MENICHETTI, Primo
Tipologia Persona
Intestazione di autorità
- Intestazione
- MENICHETTI, Primo
Date di esistenza
- Luogo di nascita
- Castel di Pietra
- Data di nascita
- September 19 1895
- Luogo di morte
- Massa Marittima
Biografia / Storia
- Nasce a Castel di Pietra (GR) il 19 settembre 1895, da Niccolò e Antonia Gamberucci, muratore. Entra nel movimento anarchico da ragazzo e fa parte del gruppo libertario di Gavorrano, insieme a Vittor Ugo Rossetti, Amedeo Bernacci, Amos Lazzi, Ugo Martellacci e Fortunato Ferrarini, ed è in contatto, prima della Grande Guerra, con l’anarchico grossetano Ugo Pacini, uno dei fondatori del Circolo Germinal del capoluogo provinciale. Chiamato alle armi nel 1915, viene arruolato nel 18º rgt bersaglieri ed è ferito tre volte in combattimento. Dimesso dall’Ospedale militare di Pisa il 2 ottobre 1917 e mandato a casa per una convalescenza di 30 giorni, non si ripresenta al reparto, e diserta. Il 4 novembre «Il Risveglio», che è il settimanale socialista di Grosseto, pubblica: “Primo Menichetti e Arsede Romboni (altro disertore) residenti a Castello di Pietra avendo terminato la loro licenza di convalescenza partono salutando le compagne e i compagni rivoluzionari intransigenti e inneggiando alla pace inviano al valoroso Risveglio lire 3,50”. Secondo la stampa conservatrice, che si occuperà di M. durante il processo di Firenze del 1919, la scelta dell’anarchico di Castel di Pietra sarebbe stata influenzata da Clitennestra Pighetti, una militante socialista, fondatrice della Lega operaia di Casteani, che sarà processata per favoreggiamento dei disertori e che era ricordata fino a qualche anno fa per aver tenuto, nelle piazze o nelle sezioni, dei comizi sovversivi, salendo su un tavolo per parlare. Donna di notevole bellezza e di indubbia fierezza, la Pighetti suscita, per il suo impegno, la curiosità dei cronisti, che ci ricamano un po’ sopra e la descrivono come “una ragazza imbevuta di idee anarcoidi che nelle sue lettere si firma quale compagna di fede e dice d’amarlo perché è forte e ribelle...” Raggiunte le macchie di Tatti, M. aderisce alla “Banda del Prete”, un gruppo di disertori, che tentano di creare un’organizzazione militare, dopo l’arrivo di Curzio Iacometti, un anarchico di Monterotondo Marittimo, soprannominato “il Prete” per gli antichi studi nel Seminario di Volterra. È Iacometti a invitarli ad abbandonare l’esistenza stentata e miserabile, che li ha costretti spesso a sfamarsi con le radici, e a sollecitarli ad attaccare le fattorie della zona per espropriare gli agrari. La Banda, che attribuisce a M. il grado di tenente, assale la villa della famiglia Rovis, alla Cura di Massa, si fa consegnare denaro ed effettua alcune rappresaglie contro le spie, che infestano l’area. Per debellarla le autorità inviano a Massa Marittima, nella primavera del 1918, venti compagnie di carabinieri, che riescono rapidamente a catturare una parte dei disertori, mentre altri si costituiscono, data la soverchiante superiorità dei militari. Quanto a M., accerchiato il 9 aprile alla Porcareccia di Tatti, si arrende, dopo aver cercato di resistere, e si comporta, in seguito, con molta dignità, come farà anche al principio del 1919, davanti al Tribunale militare di Firenze, che lo chiama a rispondere del reato di diserzione e di quello di grassazione. I giornali riferiscono che M. “depone con fare risoluto, dimostrando di misurare le sue dichiarazioni”, e nega di aver capeggiato i disertori di Prata e di aver organizzato una spedizione alla Collacchia contro un esercente, che “faceva la spia ai disertori e doveva essere punito...” Nelle stesse circostanze, precisa che Curzio Iacometti non ha letto un proclama, ma una pubblicazione sovversiva, e dice che alla rappresaglia della Collacchia “c’erano tutti quelli che hanno confermato di esserci, questo lo posso dire, ma non dico di più”. L’accusa chiede 9 condanne a morte (per Zaccaria Martini, Angiolino Lelli, Luigi Persi, Emilio Sacripanti, Giuseppe Sandri, Italiano Giagnoni, già condannato all’ergastolo per altra diserzione, Chiaro Mori, Curzio Iacometti e Giuseppe Maggiori) e 7 condanne all’ergastolo (per M., Ariosto Sini, Italo e Florindo Sili, Aristide Corsini, Giuseppe Soldatini e Secondo Granelli) e M. si vede infliggere il carcere a vita, malgrado il tentativo del suo difensore di distinguere la sua posizione di “eroico bersagliere ferito tre volte” da quella del “Prete”, a cui affibbia l’epiteto di “barbaro”. La Pighetti, invece, è assolta dall’accusa di favoreggiamento. Qualche mese dopo M. scrive dal carcere una lettera a un anarchico di Gavorrano: “Non ti fo scuse sul mio perpetuo silenzio. Da che caddi nel cratere del vulcano umano, gettatovi dalla follia bestiale della guerra, non mi sono sentito più carezzare dalle dolci parole che elevano gli uomini in pace, ma dalla forza prepotente del mostro: il militarismo. Ho visto l’umana strage. Il colore vermiglio del sangue che ha per 4 anni bagnato il terreno di questa misera terra, ha tutto e tutti sconvolto. Al povero soldato fu apprestato l’odioso teatro della guerra con tutti i suoi episodi di feroce contesa. Un teatro grandioso, dove l’umanità si è cozzata incosciamente, versando il suo sangue migliore da cento ferite, e dando agli spettatori il magnifico spettacolo del ridestarsi dell’istinto aggressivo della natura dell’uomo. […] L’umanità allora con la sua forza si ribellerà a coloro che la gettarono nel baratro. […]. I giornali forcaioli ci calunniano: colpevoli, briganti, traditori! Mai un amico caro, mai un’unica parola! Ma voi, o compagni, […], diffidate ed aiutateci. Siamo caduti per il nostro ideale, ma risorgeremo ancor più fuori dall’abisso ove ci han gettati, il giorno immancabile e prossimo della comune redenzione. La nostra vita e la nostra libertà è nelle vostre mani. Aiutateci! Saluto i compagni al grido di: Viva l’anarchia”. Detenuto in vari reclusori per una decina d’anni, M. si stabilisce, dopo il rilascio, a Gavorrano, aprendovi un piccolo laboratorio di falegnameria come ricorderà più tardi Aristeo Banchi: “Un altro anarchico, che ho conosciuto, abitava a Gavorrano, alla Menga. Era alto, secco, la vita l’aveva indurito. Poco incline a rivedere le sue convinzioni, faceva per diletto – come Vittorio Alunno – il poeta. Era amico di Ugo Pacini, che conosceva da prima del ’15; venne a Grosseto nel ’43 e ci mise in contatto con i dirigenti toscani del Partito comunista. Si chiamava Primo Menichetti, aveva disertato durante la grande guerra. Era stato nelle macchie di Massa Marittima con altri disertori, poi, dopo la cattura, aveva trascorso molti anni in galera” . A guerra finita, M. torna nel movimento libertario, frequenta l’ex disertore Chiaro Mori, suo vecchio amico, partecipa al III° Congresso nazionale della fai (Livorno, 23–25 apr. 1949), diffonde per molti anni «Umanità nova» a Gavorrano, dove vive modestamente, quasi dimessamente, e collabora al Movimento italiano per la pace. C’è ancora chi lo ricorda mentre, in bicicletta, portava il giornale libertario a Ravi, a Caldana e a S. Ansano. Nel 1964 M. si ritira nella casa gereatrica “Falusi” di Massa Marittima, da dove continua a sostenere i giornali del movimento. Così il 20 agosto 1969 «Umanità nova» segnala di aver ricevuto da Massa M.ma, tramite Silvio Quintavalle, una sottoscrizione da M. Muore a Massa Marittima il 2 gennaio 1975. (F.Bucci - M. Gragnani - G. Piermaria)
Fonti
- Fonti: Simpatie in contanti, «Il Risveglio», 4 nov. 1917; AB, Tribunale militare territoriale di Firenze. Sentenza contro Martini Zaccaria ed altri 48 imputati, Firenze 1918; La banda armata dei disertori della Maremma toscana dinanzi al Tribunale militare di Firenze, «Il Nuovo giornale», 18 feb. 1919; Le richieste dell’avv. militare. Nove condanne a morte e 7 all’ergastolo, ivi, 28 feb. 1919; Severe condanne nel processo dei disertori, ivi, 12 mar. 1919; I disertori briganti della Maremma dinanzi al Tribunale militare di Firenze, «La Nazione», 19 feb. 1919; 20 feb. 1919; Gruppo anarchico di Gavorrano. Lamenti che giungono dalle tombe dei vivi, «L’Avvenire anarchico», 26 set. 1919; Elenco secondo delle proposte di cancellazione dalle liste elettorali politiche ed amministrativa per l’anno 1925, ACGav, IX.R, B4, 6.
Bibliografia: A. Banchi, Si va pel mondo… Il partito comunista a Grosseto dalle origini al 1944, a c. di F. Bucci e R. Bugiani, Grosseto 1993, pp. 56, 84; F. Bucci, Il mi’ paese è libero: tra testimonianze orali e carteggi: Follonica dal 1940 al 1945, Follonica 1996, p. 16; G. Sacchetti, Sovversivi agli atti. Gli anarchici nelle carte del Ministero dell’Interno. Schedatura e controllo poliziesco nell’Italia del Novecento, Ragusa, 2002, p.70.
Codice identificativo dell'istituzione responsabile
- 181
Note
- Paternità e maternità: Niccolò e Antonia Gamberucci
Bibliografia
- 2004