PECCIANTI, Alfredo

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
PECCIANTI, Alfredo

Date di esistenza

Luogo di nascita
Grosseto
Data di nascita
August 22 1883

Biografia / Storia

Nasce a Grosseto il 22 agosto 1883 da Federigo e Caterina Borgoni, incisore. Militante anarchico, invia nel luglio 1907 una sottoscrizione a «Il libertario» di La Spezia, insieme agli anarchici orbetellani Antonio e Umberto Valeri, Francesco Lubrano, Luigi Pesci ed Ettore Ercole. Trasferitosi successivamente a Lucca, si propone di pubblicare un foglio, intitolato: «L’Aspirazione», che non vedrà mai la luce. Animatore del gruppo anarchico lucchese, racconta nel febbraio 1911, su «L’Avvenire anarchico» di Pisa, la storia di una donna, arrestata a Charley perché era troppo povera per mandare i figli a scuola e bruciata viva in carcere insieme al pagliericcio: “Ecco un altro delitto infame, aggiunto ai tanti, commesso codardamente per volere dei governi, in forza di leggi assurde vili e ipocrite...” In marzo muove aspre critiche a Leonida Bissolati, che si è fatto ricevere dal re: l’“ultima parabola è finalmente compiuta. Abbia avuto l’epilogo della non andata al potere o no, il partito socialista con i suoi uomini è di fatto entrato nell’ordine monarchico”. E al PSI, che cerca di circoscrivere il fatto a iniziativa personale, P. replica: “Non è vero. Tutta la sua [di Bissolati, ndr] opera nefasta fin qui, dimostra il contrario. Esso ebbe una forza innumere aggiogata a sé, e non volle sapersene valere. L’entusiasmo delle folle, pieno di speranza e di ardimenti per opera sua divenne scetticismo e indifferenza. Non volle energie operanti, ma forze inattive... Il partito socialista ormai non è che un cadavere, e cercare di galvanizzarlo è speranza vana e stolta. Di dedizione in dedizione per la via della rinunzia, se non del tradimento è giunto all’ultima vigliaccheria, a danno di chi ebbe la mala ventura di avere la minima fede in esso… A Bissolati dovevasi subito contestarsi il diritto di professarsi socialista e come tale avendo offeso sanguinosamente la dignità del partito dovevasi inchiodare alla gogna, additarlo all’ignominia e al disprezzo... Tutto questo non è avvenuto e ciò è la dimostrazione più persuasiva che al partito socialista devesi negare azione e vita”. In aprile P. ritorna sull’argomento, osservando che il PSI e il suo gruppo parlamentare hanno difeso “a tutt’uomo” Bissolati, il quale, a nome del partito, ha fatto, nel recente dibattito parlamentare, l’apologia “sfacciata” di Giolitti: “I socialisti vogliono il suffragio universale per questa pillola odorosa che loro vogliono far passare come il tocca sana a tutti i mali e i disagi che gravano sulle classi non abbienti...” Il 5 novembre 1911 P. viene denunciato per aver scritto sui muri di Lucca frasi inneggianti a Bresci, nel 1912 si abbona al «Germinal» di Ancona e nel 1913 invia una lettera a Domenico Zavattero, che appare sul giornale «Barricata»: “Carissimo Domenico, non sono feticista e mai ho sentito idolatria per nessuno, a differenza della maggioranza degli altri anarchici, che come folla beota, religiosa qualsiasi, si crea idoli e li pone sugli altari, negando così la loro ragione di essere. L’anarchia deve integrarsi nel suo io cosciente, se è una forza, e se nel suo cervello passa limpido il pensiero forse del più puro raziocinio, altrimenti non è che un’appendice, una povera cosa, destinata ad essere buttata...” Contrario all’intervento italiano, P. scrive il 15 ottobre 1914 che la guerra è un’“accozzaglia innumere d’uomini, divenuti bruti, selvaggi, scagliantesi felinamente gli uni contro gli altri, uccidendosi, massacrandosi, distruggendo ogni cosa al loro passaggio. Uomini che forse lottarono per il trionfo d’idee novatrici, vengono travolti dalla barbarie che annienta in loro ogni più nobile aspirazione. La guerra è l’insulto, più violento, alla civiltà, alla scienza, per la quale ingegni eletti, sacrificarono la vita loro, essa non apporta, no, beneficio alcuno, in qualsiasi maniera si giustifichi, se non al regime monarchico, borghese, imperialista, nostro eterno nemico… Abbasso la guerra, noi che vogliamo la ricchezza, il lavoro, l’evoluzione della mente e del cuore, verso un qualcosa di più eletto, al di là e al di sopra di confini, senza frontiere, senza ostile sentimento di razza. Il francese, l’inglese, il teutonico, così l’austriaco e l’italiano, se non completa affinità di sentimenti, esiste fra loro, questi possono conciliarsi, insegnarsi, quando la grande idea dell’Internazionale sia radicata nel loro io, quando non più giogo di governo li opprima, quando non più imperatori e re instillino nelle loro menti l’odio di razza, fomentato con le più infami arti, a profitto dei loro diretti istinti belvinei...” Cautamente vigilato dopo l’ascesa del fascismo, non rinnega le proprie idee, come conferma, il 10 febbraio 1941, la Prefettura di Lucca, e l’11 settembre 1943 è ancora sorvegliato. S’ignorano data e luogo di morte. (F. Bucci, R. Bugiani, M. Lenzerini)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen.

Bibliografia: G. Sacchetti, Sovversivi in Toscana (1900 - 1919), Todi 1983, p. 68. 

Codice identificativo dell'istituzione responsabile

181

Note

Paternità e maternità: Federigo e Caterina Borgoni

Bibliografia

2004

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