PORCELLI, Francesco

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
PORCELLI, Francesco

Date di esistenza

Luogo di nascita
Bari
Data di nascita
after November 19 1886
Luogo di morte
Bari

Biografia / Storia

Nasce a Bari il 19 novembre 1886 da Giuseppe e Stella Ximenes, cameriere, meccanico, elettricista, correttore tipografo, libraio, con un curriculum di studi classici non compiuti. Durante la sua permanenza a Bari è classificato come socialista, ma non dà luogo a “rimarchi”. Aiuta il padre in trattoria, poi dopo la chiusura dell’esercizio familiare, si occupa come cameriere. In seguito alla morte del padre è costretto ad emigrare in Svizzera nel febbraio 1908. Risiede a Ginevra, dove lavora come meccanico e “professa idee sindacaliste a tendenza anarchica”. Nel settembre 1909 si dimette dal locale Gruppo sindacalista per aderire al “Germinal” e nel 1910 inizia a collaborare a «Il Risveglio socialista anarchico”, con lo pseudonimo di “Bohémien”. Agli inizi del 1912 lascia Ginevra, pare per dissensi nel Circolo di studi sociali e per sottrarsi alla sorveglianza poliziesca, e si stabilisce prima Levallois-Perret (Seine) poi a Parigi, dove lavora da elettricista. Nella capitale francese è segnalato come “l’anima delle riunioni del locale gruppo rivoluzionario italiano” e invia contributi a «Il Libertario», firmandosi Ermete De Fiori. A seguito dello scoppio della guerra europea, ritorna a Ginevra nel dicembre 1914 e già a partire dal dicembre 1917, sulle colonne de «Il Risveglio», inizia a criticare il governo bolscevico esprimendo la propria diffidenza dovuta alla “posizione mentale” degli anarchici nei confronti dell’autorità (F.P., Una discussione d’attualità, 22 dice. 1917, 5 genn. 1918, 16 feb. 1918). Contrario alle trattative russo-tedesche e al Trattato di Brest-Litovsk, nell’aprile successivo P., esempio isolato nell’ambito della pubblicistica anarchica, condanna lo scioglimento dell’Assemblea costituente (F.P., I massimalisti e la tragedia russa, 13 apr. 1918). Nel dicembre 1918, a conflitto ormai terminato, P. viene dichiarato disertore e denunciato al Tribunale di guerra. Agli inizi del 1919 è annoverato tra “i caporioni del gruppo de «Il Risveglio»” tanto da sostituire Bertoni, allora in carcere per l’affare delle “bombe di Zurigo”, alla direzione del giornale. Sua è una delle prime chiare prese di posizione sulla questione della dittatura del proletariato, considerata una “delegazione di potere a qualche individuo che deve agire nell’interesse del proletariato [...] una riconsacrazione della vecchia idea” dell’incapacità delle masse di “foggiarsi la propria esistenza” (F. P., Anarchia e Dittatura, 5 apr. 1919). Paradossalmente, nel maggio 1919 è arrestato per “propaganda bolscevica” ed espulso. Essendosi rifiutato di rimpatriare, P. viene internato nel giugno nella colonia penitenziaria di Orbe. Venuto a conoscenza dell’amnistia, chiede di rientrare in Italia per “regolarizzare la sua posizione militare”. Nel novembre è a Legnano, ospite di Eugenio Montanari, segretario della locale CdL. A Milano partecipa alle agitazioni del “biennio rosso” e diventa redattore di «Umanità nova». A metà ottobre viene arrestato, con l’intera redazione di «Umanità nova» (Frigerio e Perelli). Scarcerato il 12 novembre per insufficienza di prove, viene successivamente coinvolto nell’istruttoria per “cospirazione contro i poteri dello stato” che il giudice Carbone apre nel febbraio 1921 nei confronti dei redattori e dei principali collaboratori di «Umanità nova». Assolto con tutti i coimputati il 25 marzo, all’indomani della strage del Diana, si trasferisce a Roma con la redazione di «Umanità nova». Nel 1923 lo troviamo sempre a Roma, dove lavora come correttore tipografo, abita presso Gigi Damiani e collabora a «Fede!», di cui Damiani è direttore. Quando, l’anno seguente, Malatesta dà vita a «Pensiero e volontà», P. è tra i collaboratori e nel 1925 assume la gerenza di «Parole nostre» e di «Vita», ultimo tentativo giornalistico di Damiani. Assegnato al confino nel dicembre 1926, P. ripara a Milano per passare clandestinamente il confine ma è arrestato nel gennaio 1927 e tradotto a Lipari. Ha scritto di lui Giovanni Ansaldo: “Di ingegno non molto acuto, di cultura disordinata, egli ha però le qualità aristocratiche e liberali del pensiero: amore alla critica, propensione al dubbio, moderazione nella discussione, pietas verso le grandi dottrine umane, charitas verso tutti gli uomini, anche di opinioni lontane dalle sue; insomma l’anarchico più liberale di Lipari, come mi piaceva chiamarlo”. Liberato condizionalmente nel maggio 1931, ritorna a Milano, lavora in una libreria ed è inserito nell’elenco delle persone da arrestarsi in determinate circostanze. Negli anni successivi, pur conservando idee anarchiche, mantiene “regolare condotta”. In seguito risulta a Roma. Nel 1946, secondo Nello Garavini, "vi era una corrente libertaria, capeggiata da Porcelli e qualche altro compagno intellettuale, che voleva una vera organizzazione, ne avvenne una scissione nel nostro movimento". Muore a Bari nell'agosto 1966. (M. Antonioli)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; «Umanità nova», 17 set. 1966; La testimonianza di Nello, «A rivista anarchica», n. 355 est. 2010.
 
Bibliografia: V. Mantovani, Mazurka blu. La strage del Diana, Milano 1979 (Pescara 2002), ad indicem; F. Biagini, «Il Risveglio» (1900-1922), Manduria 1991, ad indicem; G. Ansaldo, L’antifascista riluttante. Memorie del carcere e del confino. 1926-1927, Bologna 1992; S. Fedele, Una breve illusione. Gli anarchici italiani e la Russia sovietica 1917-1939, Milano 1996, ad indicem.
 

Codice identificativo dell'istituzione responsabile

181

Note

Paternità e maternità: Giuseppe e Stella Ximenes

Bibliografia

2014

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