POLLASTRO, Sante

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
POLLASTRO, Sante

Date di esistenza

Luogo di nascita
Novi Ligure
Data di nascita
August 14 1899
Luogo di morte
Novi Ligure

Biografia / Storia

Nasce a Novi Ligure (AL) il 14 agosto 1899 da Vincenzo e Giuseppina Cabella, facchino, fiaccheraio, “bandito”. All’anagrafe è registrato come Pollastri Santo Decimo. Frequenta le scuole elementari e rimane precocemente orfano di padre. Altrettanto precocemente - ad appena 11 anni - ha i suoi primi guai con la legge. Tra il 1912 e il 1916 colleziona una serie di processi e di piccole condanne per furto: dal carbone dello scalo ferroviario di S. Bovo a scatole di conserva, a fanali di ottone. Nel 1916 tuttavia gli vengono comminati 2 anni di reclusione e 4 mesi di “segregazione cellulare continuata” per aver svaligiato una villa, con altri complici. All’uscita dal carcere, gli si aprono le porte della caserma. Nonostante le informazioni spesso contraddittorie e la stratificazione di versioni leggendarie, pare di poter dire che P. , dopo aver disertato, viene fermato nel dicembre 1919 a Reggio Emilia e ricoverato nel locale ospedale “per confusione mentale di origine alcoolica”. Assolto dall’accusa di diserzione per infermità mentale viene poi trasferito al manicomio di Collegno, da cui è rilasciato nel marzo 1921. Rientrato a Novi, P. organizza una banda specializzata in furti al solito scalo ferroviario. Nel luglio 1922 viene accusato, con altri, dell’uccisione di un fattorino portavalori della Banca Agricola di Tortona a scopo di rapina, e, condannato, due anni dopo, in contumacia a 30 anni di reclusione e 10 di sorveglianza speciale. Alla fine di novembre dello stesso anno, si verifica uno degli episodi che accreditano l’immagine di un P. anarchico fin dall’inizio. Sorpreso da tre carabinieri presso l’Osteria della Salute, a Teglia di Rivarolo, in compagnia di Renzo Novatore, da tempo alla macchia, a sua volta braccato dai fascisti e dai carabinieri, ingaggia un conflitto a fuoco. Novatore e il maresciallo Lupano rimangono uccisi, un milite ferito. Una versione successiva dello stesso P. attribuirà a Novatore, ovviamente non perseguibile, l’uccisione del fattorino della Banca Agricola di Tortona. Dai fatti di Teglia la vicenda di P. si fa sempre più confusa e ingarbugliata, come testimoniano i continui colpi di scena, la ridda di voci, le notizie giornalistiche ad effetto. A P. e ai suoi compagni vengono attribuiti una serie di azioni criminosi, tra i quali, a più riprese, l’uccisione di carabinieri. P. diventa una sorta di “pericolo pubblico n. 1”. Non è il caso qui di seguire le vicende della “banda” Pollastro, che, secondo quanto favoleggiava certa stampa, contava ben 56 effettivi, quasi tutti anarchici. L’unico dato che può interessare è la chiara identificazione come anarchici individualisti di alcuni membri della banda o comunque a lui vicini (Giacomo Massari, Giuseppe De Luisi, Luigi Peotta, e se si vuole Renzo Novatore) nonché, sembra, una rete di solidarietà, come nel caso degli espatri, in taluni ambienti libertari e forse denari versati ad un imprecisato e imprecisabile “movimento”. P. viene catturato a Parigi, nell’agosto 1927; processato per furto con scasso ad una officina e ad una gioielleria, viene condannato, nel febbraio 1928, a 15 anni di lavori forzati e 20 di interdizione di soggiorno. Nell’agosto 1929 è tuttavia estradato in Italia. Il processo ha inizio il 7 ottobre, con un fittissimo elenco di capi d’imputazione ed un gran numero di coimputati, a vario titolo. Il coinvolgimento - mai del tutto chiarito, ma senza nessun riscontro nel dibattimento - nella vicenda di Costante Girardengo e del suo massaggiatore, uno strano incontro a Parigi, tra “il bandito e il campione” (come canta la canzone di De Gregori), non fa che accrescere l’interesse dell’opinione pubblica. P., tra i vari reati contestatigli, come quello di essere capobanda di una associazione a delinquere, deve rispondere dell’omicidio di ben 6 carabinieri, in tre circostanze diverse, e di un fascista, tra il giugno e il dicembre 1926. Riconosciuto colpevole di 5 omicidi, P. viene condannato all’ergastolo, con 5 anni di segregazione cellulare continua. Durante il processo, P., ad una precisa domanda sulle sue idee politiche, non ritiene opportuno rispondere. Pare però che, nei primi anni della sua carcerazione, ricevesse denaro dagli anarchici italo-americani. Nel 1931, dopo aver collezionato un altro ergastolo nel rifacimento del processo per l’uccisione del fattorino di banca nel 1922, viene trasferito a Ventotene. Nel novembre 1943, dopo lo sbarco degli inglesi nell’isola, capeggia la rivolta degli ergastolani che chiedono cibo, passando poi l’incarico, a causa di una frattura, a Giuseppe Mariani, l’attentatore del Diana. Arresisi i ribelli agli inglesi, P. viene portato a Procida, da dove, l’anno seguente, tenta di fuggire, rimediando un’altra condanna. Nel dicembre 1944 è inviato al penitenziario di Porto S. Stefano, poi nel 1950 al Maschio di Volterra e nel 1953 a Parma. In questi anni P. non è stato dimenticato dagli anarchici. Pio Turroni ha incaricato Luigi Brignoli di tenere i contatti con lui, come con altri anarchici incarcerati. Dopo una prima richiesta a vuoto nel 1948, nel 1956 P. presenta una seconda domanda di grazia, che, nel 1959, gli apre le porte del carcere. Tornato a Novi, si dedica al commercio ambulante. Muore a Novi il 30 aprile 1979. Ed è l’amico Luigi Brignoli a scriverne il necrologio per «Umanità nova» (10 giu. 1979). (M. Antonioli)

Fonti

Bibliografia: G. Rizzo, I segreti della polizia, Milano 1953; G. Mariani, Memorie di un ex-terrorista, Torino 1953; Id., Nel mondo degli ergastoli, Torino 1954; A. Ciampi e A. Chessa (a cura di di), Sante Pollastro: un uomo coraggioso e carico d’altruismo, Cecina 1994; L. Brignoli, Le confessioni di Pollastro. L’ultimo bandito gentiluomo, Bergamo 1995; M. Carpinello, Sante Pollastri, storia e leggenda di un bandito del nostro tempo, «Novinostra», n. 1, 1995; M. Novelli, Cavalieri del nulla, Casalvelino Scalo 1998; G. Zucca, Sante Pollastro, il bandito in bicicletta, Alessandria 2003.

Codice identificativo dell'istituzione responsabile

181

Note

Paternità e maternità: Vincenzo e Giuseppina Cabella

Bibliografia

2004

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