​ROCCA, Massimo

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
​ROCCA, Massimo

Date di esistenza

Luogo di nascita
Torino
Data di nascita
February 26 1884
Luogo di morte
Salò

Biografia / Storia

Nasce a Torino il 26 febbraio 1884 da Giuseppe e Teresa Pacchioda, tipografo. Giovanissimo si avvicina all’anarchismo nel clima di disfatta ideale seguito alla sconfitta di Adua (1896) e alla caduta del secondo ministero Crispi. La stampa di alcuni manifesti anarchici per il 1° maggio 1901 gli costa una lieve condanna. Emigrato in Francia (a Lione e a Parigi) nel 1902, nel 1904 preferisce rimpatriare e scontare la pena. Il 1905 segna per R. il momento del lancio nel movimento anarchico. Assunto stabilmente lo pseudonimo di Libero Tancredi, si distingue come abile conferenziere e inizia a collaborare a «Il Grido della folla», settimanale milanese d’intonazione individualista e antigorganizzatrice, promosso da Ettore Molinari e Nella Giacomelli e animato da Giovanni Gavilli e da Oberdan Gigli. Divenuto in breve redattore del periodico, si trasfersce a Milano e dà alla pubblicazione un tono più acre e dissacratorio. Nei suoi articoli inneggia alla violenza, al caos rigeneratore, alla “santa dinamite”, condannando il dirittto, “l’umanitarismo bugiardo”, l’etica. «Il Grido della folla» diventa per T. una palestra di “amorfismo” morale. In seguito a equivoci contabili, all’inizio del 1906 T. si stabilsce a Roma, dove pubblica, con Arturo Consalvi, «Il Novatore anarchico» (aprile-ottobre). L’esasperato individualismo del T. e la sua vena provocatoria scatenano violente polemiche nell’ambiente anarchico romano. L’astio del T. verso gli “odiati federalisti”, i socialisti anarchici (Luigi Fabbri è uno degli obiettivi privilegiati dei suoi attacchi), culmina in una sanguinosa rissa in occasione del Congresso socialista anarchico laziale (Marino, 29 aprile 1906), in seguito alla quale lo stesso T. viene arrestato per complicità in tentato omicidio.

Prosciolto dall’accusa, si reca a Ravenna per assumere la direzione del periodico «L’Aurora», ma il tentativo viene frustrato dal deciso intervento di Armando Borghi. Accusato di scarsa trasparenza amministrativa nella gestione de «Il Novatore», perso - secondo la questura – “ogni prestigio e qualsiasi autorità” anche negli ambienti individualisti (la rivista fiorentina «Vir» di Giuseppe Monanni definisce il suo un “individualismo verboso [....] nato ai margini dell’impotenza sociale”), T. agli inizi del 1908 si imbarca a Napoli alla volta degli Stati Uniti, dove svolge una intensa attività di propagandista e di conferenziere. Dopo il numero unico «Quand-mème», fatto stampare a Parigi nel luglio 1908 nell’intento di regolare i conti con “gli ex-amici della Vir”, dà vita ad una nuova serie del «Novatore» (New York, 15 ottobre 1910-1¡ maggio 1911). È dalle colonne del «Novatore» americano che T. inizia la sua campagna in difesa della “vitalità” e della “funzione” dei popoli mediterranei contro l’oppressione del “caporalismo tedesco”. Rientrato in Italia alla metà del 1911, dopo la breve parentesi de «Il Novatore» ( Milano, poi Roma, luglio-ottobre), T. si getta con foga nell’opera di propaganda a favore dell’impresa libica. Per il T. la conquista di Tripoli è una “conquista rivoluzionaria” perché avrebbe insegnato al proletariato il modo per eliminare il “feudalesimo monarchico-clerico-sociale-austriacante” in nome di un “neo-nazionalismo proletario”.

Stabilitosi alla fine del 1911 a Lugano come tipografo presso la Tipografia sociale, continua a sostenere la tesi di un “nazionalismo proletario, fatto di sentimento” in antitesi con il “nazionalismo capitalistico, fatto d’interessi”, dalle pagine de «La Rivolta», quindicinale diretto da Giulio Barni e Ettore Bartolozzi. Oltre a Libero Lancredi, utilizza altri 17 pseudonimi: Acrimos, Altavilla, Cosimo Carmas , ellete , Fides, Ginio Vesta, Ida Torrencelbi, Idercant, io me ne infischio, l. t., Leribo Idercant, Mario Guidi, Maxim, Mirs, Novatore, Ravachol o Ravaschol. Nonostante le ripetute professioni di eresia, il T. tenta, nel luglio 1914, con l’aiuto di Mario Gioda, di rientrare nel movimento anarchico, sfruttando l’occasione del Congresso anarchico italiano che avrebbe dovuto tenersi a Firenze e che viene poi sospeso per lo scoppio della guerra europea. La scelta interventista del T., convinto antitriplicista e da sempre filofrancese, è quasi immediata. A due settimane dall’inizio delle ostilità il T. invita i “sovversivi” a “trascinare la monarchia alla guerra in nome dei nostri ideali”.

Pur collaborando a diversi giornali, dalla mussoliniana «Utopia», a «Pagine libere», a «L’Iniziativa», organo del Partito repubblicano, il T. tenta soprattutto di collegarsi con quegli anarchici che avevano saltato il fosso dell’interventismo: Maria Rygier, Mario Gioda, Oberdan Gigli, Edoardo Malusardi, Giovanni Canapa (alias Brunetto D’Ambra), Attilio Paolinelli. Con alcuni di essi pubblica, nell’ottobre a Roma, «La Sfida», un numero unico anarco-interventista e nel febbraio-aprile successivo il settimanale «La Guerra sociale», edito a Milano, nel quale si registrano i più duri attacchi al “panciafichismo” della quasi totalità del movimento anarchico italiano. Il T. deve probabilmente la sua notorietà al fatto di aver contribuito in modo determinanante a rendere pubblica, con due articoli apparsi nell’ottobre ne «Il Resto del carlino», la crisi interventista di Mussolini, allora direttore dell’«Avanti!». Prima volontario garibaldino nelle Argonne, poi volontario nell’esercito italiano, il T. consuma definitivamente il suo distacco dal mondo anarchico. Se alla fine del 1914 in un volume intitolato L’anarchismo contro l’anarchia, il T. cerca ancora di affermare il proprio dinamico anarchismo contro la mummificata anarchia dei suoi detrattori, nel corso del conflitto giunge ad ammettere che ormai la frattura era insanabile.

Collaboratore de «Il Popolo d’Italia», il quotidiano fondato da Mussolini dopo la sua esplusione dal PSI, nel 1918 pubblica una raccolta di suoi vecchi articoli sotto il titolo di Dieci anni di nazionalismo fra i sovversivi d’Italia. Iscrittosi nel primo dopoguerra ai Fasci di combattimento, diventa membro della direzione nazionale del PNF, del Gran Consiglio del fascismo e deputato al Parlamento. Entrato in urto con quella che chiama “l’oligarchia” fascista e soprattutto con Farinacci per le sue posizioni “revisioniste”, nel 1923 viene sospeso dal partito e poi, nel maggio 1924, espulso. Vittima di aggressioni squadriste all’inizio del 1926 lascia l’Italia per la Francia; è dichiarato decaduto dal parlamento e privato della cittadinanza italiana (restituitagli però nel 1932).

Rimasto ai margini dell’antifascismo emigrato, in polemica con la Concentrazione antifascista, collabora a diversi giornali, tra cui «Il Pungolo» di Giuseppe Donati, «Il Merlo» e «La Tribuna d’Italia», critico verso il “mussolinismo” imperante, ma sempre fautore di un fascismo revisionista. Trasferitosi in Belgio entra in contatto con i servizi riservati e diventa il fiduciario n. 714 dell’OVRA, con lo pseudonimo di Omero. Nel 1935, in occasione della guerra d’Etiopia, si riavvicina pubblicamente al regime. Dopo la caduta del fascismo e l’armistizio ha contatti con ambienti tedeschi e scrive a Mussolini mettendosi a sua disposizione. Al termine della guerra viene arrestato a Bruxelles e condannato a quindici anni di reclusione, ridotti poi a nove nel 1947, per collaborazionismo con il nemico. Nel frattempo, nel 1946, il suo nome era comparso in un elenco dei fiduciari dell’OVRA, ma era stato concellato in seguito al ricorso del figlio. Liberato nel giugno del 1948 grazie all’intervento del Nunzio apostolico vaticano, rientra in Italia e continua a dedicarsi al giornalismo, dirigendo «L’Italia di tutti» (1953) e scrivendo dei più svariati argomenti, compreso il piano regolatore di Milano. Muore a Salò il 22 maggio 1973. (M. Antonioli)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen. L. Rafanelli, Libero Tancredi, «Il Ribelle», 2 gen. 1915; P. G. [P. Gobetti], Ritratto di Libero Tancredi, «La Rivoluzione liberale», 9 ott.1923; C. B. [C. Berneri], Uomini e idee. Libero Tancredi, ivi, 18 mar. 1924.

Bibliografia:

scritti di R.(limitatamente al periodo anarchico): La tragedia di Barcellona, Roma 1910; Studi su Max Stirner, «Pagine libere», 1 e 15 mar. 1911; La rivolta morale (studi su Max Stirner), ivi, 1 e 15 mag. 1911; Una conquista rivoluzionaria, in Pro e contro la guerra di Tripoli, Napoli 1912; Dopo Tripoli e la guerra balcanica, Milano 1913; L’anarchismo contro l’anarchia, Pistoia 1914; Dieci anni di nazionalismo fra i sovversivi d’Italia (1905-1915), Milano 1918.

Scritti su R. (limitatamente al periodo anarchico): U. Fedeli, Gli anarchici e la guerra, «Volontà», 15 apr.-15 mag. 1950; Borghi, ad indicem; P.C. Masini, Gli anarchici italiani tra interventismo e “disfattismo rivoluzionario”, «Rivista storica del socialismo», 1959, n. 1; E. Santarelli, Il socialismo anarchico in Italia, Milano 1959; R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario, Torino 1965; G. Cerrito, L’antimilitarismo anarchico in Italia nel primo ventennio del secolo, Pistoia 1968; Bibliografia dell’anarchismo, vol. 1 t. 1. Periodici e numeri unici anarchici in lingua italiana pubblicati in Italia (1872-1971), Firenze 1972; id., Bibliografia dell’anarchismo, vol. 1 t. 2. Periodici e numeri unici anarchici in lingua italiana pubblicati all’estero (1872-1971), Firenze 1976, ad indicem; G. Cerrito, Dall’insurrezionalismo alla settimana rossa, Firenze 1977; P. C. Masini, Storia del anarchici italiani nell’epoca degli attentati, Milano 1981; M. Antonioli, P.C. Masini, Il sol dell’avvenire. L’anarchismo in Italia dalle origini alla Prima Guerra mondiale, Pisa 1999, ad indicem; M. Antonioli, Nazionalismo sovversivo?, «Rivista storica dell'anarchismo», gen.-giu. 2002.

Codice identificativo dell'istituzione responsabile

181

Note

Paternità e maternità: Giuseppe e Teresa Pacchioda

Bibliografia

2004

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