, fino al 1922, nelle zone devastate dalla guerra e, dal 1923 al 1925, in un’officina metallurgica di Longwy (Meurthe–et–Moselle). In questa fase conosce Raffaele Schiavina e subisce un’ingiusta carcerazione di due mesi, dopo essere stato aggredito, a Briey, da un operaio francese. Stabilitosi a Le Cannet, si occupa, nel 1926, della raccolta delle sottoscrizioni per il Comitato anarchico pro vittime politiche e aderisce alla sezione della LIDU, fondata dal cugino Paolo Puddu, anarchico anche lui. In seguito partecipa alle manifestazioni per Sacco e Vanzetti e al principio del 1927 è arrestato, insieme a Torquato Consoli, mentre sta affiggendo dei manifesti sovversivi. Il rinvenimento, in casa sua, di due pistole e di molte pubblicazioni libertarie gli costa qualche settimana di prigione. Rilasciato, si collega a Paolo Schicchi, a La Ciotat, e viene sospettato, in estate, di aver partecipato all’attentato di Juan-les-Pins e di essersi impossessato di 20 kg. di esplosivo per confezionare una bomba. Espulso in settembre, passa in Lussemburgo, da dove sostiene, con alcuni versamenti, i giornali anarchici antiorganizzatori «La Diana» e «Il Monito» di Parigi. Fermato il 5 febbraio 1928, è condannato, il 3 marzo, a un mese di carcere e a 100 franchi di ammenda per falsità in passaporto e false dichiarazioni. Espulso dal Granducato il 24 febbraio, ripara in Belgio, dove lavora alla costruzione di una diga e viene accusato, in ottobre 1928, di essere implicato nella preparazione di un attentato. A Liegi e in altre città del Belgio frequenta gli anarchici Angelo Sbardellotto, Lorenzo Gamba, Paolo Puddu e Torquato Consoli e interviene alle riunioni antifasciste. Espulso il 29 aprile 1929, ripara nella Saar e il 20 dicembre è oggetto di un telegramma, con il quale il capo della polizia fascista ordina ai prefetti di disporre “rigorose misure di vigilanza” per giungere al suo arresto. Accusato di furto a Saarbrücken, si trasferisce a Parigi, dove viene condannato dal Tribunale della Seine a due mesi di reclusione per “dissimulazione di identità”. Iscritto dai fascisti italiani nel «Bollettino delle ricerche», il 7 gennaio 1930, come “pericoloso comunista da fermare” ed espulso dalla Francia, è a Basilea il 4 febbraio 1931, quando viene tratto in arresto e accompagnato alla frontiera tedesca. Tornato in Svizzera, si ferma illegalmente a Zurigo per tre anni. Incluso fra i sovversivi attentatori residenti all’estero, si sposta, nel 1934, a Ginevra, dove ottiene il passaporto dal Consolato italiano e incontra Francesco Barbieri. Raggiunta Barcellona dopo lo scoppio della guerra civile spagnola, si arruola nella Sezione  italiana della Colonna “Ascaso” CNT-FAIb, e prende parte alla battaglia di Monte Pelato. Il 2 settembre 1936 spedisce a Elena Melli, compagna del defunto Errico Malatesta, una cartolina, insieme a Attilio Bulzamini, Edel Squadrani, Bruno Quiriconi e altri compagni di fede, nella quale si legge: “Ti pensiamo con affetto”. In ottobre partecipa ai combattimenti del cimitero di Huesca e in novembre a quelli di Almudévar, poi, il 15 dicembre, viene schedato dal prefetto di Nuoro, che lo descrive come persona dalla corporatura robusta, dai capelli ricci e folti, fronte alta, espressione intelligente e andatura dinoccolata e rapida; dotato di una “discreta culturale generale”, - continua il capo della provincia – “rivela un acceso livore contro il regime [fascista] e specialmente contro la Chiesa contro la quale esplica attiva propaganda” fra i bambini dei fuorusciti. Nell’aprile 1937 S. si batte contro i franchisti al Carrascal de Huesca e invia a «Guerra di classe» di Barcellona una cronaca del fatto d’arme, intitolata: “Intorno a Huesca”. In maggio è nella capitale della Catalogna, quando gli staliniani e i moderati provocano il confronto armato con i libertari e i poumisti, e il 14 maggio denuncia su «Il Risveglio anarchico» di Ginevra che a Barcellona si è tentato di liquidare la rivoluzione sociale, assassinando e fucilando come fascisti molti militanti anarchici. Arrestato in luglio, S. viene rinchiuso in una prigione segreta comunista per qualche settimana, prima di passare nel carcere “Modelo” di Barcellona, insieme all’anarchico svizzero Albert Minnig, e di essere accompagnato, dopo 47 giorni di detenzione, alla frontiera francese in settembre. Fermato e incarcerato a Perpignan, insieme a Giuseppe Gialluca, Vincenzo Mazzone, Luigi Fracassi e Giuseppe Leban, ripete, dalla prigione francese, che “il lavoro di sabotaggio della guerra e della rivoluzione fatto dai signori staliniani e dai loro alleati è inaudito. I nostri amici della F.A.I., della C.N.T. e delle Gioventù libertarie non sono più per loro che spie, traditori, fascisti, ecc. Arresti in massa di delegati di collettività agricole e di cooperative, confische di prodotti, scioglimento di associazioni, ecc. I nostri compagni sono arrestati coi più futili pretesti: aver battuto dei fascisti, o partecipato al movimento di maggio, o conservate delle armi, anche se in realtà armi non ne vennero trovate. Le prigioni sono piene; miliziani in permesso od anche in servizio sono arrestati e disarmati a casaccio” Assolto dal Tribunale di Ceret, S. può raggiungere il Belgio e il 25 maggio 1938, sul giornale di Luigi Bertoni, appare un suo articolo, nel quale afferma che gli staliniani hanno voluto, preparato e provocato l’eccidio di Barcellona del maggio 1937: “Il bolscevismo s’è specializzato nell’arte della contro-rivoluzione. Dopo lo schiacciamento del makhnovismo in Ucraina, dopo Kronstadt, dopo la Germania, la Spagna fu vittima della bieca congiura moscovita”. S. denuncia il sabotaggio attuato contro le colonne anarchiche, i ricatti dei comunisti, che si facevano forti delle forniture delle armi russe, e gli omicidi di Berneri, Barbieri e di molti militanti anarchici e poumisti: “Il fascismo – conclude – non lo si vince con comizi, discorsi, ordini del giorno, ma con l’azione diretta. Siamo milioni d’uomini che da tempo avremmo potuto agire ed imporci, e invece… Di fronte al fascismo, che ha mobilitato tutte le sue forze contro di noi, si sta a vedere, in attesa di che? Col fascismo non si discute, non si patteggia: o lo si schiaccia, o saremo schiacciati”. Verso la fine del 1938 una circolare del Ministero degli affari esteri francese lo elenca fra i sovversivi attentatori. Espulso dal Belgio qualche settimana dopo, S. si rifugia in Francia, ma, nel febbraio 1939, viene arrestato a Lille e deportato nel campo di concentramento di Rieucros (Lozère), dove è ancora rinchiuso il 25 maggio, quando, in una lettera ai compagni, accenna ai rapporti, che intrattiene con Nino Napolitano e Ernesto Bonomini (“Saida”), e ad altri internati: “è giunto un nuovo cliente, Sardi Silvio, da Parigi; lo conobbi al fronte d’Huesca, a quanto si dice, un ex compagno, che ha trovato aspetto nella cerchia bolsceschiffa”. Relegato nel settore B del terribile campo di sorveglianza speciale del Vernet d’Ariège, insieme a Attilio Copetti, Ulisse Merli, Amleto Astolfi, Gino Dei e Michele Tsoncolio, S. figura, nell’autunno del 1940, in una lista di esuli italiani, che hanno svolto una “notevole attività sovversiva” in Francia, e che viene trasmessa dai fascisti alla polizia hitleriana per agevolare il loro arresto. Accompagnato alla frontiera italiana il 30 dicembre 1941 e arrestato, S. viene rinchiuso nel carcere di Nuoro il 3 febbraio 1942 e denunciato alla Commissione provinciale per le misure di polizia dalle autorità, che lo dipingono come “anarchico nichilista in un primo tempo”, che si è arruolato nelle “milizie rosse” spagnole, per orientarsi, dopo la guerra di Spagna, verso il pacifismo e la fratellanza universale, anche se – recita la denuncia dei fascisti – “in tale confusione di idee politiche non emerge alcun sentimento sano verso la propria patria”. Assegnato al confino per cinque anni e deportato a Ventotene, S. non viene rilasciato dopo la caduta di Mussolini, ma è trasferito nel campo di concentramento di Renicci d’Anghiari, insieme a Enrico Velo, Pasquale Rusconi, Antonio Persici, Ernesto Gregori, Sabatino Gambetti e altri compagni di fede. Evaso da Renicci dopo l’8 settembre 1943, partecipa a Roma, in una formazione di “Giustizia e libertà”, ad azioni di sabotaggio contro i nazifascisti, poi nel 1947 torna in Sardegna, dove milita attivamente nel movimento anarchico. Muore a Barrali l’8 ottobre 1985. (G. Ciao Pointer - C. Gregori)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; T. Serra, Intorno a Huesca, «Guerra di classe», 5 mag. 1937; Id., Giornate luttuose, «Il Risveglio», 29 mag. 1937; Id., Testimonianza, ivi, 25 set. 1937; Id., Maggio 1937 a Barcellona, ivi, 21 mag. 1938.

Bibliografia: A. Minnig, Diario di un volontario svizzero nella guerra di Spagna, Lugano 1986, p. 89; L’antifascismo in Sardegna, a cura di M. Brigaglia [et al.], 2 voll., Cagliari 1986, p. 66.; C. Cavalleri, L’anarchico di Barrali: (quasi) 100 anni di storia per l’anarchia. Biografia di Tomaso Serra, Guasila 1992; Antifascisti nel casellario politico centrale, 18 voll., Roma 1988-1995, ad nomen; La Spagna nel nostro cuore. 1936-1939, Tre anni di storia da non dimenticare, Roma 1996, ad nomen.

Codice identificativo dell'istituzione responsabile

181

Note

Paternità e maternità: Silverio e Paola Mameli

Bibliografia

2004

Persona

Collezione

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