DIOMIRI, Virgilio
Tipologia Persona
Intestazione di autorità
- Intestazione
- DIOMIRI, Virgilio
Date di esistenza
- Luogo di nascita
- San Giovanni Valdarno
- Data di nascita
- January 1 1887
- Luogo di morte
- San Giovanni Valdarno
Biografia / Storia
- Nasce a San Giovanni Valdarno (Ar) nel 1887 in una famiglia di contadini. Minatore autodidatta, fin da ragazzo dimostra una grande passione per i libri e per le letture a sfondo sociale e libertario. Alterna il lavoro nei campi, in aiuto al padre Dario, con quello nelle miniere di Castelnuovo dei Sabbioni, dove riveste la qualifica di pompista e quindi di macchinista di locomotive. Qui si avvicina alle idee anarchiche e sindacaliste e subito dimostra eccezionali capacità di organizzatore e di propagandista. Nel 1909-10 è anche membro attivo del locale Comitato pro Ferrer e partecipa a varie manifestazioni anticlericali. Nonostante il regime di mobilitazione industriale in vigore durante la Prima Guerra mondiale, D. svolge una proficua attività sindacale ed è il primo dirigente locale dei minatori. Il “Segretariato generale delle forze minerarie del Valdarno aderenti all’Unione Sindacale Italiana” si costituisce nel dicembre 1916, nel corso di una riunione fra rappresentanti delle leghe. Eletto un comitato direttivo con D. che funge da segretario; si delibera di accettare la proposta di utilizzare il periodico di Carrara «Il Cavatore» quale organo di stampa. «Il Cavatore», organo della CdL di Carrara e provincia e – insieme – del Segretariato Minatori e affini del Valdarno, fa così la sua comparsa nella provincia aretina nel febbraio 1917. È il segno evidente del “ricambio” alla direzione del movimento sindacalista rivoluzionario, della nuova egemonia anarchica. «Il Cavatore» esordisce con un saluto “Ai fratelli delle miniere”, rivendicando per il sindacato pari dignità con le altre organizzazioni, ironizzando sulle “irrisorie conquiste” della precedente direzione riformista del movimento. L’obiettivo dichiarato è riunire le forze fra minatori e cavatori, dal Valdarno all’Elba alle Apuane. Fra il 1916 e il 1917 si succedono nella carica di segretario locale D. e il pugliese Enrico Meledandri. Date le condizioni di vita che perdurano fra i lavoratori del bacino, le assemblee dei minatori denunciano il concordato vigente stipulato dalla cdl di Firenze e, l’anno successivo, deliberano l’adesione in massa (5.000 tessere) all’Unione sindacale italiana. Di questa operazione sono artefici Riccardo Sacconi e Armando Borghi. Loro referenti locali sono D. e Francesco Tellini. È sul campo quindi che quest’ultima centrale sindacale si guadagna le simpatie delle preesistenti leghe. Si tratta di un’adesione che scaturisce dagli argomenti concreti della piattaforma rivendicativa: riduzione dell’orario, calmiere dei prezzi, prevenzione degli infortuni. Nel bacino minerario l’anarchismo si trova ad assumere una funzione essenziale di indirizzo nel movimento rivoluzionario. Il lunghissimo sciopero del 1919 rimarrà negli annali delle conquiste sindacali. Undici settimane di astensione dal lavoro, di manifestazioni e comizi, di riunioni e trattative defatiganti, vedono l’attiva partecipazione e il coinvolgimento di esponenti politici e sindacali, anarchici e socialisti. Ciò mentre, quasi in ogni contrada d’Italia, dilaga la protesta popolare contro il caroviveri. Ma saranno soprattutto i minatori a tenere il proscenio, assistiti dai loro dirigenti locali Attilio Sassi, D., Mario Mari e dall’avvocato Libero Merlino, sostenuti dal segretario generale Borghi, dal responsabile nazionale dei minatori Riccardo Sacconi (da altri esponenti dell’Unione sindacale italiana come Giuseppe Sartini, da Alberto Meschi) che intervengono di persona. “Contro i pescecani dell’Ilva e della Mineraria” e, soprattutto, “per più umane condizioni di lavoro” la mobilitazione operaia è coinvolgente, totale la solidarietà. Il memoriale presentato si caratterizza per le richieste di forti aumenti salariali, ma anche per una rivendicazione di enorme impatto nell’organizzazione produttiva: la riduzione drastica dell’orario giornaliero, a otto ore per gli esterni, a sei e mezza per chi lavora in galleria. Trascorso inutilmente il termine ultimo per una risposta della controparte, i lavoratori passano al metodo dell’azione diretta attuando in modo unilaterale le nuove turnazioni. Siamo al muro contro muro e la trattativa fra le parti non progredisce. La Mineraria accusa i suoi interlocutori di avanzare richieste assurde, fuori linea rispetto sia agli altri lavoratori italiani dell’industria (che si accontentano di 48 ore settimanali), sia nei confronti dei minatori del resto d’Europa, perfino di quelli della Russia bolscevica! La lunga guerra di posizione si conclude a Roma, alla presenza del ministro De Vito, con un “armistizio” e un comunicato congiunto delle parti. L’accordo porta la firma, per gli operai, di Sassi e Merlino. Per questi ha svolto un’approfondita ed erudita relazione D., espressione diretta del lavoro in galleria, scambiato per avvocato dai funzionari ministeriali. È la vittoria, incontestabile, dei minatori che ottengono persino il rimborso per la serrata. Il risultato che si consegue rappresenta un primato assoluto nel mondo del lavoro, in Valdarno e contestualmente nelle cave di marmo delle Apuane. L’orario giornaliero è stabilito in sei ore e mezza “a bocca di galleria” (“partendo dal poggio” per i cavatori), prevedendo anche un indennizzo per una parte del tempo impiegato per giungere sul posto di lavoro e per la consumazione del pasto. Per l’anno 1921 D. è individuato dalla direzione generale di Pubblica sicurezza quale pericolosissimo sovversivo. La provincia aretina risulta la quarta in Italia per presenza anarchica, dopo Carrara, Pisa e Ravenna: “Prospetto delle forze anarchiche [...] Arezzo 640 circa aderenti”. All’assalto fascista del marzo 1921 seguirà il terrore. Le case del popolo e le cooperative sono distrutte in tutto il Valdarno. I minatori cercano invano di difendersi e si rendono protagonisti di diversi episodi insurrezionali. Alla sconfitta del movimento operaio segue l’incarcerazione di molti militanti, e l’esilio. D., non direttamente coinvolto in questi fatti, rimane a San Giovanni. Nel periodo fascista subisce 47 arresti e 23 perquisizioni. Gli squadristi gli incendiano la casa ed è vittima di un’aggressione a sangue che gli costerà un’invalidità permanente all’occhio destro. Licenziato dalla miniera si trova costretto a cambiare mestiere e diventa spalatore di sabbia silicea nei boschi della zona, un lavoro molto duro che gli procurerà ulteriori gravi danni fisici. Nel 1942 risulta ancora sotto la stretta sorveglianza degli organi di polizia. Nel dopoguerra riprende l’attività di sindacalista a fianco di Sassi e Mari. È delegato, per il Valdarno, al congresso nazionale costitutivo della Federazione Italiana Minatori e Cavatori (fimec), a Firenze nel dicembre 1945, e al i congresso interprovinciale (aretino-fiorentino) della medesima federazione che si tiene a San Giovanni nel novembre dell’anno successivo. Nel 1946 si iscrive al PCI, ma “conservando integro il vecchio spirito rivoluzionario”. Ridotto a totale infermità continua a studiare e a tenersi in corrispondenza con i vecchi compagni. Nel dicembre 1958 scrive un’affettuosa lettera a Borghi che viene pubblicata su «Umanità nova». Muore a San Giovanni Valdarno l’11 febbraio 1966. (G. Sacchetti)
Fonti
- Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; ivi, maic, cc Mobilitazione Industriale, b.21, Comitato Regionale Toscana, Verbali, 1918; ivi, Pubblica sicurezza (1921), f. Arezzo; Archivio Storico dell’enel P. Ginori Conti, Firenze, Società Mineraria del Valdarno, f. Documentazione attività sindacali; Archivio cgil, San Giovanni Valdarno; «Sempre! Almanacco di Guerra di classe», (Fi) 1° mag. 1917; «Rivista del servizio minerario», 1919, passim; «Sempre!, Almanacco n. 2 di Guerra di classe», 1923; «Il Piccone», (Fi), 31 dic. 1945; Lettere che bisogna far leggere [V. Diomiri ad A. Borghi, San Giovanni Valdarno 18 dic. 1958], «Umanità nova», 18 gen. 1959.
Bibliografia: A. Sassi, Errico in Valdarno, «UN», 6 dic. 1953; P.G. [G. Peluzzi], Agitazioni operaie nell’Aretino, ivi, 31 ott. 1954; A. Sassi, Agitazioni passate, ivi, 16 ott. 1955; G. Verni, L’USI in provincia di Arezzo, «Volontà», n. 5, 1973; B. Miliciani, L’Unione Sindacale Italiana nelle lotte operaie aretine (1919-1921), tesi di laurea, Univ. di Siena, aa. 1979-’80; G. Sacchetti, Sovversivi in Toscana (1900-1919), Todi 1983; I. Biagianti, Sviluppo industriale e lotte sociali nel Valdarno superiore (1860-1922), Firenze 1984; M. Antonioli, Armando Borghi e l’Unione Sindacale Italiana, Manduria 1990; C. Andreini, F. Dringoli, Lavoro, sindacato e lotte sociali nel Valdarno superiore (1943-1991), San Giovanni Valdarno, 1992; I. Tognarini, S. Nannucci (a cura di), Una comunità valdarnese tra antifascismo, guerra e ricostruzione, Napoli 1995; G. Sacchetti, Camicie nere in Valdarno, Pisa 1996; Id., Sindacalisti e anarchici: il socialismo rivoluzionario valdarnese e aretino, «Annali Aretini» (iv) 1996; Id., Ligniti per la Patria, Roma 2002, ad indicem.
Codice identificativo dell'istituzione responsabile
- 181
Bibliografia
- 2003