RABITTI, Vindice
Tipologia Persona
Intestazione di autorità
- Intestazione
- RABITTI, Vindice
Date di esistenza
- Luogo di nascita
- Bologna
- Data di nascita
- April 23 1902
- Luogo di morte
- Bologna
Biografia / Storia
- Nasce a Bologna il 23 aprile 1902, da Teodorico e Maria Giuseppina Torri, operaio edile. Il padre è militante della Camera del lavoro di Porta Lame, aderente all’USI e la madre coltiva idee libertarie. Dell’ideologia della famiglia fa fede anche il nome assai impegnativo scelto per l’unico figlio maschio, mentre le sorelle si chiamano Luce, Athe e Vera. Partecipa, giovanissimo, con Armando Guastaroba, ad un convegno regionale contro la guerra che si tiene a Imola, promosso anche da Diego Guadagnini. Già nel luglio 1920 R. è condannato per “oltraggio ad agenti della forza pubblica” e subito la Prefettura di Bologna invia alla Dir. Gen. di PS Ufficio Atti Riservati il primo profilo biografico di un fascicolo molto nutrito. Fa parte degli Arditi del popolo e viene arrestato nel 1921 per un paio di mesi e rilasciato, secondo gli appunti dello stesso R., in seguito a due scioperi della fame e per la minore età. È condannato dalla locale Corte d’Assise nel luglio 1922 a un anno e 3 mesi per “partecipazione a corpo armato”. Nel luglio 1923 è giudicato in contumacia, e condannato a quasi un anno in seguito ad un conflitto armato con una squadra fascista. È protagonista, e spesso vittima, di scontri con i fascisti bolognesi: in uno di questi è colpito da arma da fuoco al torace e operato d’urgenza all’Ospedale Sant’Orsola. Ripara, per un periodo, da uno zio a Firenze dove conosce Camillo Berneri ed Enzo Fantozzi. In quanto Ardito del popolo è messo al bando con un proclama delle squadre fasciste del suo stesso rione di Bologna che lo ricercano, sparano sulla sua casa e minacciano l’intera famiglia. Nel settembre del 1923 ottiene il passaporto per andare a lavorare nelle miniere belghe, ma si ferma a Parigi. Ritorna in Italia subito dopo la crisi del delitto Matteotti, ma viene arrestato e interrogato brutalmente per alcuni giorni nella Caserma Mussolini della MVSN di Bologna ed è salvato dall’intervento del ras Arpinati, ex anarchico, che lo fa ricoverare nuovamente in ospedale. Fugge di nuovo in Francia e poi a Montigny, in Belgio, dove trova lavoro. Secondo le sue schematiche memorie, nell’autunno del 1926 risponde, con altri anarchici italiani come Otello Pezzoli, all’appello del catalanista d’azione Francesc Macià che cerca, senza successo, di realizzare attraverso i Pirenei una spedizione contro la dittatura del generale Miguel Primo De Rivera, affine a Mussolini. Riesce per poco a sfuggire all’arresto del centinaio di volontari armati, di cui non pochi italiani, e fa ritorno a Parigi. Con Erasmo Abate, Alberto Meschi, Enzo Fantozzi e altri si occupa, quasi nello stesso periodo, dell’arruolamento di volontari per un’altra spedizione antifascista: questa è gestita da Ricciotti Garibaldi, il quale è in realtà d’accordo con il regime mussoliniano per screditare il “fuoriuscitismo”. Secondo un informatore dell’OVRA è coinvolto, nel maggio 1928, nel tentativo di spedire “congegni esplosivi” mascherati da sveglie all’interno dell’Italia per compiere attentati. Nel dicembre 1929 è arrestato nella città francese di Chambery, non lontana da Ginevra, dove ha trovato lavoro nelle ferrovie con altri anarchici italiani: è sospettato di far parte del complotto per attentare alla Delegazione fascista italiana a Ginevra. Per lo stesso motivo sono arrestati a Parigi i giellisti Alberto Cianca e Alberto Tarchiani, caduti anch’essi, come negli stessi giorni Berneri a Bruxelles, in tranelli orditi dalla spia fascista Ermanno Menapace (in Franzinelli, p. 207-8). Nell’agosto del 1930 è segnalato, dall’attenta fonte informativa dell’OVRA presente tra gli anarchici italiani a Parigi, come incaricato del Comitato di Propaganda in Italia dell’Unione Comunista Anarchica dei Profughi Italiani. Incontra, nel settembre del 1931, Emidio Recchioni in visita ai compagni a Parigi per predisporre, secondo la stessa fonte, un “attentato in grande stile”: tale Barbieri (in realtà Cremonini, nella ricostruzione fatta da R. nel lungo interrogatorio reso il 25 marzo 1940 nella Questura di Bologna) avrebbe guidato un’automobile “dove verrebbero in modo abilissimo nascoste le bombe necessarie” per introdurre tali strumenti in Italia e preparare una nuova azione eclatante contro il duce. In questo periodo prende contatti anche con l’ingegnere repubblicano Giobbe Giopp, tecnicamente pronto e politicamente disponibile per azioni dirette contro il regime. Nel maggio 1932 è arrestato per “ricettazione”, con Edmondo Lelli, Ulisse Merli ed Emanuele Granata, in seguito al furto di 38 kg. di cheddite, realizzato dall’anarchico friulano Ludovico Vergendo nelle miniere di Mongenévre. È condannato a due anni di prigione dal Tribunale della Senna, ma esce nell’aprile del 1933 e vive a Parigi vari mesi malgrado la diffida a restare in Francia lavorando come pittore. Alla fine dell’anno si trasferisce in Algeria, dove continua le attività, mentre trova un’occupazione abbastanza stabile nell’edilizia. In particolare, come rivela nell’articolato interrogatorio reso nel marzo 1940 alla Questura di Bologna, è in contatto con Valerio Cellai e Celso Persici. Ai primi del 1935 chiede al Consolato italiano di Algeri il passaporto per recarsi in Spagna, ma gli viene rifiutato. Alla fine del luglio 1936, con altri anarchici come Carlo Mariotti e Adamo Agnolotti, si imbarca per Porto Vendres e da qui si dirige verso la frontiera spagnola e poi, con Enzo Fantozzi e il repubblicano Mario Angeloni, verso Barcellona. Nella caserma Bakunin (ex Pedralbes), alla fine del luglio, partecipa alla fondazione della Sezione Italiana della Colonna Ascaso della CNT-FAIb, più nota come Colonna Rosselli. Contribuisce, anche con incarichi di responsabilità politica, alle attività militari della Sezione Italiana nel fronte aragonese, presso Huesca, quali la vittoriosa “battaglia di Monte Pelato” di fine agosto e altri scontri armati di minore entità. Nell’ottobre 1936, in qualità di Delegato al Fronte, invia varie comunicazioni a Camillo Berneri a Barcellona chiedendo, tra l’altro, la partecipazione di un rappresentante della tendenza della “Adunata” nel Comitato di Barcellona. È tra i cinque firmatari, a nome del Comitato del Fronte, del comunicato del 30 ottobre 1936 che rifiuta il decreto sulla militarizzazione delle milizie emanato dalla Generalitat della Catalogna e tra i quattro firmatari anarchici che il 13 novembre ribadiscono, sempre a nome del Comitato, l’adesione alla CNT-FAIb e il ruolo del Delegato Politico della Colonna, cioè di Camillo Berneri che era stato emarginato dalle decisioni politico-militari. In quanto Delegato al Fronte presenta al Comitato Anarchico di Difesa della CNT-FAIb di Barcellona una dettagliata relazione sulla “mancata vittoria” nella battaglia di Almudevar, villaggio aragonese vicino ad Huesca, di fine novembre. La responsabilità della sconfitta (30 morti e un centinaio di feriti), secondo la componente anarchica, spetta a Rosselli che ha deciso il piano d’azione praticamente da solo e dopo una lunga assenza dal fronte. R. ritorna al fronte da dove invia, il 10 dicembre, una relazione sui conflitti, politici e personali, all’interno della Sezione che si concludono con le dimissioni di Rosselli e la nomina di Giuseppe Bifolchi a comandante militare. In queste settimane R. conosce la fase d’impegno più esaltante e scrive alla famiglia: ”Vivere so idealmente, intensamente, non lo speravo più”. Verso la fine di novembre la madre gli risponde: “Sono fiera di te”. Però inizia anche una serie di scontri personali e politici: è due volte accusato di sabotaggio da parte del comunista Raimondi (Severino Casati), ma l’accusa è respinta da Libero Battistelli, il comandante responsabile del settore dove opera R. Negli appunti personali indica di aver avuto contatti con la Colonna Ortiz, della CNT-FAIb. Probabilmente per sfuggire alle tensioni interne della Sezione e a una sfavorevole relazione con Bifolchi e con Gunscher, chiede e ottiene, con l’appoggio di Lorenzo Giusti, anch’egli bolognese, un’autorizzazione a trasferirsi a Barcellona a disposizione della CNT-FAIb. Qui collabora, stando agli appunti autobiografici, con organi militari della Generalitat mentre aderisce al gruppo “Pietro Gori”, il cui responsabile è proprio Lorenzo Giusti. In questo periodo R. è arrestato sulle Ramblas da una Pattuglia di Controllo della CNT-FAIb, in seguito ad una denuncia del solito Raimondi, ma è rilasciato il giorno dopo grazie all’intervento di Girolimetti e poi dell’amico Giusti. In varie occasioni si schiera a suo favore Giaele Angeloni, la vedova del repubblicano Mario, mentre i rapporti con Francesco Barbieri sono piuttosto tesi. Nelle giornate del maggio 1937 si reca, con Lorenzo Giusti e altri, alla Caserma Espartaco, di cui è responsabile Pio Turroni, per partecipare al previsto assalto alla caserma Carlos Marx in mano ai comunisti, poi annullato. Con un passaporto svedese ottenuto dalla Lega per i Diritti dell’Uomo, giunge in Francia nel luglio successivo, ma è arrestato in quanto a suo tempo espulso e viene detenuto per un mese a Perpignano. Ottiene comunque di poter restare in Francia e fissa la residenza a Sains, a un centinaio di km da Parigi, trovando lavoro come pittore. Nelle lettere alla famiglia di queste settimane afferma di aver “bisogno di calma e di pace morale” dopo le “disillusioni, l’esperienza e l’ingratitudine” vissute in Spagna. Ai primi di marzo del 1940 R. è rimpatriato dal Consolato di Parigi e alla fine del mese rende un ampio resoconto delle proprie attività svolte all’estero per 17 anni mentre fornisce molti nomi di anarchici attivi, solo in parte deceduti. Come riporta il verbale, le vicende spagnole gli hanno offerto “quel lavacro purificatore dello spirito, per conoscere la menzogna della lotta di classe, delle rivendicazioni proletarie, delle guerre per la libertà” e lo spingono a fare completo atto di sottomissione. È comunque assegnato a due anni di confino a Ventotene, dove non riprende apertamente le relazioni con i compagni. In seguito alle ripetute richieste di atti di clemenza, in particolare della famiglia, ottiene un proscioglimento condizionale nel novembre 1941; ritorna a Bologna dove lavora nella fabbrica del cognato Ruggiero Pedrini e si astiene da esplicite attività politiche. Partecipa comunque, con Attilio Diolaiti e Giuseppe Sartini, il 16 maggio 1943 al convegno clandestino anarchico di Firenze promosso da Augusto Boccone, incontro che promuove la costituzione della Federazione Comunista Anarchica Italiana. Secondo la ricostruzione fatta in una lunga intervista resa nel 1983, il 26 luglio del 1943 blocca l’attività in fabbrica per festeggiare la caduta del regime e passa, qualche mese dopo, alla clandestinità e alla collaborazione con forze partigiane. Nel settembre 1943 partecipa, con Ugo Guadagnini e altri, ad azioni contro i nazisti nella zona di Imola. Nel secondo dopoguerra si avvicina a posizioni socialiste, seguendo in parte l’evoluzione di Lorenzo Giusti e di altri ex anarchici bolognesi, collaborando comunque alla solidarietà con anarchici in difficoltà, come nei primi anni Sessanta per Umberto Consiglio, conosciuto in Spagna e mantenendo contatti personali con militanti come Primo Bassi di Imola. Nel 1965 rientra in pieno nelle attività anarchiche venendo nominato, unico esponente di gruppi emiliani e romagnoli, nella Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana uscita dal travagliato Congresso di Carrara del novembre 1965. Nel 1967 propone ad altri anarchici combattenti in Spagna, come Marzocchi, Tommasini e Turcinovich, di coordinare un lavoro di ricostruzione storica della cruciale esperienza. Nel 1983 partecipa ad un “viaggio nella memoria” recandosi a Monte Pelato e a Barcellona e rilasciando una lunga intervista. Muore a Bologna il 3 novembre 1984. (T. Imperato - C. Venza)
Fonti
- Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; acs, Confino politico, ad nomen; Necrologio, “Umanità nova», 9 dic. 1984; Intervista di Vindice Rabitti rilasciata nell’ottobre 1983 a
Bibliografia: C. Berneri, Epistolario inedito, vol. I, a cura di A. Chessa e P.C. Masini, Pistoia 1980 e Id. Epistolario inedito, vol. II, a cura di P. Feri e L. Di Lembo, Pistoia 1984, ad indicem; I. Rossi, La ripresa del Movimento Anarchico Italiano e la propaganda orale dal 1943 al 1950, Pistoia 1981, p. 103; G. Sacchetti, Sovversivi agli atti. Gli anarchici nelle carte del Ministero dell’Interno. Schedatura e controllo poliziesco nell’Italia del Novecento, Ragusa, 2002, ad indicem, Un trentennio di attività anarchica. 1914-1945, Cesena 1953,, pp. 186-8; T. Imperato, In viaggio con Vindice Rabitti – Sulle orme della Colonna Ascaso,«A rivista anarchica», feb. 1983.
Codice identificativo dell'istituzione responsabile
- 181
Note
- Paternità e maternità: Teodorico e Maria Torri
Bibliografia
- 2004