PASSANNANTE, Giovanni
Tipologia Persona
Intestazione di autorità
- Intestazione
- PASSANNANTE, Giovanni
Date di esistenza
- Luogo di nascita
- Savoia di Lucania
- Data di nascita
- February 19 1849
- Luogo di morte
- Montelupo Fiorentino
Biografia / Storia
- Nasce a Salvia (PZ) il 19 febbraio 1849 da Pasquale e Maria Fiore, cuoco. Conosce il lavoro da ragazzino, servendo presso diverse famiglie benestanti. Nel maggio 1870, sorpreso ad affiggere sui muri di Salerno manifesti repubblicani che inneggiano a Giuseppe Mazzini e a Giuseppe Garibaldi e che esprimono solidarietà alla rivolta repubblicana scoppiata a Maida (CZ), viene arrestato con l’accusa di “cospirazione onde distruggere la forma del governo e proclamare la Repubblica”. Ottenuta la libertà provvisoria, il reato viene amnistiato il 9 ottobre 1870. Nel 1877 lavora come cuoco presso la fabbrica degli Svizzeri a Salerno. Dopo essersi licenziato, apre “La trattoria del Popolo”, dove fa mangiare gratuitamente i compagni. Trasferitosi successivamente a Napoli, la mattina del 17 novembre 1878, appresa la notizia che il re d’Italia Umberto I e la sua consorte regina Margherita stanno per giungere nella città partenopea, decide di vendere la sua giacca ad una bancarella di panni vecchi e di comprare, col ricavato, un coltello, che nasconde in una stoffa rossa sulla quale scrive: “Viva la Repubblica Universale”. Si reca dunque in via Carriera Grande, per attendere l’arrivo del convoglio sabaudo. Al passaggio della carrozza reale, vi salta sopra e tenta di pugnalare il sovrano. La coltellata provoca al re solo una piccola e insignificante ferita e colpisce, invece, una gamba del presidente del Consiglio Benedetto Cairoli, al quale la regina grida: “Cairoli salvi il re!”. L’attentato causa la caduta del governo Cairoli. Arrestato e tratto in carcere, P. viene torturato allo scopo di fargli confessare i nomi di eventuali complici: l’attentato, però, è una azione esclusivamente individuale. Il sindaco di Salvia si reca a Napoli per porgere al re e alla corte le scuse del paese per aver dato i natali al regicida. Al sindaco - per punizione - viene ordinato di cambiare il nome del paese in Savoia di Lucania. Ancora oggi Salvia porta questo nome, che non è stato, tuttavia, mai accettato dagli abitanti del paese, i quali ancora oggi si definiscono salviani. I famigliari di P. vengono rinchiusi in manicomio, e le autorità sperano che il regicida venga dichiarato pazzo. Tuttavia la commissione incaricata di redigere una perizia sullo stato mentale dell’attentatore, della quale fanno parte i cinque maggiori esperti a livello nazionale, lo dichiara sano di mente e di grande intelligenza. P. viene perciò processato il 6 e il 7 marzo del 1879, difeso dall’avvocato Leopoldo Tarantini. Dopo solo dieci minuti di camera di consiglio, viene condannato alla pena di morte, alla perdita dei diritti civili e alle spese del procedimento. Il 21 marzo l’avvocato difensore ricorre in Cassazione contro la condanna a morte, denunziando alcune violazioni di legge: il ricorso viene rigettato il 28 marzo. La mattina del 29 marzo Passannante scrive una lettera al re in cui dichiara di essere “molto disubbidiente” e sempre suo “nemico”. Quello stesso giorno il re, convintosi della sproporzione della pena, gli commuta la pena capitale nell’ergastolo. P. viene così trasferito nel penitenziario di Portoferraio, nell’isola d’Elba, dove viene “sepolto vivo” in una cella buia, costruita sotto il livello del mare. Viene costretto a portare le catene ai piedi e una palla di piombo di 18 chilogrammi: è una pena certo peggiore della morte, e dopo poco tempo il condannato è ridotto ad una larva. Nel 1888 l’on. Agostino Bertani denunzia la persecuzione carceraria contro P., e si pensa anche di candidarlo al Parlamento, ma questa ipotesi non si concretizza per l’opposizione di Andrea Costa. Per non far scoppiare uno scandalo politico, il condannato viene trasferito nel manicomio criminale di Montelupo Fiorentino, dove muore il 14 febbraio 1910, sopravvivendo così al re, che dieci anni prima era stato “giustiziato” da Gaetano Bresci. Il regime volle infierire sul cadavere di P.: il suo corpo viene decapitato e ancora oggi il suo cranio e il suo cervello sono esposti nel Museo Criminologico “Altavista” di Roma. (G. Galzerano)
Fonti
- Fonti: Archivio dello Stato - Napoli, Gabinetto di Prefettura, f. 64 e Prefettura di Napoli, Gabinetto, f. 423; Archivio dello Stato - Salerno, Gabinetto di prefettura, f. 634.
Bibliografia: C. Delle Donne, Il cuoco di Basilicata ovvero Giovanni Passannante, Sarno, 1879; L. Galleani, Giovanni Passannante, «Cronaca Sovversiva», 26 febbraio 1910; G. Galzerano, Giovanni Passannate. La vita, l’attentato, il processo, la condanna a morte, la grazia ‘regale’ e gli anni di galera del cuoco lucano che nel 1878 ruppe l’incantesimo monarchico, Casalvelino Scalo 1997; Mentana [L. Galleani], Giovanni Passannante e l’attentato a Umberto I in carriera Grande. Napoli 17 novembre 1878», in «Faccia a faccia col nemico. Cronache giudiziarie dell’anarchismo militante, Lynn (Mass.) 1914; G. Galzerano, Giovanni Passannante. La vita, l’attentato, il processo, la condanna a morte, la grazia “regale” e gli anni di galera del cuoco lucano che nel 1878 ruppe l’incantesimo monarchico, Casalvelino Scalo (Sa) 1997.
Codice identificativo dell'istituzione responsabile
- 181
Note
- Paternità e maternità: Pasquale e Maria Fiore
Bibliografia
- 2004