​MELANI, Alfredo

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
​MELANI, Alfredo

Date di esistenza

Luogo di nascita
Firenze
Data di nascita
April 9 1886
Luogo di morte
Arezzo

Biografia / Storia

Nasce a Firenze il 9 aprile 1886 in una famiglia di artigiani. Rimasto prestissimo orfano di entrambi i genitori, dopo aver frequentato le scuole elementari, si trasferisce a Milano dove svolge lavori avventizi ed inizia i suoi primi approcci con i vivaci ambienti anarchici di quella città ai primi del novecento. Nel 1907, assunto nelle Ferrovie dello Stato, rientra a Firenze dove si sposa con Assuntina Giannini. Dopo essersi trasferito prima a Roma e poi a Pistoia, nel 1915 si stabilisce ad Arezzo con la famiglia. Lavora come capo reparto verniciatore presso la SACFEM, grande stabilimento di costruzioni ferroviarie e meccaniche (detto il “Fabbricone”) che impiega un migliaio di operai durante la guerra. Nonostante le avversità della vita (rimane vedovo e con una piccola figlia) si impegna a fondo nell’attività politica e sindacale. È in stretto contatto con gli esponenti anarchici del Sindacato minatori del Valdarno Mario Mari e Attilio Sassi, con il gruppo “Pietro Gori” di Foiano della Chiana. Promuove, insieme a Ruggero Turchini, Ezio Squarcialupi, Guido Rossi, Guido Gherardi, Umberto Peccianti e Giuseppe Merli, la costituzione dell’USI ad Arezzo e ne diviene uno dei massimi dirigenti fra i metallurgici. Nel settembre 1920 partecipa all’occupazione del Fabbricane, assolvendo ai compiti di responsabile della gestione del reparto verniciatura, che eguaglia i risultati produttivi del periodo antecedente, e di organizzatore militare delle “guardie rosse”. Così lui stesso racconterà la sua esperienza: “[...] Noi ci si impadronì del Fabbricone [...] E facemmo il nostro lavoro per bene come sempre. E si mise una bandiera rossa in cima alla ciminiera. Ci andò un certo Gherardi a portarla su. Io ero insieme ai miei operai [...] Venne il Sassi dell’Unione Sindacale, Boldrini della Camera del Lavoro. Noi stessi si facevano i pattuglioni di vigilanza intorno al muro. Le armi le avevamo trovate. Anzi, vi racconterò questo: quando si occupò la fabbrica si andò in casa della direzione, dove abitava il Direttore; si frugò un poco e trovammo due rivoltelle e un fucile [...] In fabbrica, oltre al lavoro, si fecero le bombe. Le bombe furono fatte a fusione dal Bastanzetti, e noi si andava a prenderle lì, con la scorta, per portarle al Fabbricone, dove si ricaricavano e rifinivano. Facemmo bombe del tipo ‘Sipe’ e le ‘ballerine’. Erano bombe di quel periodo lì. Quando si rese il Fabbricone, noi si rientrò tutti a lavorare. Vennero i fascisti, e ci portarono via [...] E mi portarono in carcere. Le bombe, molte ne aveva trovate la polizia, ma non da me. Alcune noi si erano portate a Poti. Io e il Turchini ci si mise a ‘ripulire’ il Fabbricone... a ripulirlo, si può dire, perché avevamo i fucili e tante altre cose [...]”. Nonostante le perquisizioni domiciliari abbiano dato esito negativo, M. è arrestato nel maggio 1921 e denunziato insieme ad altri quarantotto operai per aver confezionato ed occultato bombe ed esplosivo. È così condannato a tre anni e tre mesi di carcere. Ne sconta la metà per intervenuta amnistia e rientra ad Arezzo, dopo essere stato detenuto alle Murate di Firenze, a fine dicembre 1922. Nel frattempo le squadre fasciste hanno completamente sgominato le organizzazioni operaie distruggendo anche la Camera del lavoro e la sede cittadina dell’usi. Ormai licenziato dalla SACFEM, M. mette su una piccola bottega da verniciatore con i cui proventi riesce a vivere con non poche difficoltà. Intanto non fa mancare il suo sostegno al Comitato di difesa libertaria, ai compagni in carcere e ai latitanti. Nel 1926 tenta invano di farsi rilasciare un regolare passaporto per espatriare. Nonostante sia continuamente sorvegliato quale irriducibile antifascista, risulta in corrispondenza epistolare con gli anarchici aretini Umberto Peccianti e Alberigo Graverini residenti in Francia. Inoltre non sfuggono all’occhiuto controllo della questura di Arezzo le assidue frequentazioni di M. con i vecchi compagni dell’USI Squarcialupi e Turchini rimasti in città. Il 2 maggio 1937, in località Ceciliano mentre si trova in un locale pubblico, viene aggredito dai fascisti e fatto segno di un fitto lancio di bicchieri rimanendo gravemente ferito alla testa. Durante la Resistenza aiuta la lotta armata antifascista e ospita nella propria abitazione le riunioni del cln provinciale. Nel dopoguerra si iscrive al pci e dedica parte del suo tempo allo studio delle culture sociali sovversive, delle espressioni artistiche libertarie. Muore ad Arezzo il 21 dicembre 1973. A pochi anni dalla sua morte, per ricordarne la figura e l’impegno culturale profuso viene istituito un Centro di documentazione e ricerca sul canto e le tradizioni popolari della provincia di Arezzo “A. Melani”. (G. Sacchetti)    

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; Id., ps, 1925, Arezzo; Archivio Storico Comune di Arezzo, 1921, b.963, XV.
 
Bibliografia: «La Nazione», 7 mag. 1921; «Umanità nova», 5 ott. 1921, Fascismo e polizia ad Arezzo. A quando il processo del Fabbricone?; ivi, 2 feb. 1922, Persecuzioni ingiustificate; ivi, 25 set. 1922, Licenziamenti in Arezzo; «Sempre! Almanacco n.2 di Guerra di Classe», s.l., 1923; A. Curina, Fuochi sui monti dell’Appennino toscano, presentazione di G. Salvemini, Arezzo 1957, passim; F. Nibbi (a cura di ), Antifascisti raccontano come nacque il fascismo ad Arezzo, prefazione di U. Terracini, Arezzo 1974, pp. 65-8, 83-4; Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico, a cura di F. Andreucci e T. Detti, Roma, 1976-19, ad nomen; E. Droandi, Arezzo distrutta, Cortona 1995; G. Sacchetti, Presenze anarchiche nell’Aretino dal XIX al XX secolo, Pescara 1999. 

Codice identificativo dell'istituzione responsabile

181

Bibliografia

2004

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