PAPINI, Giuseppe
Tipologia Persona
Intestazione di autorità
- Intestazione
- PAPINI, Giuseppe
Date di esistenza
- Luogo di nascita
- Treviglio
- Data di nascita
- March 10 1880
- Luogo di morte
- Treviglio
Biografia / Storia
- Nasce a Treviglio (BG) il 10 marzo 1880 da Angelo e Carolina Conforti, tramviere. Di famiglia contadina, P. frequenta le scuole elementari, per il resto la sua è cultura da autodidatta. Fin da giovane, benché contrastato dalla famiglia, P. legge giornali ed opuscoli “sovversivi”, formandosi una coscienza sociale e politica che lo porta a aderire al movimento socialista su posizioni massimaliste e libertarie, in particolare nell’ambito del sindacalismo rivoluzionario. Dopo vari lavori, è conduttore di tram per la Società Tramways Interprovinciali, a Treviglio, Monza, Bergamo. A Treviglio promuove la costituzione di leghe operaie: nel 1898 quella dei muratori, in seguito tramvieri, contadini, calzolai. Nel gennaio 1909 è nel comitato esecutivo del Circolo socialista “Scalarini”, da lui fondato mentre la moglie gestisce un’osteria che diventa non solo ritrovo per i militanti socialisti locali, ma un luogo dove P. svolge propaganda sindacalista. Nel luglio 1909 le maestranze del bottonificio Fossati, in agitazione per la revoca degli aumenti salariali decisa dalla proprietà, indicano in P. il proprio rappresentante sindacale. Sempre a Treviglio fa parte del gruppo anticlericale e antimilitarista “Ferrer”. Il 12 settembre 1909 presiede il comizio tenuto a Bergamo per festeggiare il vessillo ufficiale della CdL. Dal 18 ottobre 1911 si trasferisce a Bergamo, mentre nel febbraio 1912, dopo il sequestro della rivista bolognese «L’Agitatore», risulta abbonato al giornale. Con la ripresa della conflittualità operaia nel bergamasco, nel febbraio 1913 si costituisce un Comitato di propaganda e azione sindacale per la ricostituzione della CdL di Bergamo, in crisi organizzativa dal 1910 e in faticosa ripresa nel 1911. Del Comitato, insieme a A. Caglioni, A. Piccinini, A. Rocchi, sindacalisti rivoluzionari in netta polemica con PSI e CGL, fa parte anche P., che propone di avanzare al Comune di Bergamo la richiesta, formalizzata nel maggio successivo, di un locale da adibire a CdL. La ricostituzione della CdL è voluta da socialisti e sindacalisti, tra i quali però è dura la polemica intorno alla questione dello sciopero generale: l’11 novembre 1913 P., in un comizio a Bergamo in solidarietà con gli scioperanti di Milano, sostiene la necessità dell’azione sindacale e la valenza rivoluzionaria dello sciopero generale. Dall’autunno 1913 il Comitato di propaganda e lo stesso P. aderiscono ufficialmente all’USI: pur facendo parte delle leghe operaie di Treviglio dei muratori e dei tagliapietre, P. aderisce all’USI a titolo personale, perché i soci delle due leghe trevigliesi sono riformisti. Diverso il caso della sezione del sindacato ferrovieri italiani di Bergamo, di cui P. è segretario: l’adesione all’USI, in questo caso, è compatta. La notizia dei fatti di Ancona del giugno 1914 riavvicina i militanti dell’USI e del PSI bergamasco con l’adesione allo sciopero generale, e P. tiene numerosi comizi antimilitaristi. In agosto, in rappresentanza dei ferrovieri entra in un Comitato operaio istituito per rendere sempre più operativa l’unità d’azione sindacale. Alla fine di dicembre 1914 si ricostituisce la CdL di Bergamo, che riprende ufficialmente le proprie attività nel gennaio 1915 e P., oltre a far parte della Commissione di propaganda insieme al fornaio anarchico Luigi Marcassoli e all’operaio metallurgico Merenda, è segretario del Consiglio generale camerale. Licenziato nel corso del 1913 dall’azienda tramviaria a causa del suo impegno politico e sindacale, lavora per qualche tempo in un saponificio di Bergamo, fino a quando, nell’agosto 1915, viene richiamato sotto le armi a Nettuno (RM) con il grado di sergente di artiglieria antiaerea. Durante il periodo militare viene promosso maresciallo e proposto per la nomina a sottotenente, non accolta per i suoi precedenti politici e sindacali. Nel primo dopoguerra riprende l’attività sindacale nella CdL, dove è segretario della sezione lavoratori della terra. In ottemperanza al concordato nazionale firmato a Roma il 27 settembre 1919 sui minimi salariali, il 5 ottobre con la mediazione della prefettura a Bergamo viene firmato l’accordo tra industriali e sindacati metallurgici, che prevede anche l’istituzione di una Commissione arbitrale paritetica per i casi di licenziamento, della quale fa parte anche P. Dopo il convegno nazionale straordinario della FIOM a Firenze del 9-10 novembre , dove i delegati torinesi ottengono il riconoscimento del ruolo dei consigli di fabbrica come rappresentanza operaia sorta nella lotta della Fiat, P. pubblica nel n. del 22 novembre de «La Fiaccola», organo della CdL di Bergamo, un articolo su significato e scopo dei consigli operai. Sulla stessa rivista pubblica CdL numerosi articoli, sia di carattere generale che di carattere locale. È attento all’esperienza italiana dei consigli operai sullo sfondo di quella dei soviet, sul cui modello insurrezionale intende la preparazione dello sciopero generale. Nel corso del 1920 sostiene gli operai cementisti della ditta Ing. Ghislandi di Bergamo scesi in sciopero, e gli operai addetti ai lavori per l’impianto idroelettrico del Gleno nell’alta Val Seriana (BG): per quest’ultima vertenza è arrestato dai carabinieri il 26 maggio e poi rilasciato. È propagandista della CdL nell’area della bassa bergamasca intorno a Treviglio, in particolare nel corso del 1920. La fine del Biennio rosso, l’inizio delle violenze squadriste e l’avvento del fascismo al potere costringono il movimento operaio al ripiegamento. Nel corso del 1922 P. viene aggredito due volte dai fascisti: il 25 settembre, a Caravaggio, come ritorsione per un articolo di P. sulla rivista «Azione Proletaria», organo della CdL di Bergamo, e il 13 ottobre a Bergamo, bastonato insieme all’avvocato socialista Enrico Petrò. Un terzo tentativo di aggressione avviene a Treviglio nel gennaio 1923. Per sottrarsi alla violenza fascista, dal marzo 1923 è costretto a cercar lavoro a Milano, dove diviene membro aggiunto della giunta esecutiva USI. A Milano lavora come operaio presso una fabbrica di grassi, fattorino presso lo studio del deputato repubblicano Eugenio Chiesa, impiegato presso l’Azienda Consorziale dei Consumi; costituisce ed è segretario di un Comitato “Profilius” per assistere i figli dei carcerati politici. Chiesto inutilmente il passaporto alla Prefettura di Bergamo, nel novembre 1924 si reca clandestinamente la Francia. A Parigi per conto dell’USI si incontra con gli anarchici Giovanni Dettori e Alberto Meschi e con il sindacalista rivoluzionario Vittorio Masserotti, segretario della Fédération Nationale des Travailleurs de l’Industrie et du Batiment (FNTIB) di Parigi, nonché componente del Comitato pro vittime politiche e del Comitato d’emigrazione dell’USI in Francia. Da Masserotti riceve denaro per il Comitato per l’assistenza ai figli dei carcerati politici. Il 12 dicembre 1924 il Consolato italiano di Parigi gli rilascia il passaporto per il rientro in Italia. Dopo aver ricevuto un sussidio dalla FNTIB, il 18 dicembre 1924 P. ritorna in Italia in treno, e al valico di Domodossola viene arrestato. Perquisito, viene trovato in possesso di una somma destinata al segretario amministrativo del “Profilius” Giovanni Cassinelli, aderente alla UAI di Milano. P. ha con sé anche alcune lettere, dei giornali sovversivi, indirizzi e 23 copie dell’opuscolo Sempre! Sprazzi di luce sulle lotte rivoluzionarie in Italia, sulle attività dell’USI in Italia e all’estero e sulle persecuzioni politiche operate dal regime fascista. Gli vengono sequestrate anche alcune note manoscritte in francese (in realtà verbali sulle deliberazioni di riunioni della stessa FNTIB di Parigi) consegnategli da Masserotti e che intendeva pubblicarli sulla rivista mensile dell’USI «Rassegna sindacale». Portato a Milano e nuovamente interrogato, il 20 dicembre 1924 gli agenti di Pubblica sicurezza perquisiscono la sua casa di Treviglio, dove vengono rinvenuti e sequestrati giornali sovversivi e opuscoli sindacalisti. Da Milano viene tradotto a Treviglio e liberato il 17 gennaio 1925. Stabilitosi presso la famiglia, è costantemente sorvegliato, e si reca tutti i giorni a Milano dove ha ripreso il suo lavoro presso l’Azienda Consorziale dei Consumi, mentre il Comitato “Profilius” viene sciolto. Tuttavia, in febbraio riesce a far pervenire del denaro a Lerici ai parenti di oppositori politici detenuti. Nel novembre 1926 la famiglia di P. si trasferisce a sua volta a Milano. Negli stessi giorni il sottoprefetto di Treviglio lo propone per l’ammonizione, mentre il comandante dei carabinieri di Treviglio lo propone per il confino di polizia. Il 12 marzo 1927 P. viene arrestato a Milano perché, su informazione confidenziale, viene sorpreso dalla polizia fascista in una riunione segreta con anarchici, comunisti e repubblicani, per ricostituire un Comitato di difesa proletaria per aiutare le famiglie dei carcerati politici e fornire ai compagni colpiti da mandato di cattura o perseguitati da fascismo e polizia i mezzi per espatriare. Tutti gli arrestati vengono denunciati al Tribunale speciale, il quale, con il 26 maggio 1928, condanna P. a 10 anni di reclusione, alla interdizione perpetua dai pubblici uffici e a tre anni di vigilanza speciale di Pubblica sicurezza. Oltre a P., anche gli altri arrestati vengono condannati a pesanti pene detentive: il giardiniere anarcosindacalista Vito Bellaveduta (10 anni); lo scultore comunista Osvaldo Benci (20 anni) come principale responsabile del gruppo clandestino; Giovanni Farina (10 anni); l’oste repubblicano Anselmo Galassi (cinque anni); l’operaio meccanico comunista Giuseppe Gervasio (due anni e sei mesi); l’operaio meccanico anarchico e in seguito comunista Nicola Modugno (15 anni). Al termine del processo P. viene rinchiuso nel carcere di Pallanza. In seguito a ciò, la figlia maggiore di P., di 23 anni, si suicida. Il 7 agosto 1928 il figlio Libero scrive a Mussolini chiedendo una riduzione di pena per il padre, del quale dice che “fu sempre, per quanto convinto, di quei socialisti nostrani che vedevano tutto roseo, e che, certamente di testa un po’ ammalata, non hanno saputo comprendere che i tempi si erano cambiati”. Il 29 agosto il Ministero degli Interni si rivolge alla Prefettura di Milano per avere un parere in proposito, questa risponde il 19 settembre con parere negativo alla riduzione di pena. Il 23 marzo 1929 anche la madre di P. scrive a Mussolini chiedendo la grazia per il figlio, “traviato e sedotto da false dottrine”, ma anche tale richiesta non è accolta. La madre di P. muore a Treviglio il 9 luglio 1930, e le sorelle di P. si rivolgono a Mussolini perché gli conceda il permesso di recarsi al funerale, ma il permesso non viene accordato. Nel luglio 1931, proveniente da Regina Coeli, giunge a Pallanza anche Ernesto Rossi, e i due stringono un intenso rapporto di amicizia e stima. Scrivendo alla moglie da Pallanza il 28 settembre 1931, Rossi parla dell’anarchico trevigliese come di un uomo che sta sempre solo per poter studiare di più, che da autodidatta ha studiato matematica, contabilità, ragioneria, ha imparato molto bene francese e inglese e sta studiando il tedesco: “È veramente un buon diavolo: è quattro anni che è dentro e credo ne debba fare altrettanti, e il suo piatto straordinario è la cipolla cruda, che altro non si può permettere, ma è sempre allegro come ho visto ben poche persone”. Il 5 ottobre 1931 Rossi scrive: “Sembra un grosso frate zoccolante: la testa grossa, pelata, le sopracciglie come due accenti circonflessi, appena accennati, in alto, in alto, un nasone e due occhietti piccoli come quelli dell’elefante, che quasi scompaiono in una fitta rete di rughettine quando appena sorride, mostrando i denti a dadi staccati come si fanno in una zucca col coltello. È stato contadino, ferroviere, facchino, organizzatore, ma ha una cultura più che discreta. Conosce anche Dante meglio di parecchi nostri universitari. […] Credo abbia cominciato a fare il sovversivo da quando era lattante. Non mi sembra che abbia idee molto chiare sulle possibilità di riformare la società in modo che possa meglio corrispondere ai suoi ideali di giustizia e libertà, ma ha un cuore grande come uno Zeppelin ed è molto tollerante. E questo è il più”. Il rapporto di amicizia tra Rossi e P. ha anche una forte connotazione intellettuale, ma spesso ciò accade più a beneficio di Rossi che di P., dato che, grazie alle competenze linguistiche dell’anarchico trevigliese, Rossi può leggere un paio di pagine al giorno, in lingua originale, delle opere di Ricardo, The Works of David Ricardo (a cura di J.R. Mc Culloch, London 1881), tanto da arrivare ad averne tradotte, prima del trasferimento, circa 80 pagine. Leggono e discutono il libro di Nicola Spinelli, Lezioni di terminologia economica e finanziaria inglese (Torino 1931), progettando lavori editoriali in materia economica da realizzare insieme. Il 23 novembre 1931, giorno prima del trasferimento di Rossi al carcere di Piacenza, P. confeziona per Rossi un paio di pedalini con la lana bianca che questi aveva acquistato. Una volta giunto a Piacenza, Rossi scrive alla moglie: “Mi è veramente dispiaciuto moltissimo di lasciarlo, ché non avevo mai trovato un uomo del popolo con un senso morale così alto. E la galera consente di conoscere intimamente gli uomini quasi quanto la trincea”. Anche dopo, nelle sue lettere, Rossi parla dell’amico anarchico, come nell’aprile 1932: “Nessun altro ‘sovversivo’ ho trovato che fosse consapevole, così come egli è, che ogni vera rivoluzione deve avere il suo fondamento in una educazione che faccia gli uomini più buoni e faccia loro intendere l’importanza delle questioni di dignità”. A Pallanza P. sconta anche due anni di segregazione cellulare continua, e viene punito con 60 giorni di cella aggravata per aver partecipato a una protesta collettiva contro le disposizioni della direzione del carcere, e per questo sottoposto al trasferimento al carcere di Fossano che avviene l’11 marzo 1933. Il costante controllo della posta di e per Rossi porta la polizia fascista a ipotizzare un qualche rapporto di Rossi anche con il fratello di P., il che determina una perquisizione nella casa di quest’ultimo nel maggio 1933, senza esito. Ancora Rossi, in una lettera alla madre dell’8 settembre, parlando dell’opera di rieducazione sociale nelle carceri si mostra assai scettico in proposito e ricorda un commento di P. sul rapporto tra sistema penitenziario e strutture sociali: “La giustizia è uguale per tutti, ma bisogna precisare, per tutti coloro che hanno i piedi scalzi”. A Fossano P. rimane fino all’11 marzo 1934, quando viene liberato per condono di pena. Il giudice di sorveglianza di Cuneo lo sottopone alla libertà vigilata per 3 anni e gli conferisce la carta d’identità precettiva. Dopo l’uscita dal carcere, P. si trasferisce a Milano dove il 17 luglio Ada Rossi lo incontra: “Mi ha detto che ora fa il venditore di frutta e che dei giorni guadagna anche 13 lire, ma dei giorni pochi soldi. In principio nel commercio della frutta ci ha rimesso le 1000 lire ereditate dal padre [..] Povero Papini, è ancora sereno e non ha perduto il suo ottimismo nella bontà degli uomini. Vedessi la sua camera che è cucina, salotto e camera da letto, pulitissima, ordinata e con il tavolo pieno di libri”. La libertà vigilata di P. viene revocata dal giudice di sorveglianza di Milano il 29 aprile 1937. L’8 giugno 1938 la Commissione Provinciale gli infligge cinque anni di confino per aver partecipato a Milano, nella notte tra il 23 e il 24 aprile 1938, alla diffusione e all’affissione di manifestini con scritte contrarie alla visita di Hitler in Italia. Insieme a P. sono accusati il verniciatore anarchico Virgilio Triva, già tra gli accusati dell’attentato al Diana e poi assolto, il cameriere comunista Arturo Baronchelli e il cuoco della stazione centrale di Milano Carlo Francesco Denari, comunista. L’inziativa, però, è del socialista e, dal 1924, comunista di Caravaggio (BG) Giovanni Nicola, cognato del Denari, da tempo rifugiato a Parigi e deciso a riannodare le fila del PCdI a Milano. Nelle intenzioni del gruppo c’è anche l’intento di riorganizzare l’opposizione al fascismo e di reclutare e avviare “alla frontiera dei sovversivi diretti alla Spagna rossa”, seguendo la via clandestina sperimentata con successo nel maggio 1937 dal cameriere Cesare Ragni già militante dell’UAI, divenuto comunista e arruolatosi nelle brigate internazionali grazie all’aiuto di Triva, che nello stesso anno aveva aiutato a espatriare anche il falegname anarchico Alfiero Guerri. È di Nicola l’idea di coinvolgere P., dato che lo stesso Nicola, dal 27 febbraio 1933 al 24 luglio 1934, era internato a Fossano, dove si erano conosciuti. Dalla Francia Nicola fa pervenire a Denari il materiale propagandistico, distribuito tra Baronchelli e P., e affisso in occasione della visita di Hitler e del successivo 1° maggio. Gli arrestati vengono condannati a cinque anni, e P. viene mandato a Ventotene, dove giunge il 4 luglio 1938 e dove, come informa una nota della prefettura di Littoria del 22 ottobre 1938, “si è subito accompagnato agli elementi più pericolosi”. Per la ricorrenza del Natale 1938 viene prosciolto condizionalmente dal confino e il 22 dicembre 1938 parte da Ventotene diretto a Milano. Benché costantemente sorvegliato, le notizie su P. sono pochissime. Il 15 novembre 1943 i carabinieri di Treviglio segnalano alla Questura di Bergamo come provvisorio il ritorno di P. da Milano a Treviglio presso la ditta del cognato. Nel dopoguerra P. collabora alla ricostituita CGIL. Muore a Treviglio il 12 ottobre 1955. (G. Mangini)
Fonti
- Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen, f. 83230; Archivio dello Stato - Bergamo, Fondo Questura - Sovversivi, b. 73, ad nomen.
Bibliografia: Aula IV - Tutti i processi del Tribunale Speciale Fascista contro gli imputati di antifascismo dall’anno 1927 al 1943, a cura di A. Dal Pont, [et al.], Roma 1961, ad indicem; A. Bendotti, G. Bertacchi, Liberi e uguali. La Camera del Lavoro di Bergamo dalle origini alla prima guerra mondiale, Bergamo 1985; Le loro prigioni. Antifascisti nel carcere di Fossano, ricerca dell’ANPPIA di Cuneo, con un saggio di L. Berardo, Cuneo 1994; A. Buttarelli, Metallurgici, meccanici ed affini. Per una storia della Fiom di Bergamo dalle origini all’avvento del fascismo, Bergamo1998; E. Rossi, “Nove anni sono molti”. Lettere dal carcere 1930-39, a c. di M. Franzinelli, Torino 2001
Codice identificativo dell'istituzione responsabile
- 181
Note
- Paternità e maternità: Angelo e Carolina Conforti
Bibliografia
- 2004