PINI, Achille Vittorio

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
PINI, Achille Vittorio

Date di esistenza

Luogo di nascita
Reggio Emilia
Data di nascita
December 12 1859
Luogo di morte
Caienna

Biografia / Storia

Nasce a Reggio Emilia il 12 dicembre 1859 da Mario e da Anna Mazzucchi. Figlio di un volontario garibaldino, trascorre l’infanzia in povertà. Vede morire di miseria sei fratelli. Il padre muore in un ospizio di carità. A dodici anni, dopo i corsi elementari, lavora come apprendista in una tipografia. Si trasferisce successivamente a lavorare nella tipografia di un giornale di tendenza repubblicana. Qui Pini comincia ad interessarsi di politica, leggendo e partecipando alle riunioni dei democratici. Dopo la vittoria della sinistra alle elezioni del 1876 P. rimane disilluso dall’incapacità e dall’inerzia degli esponenti repubblicani e, dopo aver assistito a un comizio di Giuseppe Barbanti, passa all’Internazionale. Trasferitosi a Milano P. partecipa per sei mesi a uno sciopero generale dei tipografi che, conclusosi con una pesante sconfitta, rafforza il suo convincimento sull’inutilità di questo strumento di lotta. Per vivere si arruola nei pompieri dove dà prova di coraggio salvando una famiglia da una casa in fiamme. Ricevuta una piccola somma di un’eredità P. intraprende un’attività commerciale che però fallisce dopo breve tempo e deve perciò impiegarsi come scrivano alla pretura di Milano. Nel 1886 è costretto a lasciare l’Italia e si trasferisce brevemente in Svizzera e quindi in Francia. Lavora come garzone di stalla, venditore ambulante, calzolaio. Il contatto con gli operai, l’evidenza delle ingiustizie sociali che contrastavano con l’opulenza della capitale francese e la lettura di Le parole di un ribelle di Kropotkin lo convertono definitivamente all’anarchismo. Con Luigi Parmeggiani, Caio Zavoli e Alessandro Marocco fonda il gruppo di anarchici individualisti chiamato “Gli Intransigenti di Londra e Parigi”, “Gli Straccioni di Parigi”, “I ribelli di St. Denis”, “Il Gruppo degli introvabili”. Pini teorizza l’espropriazione come strumento rivoluzionario atto a distruggere la proprietà individuale, passaggio indispensabile per il raggiungimento del comunismo anarchico. Secondo P. l’espropriazione doveva da un lato affermare il diritto all’esistenza del popolo e dall’altro fornire gli strumenti per distruggere la società borghese. In questi anni P. è protagonista di numerose e audaci rapine che ne fanno un personaggio quasi leggendario. Antonio Agresti, per esempio, ricorda che P., dotato di una forza fisica non comune, non potendo aprire una cassaforte la smurò e, dopo averla avvolta in un tappeto, caricatosela sulle spalle, la portò via in pieno giorno indisturbato. Lombroso, nel suo libro sugli anarchici, utilizza la figura di P. come esemplare caratteristico di “criminale-nato”. A suscitare l’ammirazione per P. da parte di tutti i membri del movimento anarchico, anche di chi come Merlino non condivideva la pratica dell’espropriazione, era la sua coerenza. P., infatti, devolveva la maggior parte del ricavato delle sue rapine alla propaganda anarchica mantenendo nel contempo uno stile di vita modesto e frugale. Nel 1888 l’ambasciata di Londra riporta a carico di Pini: l’accoltellamento di un presunto agente del governo italiano a Parigi, di nome Faina, alcuni tentativi di rapina falliti, la manifattura d’ordigni esplosivi, il progetto di far saltare l’abitazione del Generale Menabrea per vendicare l’arresto di Parmeggiani nel set. 1887. Con il ricavato delle rapine P. finanzia la pubblicazione del giornale «Il Ciclone» (4 set. 1887) e di due numeri de «Il Pugnale» (1889), pubblicazioni che attaccano l’ala organizzatrice del movimento anarchico e che incitano alla rivolta violenta. In questi giornali sono pubblicate anche le istruzioni per il confezionamento d’esplosivi. P. finanzia anche l’installazione di una stamperia, la pubblicazione di alcuni manifesti ed il mantenimento agli studi del figlio di un anarchico imprigionato. Nell’ottobre 1888 P. cura la stampa del “Manifesto degli anarchici in lingua italiana al popolo d’Italia”, che esce come risposta all’appello lanciato da Cipriani per un “unione delle razze latine” per scongiurare un possibile conflitto armato tra Francia ed Italia. La prima parte del manifesto è un incitamento agli operai, e soprattutto agli operai repubblicani, all’insurrezione e, secondo un rapporto dell’ispettore di polizia che sorvegliava gli anarchici di Parigi, era stata redatta da Merlino. La seconda parte, Per Amilcare Cipriani, scritta da Marocco con la collaborazione di Vito Solieri, Caio Zavoli ed altri romagnoli, è un violento attacco a Cipriani accusato di aver tradito l’ideale della rivoluzione sociale. Il manifesto mette anche in discussione tutto il passato del Cipriani definito un impostore. I socialisti Celso Cerretti e Camillo Prampolini prendono le difese di Cipriani nei loro giornali «Il Sole dell’Avvenire» e «La Giustizia», insinuando che gli estensori del manifesto fossero al soldo della polizia. P. decide insieme a Parmeggiani di recarsi in Italia per un’azione vendicativa. Il 13 feb. 1889 i due accoltellano Ceretti a Mirandola. Tre giorni dopo sono intercettati dalla polizia mentre si dirigono a Reggio Emilia, la città dove viveva Prampolini. I due esplodono alcuni colpi di rivoltella contro gli agenti riuscendo così a fuggire e a tornare in Francia. P., ricercato per tentato omicidio, è arrestato pochi mesi dopo, il 19 giugno. L’arresto avviene probabilmente grazie ad una delazione di Carlo Terzaghi che poco tempo prima aveva contattato P. sotto il falso nome di Azzati. Insieme a P. vengono arrestati come suoi complici Placido Schuppe e Maria Soenen. Il processo si tiene il 4 e 5 novembre 1889. Durante il dibattimento P. si assume ogni responsabilità cercando di scagionare i suoi compagni. Schuppe subisce una condanna a dieci anni di lavori forzati, Maria Soenen a cinque. P. che nella sua difesa rivendica il valore politico delle rapine da lui commesse, è condannato a venti anni di lavori forzati. La condanna di P. suscita un intenso dibattito all’interno del movimento anarchico sulla legittimità del furto come strumento di lotta; a questo riguardo Merlino e Malatesta si scambiano lunghi articoli nelle colonne del giornale «L’Associazione». P. viene quindi deportato nelle colonie penali della Cajenna. Agli inizi degli anni Novanta, P. si rende protagonista di un’evasione che getta in allarme le polizie europee che lo credono rientrato in Europa. Durante questa evasione P. riesce a raggiungere la regione di Paramaribo trovando rifugio in una piantagione di caffè in attesa di potersi imbarcare. È però scoperto dalla polizia alla ricerca di un gruppo di falsari. P. tenta di darsi alla fuga ma, ferito da un colpo di fucile alla gamba, viene catturato. Durante la detenzione a Cajenna P. incontra Clemente Duval, con il quale tenta di evadere, e Theodule Meunier. Tutti i tentativi di evasione attuati da P. falliscono. Muore a Cajenna l'8 giugno 1903. (P. Dipaola)
 

Fonti

Fonti: ASDMAE, Pol. Int. b 23, b. 39; Archivio centrale dello Stato, Carte Crispi, D.S.P.P.., b 136; «L’Associazione», Londra, nn. 4-6, 1889.

Bibliografia: Necrologi: L.Galleani, Vittorio Pini, «Cronaca Sovversiva», 6 gen. 1904;. Un brano della difesa del nostro compagno Vittorio Pini, Edoardo Sonzogno, Milano. La defense du compagnon Pini, s.n., s.d; F. O’Squarr, Les coulisess de l’anarchie, Parigi 1892; E. Sernicoli, L’anarchia e gli anarchici. Studio storico politico, 2 v., Milano 1894; C. Duval, Memorie Autobiografiche, New York 1929; J. Maitron, Le Mouvement anarchiste en France. Des Origines à 1914, Pargi 1975; P.C. Masini, Storia degli anarchici italiani. Da Bakunin a Malatesta, Milano, 1969 (1974), ad indicem; L. Bettini, Bibliografia dell’anarchismo, vol. 1 t. 2. Periodici e numeri unici anarchici in lingua italiana pubblicati all’estero (1872-1971), Firenze 1976, ad indicem.

Codice identificativo dell'istituzione responsabile

181

Note

Paternità e maternità: Mario e da Anna Mazzucchi

Bibliografia

2004

Persona

Collezione

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