DOMASCHI, Giovanni Battista

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
DOMASCHI, Giovanni Battista

Date di esistenza

Luogo di nascita
Verona
Data di nascita
30/12/1891
Luogo di morte
Dachau
Data di morte
23/02/1945

Attività e/o professione

Qualifica
Operaio meccanico

Nazionalità

Italiana

Biografia / Storia

Nasce a Verona il 30 dicembre 1891 da Silvino e Giuditta Gelmini, meccanico; detto “Ciclo”. Nei primi anni della giovinezza milita nel psi, passando poi nelle file anarchiche dove, come scrive il prefetto di Verona nel profilo biografico redatto nel 1924, “è fiduciario locale del partito anarchico”. Già nel 1912, allora dipendente presso le officine ferroviarie, è segnalato come assiduo lettore de «L’Internazionale». Riformato dal servizio militare dopo un breve periodo nel 1916, si impegna nel movimento sovversivo della città e in particolare nell’attività della CdL, che dalla fine di febbraio del 1919 aderisce all’Unione sindacale italiana. Ha relazioni costanti con i compagni attivi nell’Unione sindacale italiana e nell’uai a livello nazionale.

In occasione del congresso provinciale della CdL sindacalista dell’ottobre del 1919 entra a far parte della Commissione esecutiva dalla quale in seguito si dimette, assieme ad altri anarchici, per contrasti con il gruppo dirigente, in particolare con il segretario Nicola Vecchi. Protagonista delle lotte operaie del dopoguerra, lo accompagnano le prime persecuzioni poliziesche. Viene fermato una prima volta nel luglio del 1919, in occasione dello sciopero generale internazionale, mentre prende parte ad alcuni picchetti di fronte agli stabilimenti. Nel 1920 fonda un Gruppo operaio anarchico con sede nel quartiere popolare di Veronetta, non lontano dall’abitazione e dal suo piccolo laboratorio da fabbro. Il 19 aprile 1921 è arrestato in seguito a un conflitto a fuoco con una squadraccia fascista a Ponte Pietra. Con lui è Giuseppe Boresi, anarchico di Ravenna, che muore in carcere per le percosse subite da parte della polizia. Il 26 maggio 1922 Domaschi viene quindi condannato a 15 mesi di carcere per possesso di bomba e rimesso in libertà per fine pena il 22 luglio successivo.

Nel dicembre del 1924 viene denunciato e poi condannato (2 lug. 1925) a cinque giorni di carcere per “abusiva colletta pro vittime politiche”. Nel febbraio del 1925 compie un viaggio in Francia. Al suo ritorno, durante una perquisizione, gli viene rinvenuta una lettera di A. Giovannetti con riferimenti a N. Modugno. Domaschi fa infatti parte di quel ristretto nucleo di militanti che tenta di mantenere in piedi l’Unione sindacale italiana e partecipa al Convegno nazionale clandestino (Genova 28-29 giu. 1925), in cui “riferisce il tentativo unitario nella sua città. Come sempre […] fallito per l’intolleranza e la supremazia delle frazioni politiche”. Il 13 novembre 1926 viene arrestato durante una retata di antifascisti: è l’inizio di un’odissea fra carcere e confino che lo vedrà risiedere o transitare da innumerevoli luoghi di detenzione durante tutto il ventennio fascista, sempre fedele alle idee anarchiche e protagonista di numerosi episodi di disobbedienza e di continui tentativi di fuga.

Assegnato al confino per un periodo di cinque anni, giunge nel novembre del 1926 nell’isola di Favignana. Agli anni del confino risale uno scritto in cui Domaschi, intervenendo sulle dispute ideologiche e tattiche nel movimento anarchico, lancia un appello all’unità degli anarchici per affrontare la gravità della situazione politica. Il testo è riprodotto da Ugo Fedeli nel periodico «Il ’94» del 26 ottobre 1946. Nell’aprile del 1927 viene trasferito nell’isola di Lipari, dove incontra Luigi Galleani e stringe una relazione con Maria Ciarravano, anche lei confinata. Dal confino riesce a mantenere una corrispondenza clandestina con alcuni compagni veronesi; attraverso una di queste missive chiede ad Achille Marinoni di nascondere una cassetta di bombe che si trovava nella sua bottega. Il 1° gennaio 1928 ottiene un permesso per la morte della madre: nei pochi giorni passati a Verona riesce a incontrare alcuni compagni, fra i quali lo stesso Marinoni.

Poco dopo il ritorno a Lipari viene qui arrestato in seguito alle indagini del Tribunale Speciale in cui viene coinvolto dalle dichiarazioni di Marinoni. Nella notte del 20 luglio, travestito da prete, evade dal carcere di Lipari con Mario Magri (indipendente), Giovanni B. Canepa (socialista), Alfredo Michelagnoli (comunista). Catturato con i compagni di fuga nell’isola il giorno successivo, viene trasferito nelle carceri di Milazzo. Processato dal Tribunale di Messina in novembre, è condannato a quattro mesi di carcere, trasferito a Roma, il 19 novembre subisce il processo davanti al Tribunale Speciale che lo condanna a 15 anni di carcere per aver “concertato di far sorgere in armi gli abitanti del Regno contro i Poteri dello Stato e di suscitare la guerra civile”. Gli altri condannati sono Marinoni, Umberto Bonetti, Giovanni B. Bercelli, Giovanni Braida. Inviato nel carcere di Fossombrone, viene trasferito nuovamente al carcere di Messina nel gennaio del 1929 per il processo d’appello per l’evasione di Lipari. Dal carcere di Messina evade il 16 febbraio con Antonio Spangaro, ma entrambi vengono catturati in città tre giorni dopo. Viene inviato al carcere di Milazzo e in seguito a Poggioreale. Per questa evasione gli aggiungono altri tre anni di carcere.

Dal 1929 il suo nome è inserito nella categoria i, che raccoglie i sovversivi “pericolosissimi”, ritenuti capaci di compiere attentati o atti terroristici. Nel novembre del 1929, durante il trasferimento al carcere di Fossombrone, tenta nuovamente la fuga ma viene scoperto. Nel 1930 in quel carcere occupa la cella accanto a quella di Gino Lucetti. Nel maggio 1931 subisce un processo per “offesa al culto cattolico” avendo impedito al prete di benedire la sua cella e venendo per questo condannato a un mese di carcere. In seguito a una dimostrazione che organizza con i compagni nel carcere per il 1° maggio 1932 viene trasferito a Piacenza, dove è in cella con Ernesto Rossi con il quale, nel novembre 1933, prepara un nuovo tentativo di fuga che viene però scoperto. Trasferito a Regina Coeli, stringe qui buoni rapporti con il gruppo dirigente di GL.

Nel febbraio del 1936, dimesso per fine pena, è nuovamente assegnato al confino nell’isola di Ponza. Qui, assieme ai comunisti Terracini, Secchia, Scoccimarro, ai giellisti Rossi, Bauer, Francello, Calace, Roberto, Traquandi e al socialista Pertini fa parte del gruppo dei “pericolosissimi”, continuamente sorvegliati con pedinamenti individuali. Il 10 maggio 1937, in occasione della partenza di Pertini dall’isola, lo abbraccia per salutarlo assieme a Roberto, Calace e Fancello, subendo un’ennesima denuncia e un conseguente arresto di tre mesi. Nel luglio del 1939 viene trasferito nell’isola di Ventotene dove, nel dicembre, gli vengono comminati altri cinque anni di confino.

Nel gennaio del 1941, per la prima volta, viene concesso il permesso alla sorella Rosa e al figlio Armando di visitare il confinato. Dopo la caduta del governo Mussolini entra nel comitato che chiede la liberazione degli internati; liberati i confinati degli altri partiti, Domaschi passa invece, con gli altri anarchici, da Ponza al campo di concentramento di Renicci d’Anghiari (AR). Disposto il suo proscioglimento il 6 settembre 1943, vi si trova ancora due giorni dopo, come testimonia una lettera inviata a «Il Corriere della sera» (in: «L’Adunata dei refrattari», 4 set. 1948, con nota di Giuseppe De Luisi), che ripercorre la sua lunga vicenda di anarchico e antifascista; riesce poi a ritornare a Verona, dove partecipa alla Resistenza entrando nel ii cln cittadino in rappresentanza degli anarchici. Compie missioni di propaganda, di organizzazione e di collegamento fra le formazioni partigiane. Proprio durante una di queste, il 14 luglio 1944, viene arrestato alla stazione di Caprino (VR) dalle Brigate Nere nell’ambito della retata che porta alla cattura dei membri del cln (con Domaschi vengono arrestati Francesco Viviani, azionista, Giuseppe Deambrogi, comunista, Giuseppe Marconcini, socialista, Paolo Rossi e Arturo Zenorini, delegati militari, oltre a Guglielmo Bravo, comunista, Angelo Butturini, socialista, Vittore Bocchetta, indipendente). Orrendamente torturato, dopo 20 giorni viene consegnato con gli altri arrestati alle ss e poi rinchiuso nel carcere degli Scalzi.

Qui, da dove era stato fatto evadere pochi giorni prima Giovanni Roveda, elabora un piano di fuga che non viene però messo in atto. Il 20 agosto viene trasferito – con Bocchetta, Bravo, Butturini, Deambrogi, Viviani e Zeviani – al campo di concentramento di Gues (BZ) e il 7 settembre, sempre con i compagni, subisce la deportazione nel campo di sterminio di Flossenbürg (Germania). Trasferito il 7 ottobre in quello di Dachau, vi muore il 23 febbraio 1945. (A. Dilemmi)
 

Luoghi di attività

Luogo
Verona

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; ivi, Tribunale speciale, b. 117, Processo Marinoni ed altri, ivi, Pubblica sicurezza, Conf. Pol., f. ad nomen; Internationaal Instituut voor Sociale Geschiedenis – Amsterdam, Fondo U. Fedeli, b. 141; Arolsen Archives. https://arolsen-archives.org, ad nomen; Così caddero i nostri compagni, «L’Impulso», 15 aprile 1955, p. 2.

Sitografie: Dictionnaire international des militants anarchistes, versione on-line, http://militants-anarchistes.info

Bibliografia: scritti di D.: Le mie prigioni e le mie evasioni, [1943-44], IISG, Fondo U. Fedeli, b. 141; scritti su D.: Giovanni Domaschi, «Il Comunista libertario», 10 lug. 1945; E. Rossi, Elogio della galera. Lettere 1930-1943, a cura di M. Magini, Bari 1968, p. 253; C. Ravera, Diario di trent’anni. 1913-1943, Roma 1973, p. 638; V. Faggi (a cura di), Sandro Pertini: sei condanne, due evasioni, Milano 1978, p. 290; F. Maggiulli, “Guerra di classe”. Uomini e lotte del sindacalismo rivoluzionario veronese (1919-1922), Tesi di laurea, Univ. di Padova, aa. 1981-82; T. Gaspari, Anarchici e dissenso popolare a Verona (1866-1900), Tesi di laurea, Univ. di Verona, aa. 1987-1988; V. Bocchetta, Spettri scalzi della Bra: Verona-Flossemburg anni 40-45, Verona 1989; M. Antonioli, Azione diretta e organizzazione operaia, Manduria 1990, p. 192; Id., Armando Borghi e l’Unione Sindacale Italiana, Manduria 1990, pp. 58, 152; I. Tibaldi, Compagni di viaggio. Dall’Italia ai lager nazisti. I «trasporti» dei deportati 1943-1945, Milano-Torino, F. Angeli-Consiglio regionale del Piemonte-ANED, 1994, pp. 95-97; M. Zangarini (a cura di), Il movimento sindacale a Verona, Verona 1997, ad indicem; E. Rossi, Nove anni sono molti. Lettere dal Carcere 1930-39, a cura di M. Franzinelli, Torino 2001, ad indicem; Il libro dei deportati, ricerca del Dipartimento di storia dell’Università di Torino diretta da B. Mantelli e N. Tranfaglia, promossa da ANED Associazione nazionale ex deportati, Milano, Mursia, 2009, Vol. 1, tomi 1-3, p. 779.

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