SCARSELLI, Oscar
Tipologia Persona
Intestazione di autorità
- Intestazione
- SCARSELLI, Oscar
Date di esistenza
- Luogo di nascita
- Certaldo
- Data di nascita
- July 14 1902
Biografia / Storia
- Nasce a Certaldo (FI) il 14 luglio 1902 da Eusebio e Maria Mancini, bracciante. S. matura i propri ideali libertari nell’ambiente famigliare dove sia il padre che gli altri fratelli sono attivi militanti del gruppo anarchico di Certaldo aderente all’UAI. Il 28 febbraio 1921 S. prende parte ai fatti di Certaldo, dopo che la violenza fascista si è abbattuta su Firenze e Spartaco Lavagnini è stato assassinato dagli “schiavisti”. In quella giornata convulsa durante la festa del paese per causa mai accertate nascono degli incidenti tra popolani e forze dell’ordine che causano diversi feriti e la morte dell’ingegnere socialista Catullo Masini. Nella notte i fratelli Scarselli insieme ad altri anarchici predispongono una barricata alle porte del paese per il timore di un’incursione fascista. Ma invece dei fascisti giunge un camion di carabinieri con i quali gli Scarselli ed il loro gruppo ingaggiano un furioso scontro al termine del quale rimangono sul terreno un carabiniere morto e diversi feriti. Il gruppo degli anarchici nel tentativo di sganciarsi dalle forze dell’ordine tenta di allontanarsi ma all’improvviso il fratello maggiore di S., Ferruccio, resta ucciso dallo scoppio di una bomba a mano che trasportava. Datosi alla macchia, insieme al fratello Tito e ad altri sovversivi certaldesi, S. è considerato il capo della “banda dello zoppo”, così chiamata perché lui è claudicante. Il gruppo è formato, in realtà, non da briganti, ma da rivoluzionari, protagonisti di una dura “guerra di classe e civile” in una fase di particolare violenza del fascismo e della reazione statale. La stampa, l’apparato repressivo e la magistratura attribuiranno all’intera “banda” un’infinità di furti, rapine, sequestri, tentati omicidi e omicidi, avvenuti in almeno cinque province della Toscana. Scioltasi la “banda” in giugno, Tito e Oscar entrano clandestinamente in Svizzera il 5 luglio, ma vengono arrestati ed estradati in Italia il 28 agosto. Detenuto a San Miniato, S. viene tradotto al Mastio di Volterra, da dove evade la notte dal 4 al 5 ottobre 1924, insieme all’anarchico Giuseppe Parenti, un altro sovversivo, protagonista nel 1922 di un cruento episodio di lotta di classe nel Campigliese, e al “capo della banda dell’Oneta”, Giovanni Urbani (uno specialista in evasioni), segando tre inferriate “solide e massicce” e calandosi da un muraglione alto 18 metri con delle strisce di lenzuola. Raggiunta la Francia, S. viene condannato, in contumacia, dalla Corte di appello di Firenze, il 30 aprile 1925, a trent’anni di carcere e a dieci anni di vigilanza speciale. Nascostosi a Lyon, dove viene ospitato da Alfredo Bonsignori, un militante dei gruppi operaisti di Michelangelo Pappalardi, si sposta a Parigi, poi va in Belgio. Condannato, il 12 maggio 1926, dalla Pretura di Volterra a quattro mesi e venti giorni di carcere per l’evasione, in novembre scrive, da Bruxelles, all’anarchico Giacomo Bottino, compagno della sorella Ida, una lettera, in cui accenna “a propositi di vendetta” contro Mussolini. Il 2 dicembre il capo della polizia fascista ordina ai prefetti di operare con il “massimo impegno” per arrestare S., “evaso penitenziario Volterra ottobre 1924 connotati statura media viso sbarbato capelli castani occhi azzurri zoppo gamba destra capo banda criminale responsabile vari omicidi [che] trovasi attualmente Bruxelles et Belgio donde ha scritto 27 novembre cognato Bottini Giacomo et sorella Ida noti anarchici qui residenti et arrestati manifestando proposito venire Regno per uccidere S.E. Capo Governo et accennando suoi contatti con anarchici residenti esteroÉ”. Il 4 maggio 1927 il prefetto di Firenze riferisce che S. è stato visto a Parigi, nel Restaurant Nello di Nello Arnecchi di Poggibonsi, e il 13 maggio 1927 la Prefettura di Siena informa le autorità centrali che l’Arnecchi, opportunamente interrogato, ha raccontato “che il pericoloso anarchico criminale Scarselli Oscar non ha mai frequentato il di lui ristorante in Parigi, soggiungendo che verso la fine del 1924 o nei primi del 1925 egli ebbe notizia che il famigerato latitante alloggiava nei pressi de la Place de la Nation e frequentava un ristoratore de la Rue Clotillé. Da quell’epoca non avrebbe avuto più cognizione della presenza dello Scarselli in quella località; egli però ha dichiarato che ritornando a Parigi raccoglierà notizie sull’attuale recapito di detto bandito e non mancherà di comunicarle al locale Questore”. Nelle settimane seguenti S. raggiunge la Russia, con l’aiuto di Cesare Arganti, organizzatore – come racconterà il disertore Renato Racchetti – delle partenze degli antifascisti italiani per l’URSS, e il 18 novembre viene schedato. La Prefettura fiorentina lo descrive come persona di bassa statura, corporatura esile, capelli castani lisci, fronte larga, naso rettilineo, mento tondo, spalle larghe e andatura claudicante: di “carattere violento”, riscuoteva “pessima fama” nell’opinione pubblica, apparteneva “a famiglia di sovversivi e pregiudicati” ed era stato il capo di “una banda di malfattori che era denominata la “Banda dello zoppo”. All’inizio del 1928 S. vive nella città russa di Apta-kum, insieme al fratello Tito. Qualche mese dopo abita a Jalta, con lo stesso Tito, e fa lo stuccatore. L’Ambasciata di Mosca, invitata a sorvegliarli, risponde il 26 aprile 1928 che non può farlo direttamente, a causa della grande distanza. Ha, tuttavia, invitato il Consolato generale di Odessa, la cui giurisdizione ingloba Jalta, ad accertare se siano “presenti o meno in quella città”. Rimasto disoccupato, S. chiede, verso la metà del 1929, al Consolato di Odessa, tramite un altro esule, di lavorare ai restauri, che il Ministero della guerra italiano intende eseguire nel cimitero militare di Cernaia, presso Sebastopoli, poi, a fine anno, presta la sua opera a Kerč, per lo Zerabcoop (Cooperativa centrale dei lavoratori). Il 20 aprile 1932 fa sapere alla sorella Ines Leda che da molto tempo non ha notizie di Tito e che la vita “in questo paese dall’autunno scorso a questa parte è peggiorata, speriamo che il nuovo raccolto ci faccia dimenticare questi giorni e si apra un nuovo orizzonte di normalità, in più termina il piano di ricostruzione dei quattro anni”. Nel maggio 1933 è a Mosca, dove gode di “speciale considerazione” fra gli esuli italiani “per il suo passato” sovversivo e a fine anno figura in un elenco aggiornato di sovversivi attentatori, residenti all’estero. Il 4 giugno 1934, dopo un lungo silenzio, scrive, da Ervkim, alla sorella Ines Leda che conduce “una vita morta umile e meschina, priva di ogni brio e di ogni vivacità. La mia salute non è troppo per la quale, sarebbe troppo pretendere dal mio fisico, ha già fatto più del suo dovere”. Il 26 aprile 1935, a Sanremo, viene interrogata Bianca Bracco, moglie del “comunista pericoloso” Lorenzo Gatti, esule in Russia. La donna, che ha lasciato l’URSS, grazie all’Ambasciata italiana di Mosca, alla quale ha fornito importanti notizie sugli esuli politici, dichiara: “A Samtredi conobbi certi fratelli Scarselli, dei dintorni di Empoli, di cui Tito deceduto in seguito allo scoppio di un motore di un’automobile. L’altro fratello, Oscar, di circa 35 anni, di statura media, corporatura media, zoppo, muratore, il quale però fa della propaganda contro la Russia tanto che io penso sarà qualche giorno arrestato”. Nel 1937 S. lavora a Teodosia, in Crimea, e fa vita piuttosto appartata. Caduta la regione nelle mani delle forze naziste, viene fermato nell’ottobre 1942 e portato dal console italiano di Odessa, al quale fornisce generalità false, raccontandogli di essere sposato con Alessandra Gusseva e di essere emigrato in Russia nel 1911 insieme al padre e al fratello Tito, da tempo deceduti: “Dall’interrogatorio, dalle risposte vaghe e talvolta contraddittorie è sorta l’impressione che l’individuo non dicesse l’esatta verità. Si aggiunga poi che lo Scarselli parla ancora con fortissimo accento fiorentino mentre si esprime piuttosto male in russo, e mentre egli asserisce di essere venuto in questo paese trent’anni fa, all’età di dieci anni. In quella regione dove non dico gli italiani, ma gli oriundi italiani od i loro parenti erano stati quasi totalmente espulsi, esiliati e fucilati, anche quando erano residenti da generazioni in Russia ed avevano dimenticato la lingua italiana, quest’italiano è riuscito a non essere né imprigionato né perseguitato. Il suo contegno poi è stato palesemente incerto, tanto che ad un certo punto si è allontanato, approfittando di un momento di disattenzione. Lo Scarselli è claudicante, frequenta i marinai dei reparti italiani, che si trovano da quelle parti. Ciò ha fatto ricordare, proprio a qualche marinaio, che un certo Scarselli, denominato ‘lo zoppo’ avrebbe partecipato ad un eccidio comunista, non si sa se ad Empoli od a Sarzana” e supporre che potrebbe essere “pericoloso”. Il 6 novembre la Prefettura di Firenze identifica l’uomo in S. e ne ricorda il passato e le condanne subite e il 20 novembre il Ministero dell’Interno conferma al Ministero degli affari esteri che si tratta di “elemento spiccatamente pericoloso per l’ordine nazionale”, del quale è opportuna “la traduzione e consegna alle nostre Autorità di frontiera”. S’ignorano data e luogo di morte. (F. Bertolucci - F. Bucci - M. Lenzerini)
Fonti
- Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; Le strade di Firenze insanguinate dalla guerriglia civile. Un tragico bilancio: 15 morti e 100 feriti, «La Nazione», 2 mar. 1921; Fuggiaschi di Empoli, «Il Corazziere», 8 mag. 1921; Aggressioni, ivi, 14 mag. 1922; Tentata rapina, ivi, 2 lug. 1922; Da Pomarance. Aggressione e fatalità, ivi, 30 lug. 1922; I romanzeschi particolari dell’evasione del capo della “Banda dello Zoppo”, ivi, 7 ott. 1924; Rocambolesca evasione dal Mastio di Volterra, «Avanti!», 8 ott. 1924; La romanzesca evasione di tre detenuti dal penitenziario, «Il Corazziere», 12 ott. 1924; I capi della banda dello “Zoppo” giudicati in contumacia. Altre due condanne all’ergastolo, «La Nazione», 2 mag. 1925; Archivio privato Fausto Bucci – Follonica (Gr), Testimonianza di Corinna Bonsignori, Lyon, 4 apr. 1976.
Bibliografia: Un trentennio di attività anarchica. 1914-1945, Cesena 1953, pp. 71-72; Antifascisti nel casellario politico centrale, 18 voll., Roma 1988-1995, ad nomen; L. Lagorio, Ribelli e briganti nella Toscana del Novecento. La rivolta dei fratelli Scarselli e la banda dello Zoppo in Valdelsa e nel Volterrano, Firenze 2002; A. Pagliaro, La famiglia Scarselli. Volti, idee, storie e documenti di una famiglia anarchica temuta da tre dittature, Cosenza 2012.
Codice identificativo dell'istituzione responsabile
- 181
Note
- Paternità e maternità: Eusebio e Maria Mancini
Bibliografia
- 2014