PERRUCHON, Giovanni Pietro

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
PERRUCHON, Giovanni Pietro

Date di esistenza

Luogo di nascita
Arnaz
Data di nascita
December 18 1885
Luogo di morte
Veurey-Voroize

Biografia / Storia

Nasce a Arnaz (AO) il 18 dicembre 1885 da Lorenzo e Teotista Bonin, minatore, chauffeur. Approdato giovanissimo all’anarchismo, emigra negli usa nel 1911, insieme alla sua compagna Maria Rosa Joly, e si stabilisce a Smuggler (Colorado), dove fa il minatore e si collega ai gruppi anarchici antiorganizzatori. Contrario all’intervento italiano nel conflitto mondiale, scrive verso la fine del 1915 un “violentissimo” articolo su «La Questione sociale» di New York, intitolato: Guerra e civiltà, per invitare i sovversivi – secondo le autorità italiane – “alla rivoluzione e al delitto”. Il 10 dicembre 1915 un anarchico di Boccheggiano, Gioacchino Bianciardi, conferma a P. di aver ricevuto i pacchi di giornali, spediti dall’America al suo indirizzo di Piombino. Nell’estate del 1917 P. prende attivamente parte alle agitazioni dei minatori nell’Arizona e descrive, sulla «Cronaca sovversiva» di Lynn, la durezza della lotta e l’“ammirevole compattezza” degli scioperanti, sebbene una parte di essi aderiscano “alla I.W.W.”, altri siano affiliati “alla W.F.M.” e una parte non sia iscritta ad alcun sindacato. Più avanti P. segnala i primi dissidi causati dalla diversità di vedute tra le due organizzazioni (“L’I.W.W. fatta forte dalla più larga simpatia che sarebbe ingiusto non riconoscerle, chiede per tutti gli scioperanti sei scudi al giorno. La Western Federation mette tra le sue più impellenti domande la close shop, ch’è il sistema delle porte sprangate a chi non s’irregimenta e non si libretta. I minatori sono solidali con la prima quasi tutti…”), denuncia l’intervento intimidatorio dei soldati, mandati dal governatore dell’Arizona davanti alle miniere a difendere il “privilegio rapace”, sottolinea che “l’urto” tra i capi dell’iww e della wfm si sta facendo “più acuto” e che sarebbe una “disgrazia” se portasse alla divisione “fra gli schiavi della miniera”, condanna il criminale operato delle spie e dei detectives assoldati dai padroni e conclude osservando “che qui siamo alla mercè di due organizzazioni: una ci tradisce e l’altra ci inganna. Dalla padella sulla brace. Il sottoscritto non ha soverchie illusioni sulle organizzazioni e non spera gran che di buono da queste. Anzi abbiamo tante cose da temere. Ma ora non è il momento opportuno per le beghe. Non rompiamo le file. Stiamo uniti”. Il 6 settembre P. racconta che la parata in onore dei coscritti statunitensi, organizzata dai “pappatriottardi di Globe, in combutta con preti e imboscati”, è stata “un fiasco dei più grossi” e che i festeggiati “erano assenti… all’unanimità” e il 15 marzo 1918 viene arrestato a Miami e accusato di propaganda rivoluzionaria, perché nella sua abitazione sono stati sequestrati giornali e opuscoli sovversivi. Espulso dagli usa e deportato in Italia, arriva al porto di Napoli l’11 aprile 1920 e prosegue per Arnaz, dove fonda un Centro di studi sociali, denominato “Gruppo di emancipazione anarchica”, ed esercita una forte influenza sui giovani. Amico dell’anarchico Giuseppe Mariani, viene arrestato nel paese nativo il 12 aprile 1921, dopo la strage del “Diana”, e portato a Milano, ma il 5 giugno è prosciolto da qualunque accusa. Rientrato a Arnaz, emigra regolarmente in Francia nell’aprile 1923 e si stabilisce a Parigi, restandovi sino all’ottobre seguente, allorché è di nuovo a Arnaz. Nel 1925 parte per la capitale francese, dove fa l’autista, e il 10 luglio 1928 viene schedato dalla Prefettura aostana. Iscritto nella “Rubrica di frontiera” e nel «Bollettino delle ricerche», viene incluso fra gli attentatori nel 1933 e nel luglio 1934 fissa la residenza a Veurey–Voroise (Isère), insieme alla figlia Lotta. Nel febbraio del 1937 parte per Arnaz, dovendo definire una questione di eredità, ma viene fermato a Domodossola e sottoposto a una perquisizione, che ha esito negativo. Portato ad Aosta e interrogato, dichiara che “le idee che professavo un tempo, sono del tutto svanite dal mio cervello e che non desidero altro di vivere tranquillo e lavorare per la mia famiglia”. Rimesso in libertà, riparte per la Francia il 14 maggio, mentre sul suo fascicolo, conservato al CPC, viene stampigliata la dicitura: “Serv. Speciale” (successivamente cancellata) e viene scritto a matita: “Conosciuto”. Il 21 novembre 1938 il console italiano di Chambéry riferisce che la condotta di P. è “regolare” e che egli non frequenta gli “ambienti sovversivi” e il 2 novembre 1939 il prefetto di Aosta si rivolge al Ministero dell’Interno per chiedere se si debbano modificare le misure di perquisizione e segnalazione della “Rubrica di frontiera” e del «Bollettino delle ricerche» in quella più grave di arresto, “tenuto conto che il Perruchon è da ritenersi elemento molto pericoloso”. Depennato dall’elenco degli attentatori il 29 febbraio 1940, P. rimane in Francia dopo la seconda guerra mondiale e muore a Veurey-Voroize (Isère) il 13 settembre 1967. (F. Bucci - S. Carolini - G. Piermaria)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; J. Mascii, Pietro Perruchon, «L’Adunata dei refrattari», n. 21, 14 ott. 1967.

Codice identificativo dell'istituzione responsabile

181

Note

Paternità e maternità: Lorenzo e Teotista Bonin

Bibliografia

2004

Persona

Collezione

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