PRONI, Primo
Tipologia Persona
Intestazione di autorità
- Intestazione
- PRONI, Primo
Date di esistenza
- Luogo di nascita
- Bologna
- Data di nascita
- December 4 1873
- Luogo di morte
- Bologna
Biografia / Storia
- Nasce a Bologna il 4 dicembre 1873 da Cesare e Viola Rizzoli, canapino. Secondo di sei fratelli eredita dal padre il mestiere di canapino. L’ambiente familiare è alla base della formazione politica sua e del fratello minore Gaetano (Bologna, 1876), di orientamento socialista e sindacalista, che affiancherà Primo nella sua militanza politica. Sposato con Maria Natalini, operaia impiegata in una fornace di mattoni, dalla loro unione nascono sei figli due dei quali, Liberto e Adelante, moriranno in tenera età in Argentina. La prima delle figlie Libertaria nasce il 20 settembre del 1898 mentre le altre Moderna (1909), Alma (1914) e Diana (1917) vedranno la luce nel nuovo secolo. Libertaria si unirà poi al militante Celso Persici condividendone le passioni ideali e le avventure politiche. Ma è soprattutto la frequenza di quella Bologna “proletaria” di quel ceto popolare che Borghi definisce “antiservile, spregiudicato, spregiatore di titoli, uniformi,‘bottoni lucidi’, livree” (A. Borghi, Mezzo secolo d’anarchia (1898-1945), Napoli 1954, p. 13) a fare di lui un libertario. P. viene condannato una prima volta il 10 luglio del 1897 a due mesi e 20 giorni di reclusione per “oltraggio e lesioni” a pubblico ufficiale. Nel 1898 sottoscrive la nota protesta degli anarchici, pubblicata dal giornale «L’Agitazione» di Ancona, contro l’applicazione dell’articolo 248 del Codice Penale nei confronti degli anarchici e in solidarietà ai compagni sotto processo. Autodidatta, amante della lettura, si diletta spesso nel disegno e nella poesia tant’è negli anni successivi raccoglierà in un florilegio le sue “memorie” in rima. Nel 1902 è attivo nella CdL di Bologna, iscritto alla Lega di miglioramento dei canapini ed è amico Mammolo Zamboni, Clodoveo Bonazzi, Teodorico Rabitti e Armando Borghi con cui condivide un lungo sodalizio ideale e politico. All’inizio del Novecento è tra i principali promotori della costituzione dell’Unione Anarchica Bolognese ed particolarmente attivo nella propaganda antimilitarista tant’è che con Borghi, Zamboni e Gaetano Bagnaroli viene arrestato nel luglio 1902 perché durante una manifestazione pubblica ha incitato i giovani al “rifiuto di obbedienza alla leva”. Risulta, inoltre, in corrispondenza con Luigi Bertoni di Ginevra dal quale riceve periodici e opuscoli sovversivi. Nel maggio del 1904 emigra in Argentina per motivi di lavoro; si stabilisce a Güemes nella provincia di Salta e riallaccia da subito i rapporti con il movimento. Nel 1910 le autorità lo schedano come aderente del gruppo “Il Ribelle” di Güemes da dove mantiene legami politici con l’anarchico Alberto Malservisi di Buenos Aires. Nel novembre del 1912 è espulso dall’Argentina e ritorna in patria sul piroscafo “Duca degli Abruzzi”. Il 24 maggio del 1913 prende parte al convegno anarchico bolognese promosso da Domenico Zavattero. Nello stesso mese è denunciato per un articolo scritto sul giornale «Rompete le file» dal titolo “Impostura e delinquenza”. Sempre nel 1913 è corrispondente da Bologna del periodico «Volontà». In questi anni acquista un piccolo terreno in via del Milliario al n. 17 e vi costruisce una casetta che diventa la sede del Circolo di studi sociali che rimarrà un punto di riferimento per tutti i libertari bolognesi fino all’avvento del fascismo. Durante la guerra invia corrispondenze all’«Avvenire anarchico» di Pisa e alla «Favilla» di Roma ma nell’aprile del 1918, per la sua continua propaganda antimilitarista e disfattista, viene inviato al confino a Lagonegro in provincia di Potenza dove trova lavoro in una cava di pietra. Rientrato a Bologna nel dicembre del 1918 partecipa a tutte le lotte del Biennio rosso che attraversano la città felsinea. Viene arrestato il 28 luglio 1920, quando durante una perquisizione nella sua casa viene rinvenuta una rivoltella non denunziata. Aggredito diverse volte dai fascisti, nel periodo della dittatura è continuamente sorvegliato e considerato un “irreducibile”. La sua corrispondenza, soprattutto quella indirizzata all’estero, viene intercettata e spesso sequestrata. Da una lettera del 6 aprile 1936 inviata all’anarchico Cesare Mengoli, residente a Seraing-Liege (Belgio) si evincono sia la situazione della famiglia che la coerente scelta di opposizione politica di P.: “[...] Libertario e Persici sono ancora in Francia, ora sono a Marsiglia. Moderna s’è maritata da sette anni, ed ha un figlio. Alma s’è maritata da 14 mesi ed ha un figlio. Ora in casa non abbiamo che Diana di 19 anni che è fidanzata. Io sono disoccupato, la cooperativa selcini è andata sciolta che i dirigenti hanno mangiato tutti i soldi, poi noi vecchi non ci vogliono più a lavorare. Da canapino è un mestiere in decadenza e non c’è più niente da fare. La disoccupazione è grande, la miseria va a gonfie vele e non si parla altro che delle grandezze della nazione e del valore delle nostre truppe e dell’eroismo dei nostri soldati. Il lavoro è poco, diminuiscono le paghe, ed i bisogni della vita aumentano giorno dopo giorno. Se si potesse vivere d’entusiasmo si andrebbe bene, specialmente adesso che vediamo le vie imbandierate del tricolore per le continue vittorie ottenute in Africa, senza contare le innumerevoli volte che vediamo le bandiere fuori per le nuove feste che ricordano le date dei fatti in cui ebbe origine il regime fascista. Adesso tutto il mondo guarda all’Italia credendo che sia diventato il paradiso terreste. Si è sempre parlato che in Italia ha aumentato la produzione del grano e che non si abbia più bisogno del grano estero, ma questo non deve essere vero perché il pane aumenta. Dire che c’è della miseria è proibito, perché ciò costituisce una manifestazione sovversiva. I turisti che vengono in Italia vedono tutto un mondo esteriore, ma l’interno lo vediamo noi, non solo ma lo sentiamo. Ma siamo in periodo di dittatura e basta, sentiamo suonare una campana sola, l’altra è legata e ferma. [...]”. In una successiva lettera inviata a Celso Persici il 16 settembre 1937, Primo afferma: [...] fatevi coraggio perché sono certo che ne avete, e canteremo con Gori: “Andrem di terra in terra / A predicar la pace e bandir la guerra / La pace fra gli oppressi / e guerra agli oppressor”. Nel Secondo dopoguerra P. continua la sua militanza nel movimento riaprendo la sede del Circolo di studi sociali. Muore a Bologna il 9 ottobre 1960, il suo funerale si svolge l’11 con “largo concorso di pubblico, di diverse centinaia fra compagni e amici con numerose corone di fiori rossi e con in testa la bandiera della Federazione anarchica bolognese”. (F. Bertolucci)
Fonti
- Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; Biblioteca “F. Serantini” - Pisa, doc. famiglia Proni-Persici, Memorie di Primo Proni in rima (Musa da strapazzo), manoscritto; ivi, [Memoria] di Diana Proni, Bologna 1995.
Bibliografia: Borghi, ad indicem; Primo Proni, «Umanità nova», 23 ott. 1960.
Codice identificativo dell'istituzione responsabile
- 181
Note
- Paternità e maternità: Cesare e Viola Rizzoli
Bibliografia
- 2004