​MELANDRI, Giuseppe detto Fabio

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
​MELANDRI, Giuseppe detto Fabio

Date di esistenza

Luogo di nascita
Russi
Data di nascita
October 25 1879
Luogo di morte
Madonna dell'Albero

Biografia / Storia

Nasce a Russi (RA) il 25 ottobre 1879 da Battista e Enrica Guberti, sarto. Chiamato comunemente Fabio è inizialmente socialista. Partito per il servizio di leva il 26 marzo 1900, il 4 agosto di quell’anno viene assegnato ad una compagnia di disciplina “per manifestazioni contrarie alle istituzioni e propaganda sovversiva”. Durante quell’esperienza, che lo segna profondamente, matura la sua conversione all’anarchismo. Ottenuto il congedo, nel gennaio del 1903 si trasferisce a Ravenna, dove entra presto in contatto con la locale comunità anarchica.

Nell’aprile del 1904, con Pirro Bartolazzi e Ludovico Tavani, fonda il settimanale «L’Aurora», contribuendo in modo determinante a definirne l’indirizzo antiorganizzatore. Nei suoi numerosi articoli (firmati di norma Fabio Minimo), M. affronta questioni di ordine generale, che investono tanto le prospettive del movimento libertario quanto il rapporto con le altre forze “sovversive”, polemizzando in particolare con i repubblicani (cfr. Anarchici e repubblicani, 27-28 ago. 1904) e con la massoneria, fortissima a Ravenna e tradizionalmente radicata nei partiti popolari (cfr. A cosa tende la massoneria, 5-6 novembre 1904). Il suo maggior lascito a «L’Aurora» consiste tuttavia in una dettagliata inchiesta in otto parti (dal n. del 14-15 maggio al n. del 23-24 luglio 1904), intitolata I reclusori militari e le compagnie di disciplina, nella quale, basandosi sulle proprie dolorose vicende personali e sulle testimonianze di altri sventurati passati attraverso le medesime sofferenze, denuncia le nefandezze delle “cajenne militari”, e che gli vale, tra l’altro, l’attenzione di Ezio Bartalini, direttore del foglio antimilitarista genovese «La Pace», vicino ai sindacalisti rivoluzionari. L’impegno antimilitarista si traduce altresì in una serie di piccole iniziative di propaganda (distribuzione di volantini innanzi alle caserme ecc.), con conseguenti numerose condanne per “istigazione a delinquere”. Al periodo de «L’Aurora» risale inoltre il sodalizio di M. con Armando Borghi (un “compagno siamese”, lo definirà quest’ultimo, molti anni dopo). Con Borghi, M. è in prima linea nella polemica che oppone la redazione de «L’Aurora» agli individualisti, soprattutto dopo il fallito tentativo, da parte – come sembra – del gruppo anarchico ravennate “Carlo Cafiero”, di affidare la direzione del giornale a Massimo Rocca. Le idee degli stirneriani – scrive tra l’altro M. - sono “teoretiche […] in perfetta assoluta antitesi” con i princìpi anarchici (Per il nostro giornale, 28 lug. 1906); concetto ribadito nella breve ma significativa sua presentazione all’opuscolo Il nostro e l’altrui individualismo (Brisighella, 1907), raccolta degli scritti antindividualisti di Borghi. Allorché quest’ultimo, nel settembre del 1906, viene condannato ad un anno di reclusione per un articolo celebrativo di Gaetano Bresci da lui pubblicato su «L’Aurora» del 29 luglio 1906, è ancora M. – in qualità di amministratore del giornale – a farsi tramite tra l’anarchico di Castelbolognese, recluso nel carcere di Piacenza, e i compagni della provincia, che hanno aperto una sottoscrizione in suo favore, facendogli pervenire regolari aiuti in denaro. Nelle sue memorie, Borghi ricorda con gratitudine e affetto la sollecitudine dimostrata in quel frangente da M.; nondimeno, da una successiva lettera dello stesso M. alla nuova edizione de «L’Aurora» (Pei compagni di Ravenna e Ville, 6 marzo 1909) apprendiamo che l’episodio avrà uno strascico polemico. Accusato, infatti, di aver mal gestito la cifra messa a disposizione di Borghi, M. si difende energicamente, certificandone punto per punto i passaggi e sostenendo, non solo di non aver lucrato su quella somma, ma di vantare egli stesso un credito nei confronti della comunità anarchica ravennate.

In seguito, M. collabora a «L’Agitatore» (sicuramente nel 1910, con tutta probabilità anche oltre, essendo quasi certamente da attribuire a lui gli articoli firmati Minimo apparsi con una certa frequenza sull’organo bolognese nel biennio 1912-’13), mentre un’appunto della prefettura di Ravenna in data 11 febbraio 1913 lo indica tra i principali animatori del comitato cittadino “pro vittime politiche”. Richiamato alle armi nel maggio 1915, nel novembre del ’17 è ricoverato all’ospedale militare di Milano, “sospettato – annota la Prefettura ravennate il 10 novembre – di autolesione”.

Nel dopoguerra abbandona ogni attività politica, tanto che nel settembre 1929 il suo nome viene depennato dal registro dei “sovversivi”. Vive dunque un’esistenza appartata (pare tuttavia, come risulta da alcune testimonianze, che abbia più di un contatto con le prime formazioni partigiane operanti nel Ravennate, offrendo riparo ai ricercati, viveri ed armi ai combattenti), finché il suo nome non torna tragicamente alla ribalta nel tardo autunno del ’44. Le traversie della guerra lo obbligano infatti ad abbandonare il capoluogo romagnolo per riparare con la famiglia nella contigua Villa dell’Albero (oggi Madonna dell’Albero), ove trova la morte il 27 novembre 1944, trucidato dai nazisti con altre 56 persone, tra cui sua figlia minore Aminia, in quella che è la maggiore e più efferata strage nazifascista in provincia di Ravenna. (A. Luparini)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; A. Borghi, Fabio Melandri, «AdR», 13 ott.1945; Id., I militanti anarchici nella mischia. Fabio Melandri, «L’Aurora», 15 feb. 1947; Ricordando Fabio Melandri, «Umanità nova», 8 dic. 1957.
 
Bibliografia: A. Borghi, Vivere da anarchici, Bologna 1966, pp. 74-75, 270 e 278; Salvaste l’Italia, non morirete mai 1943-1945. Albo d’oro, a cura dell’ANPI di Ravenna, Ravenna 1951, p. 179; Borghi, ad indicem; P. Orselli, R. Cantarelli, 27 novembre 1944: la strage di Madonna dell’Albero, Ravenna 1977, pp. 29 e 42.

Codice identificativo dell'istituzione responsabile

181

Note

Paternità e maternità: Battista e Enrica Guberti

Bibliografia

2004

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