​ROSSI, Ludovico

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
​ROSSI, Ludovico

Date di esistenza

Luogo di nascita
Ravenna
Data di nascita
October 18 1898
Luogo di morte
Bologna

Biografia / Storia

Nasce a Ravenna il 18 ottobre 1898 da Luigi e Rosa Zani, impiegato privato. Iscrittosi alla gioventù socialista nel 1913, consegue la licenza alle scuole tecniche. Acceso anticlericale, è contrario all’intervento italiano e si fa notare nelle agitazioni rivoluzionarie per la determinazione e le capacità organizzative. Il 2 settembre 1920 viene schedato. La Prefettura sottolinea che è “politicamente pericoloso”, ha “carattere violento e prepotente” e manifesta in ogni occasione il suo “sdegno” per la forza pubblica: “è inscritto al Circolo giovanile socialista “Aurora”, nel quale ricopre la carica di segretario. È in intima relazione con i più noti sovversivi di Ravenna e provincia. Non manca mai di prender parte a tutte le riunioni, adunanze e comizi di questa città e sobborghi. Nel mese di giugno del corrente anno è stato denunziato all’Autorità giudiziaria perché cercava di impedire insieme ad altri sovversivi (di cui era a capo) lo svolgimento della processione del Corpus Domini in questa città”. Passato alla Federazione Giovanile Comunista nel gennaio 1921 (lo stesso mese invia una sottoscrizione al quotidiano anarchico «Umanità nova» di Milano), R. assume importanti responsabilità nella fgc e negli Arditi del Popolo di Ravenna, insieme ai quali si oppone agli assalti squadristi. La lotta si fa subito cruenta e R. viene arrestato il 18 luglio, con l’accusa di mancato omicidio ai danni di tre fascisti, poi, il 27 luglio, viene condannato dal pretore di Ravenna a 5 mesi di reclusione per aver disturbato la processione del Corpus Domini. Nel corso dell’udienza è arrestato in aula per aver lanciato grida di “Viva il comunismo!”, processato per direttisima e condannato a 20 giorni di arresti. Liberato il 3 novembre grazie a un’amnistia, diventa segretario dei giovani comunisti ravennati e aderisce all’agitazione in favore di Sacco e Vanzetti. Nuovamente arrestato il 30 gennaio 1922, rimane in carcere fino all’11 marzo, poi, in giugno, emigra clandestinamente in Francia perché minacciato da altri procedimenti giudiziari. Gli “schiavisti nerocamiciati” sanno di avere in lui un nemico irriducibile e il loro organo, «La rivolta ideale» di Ravenna, lo annovera il 6 agosto fra gli “elementi ritenuti pericolosissimi dal fascismo”, insieme a Luigi Manoni e ad altri antifascisti.

Nell’ottobre 1923 una sua richiesta di passaporto viene respinta e due mesi dopo è segnalato a Parigi, dove fa il montatore meccanico. Membro della tendenza bordighiana, conduce un’aperta lotta contro i “centristi” gramsciani in Francia, e organizza, insieme a Bruno Bibbi, Eugenio Moruzzo e altri dissidenti, una riunione di iscritti al PCdI, tutti della tendenza di sinistra per ascoltare una relazione del prof. Michelangelo Pappalardi, che si è dimesso dal partito nel 1923. Sorpresi da Ennio Gnudi, gli intervenuti sono accusati di frazionismo, R. si prende tutte le responsabilità dell’iniziativa e viene espulso dal PCdI. Rientrato in Italia all’inizio del 1925 con un passaporto falsificato, è arrestato a Frosinone, dove si apprestava a tenere una conferenza sovversiva, e denunziato il 1° aprile per uso di documento artefatto. Tornato in Francia il 5 maggio e assolto il 23 ottobre dalla Pretura di Frosinone per insufficienza di prove dal reato di alterazione di passaporto, abita a Parigi nel 1927, poi, il 6 maggio 1931, è accusato dai fascisti di essersi recato in Iugoslavia, insieme a Adolfo Spadaccini, un altro componente del gruppo “operaista”, per passare in Italia allo scopo di compiere degli attentati contro i gerarchi. Nell’agosto seguente R. critica il comunista Gaetano Invernizzi “con parole vivaci per la leggerezza dimostrata nel citare particolari e fatti che possono compromettere i dirigenti della organizzazione comunista illegale in Italia in occasione di una riunione alla quale sono stati invitati connazionali di tutte le tendenze politiche ed anche simpatizzanti”.

Il 26 settembre interviene, alla “Salle de l’Unitaire” di Lione, a una riunione di “prometeisti”, anarchici, socialisti unitari e “operaisti” e “ribatte punto per punto la tesi concentrazionista sostenuta dal Campolonghi. Chiama responsabile l’Aventino e il partito socialista della sconfitta del popolo italiano, fa una lunga filippica contro lo stato accentratore ed oppressore di ogni libertà e, con una puntata contro lo Stato e la diplomazia russa, accusa i bolscevichi ed i concentrazionisti, dicendo che essi non possono essere rivoluzionari, ma dei conservatori giacché entrambi sostenitori dello Stato”. In seguito R. partecipa a varie riunioni fra anarchici e “dissidenti comunisti”, insieme a Italo Ragni, Alfredo Bonsignori, Umberto Rossi e Gusmano Mariani, poi, nel marzo del 1932, viene fermato a una riunione libertaria e trovato in possesso di una pistola automatica. Il Consolato di Lione riferisce che ha tentato di spacciarsi per certo Enrico Ferrante, originario di Udine, e lo indica come “anarchico pericoloso, propagandista intelligente, capace atti inconsulti”. Espulso dalla Francia in aprile o maggio, insieme a Alessandro Villa, Pasquale Chioccia e altri esuli politici italiani, si sposta a Marsiglia, dove prende la parola il 27 novembre, insieme a Angelo Girelli, a una conferenza dell’ex anarchico Gino Bagni sul regime russo.

Il 19 dicembre viene iscritto nel Bollettino delle ricerche, quale comunista pericoloso da arrestare e l’anno seguente è incluso nella categoria dei sovversivi attentatori dalla Prefettura di Ravenna, che lo considera – non a torto, dal punto di vista degli sgherri mussoliniani – individuo pericolosissimo. Nella lista compaiono, insieme al suo, i nomi di Nicola Cilla, Emidio Recchioni, Luigi Manoni, Armando Borghi e Imbriano Casadio. Passato ormai nel movimento libertario, R. si occupa a Marsiglia, nel 1935, della raccolta dei fondi per il Comitato anarchico pro vittime politiche e nel giugno 1936 prende parte al corteo del fronte popolare di Marsiglia, seguendo la bandiera nera anarchica, portata dalla moglie del correligionario Ercolino Bardini. Insieme a R. sfilano per le strade della città focese gli anarchici Giulio Bacconi, Angelo Girelli, Luca Bregliano, Cesare Fietta, Umberto Ceccotti, Edoardo Angeli e Emilio Strafelini. Dopo il sollevamento franchista, R. raggiunge Barcellona e nei mesi seguenti è segnalato sul fronte aragonese e alla frontiera pirenaica, dove si occupa, insieme a Ernesto Bonomini, Enzo Fantozzi e Francesco Barbieri, del passaggio dei volontari antifascisti in Spagna. Il 3 febbraio 1937 è oggetto di un telegramma, indirizzato dal capo della polizia fascista ai prefetti italiani per informarli che R. si è arruolato nelle “milizie rosse” spagnole: “Pregasi rinnovarsi attente misure vigilanza per conseguire cattura predetto ove rientrasse Regno”.

Il 9 ottobre firma, sul fronte di Alcubierre, insieme a Umberto Consiglio, a Libero Mariotti, a Maria Lorenzoni, a Carlo Castagna, a Giuseppe Burgio e ad altri anarchici, il seguente comunicato: “I componenti il Gruppo Italiano combattenti, inquadrati nella Divisione Francisco Ascaso, rimasti a continuare la lotta a fianco dei compagni spagnoli per l’affermazione e la valorizzazione della Spagna rivoluzionaria; rendono noto che hanno preso l’iniziativa dell’inquadramento organizzativo ed ideologico dei vari gruppi e compagni isolati che svolgono analoga bisogna nei vari settori della guerra rivoluzionaria. L’aggruppamento si denominerà: Sezione Volontari Libertari Italiani, e l’Ufficio rimane alla Ronda fermin Salvochea, 38, in Barcellona, con Ruozi Giuseppe (Tranquillo) incaricato di fiducia”. Lasciata la Spagna, alla fine del 1937 R. si ferma a Lione, celandosi dietro il nome di Enrico Ferranti per sfuggire a un’altra espulsione, ma continuando a svolgere un’intensa attività politica nel “Comitato pro rivoluzione spagnola”, per conto del quale si reca spesso a Perpignan, dall’anarchico Giuseppe Pasotti. Nell’aprile 1939 è internato nello spaventoso campo francese di Argelès – sur – Mer, insieme a numerosi antifascisti, quasi tutti ex miliziani di Spagna, esposti alle intemperie, costretti a nutrirsi di canne palustri e minacciati da malattie terribili, compresa la lebbra. Incorporato in una compagnia di lavoratori stranieri dopo l’inizio della seconda guerra mondiale, viene trasferito nella Francia settentrionale per fortificare il confine con il Belgio.

Il 6 aprile 1940 è al Moulin de la Torpe, da dove scrive una lettera al fratello Lohengrin, residente a Ravenna: “Carissimo Nino, spero che ti sarà giunta una lettera della Prima avvertendoti che potevi fare le pratiche necessarie per il nostro ritorno. Essendo stato trasferito nella regione del Nord della Francia ad eseguire lavori militarizzati ho deciso piuttosto che adattarmi a queste condizioni di ritornare, essendo l’unica possibilità e condizione per sottrarvisi quella di lasciare la Francia. Sono in zona di guerra, quindi non posso dire di più, e se credi di rispondermi, tienti sulle generiche, evitando commenti di qualsiasi genere”

Rimasto in Francia durante la Seconda guerra mondiale insieme alla moglie Prima Poli, torna in Italia dopo la liberazione e riprende il suo posto nel movimento anarchico, collaborando assiduamente alla stampa libertaria con articoli e saggi, che appaiono sulle pagine di «Volontà» di Napoli e di «Umanità nova» di Roma. Aderente alla FAI, partecipa in qualità di delegato della Federazione Anarchica Romagnola a diversi congressi e convegni fra i quali quelli di Bologna (II, 1947) e di Civitavecchia (V, 1953), e si fa promotore della pubblicazione nella sua città natale di alcuni numeri unici a stampa intitolati «Anarchia» dal 1951 al 1954. La vita generosa di R. si conclude tragicamente il 23 agosto 1970, quando muore a Bologna, investito da un’auto. L’inimicizia degli staliniani non si attenua dopo la sua scomparsa. Uno di loro, due anni più tardi, ripete contro R. le vecchie calunnie comuniste: “Rossi e Garavini emigrarono in Belgio e poi persero ogni contatto col partito e, mi pare, anche con le lotte del movimento operaio”. (F. Bucci - P. Casciola - A. Tozzi)

Fonti

Fonti: Archivio centrale dello Stato, Ministero dell'Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; Archivio privato F. Bucci, Follonica: Lettera a Alfredo e Corinna Bonsignori, Ravenna 29 dic. 1970; Ivi, Testimonianza di Pio Turroni, Cesena 20 ago. 1975; Ivi, Testimonianza di Ugo Angelini, Villeurbanne, 4 apr. 1976.

Bibliografia:
Scritti di R.: La crisi delle cooperative, «Volontà», n.1, 1° ago. 1950, pp. 51-53; Cooperative e collettivi, ivi, n. 4, 1° nov. 1950, pp.182-187; Così parlò Dayton, «Umanità nova», n. 4, 28 gen. 1951; Intrighi politici nei Balcani, ivi, n. 32, 12 ago. 1951; Agitazioni e scioperi, ivi, n. 1, 3 gen. 1954.

Scritti su R.: Comunicati, «Il Risveglio», n. 985, l° nov. 1937; Prima Poli Rossi, Ringraziamento, «Umanità nova», 26 set. 1970; I compagni di Ravenna: episodi di lotta, Imola, 1972, p. 121; La Spagna nel nostro cuore. 1936-1939, Tre anni di storia da non dimenticare, Roma 1996, ad indicem; A. Bordiga. Lettere a Bruno Bibbi, Piero Corradi, Eugenio Moruzzo, Michelangelo Pappalardi e Lodovico Rossi (1925-1926), a cura di F. Bucci e P. Casciola, Firenze 1998, pp. 16, 24-25.

Codice identificativo dell'istituzione responsabile

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Note

Paternità e maternità: Luigi e Rosa Zani

Bibliografia

2004

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Collezione

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