MORONI, Antonio
Tipologia Persona
Intestazione di autorità
- Intestazione
- MORONI, Antonio
Date di esistenza
- Luogo di nascita
- Milano
- Data di nascita
- August 17 1892
- Luogo di morte
- Milano
Biografia / Storia
- Nasce a Milano il 17 agosto 1892 da Alberto e Luigia Pozzi, tipografo. Dapprima socialista (“con spiccata tendenza antimilitarista”, secondo un appunto della Prefettura milanese in data 23 dicembre 1911), aderisce poi al movimento anarchico, svolgendo attività di base e di piccola propaganda. Per sottrarsi alla chiamata di leva fugge in Svizzera, dove rimane dai primi di agosto al tardo novembre del 1912, prima a Zurigo poi a Ginevra, e dove – riporta una segnalazione di Pubblica Sicurezza - frequenta “i più noti ritrovi degli anarchici”. Tornato in Italia, nel dicembre del 1912 viene arruolato nel 40° Reggimento di fanteria di stanza a Napoli. Ha così inizio la disavventura che farà di M. il principale simbolo – insieme ad Augusto Masetti – della battaglia antimilitarista. Dalla caserma di Napoli, infatti, l’anarchico milanese scrive un’accorata lettera al fratello Paolo, lamentandosi del durissimo e iniquo trattamento riservatogli dai superiori a motivo del suo credo politico. La lettera viene pubblicata dall’«Avanti!» del 23 dicembre e costa all’autore un’incriminazione per “diffamazione dell’Autorità Militare e del Regio Esercito”. Prosciolto dall’accusa di diffamazione con sentenza del Tribunale di Cagliari del 27 aprile 1913, viene però tradotto alla compagnia di disciplina di San Leo di Romagna, in provincia di Pesaro. Da San Leo, M. spedisce numerose altre lettere di denuncia, regolarmente pubblicate dalla stampa “sovversiva” (soprattutto «L’Internazionale», «Volontà» e «Rompete le File!»). Nel frattempo, su iniziativa di Maria Rygier e del gruppo bolognese del «Rompete le File!», il suo nome è stato associato, accanto a quello di Augusto Masetti, alla campagna antimilitarista, campagna da cui scaturirà la settimana rossa. Congedato da San Leo alla fine di giugno del 1914 e rientrato a Milano, M. viene accolto come un eroe. Nel luglio entra a far parte del Comitato nazionale contro le compagnie di disciplina, mostrandosi altresì assiduo frequentatore sia del Fascio libertario sia dell’Unione sindacale milanese. È dunque grande lo stupore allorché il «Il Popolo d’Italia» riporta una nuova lettera di M. al fratello, in cui l’ex proscritto annuncia di essersi arruolato nei volontari di Peppino Garibaldi impegnati nelle Argonne (Antonio Moroni volontario garibaldino, 19 gen. 1915; anche in «L’Internazionale», 23 gen. 1915). M. segue dunque la sua “madrina”, Maria Rygier, nella svolta interventista, per motivi che affondano le radici in certa cultura herveista e soreliana, nelle mai del tutto sopite suggestioni della camicia rossa, nonché nell’orgasmo e nella confusione del momento. Le reazioni in campo anarchico sono un misto di meraviglia e di ovvio risentimento. “Non è ancora spenta l’eco dolorosa dei luttuosi fatti della settimana rossa – scrive Pulcino su «L’Avvenire Anarchico del 28 gennaio 1918 in un articolo significativamente intitolato Moroni l’ingrato – che l’ex antimilitarista Antonio Moroni, per cui la stampa sovversiva sentì il bisogno di insorgere […] allo scopo di sottrarlo alle torture della compagnia di disciplina, tutto dimenticando ha indossato la veste del volontario garibaldino”. Sciolta la legione garibaldina M. si trattiene per qualche tempo a Lione, quindi, all’inizio di maggio del 1915, fa ritorno a Milano. Richiamato alle armi nel luglio, combatte valorosamente, venendo più volte ferito. Nel dopoguerra aderisce al fascismo, prendendo la tessera del pnf nel 1922 ed entrando a lavorare come tipografo a «Il Popolo d’Italia». Alla fine del 1928 - stando a quanto rivela il figlio Alberto in una sua biografia – M., deluso dall’involuzione reazionaria del regime, rinuncia alla tessera del partito in segno di protesta contro i Patti lateranensi, e solo l’amicizia di Arnaldo Mussolini ne impedisce il licenziamento dal giornale. Nel 1934 viene comunque radiato dal registro dei “sovversivi” (una proposta in questo senso era già stata inoltrata dalla Prefettura di Milano al Ministero degli Interni il 31 maggio 1926, con esito negativo), ma le sue riserve nei confronti del fascismo non vengono meno. A partire dal 1936 avvia anzi una collaborazione con il settimanale parigino «Il Merlo Giallo» (che ospita numerosi esuli ex fascisti, tra i quali Massimo Rocca), criticandovi a più riprese la politica sindacale fascista, sempre più asservita agli interessi padronali. Nel maggio del 1939 vengono infine rinvenuti, in vari punti di Milano (tra cui la Casa del fascio), dei manifestini “antigovernativi” inneggianti all’interventismo rivoluzionario di Corridoni e Cipriani. Le indagini conducono a M., che ha in effetti stampato i manifestini nella tipografia de «Il Popolo d’Italia». Nel testo in questione, intitolato 24 maggio 1915-24 maggio 1939. Contro il patto infame e firmato “Gli interventisti rivoluzionari delle Argonne” (sono della partita, con M., Valentino Rovida e Enrico Brambilla), si accusa il fascismo, sorto dal movimento interventista, di avere ormai da tempo tradito le proprie origini rivoluzionarie, conducendo il Paese alla rovina, complice anche la letale e innaturale alleanza con la Germania hitleriana. Questa volta M. è immediatamente licenziato da «Il Popolo d’Italia», senza tuttavia subire altre conseguenze (pare – racconta ancora il figlio – per intercessione dello stesso duce). Nell’agosto del 1941 viene però condannato, insieme al figlio Alberto, a cinque anni di confino alle isole Tremiti, “per avere stampato manifesti anarchici”, in realtà dei volantini contenenti una canzonetta satirica contro il fascismo. Beneficia di un’amnistia concessa per il ventennale della marcia su Roma e può rientrare a Milano. Si trasferisce quindi a Mombello (MI), trovando impiego presso il locale ospedale psichiatrico. Alla fine della guerra riallaccia i contatti con gli ambienti anarchici milanesi, occupandosi di organizzazione sindacale e scrivendo regolarmente per il settimanale meneghino «Il Libertario», diretto da Mario Mantovani. In una segnalazione della Questura milanese dell’11 giugno 1949 viene indicato come iscritto alla Federazione anarchica di Milano, “senza tuttavia essere uno degli elementi più in vista”. Muore a Milano il 21 o 22 dicembre 1971. (A. Luparini)
Fonti
- Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen.
Bibliografia: L. Lotti, La settimana rossa, Firenze 1965, passim; G. Cerrito, L’antimilitarismo anarchico in Italia nel primo ventennio del secolo, Pistoia 1968, ad indicem; Santarelli, ad indicem; G. Cerrito, Dall’insurrezionalismo alla settimana rossa. Per una storia dell’anarchismo in Italia (1881-1914), Firenze 1977, ad indicem; A. Moroni, Antonio Moroni. Una vita controversa dall’inizio del secolo al secondo dopoguerra, Milano 1998; A. Luparini, Anarchici di Mussolini. Dalla sinistra al fascismo dalla rivoluzione al revisionismo, Montespertoli 2001, ad indicem.
Codice identificativo dell'istituzione responsabile
- 181
Note
- Paternità e maternità: Alberto e Luigia Pozzi
Bibliografia
- 2004