NEGGIA, Mario Augusto Carlo

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
NEGGIA, Mario Augusto Carlo

Date di esistenza

Luogo di nascita
Biella
Data di nascita
June 16 1890

Biografia / Storia

Nasce a Biella il 16 giugno 1890 da Edoardo e Antonietta Peretti,verniciatore. Sin da bambino abbandona il paese d’origine per seguire il padre nell’emigrazione in Francia. Stabilitosi a Nizza, si trattiene sino al 1908, quando viene colpito da provvedimento di espulsione dal territorio francese per essere rimasto coinvolto in una rissa scoppiata in una sala da ballo. Rientrato a Torino, trova occupazione, in qualità di verniciatore, presso un’officina locale. In questo periodo, inizia ad accostarsi alla militanza anarchica mettendosi in evidenza per la sua intraprendenza e le spiccate doti di propagandista. Arrestato per aver inneggiato all’anarchia nel corso di una cerimonia di giubilo in onore di Vittorio Emanuele III, viene schedato dalla Questura di Torino quale “elemento politicamente infido e pericoloso, che fa aperta professione di teorie libertarie”. Negli anni successivi si guadagna da vivere con reati minori contro le persone e la proprietà finché, nel febbraio 1913, viene tratto in arresto per sottrazione di oggetti pignorati. Denunciato al Tribunale di Torino, è condannato a 40 giorni di reclusione e una multa, in quanto “individuo ozioso, di cattiva condotta morale, dedito al vagabondaggio e alle bevande alcoliche, nonché refrattario ad ogni rieducazione”. Chiamato, nel 1915, a prestare servizio militare, dopo pochi mesi è condannato dal Tribunale di Piacenza a sette anni di reclusione per essersi allontanato ingiustificatamente dal reggimento. Amnistiato nel 1918, rientra a Torino dove prende dimora presso la madre. Negli anni di gran fermento sociale del dopoguerra, aderisce alle varie dimostrazioni operaie che si susseguono in città, subendo anche un arresto per manifestazione sediziosa; al suo fianco ha il fratello Giuseppe (n. a Torino il 22 marzo 1898), anch’egli segnalato dalla Questura come “elemento pericoloso e attivo militante anarchico” e arrestato nella primavera del 1922 per avere inneggiato all’anarchia nel corso di una manifestazione militare celebrativa. Con l’ascesa al potere del fascismo, N. decide di allontanarsi da Torino per cercare riparo all’estero. Grazie alla complicità di alcuni compagni, riesce così, nell’estate del 1923, a varcare clandestinamente la frontiera per il valico del Moncenisio e a raggiungere la Francia. Stabilitosi nella cittadina di Meiudon (Seine-et-Oise), viene assunto prima alla sede parigina della Citroën, e poi alla Renault, filiale di Boulogne Seine. Dopo circa un anno, però, l’aggravarsi delle condizioni di salute della madre lo costringe a rientrare a Torino. Morta la madre, si trasferisce a San Benigne Cavanese, dove si trattiene sino al 1930 senza svolgere alcuna attività politica di rilievo. Non riuscendo più a ricavare i mezzi necessari al proprio sostentamento, nel settembre dello stesso anno decide di ripartire dall’Italia e ritornare a vivere in Francia. Seguendo lo stesso itinerario del 1923, riesce così ancora una volta ad eludere tutti i controlli di frontiera e ad attraversare il confine per il settore montano del Moncenisio. Raggiunta Valence, trova occupazione come verniciatore presso la ditta Merle Meublesse. Segnalato dal console italiano a Lione quale “individuo di accesi sentimenti anarchici, che si circonda della compagnia di sovversivi e svolge attiva propaganda antinazionale”, è iscritto nella “Rubrica di Frontiera”, con provvedimento “da fermare, perquisire e arrestare”. Dopo circa un anno lascia Valence per Marsiglia, dove vive Giuseppe (emigrato con regolare passaporto nel 1922 per Valence, vi rimane fino al settembre 1930 lavorando presso la ditta dove troverà poi lavoro il fratello e svolgendo un’intensa attività negli ambienti sovversivi cittadini, dove si distingue quale abile propagandista). Qui i due fratelli partecipano alle diverse iniziative di lotta intraprese dal gruppo anarchico locale, adoperandosi in particolare nella diffusione della stampa antifascista tra gli operai di lingua italiana. Strettissime, poi, sono le sue relazioni con i quadri che operano clandestinamente a Torino, cui invia esemplari delle testate «Il Risveglio anarchico», di Ginevra, e «Lotta anarchica», di Parigi. Sovente, infine, si affianca alle mobilitazioni indette dalla LIDU contro i provvedimenti di estradizione o di espulsione varati dalle autorità francesi ai danni degli immigrati politici. Nel 1933, si ricovera all’ospedale di Marsiglia per sottoporsi a un delicato intervento allo stomaco. Dimesso dal nosocomio, inoltra domanda al dicastero degli Interni francese per ottenere la carta d’identità; ma essendo risultato già espulso nel 1908 per rissa aggravata, è arrestato, condannato a quindici giorni di carcere e nuovamente bandito dal territorio francese. Rientrato in Italia nel maggio 1934, viene fermato dalla polizia di Ventimiglia perché proveniente dalla Francia sprovvisto di passaporto. Condannato per espatrio clandestino, è scarcerato in seguito ad un decreto di amnistia e posto in traduzione straordinaria a Vercelli. Nel frattempo, una grave forma di ulcera gastrica lo costringe a un ennesimo ricovero all’ospedale civico di Biella, da cui viene dimesso nel luglio 1935. Sottoposto ai vincoli dell’ammonizione, si rende irreperibile per circa un anno finchè, nel giugno 1936, viene tratto in arresto da una pattuglia di carabinieri a Corio. Denunciato al pretore di Biella per violazione alle prescrizioni dell’ammonizione, è condannato a 10 giorni di detenzione, da scontarsi nelle carceri di Vercelli. Rientrato a Torino, è prosciolto dai vincoli dell’ammonizione grazie a un’amnistia concessa in occasione della nascita del principe Vittorio Emanuele. Dell’atto di clemenza, N. approfitta subito per rigettarsi a capofitto nella cospirazione, sostenendo l’attività di un gruppo anarchico clandestino che sta adoperandosi nel soccorso pro-vittime politiche, nel favoreggiamento degli espatri per la Spagna e nella diffusione alla macchia della stampa libertaria tra le masse operaie. Arrestato all’alba del 7 dicembre 1937, viene deferito alla Commissione Provinciale di Torino che, nel giugno 1938, lo condanna a tre anni di confino a Limonano, in quanto responsabile di “attività antifascista e propaganda anarchica all’interno delle grandi fabbriche torinesi”. A pochi mesi dal suo arrivo nel paese, viene ancora una volta arrestato dalle autorità confinarie per la sua pessima condotta morale (è spesso colto in stato di ubriachezza). Denunciato al pretore di Montavano, è condannato a sei mesi di detenzione per violazione agli obblighi di confino. Ritradotto a Limonano dopo l’espiazione della pena nelle carceri Campobasso, nel giugno 1941 viene liberato per cessazione del periodo di assegnazione confinaria. Rimpatriato con traduzione a Torino, è mantenuto in stato di vigilanza sino alla caduta della dittatura fascista. S’ignorano data e luogo di morte. (F. Giulietti)
 

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; ivi, Dipartimento polizia politica., b. 894, ad nomen; ivi, Pubblica sicurezza, 1938, b. 23, f. K1/A (Movimento Anarchico).

Codice identificativo dell'istituzione responsabile

181

Note

Paternità e maternità: Edoardo e Antonietta Peretti

Bibliografia

2004

Persona

Collezione

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