PEDRINI, Adelmo

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
PEDRINI, Adelmo

Date di esistenza

Luogo di nascita
Minerbio
Data di nascita
11/08/1888
Luogo di morte
Bologna

Attività e/o professione

Qualifica
Impiegato

Nazionalità

Italiana

Biografia / Storia

Nasce a Minerbio (BO) l’11 agosto 1888, da Giulio e Adelaide Barigazzi, bracciante. Aderisce giovanissimo al PSI, per passare al movimento libertario nei primi anni del Novecento. Trasferitosi a Bologna, pare nel 1908, entra a far parte del gruppo anarchico che fa capo ad Armando Borghi e nel 1909 è eletto vice segretario provinciale della lega dei braccianti e, poco dopo, segretario. Quella dei braccianti era la categoria più numerosa e attiva sindacalmente.

Nel 1910 è schedato dalla polizia. Nel 1911 è arrestato perché accusato di avere fatto parte di un gruppo che ha messo una bomba in via S. Isaia, ma viene prosciolto. Nel 1912 è eletto segretario della CdL di Cerignola (FG) e poi di quella di Mirandola (MO). Tornato a Bologna, dopo l’uscita dell’ala socialista dalla CdL, diviene uno dei principali dirigenti della Vecchia CdL. Negli anni della guerra è interventista e rompe con il movimento anarchico bolognese, e con Borghi in particolare. Esce pure da tutti gli organismi sindacali provinciali e nazionali. Per quanto riformato, parte volontario ed è utilizzato dal governo per tenere conferenze o scrivere articoli sui giornali a favore del conflitto. Insieme con Ettore Cuzzani – tra i due è in atto un sodalizio politico che dura da anni e proseguirà anche dopo – è inviato in usa per un giro di conferenze.

Nel 1918, sempre con Cuzzani, promuove la sezione bolognese dell’UIL, l’organizzazione sindacale alla quale aderiscono gli anarchici interventisti e gli anarco-sindacalisti. Il 9 aprile 1919 interviene alla riunione per la costituzione della sezione bolognese del Fascio di combattimento. Ne diviene un dirigente e fa parte della giunta provinciale e della commissione stampa. All’interno del Fascio, aderisce alla sinistra democratica, schierata su una posizione antimussoliniana. Lascia il Fascio poco dopo, insieme con altri “fondatori”, quando Leandro Arpinati imprime all’organismo una sterzata a destra e antiproletaria.

Nel 1920 promuove, con altri, la nascita del periodico «La Rivoluzione», organo dell’uil e, nello stesso anno, prende parte alla sedizione fiumana. Dopo la fine dell’avventura dannunziana, è eletto nel Comitato centrale dell’Associazione dei legionari fiumani. In quegli anni rompe gli ultimi rapporti che ancora mantiene con il movimento anarchico – pur considerandosi sempre un militante – e la polizia nella sua scheda annota: “Non è pertanto da ritenersi pericoloso”. Torna ad essere pericoloso qualche anno dopo quando esce dal Fascio e milita nel campo antifascista.

Per sottrarsi alle persecuzioni cui è sottoposto, nel 1923 emigra in Francia e si reca a Tolosa, dove si trova Cuzzani. A causa dei trascorsi politici – che non rinnega – non riesce a stabilire buoni rapporti con i partiti antifascisti e con il PSI in particolare, nel quale vuole rientrare. Diviene dirigente della LIDU e pare che s’iscriva alla SFIO (il Partito socialista francese). Collabora con numerose note al periodico antifascista «Il Mezzogiorno» di Tolosa. Per questa sua attività, con decreto del 30 settembre 1926, n.1.748, è privato della cittadinanza italiana e condannato alla confisca dei beni, perché responsabile della “campagna antinazionale” condotta, con articoli e conferenze, contro il regime fascista. Il grave provvedimento è revocato nel 1932, anche se, contemporaneamente, Pedrini è classificato come possibile attentatore e nei suoi confronti è emesso un ordine di cattura, nell’eventualità di un suo rimpatrio.

Nel 1936 si reca in Spagna e si arruola nelle formazioni anarchiche che combattono contro il franchismo. Rientra in Francia nel 1939 e ottiene la cittadinanza francese, per cui la polizia italiana riceve l’ordine di respingerlo, se si presenta alla frontiera per rimpatriare. È internato nel campo di Vernet d’Ariège e il 9 novembre 1942 viene catturato dalla Gestapo e deportato nei lager di sterminio di Dachau e Mauthausen. Uscito vivo dai lager, anche se irrimediabilmente minato nel corpo, torna in Francia e nel 1946 rimpatria. Si stabilisce a Bologna e qui muore nel 1947. (N.S. Onofri)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; Arolsen Archives. https://arolsen-archives.org, ad nomen.

Bibliografia: La Spagna nei nostri cuori 1936-1939. Tre anni di storia da non dimenticare, Roma, AICVAS, 1996, p. 351; Il libro dei deportati, ricerca del Dipartimento di storia dell’Università di Torino diretta da B. Mantelli e N. Tranfaglia, promossa da ANED Associazione nazionale ex deportati, Milano, Mursia, 2009, Vol. 1, tomi 1-3, p. 1618; F. Bertolucci, Gli anarchici italiani deportati in Germania durante il Secondo conflitto mondiale, «A : rivista anarchica», aprile 2017, pp. 63-98.

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