​MENGHI, Pio

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
​MENGHI, Pio

Date di esistenza

Luogo di nascita
Santo Stefano
Data di nascita
February 8 1866

Biografia / Storia

Nasce a Villa S. Stefano, frazione del Comune di Ravenna (facente parte delle cosiddette Ville Unite) l’8 febbraio 1866, da Marco e Luigia Rossi, bracciante. Residente nella vicina frazione di Campiano. Anarchico da sempre (“sin da fanciullo - riporta la sua scheda segnaletica, compilata dalla Prefettura di Ravenna il 13 dicembre 1897 - ebbe istillate dal padre le teorie anarchiche”), fondatore, intorno al 1882, del gruppo libertario di Campiano (forte, informa la medesima fonte, “di ben 45 soci”), è tratto in arresto il 23 agosto 1894 per avere “in occasione della decapitazione di Sante Caserio, affisso e distribuito manifesti anarchici ed esposto una bandiera con iscrizioni contenenti l’apologia dell’assassinio politico”. Sconta 18 mesi di domicilio coatto, prima nella colonia penale di Porto Ercole, poi alle Tremiti e a Ponza. Rimesso in libertà condizionata l’11 novembre 1896, può infine rientrare a Ravenna. “È da notare – rimarca ancora la Prefettura ravennate – che il 16 novembre 1896, tornato il M. in libertà […], non si peritò di dichiarare all’Ufficio di PS di Ravenna che egli avrebbe continuato a coltivare i suoi princìpi anarchici”. Nel dicembre del 1897, parte alla volta di Fiumicino (rm), per unirsi alla Società generale degli operai braccianti di Ravenna, ormai da molti anni occupata nell’opera di bonifica dell’agro romano. Le fatiche della bonifica, condotta dai braccianti romagnoli in condizioni ambientali disagevoli, esposti al rischio di contrarre le mortali febbri malariche, non impediscono evidentemente a M. di mantenere i contatti con i vecchi compagni né di seguire con partecipazione le vicende del movimento. Il suo nome compare, tra quelli degli anarchici di Campiano, in calce al manifesto “al popolo italiano” diramato dalla Federazione socialista-anarchica romagnola il 12 marzo 1898, e pubblicato da «L’Agitazione» di Ancona nell’aprile, per rivendicare il diritto alla libera associazione ed esprimere solidarietà a Malatesta e agli altri detenuti in attesa di processo per i fatti di gennaio nelle Marche. Nel novembre del ’98, rimasto disoccupato, l’anarchico romagnolo viene rimpatriato a Ravenna con foglio di via. Otto mesi dopo è però nuovamente a Fiumicino, dove si trattiene sino al novembre 1901 allorché, sempre per motivi di lavoro, deve trasferirsi a Grosseto, poi in provincia, a Gavorrano. Nel maggio del 1902 fa ritorno a Campiano. È eletto membro della Commissione di controllo della Federazione delle Leghe braccianti del Comune di Ravenna. Due anni più tardi figura fra i sottoscrittori in favore de «L’Aurora», il primo periodico anarchico ravennate, per il quale cura anche sporadiche corrispondenze, trattando di questioni sindacali bracciantili, spesso polemizzando con il foglio repubblicano «La Libertà» (non è da escludere, per lo stile e i temi affrontati, che siano da attribuire a M. anche alcuni scritti a firma Uno). Sono, questi, anni d’intensa azione organizzativa. Il 5 novembre 1905 M. partecipa al congresso di Massalombarda (che vede rappresentata la quasi totalità dei gruppi libertari della Romagna, di Bologna e del Ferrarese), indetto dalla redazione de «L’Aurora» allo scopo di approntare un programma comune, avente come punti qualificanti l’organizzazione e la mobilitazione sindacale, purché basata “sull’azione schiettamente rivoluzionaria”, l’antimilitarismo e l’intensificazione della propaganda tra le masse - onde contrastare l’egemonia socialista -, anche tramite la creazione di “luoghi di ritrovo serale e festivo” e di “biblioteche circolanti per l’istruzione e l’educazione” (Il nostro convegno, «L’Aurora», 11 nov. 1905). Poco tempo dopo, il 26 novembre, la Lega braccianti di Campiano, che ha in M. il suo massimo esponente, si fa promotrice di un’“adunanza antimilitarista” di tutte le associazioni bracciantili delle Ville Unite (cfr. «L’Aurora», 23 dic. 1905); mentre un appunto di Prefettura del 4 aprile 1906 dà notizia dell’avvenuta costituzione in Campiano di un circolo antimilitarista, di cui M. “è uno dei soci più influenti”. Accanto all’opera politica, M. prosegue nell’attività di cooperatore, tanto che nel giugno del 1906 entra a far parte, per conto della Federazione delle Leghe braccianti, di una commissione incaricata di valutare la possibilità di effettuare lavori di bonifica in Sardegna. Costantemente vigilato, risulta, negli anni che precedono il primo conflitto mondiale, dedito alla propaganda minuta, abbonato ai principali giornali “sovversivi”, non solo di tendenza libertaria e organizzatrice (come «La Demolizione», controversa rivista concettuale edita a Nizza dal teorico del sindacalismo rivoluzionario Ottavio Dinale), collaboratore occasionale de «L’Agitatore». Durante le “radiose giornate” del° maggio 1915 M. guida le manifestazioni neutraliste a Campiano ed è ancora lui portavoce degli anarchici locali al convegno emiliano-romagnolo del 31 dicembre 1916, promosso dal gruppo libertario bolognese “Emilio Covelli” presso la Camera confederale del lavoro di Bologna per concretare un piano di mobilitazione contro la guerra in atto e raccogliere fondi per la pubblicazione di un organo regionale (incontro che segna l’atto di fondazione della Unione anarchica emiliano-romagnola). “Sempre più pericoloso per l’ordine pubblico – riferisce di M. un’altra nota di Prefettura al 23 nov. 1917 -, è stato diffidato a mutare condotta, sotto comminatoria che, agendo diversamente, sarà sottoposto a provvedimenti di rigore”. Nell’immediato dopoguerra M. è vittima di un caso di abuso poliziesco la cui eco giunge fino in Parlamento. Suo figlio Colombo (avuto nel 1891 da Olimpia Baccarini, e come lui anarchico), accusato di diserzione con passaggio al nemico e condannato in contumacia alla fucilazione alla schiena, viene arrestato ad Innsbruck il 3 giugno 1919 (su di lui pende l’accusa di essere un agente provocatore bolscevico) e tradotto al carcere di Trento, da cui tuttavia riesce ad evadere, il 13 luglio. La Prefettura di Ravenna sospetta che sia M. ad avere “assai probabilmente provveduto a nascondere il figlio presso qualche compagno di fede” (riservata al Ministero degli Interni, 25 nov. 1919), e per questo dispone che il cinquantatreenne anarchico di Campiano venga pedinato giorno e notte da una pattuglia di carabinieri in borghese. Nel gennaio del 1920, alla ripresa delle sessioni parlamentari dopo le consultazioni politiche del novembre, il deputato socialista Umberto Bianchi presenta un’interrogazione al Ministro degli Interni, chiedendo ragione del perché “l’onesto cittadino Pio Menghi” sia sottoposto ad un simile trattamento vessatorio. È forse proprio per evitare ulteriori fastidi al padre che, il 6 aprile 1920, Colombo si costituisce al Distretto militare di Ravenna. Il Tribunale militare di Venezia lo assolverà per “non provata reità” dall’accusa di passaggio al nemico, condannandolo a due anni di reclusione (con sospensione della sentenza per cinque anni) per “diserzione semplice”. Questa penosa vicenda non ha però distolto M. dalle cure politiche. Nel dicembre del 1920 la Cooperativa braccianti di Campiano, da lui guidata, firma una sottoscrizione di 250 lire in sostegno di «Umanità Nova». Il 16 ottobre 1921 è presente al congresso di Forlì, riunitosi per cercare di ricompattare le fila del movimento anarchico romagnolo, messo a dura prova dall’offensiva squadristica. Il congresso decide la costituzione della Federazione anarchica romagnola e vota un documento per la “pacificazione operaia” in Romagna, nel quale s’invitano tutte le forze popolari a mettere da parte le reciproche rivalità per far fronte comune contro la minaccia fascista (cfr. Il Convegno anarchico romagnolo di Forlì, «Umanità Nova», 23 ott. 1921). Nel febbraio del ’23, anche per cercare di sottrarre se stesso e la propria famiglia alle ripetute angherie fasciste, M. si trasferisce di nuovo, stavolta in via definitiva, a Fiumicino. Con il consolidarsi della dittatura mussoliniana, dirada vieppiù l’impegno militante, restando nondimeno tenacemente fedele alle proprie idee. L’8 aprile 1928 è arrestato a Fiumicino “per offese a S.E. il Primo Ministro e al Regime Fascista”. Condannato dal Tribunale di Roma a un anno, due mesi e cinque giorni di reclusione (più 2.000 lire di multa), pena poi ridotta in appello, resta in carcere fino al 9 settembre 1928. Ormai anziano, conduce il resto della propria vita appartato, sempre sotto l’occhio vigile della polizia fascista. Muore a Fiumicino il 2 febbraio 1942. (A. Luparini)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen (e Menghi Colombo); Un ricordo di Pio Menghi, «Umanità nova», 2 febbraio 1964; E.D., Campiano di Ravenna. Dove operò Pio Menghi, ivi, 16 febbraio 1964.

Codice identificativo dell'istituzione responsabile

181

Note

Paternità e maternità: Marco e Luigia Rossi

Bibliografia

2004

Persona

Collezione

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