​MOLINARI, Luigi

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
​MOLINARI, Luigi

Date di esistenza

Luogo di nascita
Crema
Data di nascita
December 15 1866
Luogo di morte
Milano

Biografia / Storia

Nasce a Crema il 15 dicembre 1866, avvocato. Dal padre, cancelliere di tribunale in pensione e piccolo possidente è avviato agli studi giuridici e si laurea in legge a Pisa nel 1889, dove è compagno di studi, di poco più anziano, di Pietro Gori. Trasferitosi per esercitare la professione a Mantova, rappresenta una delle figure di maggior rilievo nell’ambito della sinistra della città, la quale annovera anche una forte componente anarchica. Dopo i moti della Lunigiana (1894) in cui Molinari è indirettamente coinvolto, nei giorni successivi al suo arresto, il giornale «La provincia di Mantova» del 1-2 febbraio 1894 scrive di lui: “Quando quel lungo fanciullone ultimati gli studi si alloggiò presso l’avv. Achille Finzi per far pratica, non aveva certamente la stoffa di un futuro Ravachol; d’animo mite, di carattere gioviale, innamorato della carriera intrapresa, soltanto la fatalità può averlo trascinato nella china che lo ha condotto al precipizio”. Ma, evidentemente, non si tratta di una partecipazione casuale poiché egli aderisce ben presto al socialismo anarchico.
 
Nell’89 a Mantova comincia a dirigere il giornale «La Favilla», un foglio internazionalista fondato da Paride Suzzara Verdi una ventina di anni prima, allo scopo di diffondere le prime idee socialiste ed internazionaliste nel mantovano, fra i contadini. Proprio tra di essi compie le sue prime azioni di lotta, il suo esordio di militante e agitatore, anche se poi la sua vita sarà soprattutto fatta di studi, lavoro, conferenze e dibattiti. A Mantova fonda anche il giornale «Il Grido dell’Operaio» (19 febb. 1891-l0 mag. 1891). Una sua conferenza tenuta in questa città il 3 luglio 1892, dal titolo ‘‘Comunismo anarchico. La conquista del pane”, viene pubblicata dapprima nel giornale “La questione sociale”, edito a Prato (ottobre 1892) e poi su «La Favilla» (27 nov. 1892). Nello stesso anno lo vediamo attivo protagonista di una serie di conferenze in diverse città e paesi della Romagna. Dopo il Congresso di Genova del 1892, che sancisce la definitiva rottura tra anarchici e socialisti e la nascita del Partito dei Lavoratori Italiani (nel 1895 Partito Socialista), schierandosi con l’anarchismo, denuncia chiaramente la matrice autoritaria dei “socialisti alla tedesca”. Lancia poi un appello: “I socialisti in buona fede devono assolutamente capire che il socialismo come lo intendono Bebel in Germania e Turati e Prampolini in Italia, è un’utopia di impossibili realizzazione”. Nello stesso anno si reca al congresso internazionale operaio socialista di Zurigo, per rappresentarvi diversi gruppi anarchici italiani. Ne è allontanato, su proposta di Bebel, per evidenti divergenze unitamente agli altri anarchici e socialisti indipendenti presenti.
 
Nel corso dell’anno 1893 subisce le due prime condanne. La prima, con sentenza del 20 aprile, a L. 100 di ammenda per ‘contravvenzione all’art. 1 della legge di ps avendo tenuto una pubblica conferenza a S. Giorgio Mantovano senza averne dato avviso”; nella seconda, con sentenza del 21 maggio, della Corte di Assise di Viterho, è condannato a “tre e giorni di reclusione per ingiurie ai magistrati nel processo contro Paolo Schicchi”. Infatti intensa é anche la sua attività di legale di fiducia in numerosi processi intentati contro anarchici o sovversivi. In questo processo contro Paolo Schicchi, autore di un attentato contro il consolato spagnolo di Genova, egli si affianca a Pietro Gori ed è appunto condannato a tre giorni di reclusione per aver solidarizzato con l’imputato nelle proteste e negli insulti alla corte. Il 1894 è un anno di repressione feroce, un altro anno di fuoco per l’anarchismo italiano. Al potere è già salito Francesco Crispi il quale, oltre a riprendere l’espansione coloniale, inaugura una feroce repressione interna verso ogni forma di dissenso e, in particolare, contro le teorie e i militanti sovversivi del movimento operaio. Per ben due volte, in occasione dei noti e delle rivolte scoppiate prima in Sicilia, con le agitazioni dei Fasci Siciliani, poi nella Lunigiana, Crispi dichiara lo stato di guerra. Fra gli imputati del tribunale militare di Massa-Carrara c’è anche Molinari. Egli arriva a Carrara il 24 dicembre del ’93 ed è ospite dello scultore Beghi e di altri compagni (dei quali Molinari non farà mai il nome per non comprometterli). È stato lì invitato per tenervi una serie di conferen­ze ai lavoratori delle cave di marmo. Non ha ancora trent’anni ed è, come lo ricorda qualche anno dopo Raffaele Nulli, “esile, magro, delicato di salute, come lo fu per tutta la vita”. La stampa dell’epoca lo dipinge come un pacifico borghese, dall’aspetto bonario di fanciullone precocemente sviluppato. La mattina del 25 dicembre tiene una conferenza in una località di campagna circa cinque chilometri fuori dalla città. Sono presenti, secondo le informazioni della polizia, da trecento a quattrocento anarchi­ci e molti simpatizzanti fra i quali repubblicani collettivisti. Tiene ancora due conferenze, il 26 a Terano) e il 27 in località detta ‘‘Pian di Maggio’’. Parte in giornata per La Spezia. Lungo il viaggio si ferma per un’altra riunione in località ‘Pian di Lussi”. A questa riunione parteciparono anarchici di Avenza, Fosdinovo e Ortonovo.
 
Ritornato a Mantova alla fine del ’93 è arrestato il 16 gennaio 1894, gli viene perquisita la casa e sequestrato diverso materiale. I moti della Lunigiana scoppiano il 13 gennaio del 1894. I lavoratori delle cave, per protestare contro la repressione dei Fasci Siciliani, si organizza­no in bande armate. Vi sono degli scontri fra dimostranti e forze di polizia con qualche morto e qualche ferito da entrambe le parti. La stampa e i giornali gonfiano a dismisura i fatti e si arriva al punto di insinuare che oro francese sia stato dato per provocare la rivoluzione in Italia. Questo probabilmente perché fra Italia e Francia i rapporti sono all’epoca particolarmente tesi a causa di una vera e propria guerra sulle tariffe doganali. La repressione è tanto dura da arrivare a sciogliere il Partito Socialista Italiano. L’autorità ordinaria di Massa, messa a disposizione del Commissario Straordinario Militare, probabilmente per allontanare da sé la censura superiore di non aver saputo né prevedere, né prevenire, riesuma la conferenza di Molinari. La Camera di Consiglio del Tribunale ordinario di Massa, con ordinanza 24 gennaio 1894, lo sottrae ai suoi giudici naturali e lo consegna al Tribunale straordinario di guerra di Massa. Trattandosi di un processo militare, nessun compagno di Molinari può assumerne la difesa. Viene invece difeso dagli avvocati Achille Mantovani e Guido Finzi. Sono ascoltati pochissimi testimoni: un delegato di ps, l’oste che albergò Molinari quella volta a Massa, un facchino pubblico; un solo testimone per la difesa, di cui peraltro non si conosce il nome. Il processo è rapidissimo. L’argomento principale dell’accusa è un telegramma spedito da Molinari ad alcuni compagni di Massa, che l’avevano invitato a recarsi là per delle conferenze, in cui è scritto: “Non posso venire Massa - Verrò primavera”. In queste due frasi l’autorità intravede il significato di: “Attendere per la sollevazione”. In realtà serve un capro espiatorio. Tema della conferenza incriminata è un passo tratto dalla prefazione del libro di W. Hugo, “I lavoratori del mare”, che dice: “Due cose sono dannose: la religione che conduce gli uomini alla superstizione e le leggi che intralciano l’andamento della evoluzione naturale”. Come risulterà chiaro, Molinari non partecipa affatto ai moti della Lunigiana, che del resto avvengono quindici giorni dopo la sua partenza da quei luoghi, “il tribunale militare di guerra aveva semplicemente voluto infliggere una pena esemplare”. La pena infatti è severissima: ventitrè anni di reclusione, ma vi è una notevole reazione da parte della stampa democratica e di numerose personalità politiche, del mondo della cultura, ecc. Egli è oggetto delle attenzioni del «Corriere della sera» di Milano, della «Tribuna, dell’Opinione», del «Diritto» di Roma, della «Gazzetta» di Torino. Un’interpellanza è presentata in parlamento da un deputato: Matteo Renato Imbriani. Viene presentato un ricorso per ottenere il riconosci­mento della estraneità di Molinari ai fatti in questione, al quale aderiscono tra gli altri anche Luigi Zanardelli, Ettore Sacchi di Cremona e il professor Ceneri, senatore del Regno. A favore della sua liberazione gli avvocati mettono in luce questi elementi: “1) il Molinari era stato arrestato in una zona nella quale lo stato d’assedio non era stato proclamato; 2) Molinari era stato arrestato addirittura prima della proclamazione stessa; 3) infine era stato arrestato per fatti antecedenti a questa proclamazione”. Ma la pressione più significativa in favore della sua liberazione è offerta da una lettera inviata al re e firmata da 35000 cittadini milanesi, nella quale si dice: “Questo giovane, distinto per impegno, cultura, educazio­ne, merita di essere restituito alla società, alla famiglia, al desolato vecchio padre, agli studi”.
 
Dopo varie vicissitudini “in seguito al condono del 20 settembre 1895 fu dimesso dal penitenziario di Oneglia, ove scontata la pena suddetta, il 27 dello stesso mese, e posto in traduzione, giunge a Mantova il giorno 8 ottobre ove viene sottoposto alla vigilanza. Indi si portò a Marmirolo avendo colà fissata la residenza presso il padre. Nel penitenziario tenne buona condotta e imparò l’arte del tipografo”. Conduce vita ritirata per alcuni anni, sia per ristabilire la propria salute, sia per star vicino al vecchio padre, che è rimasto sconvolto dalla condanna subita dal figlio. Gli anni che seguono sono da lui particolarmente dedicati alla diffusione della cultura scientifica e della educazione popolare, per stimolare il popolo ad interessarsi ed a impegnarsi sul fronte della lotta politica e sociale, per combattere, tramite l’acquisizione della cultura e dell’istru­zione, le tradizionali superstizioni. Questo anche perché, sul terreno della cultura politica, l’alba del nuovo secolo comporta una maggior diversifi­cazione nella scelta degli argomenti affrontati dalle pubblicazioni sociali­ste, anarchiche, libertarie che all’epoca sì moltiplicano. I temi riguardano il naturismo, l’apologia del primitivismo se1vaggio e, successivamente, il vegetarianesimo. ecc. Il neo-­malthusianesimo conquista un terreno enorme, così come i dibattiti sulla questione sessuale, sulla famiglia e in particolare sul ruolo delle donne nell’ambito di essa. Nei discorsi e negli articoli si comincia ad argomentare con dati e metodologie ricavate più dalla sociologia, dall’antropologia e dalla psicologia, che dalla tradizione classica della pubblicistica libertaria. Vi è una dispersione, a volte accentuata, di energie. “che si traduce in un discreto numero di giornali e giornaletti dalle idee disparate, spesso di breve durata o di portata soltanto locale”. Nella nascita di queste riviste, come la stessa «Università Popola­re» (che riprenderà gran parte di questi temi), «Il Pensiero» di Bologna, «Il Libertario» di La Spezia, «Volontà» di Ancona, «L’Avvenire anarchico» di Pisa, «L’Educazione Liberatrice» di Milano, ecc., è evidente una certa crescita di “una intellettualità anarchica di prevalente impronta positivistica e democratizzante”.
 
Il 15 febbraio 1901 a Mantova esce il primo numero della rivista «L’Università Popola­re» alla quale la vita di Molinari, fondatore e direttore, sarà sempre intimamente e praticamente legata. In questi anni e in quelli che seguono Molinari collabora a numerosi periodici e numeri unici anarchici e libertari quali «L’armonia» di Napoli, «Combattiamo» di Carrara, «Il grido del popolo» di Taranto, «Il proletario» di Marsala; legge e fa conoscere «Germinal» e «L’agita­zione» di Ancona e numerosi giornali stampati all’estero come «La questione sociale», «Le Reveil», «Nuevo ideal», la «Revista blanca», «Pages libres»; collabora al giornale «Pro Calcagno e contro il domicilio coatto» (sottotitolo: “numero unico del comitato di agitazione per l’aboli­zione del domicilio coatto”) edito a Messina (30 gennaio 1902); scrive un articolo nel giornale «29 Luglio» edito a New York il 29 luglio 1901, in occasione dell’anniversario della “caduta del tiranno d’Italia” e un altro nel 1903 in un giornale, sempre di New York, «Umberto & Bresci». È’ il personaggio “autorevole”, stimato per la sua onestà e per la sua cultura anche da coloro che non gli sono compagni; adatto a far parte dei comitati unitari effimeramente aggregati in occasione di questo o quel fatto clamoroso, a firmare manifesti, a denunciare le violazioni della libertà di pensiero e di espressione”. Durante il convegno socialista di lmola nel 1902, Molinari si porta sul posto e, senza autorizzazione, cerca a più riprese di prendere la parola. Naturalmente non ci riesce e allora “scende in piazza e incomincia a parlare a gruppetti sparsi”. Poi scriverà nella rivista «L’Università Popola­re» riferendosi a quell’episodio: “La tribuna dell’oratore pubblico deve essere libera; nessuna autorità regia o socialista ha il diritto di impedire la manifestazione del pensiero. Questo deve volere il popolo nell’interesse suo, della giustizia e della verità”.
 
Nel 1904 pubblica la sua opera più importante Il tramonto del diritto penale che ottiene un discreto successo. Nel 1906, verso la fine, si trasferisce a Milano e con lui la redazione della rivista e la piccola casa editrice annessa. Prende dimora in via Monte Napoleone 10. Di ciò è informato anche Malatesta e Molinari è sempre sotto il controllo della polizia che ne segue ogni mossa. Tutta la sua attività e il suo impegno saranno, d’ora in poi, prevalentemente legati alla diffusione degli ideali della scuola moderna di F. Ferrer e ai vari tentativi di dar vita anche in Italia ad un’esperienza di scuola razionalista sull’esempio di quella fondata in Spagna. Sono anni questi (dal 1906 al 1909) in cui febbrile è la propaganda e intensa l’attività di Molinari a favore di F. Ferrer, con conferenze dibattiti in numerosi paesi e città d’Italia. I suoi frequenti spostamenti sono, comunque, sempre meticolosamente controllati dalla polizia, come testimoniano i telegrammi e i rapporti che le varie prefetture inoltrano al ministero dell’interno. Il progetto di dar vita ad una scuola moderna a Milano è ripreso con più vigore durante il secondo processo subito da Ferrer e, dopo la sua morte, Molinari sempre più si considererà come continuatore dell’opera dell’educatore spagnolo. Ma la sua attività prosegue anche sul piano dell’impegno dell’istruzione popolare con conferenze, scritti ecc. Infatti, nel 1908 tiene una conferenza al teatro Verdi di Carrara sul tema “Come si formano i mondi - Come si è formato l’uomo” ma anche nel suo impegno scientifico e di divulgazione dell’istruzione popolare egli è sempre e continuamente sorvegliato e controllato dalla polizia. Frequenti sono in questi anni i suoi spostamenti per conferenze e dibattiti soprattutto su Ferrer, non solo in Italia, ma anche all’estero.
 
Nel 1910 è, ad esempio, a Ginevra dove parla nella sala della casa del popolo in una manifestazione organizzata dal locale gruppo razionalista. Poi si reca a Zurigo. Molinari non è nuovo a intraprendere viaggi all’estero per diffondere le idee dell’anarchismo attraverso l’opera di Ferrer. Infatti, negli anni precedenti, soprattutto dal 1906 in avanti, egli gira quasi tutta l’Europa e presumibilmente tiene diverse conferenze. Nel 1911, il 23 aprile a Pisa, il 24 a Pontedera, in due conferenze per commemorare il suo compagno Pietro Gori, ne esalta la figura attraverso la quale diffonde le idealità dell’anarchismo. Del medesimo argomento parla anche a Marsala nello stesso periodo. Molinari è ormai un personaggio conosciuto dell’anarchismo europeo e della cultura popolare italiana. Numerose sono le relazioni che ha e che confermano la sua popolarità. Intrattiene corrispondenze con anarchici e altri uomini di cultura e di scienze: P. Kropotkin, C. Malato, M. Rapisardi, E. Ferri, R. Ardigò, E. Malatesta, E. Zola, J. Guillaume, E. Reclus, L. Rafanelli, E. Haeckel. Scrive a numerose università popolari e alle principali università di tutta Europa per sollecitare scienziati, professori all’impegno verso la cultura e l’istruzione popolare e per invitarli a collaborare alla rivista «L’Università Popola­re» e a dimostrare la loro disponibilità per conferenze e dibattiti.
 
Nel 1912 intraprende un altro lungo viaggio di conferenze che lo porta in Val d’Aosta, a Savona, a Ventimiglia e a Nizza. È uno dei promotori della manifestazione del primo maggio a Clivio (1912) a cui partecipano oltre cento persone. È interrotto durante il comizio da un funzionario di polizia perché ha ‘‘parlato in senso antimilitari­sta”. A Clivio esiste già da qualche anno una piccola scuola razionalista voluta dai lavoratori della zona ed è perciò diventato un punto di riferimento obbligato per i rivoluzionari, i liberi pensatori, ecc. Molinari organizza diverse gite, annunciate sulla rivista, in quella località per far conoscere l’organizzazione e il funzionamento di questa scuola libertaria. D’ora in avanti l’impegno di Molinari, oltre che per la diffusione dei principi di un’educazione libertaria, si concretizza anche nelle polemi­che con gli interventisti e a favore della propaganda antimilitarista. In Italia, in questo periodo, la stampa anarchica è impegnata a smentire interessate affermazioni degli interventisti, che un numero consistente di anarchici sia favorevole alla guerra. Molinari, in particolare, è fra i primi a rispondere all’appello promosso dal comitato nazionale pro-­Masetti, nell’autunno del 1913, sul «Rompete le file!» e la sua attività si fa in questi anni febbrile per propagandare l’antimilitarismo. Manda inoltre una lettera di solidarietà e di adesione al giornale «Liberiamo Masetti!» di Parigi, nel novembre 1913. Nello stesso anno si costituisce giuridicamente una società cooperativa “La scuola moderna dì F. Ferrer” che attraverso diverse sottoscrizioni tra i lavoratori (spicca fra tutte quella del sindacato nazionale dei ferrovieri e quella di numerose associazioni culturali laiche e massoniche) acquista alla periferia di Milano, precisamente nella località denominata “Tre Forcelle” di Lam­brate, un terreno di circa 800 metri quadrati, ed inizia la costruzione di un modesto fabbricato. A questa iniziativa, e a Molinari ovviamente, si interessa il Ministro dell’Interno che riceve numerosi rapporti sulle attività che vi si svolgono. Molinari, in cerca di fondi, scrive anche un “Appello ai liberi pensatori” pubblicato il 18 marzo 1913 sul giornale «Libera Tribuna» del Cairo (Egitto). Egli collabora anche come conferenziere alle attività dell’Università Popolare milanese ma non senza polemizzare per ciò che ai suoi occhi è diventata, per la sua evidente istituzionalizzazione, per il riformismo e l’interclassismo che l’anima, soprattutto nella scelta degli oratori. Nella sede dell’usi di Milano (6 agosto 1913) tiene una conferenza assieme al Malatesta. Intensa è anche l’attività antimilitarista.
 
Nel giugno del 1914 parla a Milano per gli anarchici in un comizio pubblico assieme ad altri oratori nel giorno dello Statuto. Accesa è la sua polemica con gli interventisti tanto che Maria Rygier e Libero Tancredi, che lo avevano sfidato in un pubblico contraddittorio a Bologna, sono accolti a “patate marce” dagli intervenuti, tanto sono state convincenti le sue argomentazioni. Nel 1915 (febbraio) fa parte di un giurì d’onore richiesto da Serrati per contrastare voci diffamanti sul suo conto e rimesse in circolazione da Mussolini per i propri fini interventisti. Alcuni anarchici contestano questa decisione di Molinari poiché nel passato c’era stata una vivace polemica fra Galleani e Serrati accusato di essere una spia. Molinari risponde a queste contestazioni con queste parole: “Rifiutare a un uomo, chiunque sia, un atto richiesto per amore di giustizia e di verità sarebbe stata da parte mia una canagliata”. In un comizio socialista tenutosi a Milano, al grido della folla “abbasso la guerra!” egli risponde con “viva la guerra sociale!” riaffermando in questo modo la sua fede nella rivoluzione sociale e anarchica. Lo scoppio della guerra, le crescenti difficoltà, impongono la chiusura della scuola F. Ferrer di Lambrate, la quale è liquidata con decreto 21 agosto 1915 del Commissario Civile.
 
Nei pochi anni che gli restano da vivere continua stentatamen­te la sua attività propagandistica attraverso le pagine, sempre più censurate, dell’«Università Popola­re». Tra il marzo e l’ottobre 1917 in una serie di conferenze, in diverse località, illustra le vicende della Comune di Parigi. È questo praticamente l’ultimo sforzo che egli compie. Ormai vive sempre più controllato a Milano, tra casa, redazione e pochi altri luoghi. Quando è colpito dal malore, che risulterà mortale, si trova nella libreria del compagno Paolino Valera, la sera dell’11 luglio 1918. È immediatamente trasportato nella sua casa, in via Carlo Poerìo, dove muore il giorno dopo assistito da pochi amici. Ai funerali, alla presenza di numerosi anarchici, socialisti, liberi pensato­ri, parlano Vella per gli anarchici, il maestro Belloni (socialista) infine Paolo Valera suo caro amico. La Cconfederazione nazionale del lavoro è rappresentata dall’onorevole Rigola. Con lui muore la rivista che nell’ultimo numero interamente dedicatogli scrive: “Luigi Molinari non è più. L’uomo buono. l’austero intelletto, l’educatore, il maestro è scomparso il 12 luglio di quest’anno. Il pioniere intrepido di ogni libertà, il lavoratore generoso per il grande ideale di giustizia è caduto anzi tempo… Chi colmerà ora il grande vuoto che egli lascia dietro a sé e continuerà degnamente l’opera incominciata? Il fuoco - simbolo di sua vita - ne consumò bensì le sembianze, ma non ne strusse lo spirito animatore che agita noi pure… A noi dunque tutti, sollevare in alto, sempre più in alto, la fiamma purificatrice che deve rinnovare il mondo. Avremo così ben meritato dell’Uomo che ricordiamo e glorifi­chiamo”. (F. Codello)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; Museo del Risorgimento di Mantova, Carte Molinari; Archivio di Stato Milano, Gabinetto Prefettura, b. 938, ad nomen; Archivio di Stato Cremona, Gabinetto Prefettura, Scheda biografica Luigi Molinari, 20 nov. 1895.
 
Bibliografia: Il risveglio, Luigi Molinari, «Il Risveglio», Ginevra, 27 lug. 1918; La Redazione, La morte di Luigi Molinari, «L’Università Popolare», Milano, 30 set. 1918; P. Schicchi, Ricordando, «L’Università Popolare», Milano, 30 set. 1918; R. Nulli, Ventitré anni di reclusione per una conferenza, «L’Università Popolare», Milano, 30 set. 1918; C. Molaschi, Luigi Molinari e le lotte dei contadini, «Pensiero e Volontà», 15 lug. 1924; U. Fedeli, Luigi Molinari e gli avvenimenti del gennaio 1894 a Carrara, «Movimento operaio», nov.-dic. 1952; U. Fedeli, Luigi Galleani, Cesena 1956, p. 79; G. Trevisani, Storia del movimento operaio italiano, Milano 1960; p. 201; L. Cortesi, La costituzione del PSI, Milano 1961, p. 229; G. Manacorda, Il movimento operaio italiano, Roma 1963, pp. 269-295-296; M. Nettlau, Breve storia dell’anarchismo, Cesena 1964, p. 297; R. Salvadori, La repubblica socialista mantovana. Da Belfiore al Fascismo, Milano 1966, p. 321; G. Cerrito, L’antimilitarismo anarchico in Italia nel primo ventennio del secolo, Pistoia 1968; M. Nejrotti, Le prime esperienze politiche di L. Galleani (1881-1891), in Anarchici e anarchia nel mondo contemporaneo, Torino 1969, p. 211; P.C. Masini, Storia degli anarchici italiani. Da Bakunin a Malatesta, Milano, 1969, ad indicem; D. Perli, I congressi del partito operaio italiano, Padova 1971, p. 90; H. Rolland, Il sindacalismo anarchico di A. Meschi, Firenze 1972, p. 114; E. Santarelli, Il socialismo anarchico in Italia, nuova ed. riv. e ampl., Milano 1973, pp. 154-179; V. Emiliani, Gli anarchici, Milano 1973, p. 151; T. Tomasi, Ideologie libertarie e formazione umana, Firenze 1973; D. Tarantini, La maniera forte. Elogio della polizia. Storia del potere politico in Italia (1860-1975), Verona 1975, p. 114; M.G. Rosada, Le Università Popolari, Roma 1975; Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico, a cura di F. Andreucci e T. Detti, Roma, 1976-19, ad nomen; P.C. Masini, Il giovane Molinari, «Volontà», nov.-dic. 1976; D. Tarizzo, L’anarchia, Milano 1976; G. Cerrito, Dall’insurrezionalismo alla settimana rossa, Firenze 1977; A. Borghi, Mezzo secolo di anarchia, Catania 1978, p. 163; L. Gestri, Incombenze e tribolazioni accorse ad un propagandista libertario in un anno di grazia di fine ’800, «Rivista storica dell’anarchismo», lug.-dic. 1994, pp. 7-44.

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