​MERLINO, Francesco Saverio

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
​MERLINO, Francesco Saverio

Date di esistenza

Luogo di nascita
Napoli
Data di nascita
September 15 1856
Luogo di morte
Roma

Biografia / Storia

Nasce a Napoli il 15 settembre 1856 da Antonio e Giovanna Colarossi, rivoluzionario di professione, avvocato. Di ceto medio borghese, la famiglia è fortemente impregnata di cultura giuridica, ed è un fatto, questo, che avrà un peso non secondario nella formazione di Francesco Saverio. Il padre, già giudice della Gran Corte Criminale sotto i Borboni, ha mantenuto l’alto incarico pure dopo l’Unità, divenendo consigliere di Corte d’Appello. I fratelli Giuseppe e Pasquale diverranno uno giudice e l’altro avvocato. A sua volta, Francesco Saverio si laurea giovanissimo in giurisprudenza presso la Facoltà di legge dell’Università di Napoli. Qui subisce l’influenza di alcuni docenti di orientamento democratico e liberale. Nel 1877 collabora a un giornale democratico napoletano dove per la prima volta delinea le sue idee socialiste e anarchiche. Nello stesso periodo prende pubblicamente posizione in difesa degli insorti della banda del Matese e l’anno seguente assume anche la difesa di alcuni imputati, tra cui Malatesta, che era già stato suo compagno nel liceo degli Scolopi. Comincia così la sua militanza anarchica. M. s’inserisce con forza nella lotta politica divenendo in breve tempo un protagonista di primo ordine. Il 10 novembre 1878, in occasione di un meeting di operai promosso dagli internazionalisti napoletani, è arrestato insieme ad altri militanti partenopei rimanendo in carcere fino al 5 aprile dell’anno successivo. Tra il 1879 e il 1881, con altri compagni, tra cui Luigi Felicò, Giuseppe Sarno, Niccolò Converti e Giovanni Domanico, dà vita ad una serie di iniziative quali la pubblicazione di alcuni periodici come il «Movimento Sociale». Contemporaneamente tenta di alimentare le fila di una cospirazione di tipo insurrezionalistico mantenendo contatti con vari anarchici della Sicilia e della Puglia. La sua attività si esplica anche come difensore di militanti in alcuni importanti processi: nel 1879 difende alla Corte di Assise di Castrovillari Giovanni Domanico e Giuseppe Fasoli. Nello stesso anno difende pure a Firenze Francesco Natta nel processo contro lo stesso Natta, Matteucci, la Kuliscioff, i coniugi Pezzi e altri nove accusati. M. collabora al giornale «La Plebe» di Milano e pubblica una serie di opuscoli, tra cui uno su Carlo Pisacane, dove afferma la diretta discendenza dei socialisti dallo scrittore napoletano, sottolineando così il primato della prassi (la propaganda più efficace è quella dei fatti). Dà alle stampe anche un saggio su Vincenzo Russo, nel quale cerca le ascendenze teoriche dell’anarchismo nell’illuminista napoletano. In tutte queste pubblicazioni si nota l’influenza del pensiero giusnaturalistico; concezione che si manifesta anche negli articoli scritti per periodico milanese e nella prefazione all’opera di S. Englander, L’abolizione dello Stato.
 
Alla fine del 1880 si svolge a Chiasso un congresso d’internazionalisti che sancisce la divisione tra chi propende verso le posizioni elettoralistiche di Costa e chi le avversa. M., che non ha partecipato all’incontro, è tra coloro che si pongono contro il socialista romagnolo, anche se la sua posizione non coincide con quella di molti suoi compagni (ad esempio Cafiero) che combattono Costa in modo molto più deciso. Inizialmente, M. era stato favorevolmente colpito dall’eclettismo e dal possibilismo di Costa. Tuttavia durante il 1881 M. assume una linea molto più intransigente con una serie di articoli pubblicati nel “Grido del Popolo”. Nel 1881 partecipa, insieme a Malatesta, al congresso internazionale anarchico di Londra. Il congresso, che vede la presenza dei maggiori rivoluzionari di ogni Paese (tra gli altri sono presenti Kropotkin e Most), ruota intorno al problema insurrezionale, nel senso che pur riprendendo la concezione autonomistica dell’emancipazione operaia, è ritenuta prioritaria l’idea della supremazia delle minoranze agenti. Ponendo il problema insurrezionale con tali premesse risulta prioritario il momento pisacaniano dell’insurrezione armata, affidata non soltanto alla volontà politica delle minoranze agenti, ma anche all’utilizzo dei mezzi di distruzione forniti dal progresso tecnico-scientifico. Il congresso di Londra segna una svolta epocale nella storia dell’anarchismo perché, inaugurando, di fatto, l’età del terrorismo individualistico, dell’azione violenta delle minoranze agenti, della lotta diretta tra rivoluzionari e Stato consegna gran parte del movimento operaio al destino riformista, mentre, contemporaneamente, definisce l’identità politica del movimento anarchico come puro e solo movimento rivoluzionario. Nel 1881 M. accentua il suo anarco-comunismo criticando il collettivismo e polemizzando con Gnocchi Viani. In questo periodo è il solo esponente rimasto in Italia internazionalista di rilievo dal momento che Malatesta, Covelli, Cafiero, Ceccarelli sono all’estero. Una svolta importante nella vita di M. avviene nel 1883 quando nell’aprile gli è notificata l’accusa di cospirazione contro la sicurezza dello Stato in concorso con altri internazionalisti. È rinchiuso nelle carceri romane dove rimane fino al novembre dello stesso anno. Il processo si svolge a Roma tra la fine di gennaio e i primi di febbraio del 1884. Condannato a quattro anni di carcere, ricorre in appello e ottiene la libertà provvisoria. In questo periodo collabora alla “Questione Sociale” diretta da Malatesta. Nel frattempo la Cassazione conferma la sentenza della Corte di Appello a tre anni di carcere e M., prima che la sentenza diventi esecutiva, fugge in Inghilterra. Con l’esilio londinese M. inizia la seconda fase della sua vita; lentamente, ma irreversibilmente, viene ad assumere sempre più importanza la sua attività di teorico e di studioso a scapito della sua azione di propagandista.
 
Tra il 1885 e il 1887 pubblica una serie di opuscoli (Dell’anarchia o d’onde veniamo e dove andiamo, La fine del parlamentarismo, La nuova religione), dove sono trattati i problemi dell’ordinamento di una società comunista anarchica. Nel 1887 dà alle stampe a Napoli e a Londra la sua prima opera importante Socialismo o monopolismo? Il significato del testo appare subito chiaro dalle prime battute: la verità storica e politica del capitalismo è il monopolio, in quanto esso è l’anima del sistema economico vigente. La formazione del monopolio e la formazione del capitale, il monopolismo e il capitalismo sono la stessa cosa. In questo testo M. risente fortemente del concetto marxiano di “accumulazione originaria”, anche se l’influenza di Marx, che si ritrova nettissima anche in altre parti del volume, non intacca il concetto anarchico, mutuato da Prouhdon, secondo cui il monopolio è, prima di tutto, una categoria storico-universale, anzi, a dir meglio una categoria metastorica. Tra Marx e Proudhon si snoda l’analisi e la critica merliniana: da un lato il monopolio è l’approdo logico del capitalismo, dall’altro questo esito storico svela la natura ultima del sistema di dominio perché il suo principio informatore è unico essendo fondato sulla logica del comando e della gerarchia che si dà in quanto tale: in questo senso il monopolio è la valenza “politica” della sfera economica. Nel 1888 M. dà alle stampe un’ulteriore opera di economia politica, il Manualetto di scienza economica ad uso degli operai, che può considerarsi la traduzione propagandistica del precedente lavoro. Con il Manualetto M. amplia la riflessione sul comunismo anarchico, inteso come superamento del calcolo economico e come impossibilità di definire il concetto di valore; questa constatazione lo induce distinguere il comunismo anarchico tanto dall’economia politica classica, quanto da quella marxiana. Sempre nel quadro della riflessione sull’effettiva realizzabilità dell’idea anarchica, M. affronta un altro problema chiave, quello della capacità di autogoverno dei singoli, che implica a sua volta il concetto di una originaria bontà naturale. Con ciò egli si inserisce in un dibattito “classico” perché, mentre l’antropologia conservatrice sostiene che la natura umana è immodificabile, quella progressista nega tale convinzione. A partire da ciò M. contesta la tesi di Lombroso, secondo cui esistono delinquenti antropologici, cioè incurabili. Accusa la sua scuola antropologica di non aver studiato il rapporto uomo-società, con la conseguenza di omologare le leggi sociali a quelle naturali.
 
Nel 1889 M. partecipa ai due congressi operai internazionali che si tengono a Parigi. Da questi incontri, come è noto, uscirà il programma operaio internazionale di legislazione del lavoro, la proclamazione della festa del Primo maggio e l’annuncio della nascente Seconda Internazionale. Al congresso marxista non è data la possibilità a M. di presentare il suo ordine del giorno perché è espulso dopo una vivace discussione tra lui e gli organizzatori del convegno. Si consuma così, attraverso questa esclusione, una nuova spaccatura internazionale fra anarchici e seguaci di Marx. Nel 1890 dà alle stampe a Parigi un pamphlet di “controstoria” molto suggestivo ed efficace: L’Italie telle qu’elle est. L’opera, come in generale tutti gli scritti editi in francese da M., non ha grande circolazione in Italia: sarà, infatti, tradotta e pubblicata la prima volta molti decenni più tardi. Con questo lavoro, M. intende denunciare il carattere rapace della borghesia italiana e delegittimare agli occhi delle masse popolari il nuovo potere nato dalla rivoluzione risorgimentale. A suo giudizio la borghesia italiana è priva di radici e tradizioni proprie: non è, quindi, una vera classe imprenditoriale. La sua nascita e il suo sviluppo sono scaturiti da circostanze e iniziative altrui. M. utilizza ampiamente il concetto marxiano di accumulazione originaria, individuando nella storia d’Italia una sorta di cartina di tornasole, nel senso che questa testimonierebbe una volta di più come il capitale iniziale sia creato dalla borghesia con frodi e rapine. In questa ricostruzione storica, la lotta politica per l’indipendenza nazionale appare piegata alle aspirazioni del dominio economico capitalista e l’intera vicenda risorgimentale finisce per ruotare attorno allo scontro tra borghesia e proletariato. Ad accentuare il carattere rapace della classe borghese concorre anche la feroce “piemontizzazzione” che, specialmente nel Centro e nel Sud della penisola, segna l’effettiva prevaricazione del processo unitario a scapito delle grandi masse popolari mentre sancisce l’inconsistente legittimazione del potere monarchico. Nel rapporto decisivo tra Nord e Sud M. tocca una questione fondamentale della storia italiana: la genesi della modernizzazione capitalistica e il fallimento della rivoluzione democratica. Anticipa, sia pure di sfuggita, quel dibattito fra storiografia marxista e storiografia liberale che avverrà in Italia nel secondo dopoguerra, in quanto delinea un modulo storiografico che, per certi versi, si può definire gramsciano avant la lettre.
 
Nei primi mesi del 1890 M. è a Parigi e la sua attività rivoluzionaria è diretta soprattutto a preparare la giornata del Primo maggio, che sarà il primo tentativo di movimento generale su scala nazionale, l’avvio di un nuovo stadio nella storia degli scioperi e il formarsi dell’immagine dello sciopero generale come tratto essenziale della mentalità operaia, anche se la disparità di proposte in merito indica la varietà delle componenti e delle motivazioni che lo animano. L’azione di M. trova però una battuta d’arresto perché il 26 aprile viene arrestato a Versailles mentre sta distribuendo volantini molto violenti (nei testi, da lui redatti, si incitano i soldati a sparare contro i propri ufficiali: “sparate a chi vi comanda di sparare sul popolo”). Processato in contumacia - il dibattimento si svolge alla Corte d’Assise della Senna – M. è condannato a due anni di prigione e a tremila franchi di multa. Gli è notificato inoltre, ufficialmente, l’atto di espulsione dalla Francia. M. ripara a Malta insieme a Paolo Schicchi. A ottobre sbarca clandestinamente in Sicilia per prendere contatti con gli anarchici della regione al fine di prepare una giornata insurrezionale: non è escluso, infatti, che egli sia riuscito a far arrivare da Malta un carico di armi. In questi mesi di clandestinità, cerca di imprimere all’anarchismo italiano quella tendenza organizzativa che troverà la sua espressione collettiva a Capolago. Nel febbraio-marzo del 1891 si reca in varie parti della Germania con lo scopo di mettere in contatto gli anarchici tedeschi con quelli francesi e italiani in vista di una manifestazione internazionale e insurrezionale per il Primo maggio. In questo periodo inizia la sua critica al marxismo, pubblicando sulla «Société Nouvelle» alcuni importanti articoli sul socialismo tedesco e in particolare sulla dottrina di Marx. Si deve qui specificare che M. non deve essere considerato un revisionista, ma un critico del marxismo perché nega che il pensiero del comunista tedesco possa esprimere tutto il socialismo. A suo giudizio, infatti, il marxismo non è altro che una scuola del marxismo, la scuola autoritario-collettivistica. M. cioè non critica il marxismo per un “ritorno a Marx” com’è il caso di Sorel, né per l’erroneità di alcune sue previsioni e indicazioni, come è per Bernstein. Entrando nel merito delle sue critiche, osserviamo che la sua demolizione della dottrina marxista tende a essere generale. È, infatti, rigettato l’economicismo deterministico perché considerato scientificamente infondato (come infondate, a suo giudizio, sono anche le previsioni della proletarizzazione crescente). È respinta anche la teoria politica della dittatura del proletariato, in quanto giudicata mistificante; ugualmente mistificante è considerata l’idea della “fase di transizione”.
 
Nell’aprile del 1892 M. si reca negli Stati Uniti, rimanendovi sei mesi. Appena giunto a New York dà vita con Luigi Raffuzzi e Vito Solieri al periodico quindicinale «Il Grido degli Oppressi», giornale rivolto a denunciare le condizioni di vita in cui venivano a trovarsi gli immigrati italiani. Moltissimi sono gli articoli di propaganda scritti per il periodico, alcuni in seguito raccolti e ristampati a New York nell’opuscolo Perché siamo anarchici? Ritornato in Europa, M. porta a piena maturazione la critica delle tendenze individualiste e antiorganizzazioniste presenti nell’anarchismo, passando nel contempo dalla teorizzazione anarco-comunista a quella anarco-socialista, con un importante saggio che ha per titolo L’individualisme dans l’anarchisme. Per M. l’errore fondamentale e irrimediabile del comunismo anarchico sta nell’assurda presunzione di superare l’economia e nella fantastica credenza della possibilità di una società senza leggi economiche perché sostituite dal principio solidaristico. Contemporaneamente M. critica Spencer e il liberalismo, in modo particolare la concezione dell’homo oeconomicus quale idea antropologica fondata sulla convinzione dell’insuperabilità del mercato. La militanza anarchica di M. si conclude il 30 gennaio 1894, quando viene arrestato a Napoli dopo essere entrato clandestinamente in Italia con il progetto di raggiungere la Sicilia dove, da mesi, divampa un ampio e incontrollato moto sociale. Lo scopo, concordato con Malatesta, Cipriani, Malato e altri anarchici italiani, è di trasformare quest’agitazione in una vera insurrezione armata, dato che a loro giudizio i Fasci siciliani rappresentano un’occasione rivoluzionaria che non deve essere disattesa. M. finisce in carcere perché grava su si lui ancora la vecchia condanna a quattro anni inflittagli nel 1884. Grazie ad un’amnistia, esce però dalla prigione l’8 febbraio del 1896 e inizia a collaborare alla «Rivista di politica e scienze sociali» di Napoleone Colajanni.
 
M. è ancora lungi dall’abbandonare l’anarchismo, svolta che avviene nel 1897 a seguito della drammatica polemica con Malatesta. Si tratta, senza dubbio, del momento decisivo della sua vita di militante rivoluzionario perché inizia da questo momento un processo di revisione che lo porterà in breve tempo su posizioni socialiste-libertarie, per non dire di socialiste-liberali. È uno scontro lacerante, dato che si fronteggiano due inclinazioni opposte: l’intransigenza di Malatesta e la duttilità e la ragionevolezza di M. I temi del dibattito ruotano attorno al problema del rapporto fra anarchia, democrazia e liberalismo. Mentre M. afferma che il liberalismo costituzionale non può essere posto sullo stesso piano dei regimi assolutisti (per cui le garanzie liberali vanno considerate come un bene in sè), Malatesta ribadisce la volontà rivoluzionaria volta all’abbattimento del sistema borghese. La rottura tra l’ex anarchico e l’anarchico non impedisce che l’anno successivo M., in qualità di avvocato, difenda Malatesta nel processo di Ancona, come, nel 1900, difenderà Gaetano Bresci per il suo atto regicida. Nel 1897 M. dà alle stampe la sua opera principale, il libro che sintetizza il suo intero percorso intellettuale e politico: Pro e contro il socialismo. Già il titolo suggerisce un intento fondamentalmente critico: la proposta di una revisione della sostanza ultima del patrimonio scientifico, etico e ideologico del socialismo. Il perno fondamentale di questa revisione è costituito dalla distinzione fra essenza e sistemi socialisti, affermata come decisiva per far chiarezza epistemologica intorno al rapporto fra etica e scienza. Il proposito di M. è di formulare un concetto del socialismo in sé, di un socialismo che stia indipendentemente dai sistemi socialisti per attuarlo. L’obiettivo cioè è quello di enucleare il socialismo quale summa etica autonoma dalle teorie che si mettono in campo per attuarlo e giustificarlo. Il socialismo, che deve essere il risultato di tentativi e di correzioni continue, non può essere racchiuso in una forma prestabilita. E ciò che perché nessun modello a priori può contemplarne la verità. Il presupposto epistemologico di questa coniugazione fra socialismo ed etica deriva dalla definitiva consapevolezza dell’impossibilità di pervenire a formulare una concezione economica socialista che sia allo stesso tempo teoria della conoscenza scientifica e teoria della trasformazione sociale. È un riconoscere che non esistono un’economia borghese e un’economia socialista, bensì una scienza economica neutra e che soltanto chiedendo lumi a questo sapere è possibile dar corso ai princìpi della libertà e dell’uguaglianza. Secondo M. il socialismo è una tendenza del genere umano, e per conseguenza della storia; anzi, è la consapevolezza di questa tensione perché la storia di per sé non è creatrice di valori. Il socialismo, insomma, non è un’altra civiltà, un totalmente altro rispetto all’esistente, ma la risultante di una sintesi antinomica tra le ragioni dell’individuo e quelle della collettività (dunque un equilibrio sempre instabile), tra le istanze socialiste e quelle liberali. Siamo così alle vere origini del socialismo liberale, che dopo Proudhon trova proprio in M. la sua prima formulazione concettuale. Senza alcun dubbio egli deve essere considerato il vero precursore di questa dottrina. Il fondamento etico del socialismo liberale si esprime nella realizzazione della giustizia attraverso un doppio ordine di rapporti, di reciprocanza e di solidarietà, ordine che va distinto in giustizia retributiva e giustizia distributiva. La prima rappresenta i diritti dell’individuo, la seconda quelli della collettività. I due poli, individuo e società, costituiscono al tempo stesso una realtà antinomica e necessaria. Essi esprimono, a livello ideologico, uno statuto epistemologico preciso: l’accettazione, in campo economico, del soggettivismo edonistico dell’utilità marginale e la rivendicazione, in quello etico, della responsabilità personale. In questo rapporto dove l’individuo si fa carico dei doveri verso la società e la società riconosce all’individuo i suoi diritti inalienabili, sta il nocciolo speculativamente forte del socialismo liberale.
 
Salvo pochissime eccezioni, il libro di M. non ha pressoché risposta nel mondo politico e culturale socialista. La risposta più importante giunge comunque da Sorel, che interpreta le tesi merliniane in chiave volontaristica, anche se rigetta le critiche a Marx. M. l’anno seguente pubblica L’utopia collettivista e la crisi del “socialismo scientifico”, dove accentua la critica del collettivismo pianificatore propugnato dal socialismo statalista. Osserva che i socialisti non hanno un programma di ricostruzione sociale che non sia quello della statalizzazione dell’economia, la necessità di accentare tutti gli strumenti di produzione nelle mani dello Stato, come necessità di una società economicamente accentrata, pianificata e regolata dall’alto. Il che significa che il collettivismo è impossibilitato ad uscire dalla morsa inevitabile della burocratizzazione. Di qui l’idea alternativa di M. di coniugare il mercato e il socialismo. I compiti fondamentali di questo socialismo liberale devono consistere nel dare la possibilità a tutti di accedere ai mezzi di produzione e di scambio, seguendo le direttive fondamentali dell’insegnamento proudhoniano. Nel 1898 M. pubblica in Francia una terza opera Formes et essence du socialisme, che è in gran parte la rifusione di Pro e contro il socialismo e de L’utopia collettivista e la crisi del “socialismo scientifico”. Già dal titolo si può vedere come diventi a questo punto centrale la distinzione epistemologica fra etica e scienza, tanto, appunto, da costituire un emblema al volume: l’essenza del socialismo deve essere distinta dalle sue forme, che possono essere le più varie. Nell’opera, comunque, non vi è niente di nuovo rispetto ai lavori precedenti. Ad essa Sorel, che ne ha auspicato la pubblicazione, conferisce una grande importanza, premettendovi un’ampia prefazione nella quale annuncia pubblicamente il suo passaggio nel campo del revisionismo, così che l’influenza dell’italiano sul francese diviene a questo punto definitiva, come questi riconoscerà qualche anno più tardi.
 
Nel corso del 1899 M. dà vita ad un’importante iniziativa culturale: la pubblicazione della «Rivista critica del socialismo». Lo scopo è di gettare un ponte con la parte intellettualmente più viva e militante del movimento operaio, nel momento in cui, forte e improvvisa, scoppia a livello europeo la “crisi del marxismo”, vale a dire quel movimento revisionista che ha in Bernstein la sua figura più emblematica e famosa. La rivista merliniana, che si avvale della collaborazione di Sorel, Leone, Bernstein, Graziadei e molti altri, svolge una funzione informativa di eccezionale interesse perché innesca un dibattito di carattere economico e politico fino allora impensabile per il movimento socialista italiano. I problemi del socialismo internazionale sono visti con uno spirito meno provinciale e notevole risulta il tentativo di stabilire una problematica di collegamento fra l’analisi teorica e i compiti pratici. La battaglia di M. condotta con la «Rivista critica» non ha successo come è dimostrato dal fatto che il periodico chiude appena dopo appena un anno di vita. Lo scontro con gli ortodossi del socialismo è rappresentato dalla polemica con Antonio Labriola, letteralmente ossessionato dall’azione culturale dello stesso M., tanto da scambiare il movimento revisionistico per un complotto internazionale alimentato da spie e poliziotti. Il suo atteggiamento oscilla, infatti, tra una sottovalutazione teorica e un’enfatizzazione morale e politica. In tutti i casi l’azione censoria e diffamatoria del filosofo marxista contribuisce alla fine ad isolare M. dal partito socialista, impedendo così quella crescita critica cui aveva tanto bisogno il socialismo italiano. Con la chiusura della «Rivista critica» l’influenza storica e ideologica di M. perde peso ed egli si ritrova ancora più isolato di prima.
 
Alla fine del 1899 M. aderisce al partito socialista italiano. Nel corso del 1901 partecipa a Napoli, in qualità di candidato socialista, a due campagne elettorali: alle elezioni amministrative del novembre del 1901, nelle quali è eletto e quelle politiche di qualche mese successivo, dove invece viene sconfitto. Il momento più significativo della militanza di M. nel partito socialista è rappresentato dallo scontro con Filippo Turati: qui l’ex anarchico appare riformista nei fini ma rivoluzionario nei mezzi, mentre il capo dei socialisti italiani risulta riformista nei mezzi, ma rivoluzionario nei fini. M. contesta l’incoerenza di Turati con l’opuscolo Collettivismo, lotta di classe … e Ministero (Controreplica a F. Turati), Firenze 1901. A suo giudizio Turati, mentre afferma da un lato essere ozioso discutere intorno alla società futura, dall’altro quasi pretende aprioristicamente una fede nel collettivismo marxista per appartenere al partito socialista. In tutti i casi la polemica chiude la breve militanza di M. nel partito socialista, nel senso che le sue proposte non hanno alcuna fortuna presso la massa degli iscritti. M. partecipa l’anno seguente al VII congresso socialista nazionale che si svolge a Imola, nel quale ha inizio la lotta fra riformisti e rivoluzionari. Dopo il congresso di Imola, il suo impegno teorico e pratico subisce una battuta d’arresto che durerà vent’anni.
 
Da questo momento, progressivamente ma irreversibilmente, egli si stacca dall’attività politica militante fino a ritirarsi, dopo il 1904, a vita privata. Nel giugno 1907, in occasione del congresso nazionale degli anarchici, M. concede un’intervista alla «Stampa» di Torino. Per far conoscere il suo pensiero in merito a tali iniziative. Il testo appare con il titolo La fine dell’anarchismo?, titolo che rispecchia perfettamente il pensiero dell’intervistato perché M. afferma che l’anarchismo è destinato a finire. Nel primo dopoguerra M. si riavvicina al movimento anarchico. Dal punto di vista teorico, i suoi articoli militanti sulla stampa libertaria non costituiscono assolutamente nulla di nuovo rispetto a quanto egli aveva affermato vent’anni prima. Si tratta in sostanza della riproposizione di un atteggiamento scisso tra una versione “riformista” e una “rivoluzionaria”: verso gli anarchici assume un’ottica realistica e moderata, con le altre forze politiche di sinistra mantiene invece una critica inclinante al radicalismo.
 
Nel 1924 pubblica con le edizioni anarchiche di «Pensiero e Volontà» un opuscolo dal titolo assai significativo: Fascismo e democrazia, con una prefazione molto critica di Malatesta. M. dichiara, infatti, l’insuperabilità politica della democrazia, che risulta a suo giudizio l’opposto del fascismo, come la libertà è l’opposto dell’autorità. La riflessione sul fascismo si allarga l’anno seguente in un successivo volumetto ai rapporti tra potere politico e magistratura: Politica e magistratura dal 1860 ad oggi in Italia. La breve opera, pubblicata a Torino da Piero Godetti, è in sostanza una storia dei rapporti tra potere esecutivo e potere giudiziario, così come si sono svolti dall’Unità all’avvento del fascismo. In questi anni egli scrive molti altri lavori (articoli e saggi), che confluiranno in gran parte in un’opera postuma dal titolo Il problema economico e politico del socialismo. Qui tenta di delineare una sorta di “anarchia possibile”, utilizzando parte degli insegnamenti liberali visti in chiave relativistica e libertaria. Dopo le “leggi fascistissime” si ritira definitivamente a vita privata. Muore a Roma il 30 giugno 1930. (G. Berti)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; AD Paris, Cour de la Seine, dossiers du procedure, D2U/8/263 ; AGRB, Police des Etrangers, Dossiers individuels, n. 353. 081 (Merlino Saverio); Archivo storico del Ministero degli Affari Esteri, Polizia Internazionale, b. 8 Rappresentanze italiane in Berlino, Bordeaux, Bucarest, Budapest, Bruxelles, Buenos Aires. 1885-1891 e b. 39: Ambasciata in Londra. 1886-1894; asna, gp, bb. 414 e 745; ivi, Gabinetto Questura, bb. 42 e 48; Archivio di Stato Roma, Tribunale civile e correzionale. Processi penali 1884. Processo n. 29969, b. 4156, vol. I.
 
Biblilografia:
 
scritti di M.: Carlo Pisacane, Milano 1879; Vincenzo Russo, Milano 1879; Il popolo aspetta!, Milano 1880; Prefazione a S. Englander, L’abolizione dello Stato, Milano 1879; Dell’anarchia o d’onde veniamo e dove andiamo, Firenze 1887; La fine del parlamentarismo, Napoli 1887; Socialismo o monopolismo?, Napoli-Londra 1887; Manualetto di scienza economica ad uso degli operai, Firenze 1888; L’Italie telle qu’elle est; Paris 1890 (Questa è l’Italia, con pref. di F. Della Peruta, Milano 1953); Nécessité et bases d’un entente, Bruxelles 1892; Perché siamo anarchici?, New York 1892; La conferenza proibita. Democrazia-socialismo-anarchia, Roma 1897; Pro e contro il socialismo. Esposizione critica dei principi e dei sistemi socialisti, Milano 1897; L’utopia collettivista e la crisi del “socialismo scientifico”; Formes et essence du socialisme, Paris 1898; Collettivismo, lotta di classe…e Ministero (Controreplica a F. Turati), Firenze 1901; La difesa di Gaetano Bresci alla Corte d’assise di Milano, Paterson 1917; Fascismo e democrazia, Roma 1924; Politica e magistratura dal 1860 ad oggi in Italia, Torino 1925; Il lato fossile del socialismo contemporaneo. Lineamenti di un socialismo integrale, a cura di A. Venturini, Bologna 1945; Il problema economico e politico del socialismo, a c. di A. Venturini, Milano 1948; Concezione critica del socialismo libertario, a c. di A. Venturini e P.C. Masini, Firenze 1957; E: Malatesta-F.S. Merlino, Anarchismo e democrazia. Soluzione anarchica e soluzione democratica del problema della libertà in una società socialista, Catania 1974; Il socialismo senza Marx. Studi e polemiche per una revisione della dottrina socialista (1897-1939), a c. di A. Venturini, introduz. di V. Frosini, Bologna 1974. L’Italia qual è; Politica e magistratura dal 1860 ad oggi in Italia; Fascismo e democrazia, a c. di N. Tranfaglia, Milano 1974.
 
Scritti su M.: E. Ragionieri, Socialdemocrazia tedesca e socialisti italiani 1875-1895, Milano 1961; M. Galizia, Il socialismo giuridico di Francesco Saverio Merlino. Dall’anarchismo al socialismo (alle origini della dottrina socialista dello Stato in Italia, in Aspetti e tendenze del diritto costituzionale. Scritti in onore di Costantino Mortati, Roma 1977; N. Dell’Erba, Le origini del socialismo a Napoli (1872-1892), Napoli 1979; E. R. Papa, Per una biografia intellettuale di F.S. Merlino. Giustizia e sociologia criminale. Dal “socialismo anarchico” al “riformismo rivoluzionario” (1878-1930), Milano 1982; G. Landi, Malatesta e Merlino dalla Prima Internazionale alla opposizione al fascismo, “Bollettino del Museo del Risorgimento”, XXVIII (1983); M.R. Manieri, La fondazione etica del socialismo. F.S. Merlino, Bari 1983; A. Venturini, Alle origini del socialismo liberale. Francesco Saverio Merlino. Ritratto critico e biografico, con una scelta di scritti e una lettera inedita, Bologna 1983; M. La Torre, Malatesta e Merlino. Un dibattito su anarchismo, Democrazia e questione criminale, “Materiali per una storia della cultura giuridica”, XIV, 1984, pp. 125-162; G. Berti, Francesco Saverio Merlino. Dall’anarchismo socialista al socialismo liberale (1856-1930), Milano 1993. Opere di carattre generale: Una pagina di storia del partito socialista-anarchico. Il processo Malatesta e compagni innanzi al Tribunale Penale di Ancona e i recenti processi di Ancona e Castalferretti per le bombe ammaestrate, Castellamare Adriatico 1908; T. Tagliaferri, Errico Malatesta, Armando Borghi e compagni davanti ai giurati di Milano (Resoconto stenografico del processo svoltosi il 27, 28 e 29 lug. 1921), con una pref. di M. Mariani, Milano s.d [ma 1921]; L. Valiani, Dalla prima alla seconda Internazionale, «Movimento operaio», 1954, pp. 187-189; P.C. Masini, Gli internazionalisti. La banda del Matese (1876-1878), Milano 1958; Santarelli, ad indicem; Associazione Internazionale dei Lavoratori, 1a Conferenza. Risoluzione, in La Federazione italiana dell’Associazione Internazionale di Lavoratori. Atti ufficiali 1871-1880, a cura di P.C. Masini, Milano 1964; Woodcock G., L’anarchia. Storia delle idee e dei movimenti libertari, Milano 1966; P.C. Masini, La Prima Internazionale in Italia. Problemi di una revisione storiografica, in Il movimento operaio e socialista. Bilancio storiografico e problemi storici (Atti del convegno promosso da “Mondo Operaio” per il 70° del Partito socialista italiano, Firenze 18-20 gennaio 1963), Milano 1965; Id., Storia degli anarchici italiani da Bakunin a Malatesta (1862-1892), Milano 1969; G. Martinola, Il congresso anarchico di Capolago, «Bollettino storico della Svizzera italiana», LXXXI, 1969, f. IV, pp. 182-189; J.C. Cahm, Le mouvement anarchiste en Angleterre, “L’Europe en formation (Anarchisme et Federalisme)”, oct.-nov. 1973; R. J. Vecoli, “Primo Maggio” in the United States: an invented tradition of the Italian Anarchists, in May Day celebration; Id., Emigranti italiani e movimento operaio negli USA, «Movimento Operaio e Socialista», 1976; Id., Italian American Workers: 1880-1920: Padrone Slaves or Primitive Rebels?, in Perspectives in Italian Immigration and Ethnicity, New York 1977; F. Bedarida, Sur l’anarchisme en Angleterre, in Mélanges d’histoire sociale offerts a Jean Maitron, Paris 1976; G. Cerrito, Dall’insurrezionalismo alla settimana rossa, Firenze 1977; Id., Andrea Costa nel socialismo italiano, Roma 1982; P.C. Masini, Storia degli anarchici italiani. Da Bakunin a Malatesta, Milano, 1969 e Id., Storia degli anarchici italiani nell’epoca degli attentati, Milano, 1981; E. Civolani, L’anarchismo dopo la Comune. I casi italiano e spagnolo, Milano 1981; R.J. Vecoli, The Italian Immigrants in the United States Labor Movement from 1880 to 1929, in Gli italiani fuori d’Italia. Gli emigrati italiani nei movimenti operai dei paesi d’adozione 1880-1940, a cura di B. Bezza, Milano 1983; S. Di Corato, Magistratura, anarchici e governo. La vicenda della banda del Matese, «Rivista di storia contemporanea», XIII, 1984, pp. 332-334; Uniti sotto le rosse bandiere. Storia e cultura del Primo Maggio 1886-1922, Milano 1986; M. Antonioli, L’individualismo anarchico, in M. Antonioli, P.C. Masini, Il sol dell’avvenire. L’anarchismo in Italia dalle origini alla Prima Guerra mondiale, Pisa 1999; M. Toda, Errico Malatesta da Castel del Monte alla banda del Matese, in Movimenti sociali e lotte politiche nell’Italia liberale. Il moto anarchico del Matese, Atti del convegno di San Lupo 24-24 aprile 1998, a c. di L. Parente, Milano 2001.

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181

Note

Paternità e maternità: Antonio e Giovanna Colarossi

Bibliografia

2004

Iconografica

Bibliografica

Persona

Collezione