PINELLI, Giuseppe detto Pino

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
PINELLI, Giuseppe detto Pino

Date di esistenza

Luogo di nascita
Milano
Data di nascita
October 21 1928
Luogo di morte
Milano

Biografia / Storia

Nasce a Milano il 21 ottobre 1928, da Alfredo e Rosa Malacarne, ferroviere. Trascorre la prima parte della sua vita nel natio quartiere popolare di Porta Ticinese. Finite le scuole elementari deve andare a lavorare, prima come garzone, poi come magazziniere. Continua a leggere, un’abitudine che lo accompagna per tutto il resto della sua vita. Nel 1944, sedicenne, partecipa alla Resistenza antifascista come staffetta della Brigata Franco, collaborando con un gruppo di partigiani anarchici, che costituiscono il suo primo tramite con il pensiero libertario.

Nel 1954 vince un concorso ed entra nelle ferrovie come manovratore. Nel 1955 si sposa con Licia Rognini, conosciuta a un corso serale di esperanto: presto verranno due figlie, Silvia e Claudia. Nei primi anni ’60 si costituisce a Milano un gruppo di giovani anarchici (Gioventù Libertaria) poco più che ventenni, tra i quali Amedeo Bertolo, che nel ’62 aveva avuto l’onore della cronaca quale componente di un gruppo che aveva rapito il vice-console spagnolo a Milano Isu Elías per ottenere (come ottenne) la trasformazione in pena detentiva di una condanna a morte di un anarchico nella Spagna franchista. P. – “Pino” per i compagni e gli amici – con i suoi 35 anni è il più vecchio di loro, ma questo non è un problema: il suo carattere gioviale ed espansivo ne fa un “compagnone”. E quando nel 1965, dopo una decina di anni senza sede, se ne apre una in viale Murillo, P. è tra i fondatori del circolo “Sacco e Vanzetti”. Qui si tiene nel dicembre 1966 anche un incontro della gioventù libertaria europea. In seguito ad uno sfratto, gli anarchici milanesi cambiano sede e il 1° maggio 1968 viene inaugurato il Circolo anarchico “Ponte della Ghisolfa”, sito in piazzale Lugano, nel periferico quartiere operaio della Bovisa. Prende il nome dall’attiguo sovrappasso stradale, dal quale si vedono i binari della stazione ferroviaria di Porta Garibaldi, dove Pinelli lavora.

Siamo nel ’68, appunto, e il vento della contestazione che soffia dalla Francia arriva anche a Milano. P. è attivo su molti fronti: come anarchico, è tra quelli che tengono aperta la sede, organizza un’efficace servizio-libreria, è tra gli organizzatori di intensi cicli di conferenze serali. Approfittando della possibilità di viaggiare (in quanto ferroviere) gratis in treno, tiene i contatti diretti con i compagni “di fuori”, tra i quali Luciano Farinelli ad Ancona, Aurelio Chessa a Pistoia, Umberto Marzocchi a Savona. Intensi anche i rapporti con Alfonso Failla, a Marina di Carrara, dove si reca anche in vacanza con la famiglia. Operaio, P. si impegna anche in campo sindacale, in particolare per la riattivazione dell’Unione Sindacale Italiana (USI), di cui viene aperta una sezione presso il Circolo. Anche il CUB (Comitato Unitario di Base) dei lavoratori dell’ATM (Azienda Trasporti Milanese) elegge il Circolo a propria sede e la lascerà solo dopo l’attentato del 12 dicembre 1969: la repressione anti-anarchica suggerirà questo trasloco.

L’ambiente anarchico milanese è in pieno fermento, in molte scuole superiori nascono nuclei libertari, anche nelle fabbriche ci sono operai anarchici e frequenti sono i volantinaggi di primo mattino. Escono libri, opuscoli, i vecchi giornali riprendono fiato. Gli anarchici milanesi sentono la necessità di una seconda sede, questa volta nella zona Sud di Milano. Tra i più impegnati nella sistemazione e nell’apertura del Circolo di via Scaldasole (nel quartiere Ticinese) c’è P.

Il 25 aprile del ’69 due attentati colpiscono la Stazione Centrale e la Fiera. Le indagini si indirizzano verso ambienti libertari e alcuni anarchici vengono arrestati: è l’inizio di una campagna di criminalizzazione, che trova nuova linfa in agosto, quando alcuni attentati ai treni vengono ancora attribuiti ad anarchici. Viene fatta circolare anche la voce di una possibile implicazione di P., anarchico e ferroviere. P. e il suo gruppo “Bandiera Nera” insorgono, denunciano la manovra, danno vita – sull’esempio della Black Cross inglese di quei mesi e della Croce Nera russa degli anni ’20 – alla Crocenera Anarchica, specificatamente dedita alla solidarietà concreta con i compagni detenuti, ma anche alla pubblicazione di un bollettino di controinformazione.

P. è l’anarchico più “in vista” tra quelli milanesi e frequentemente è in Questura per richieste di autorizzazione, convocazioni, ecc. Il suo interlocutore è perlopiù un giovane commissario di polizia, informale nei modi, elegante, ammiccante: Luigi Calabresi. Così, quando nel tardo pomeriggio del 12 dicembre 1969, subito dopo l’attentato di piazza Fontana, Calabresi si presenta al Circolo di via Scaldasole e invita P. a recarsi in Questura, questi acconsente senza problemi, inforca il motorino e segue l’auto della polizia. In Questura P. incontra, in un grosso salone, gran parte degli anarchici milanesi, fermati come lui per chiarire il proprio alibi. Entro 48 ore, limite massimo concesso dalla legge di allora per il “fermo di polizia”, i fermati vengono rilasciati, alcuni vengono spostati nel carcere di San Vittore. P. viene invece trattenuto in Questura aldilà del limite legale. Viene interrogato. Poi, intorno alla mezzanotte tra il 15 e il 16 dicembre, il suo corpo vola da una stanza dell’Ufficio Politico al quarto piano e si sfracella a terra.

Le prime contrastanti versioni della Polizia lasciano intendere che la verità non può essere quella ufficiale del “suicidio”. Muore a Milano all’Ospedale Fatebenefratelli nella notte tra il 15 e il 16 dicembre 1969. La vicenda politico-giudiziaria del suo assassinio, intrecciata con l’intera storia della strage di piazza Fontana, in particolare con il “caso Valpreda”, diventerà negli anni un vero e proprio boomerang per il Potere. I maldestri tentativi di mettere a tacere il tutto, culminati nella tesi del “malore attivo” proposta da una sentenza del giudice Gerardo D’Ambrosio, non faranno che evidenziare quella verità che non ha ancora trovato spazio nelle carte ufficiali. Decine saranno i libri, i filmati, le opere teatrali, le installazioni artistiche, le canzoni dedicate a P. e al suo assassinio, non solo in Italia. Ne citiamo qui solo due: la Morte accidentale di un anarchico del premio Nobel Dario Fo, e la gigantesca opera I funerali dell’anarchico Pinelli di Enrico Baj. (P. Finzi)

Fonti

Fonti: Centro studi libertari e Archivio “Giuseppe Pinelli” – Milano.

Bibliografia: Le bombe di Milano. Testimonianze di G. Pansa … [et al.], Parma 1970; Crocenera anarchica, Le bombe dei padroni, Catania 1970 (2 ed. 1989); La strage di Stato. Controinchiesta, Roma 1970; C. Cederna, Pinelli. Una finestra sulla strage, Milano, 1971; V. Nardella, Noi accusiamo!. Contro requisitoria per la strage di stato, Milano 1971; M. Sassano, Pinelli: un suicidio di Stato, Padova 1971; M. Sassano, La politica della strage, Padova 1972; M. Del Bosco, Da Pinelli a Valpreda, Roma 1972; L. Rognini, Una storia quasi soltanto mia, a cura di P. Scaramucci, Milano 1982; G. Boatti, Piazza Fontana. 12 dicembre 1969: il giorno dell’innocenza perduta, Milano 1993, ad indicem; Il malore attivo dell’anarchico Pinelli, Palermo 1996; L. Lanza, Bombe e segreti. Piazza Fontana 1969, Milano 1997; A. Bertolo et al., Pinelli. La diciassettesima vittima, Pisa 2006; G. Fuga, E. Maltinti, e' a finestra c'è la morti, Milano 2013.

Codice identificativo dell'istituzione responsabile

181

Note

Paternità e maternità: Alfredo e Rosa Malacarne

Bibliografia

2004

Oggetto

Iconografica

Persona

Collezione

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