​MASTRODICASA, Leonida

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
​MASTRODICASA, Leonida

Date di esistenza

Luogo di nascita
Ponte Felcino
Data di nascita
23/01/1888
Luogo di morte
Hinzert
Data di morte
20/05/1942

Attività e/o professione

Qualifica
Operaio meccanico

Nazionalità

Italiana

Biografia / Storia

Nasce a Ponte Felcino, frazione di Perugia, il 23 gennaio 1888 da Liborio e Rosa Santovecchio, operaio meccanico. Proveniente da un ambiente familiare “sovversivo”, è avviato al mestiere di fabbro fin dalla giovanissima età. A sedici anni si trasferisce a Terni, lavorando alle Acciaierie ed entrando in contatto con il locale gruppo libertario. Fondatore del gruppo giovanile anarchico di Ponte Felcino, nel 1906 – dopo alcune ammonizioni – è arrestato e malmenato con altri compagni. Nel 1909 è chiamato per prestare servizio militare presso il Reggimento di Fanteria di Piacenza ma, dopo alcuni mesi, diserta rifugiandosi a Milano. In seguito ad amnistia, nel 1911 torna a Perugia, trovando impiego presso un’officina meccanica.

Poco tempo dopo è chiamato per la guerra di Libia, cui si sottrae disertando nuovamente, espatriando in Svizzera. Trasferitosi a Ginevra nel 1914, frequenta il gruppo anarchico di Luigi Bertoni che pubblica «Il Risveglio», avviando una collaborazione alla testata (che si protrae per un quindicennio) e distinguendosi come attivo antimilitarista. Rifiutatosi di rientrare in Italia per il richiamo in occasione del primo conflitto mondiale, è dichiarato disertore. Nel giugno del 1919, “a causa della sua turbolenta attività” è arrestato e successivamente internato nella colonia penitenziaria di Orbe. Nel novembre dello stesso anno è colpito da decreto di espulsione e rimpatriato con foglio di via obbligatorio.

Giunto a Perugia, non può allontanarsi dalla città poiché a disposizione del Tribunale Militare di Roma, in quanto renitente alla leva. Inizialmente inquadrato nel plotone Misto del Comando di Distretto, il 6 gennaio 1920 è assegnato al Deposito del 51° RGT-FTR. Mentre è accompagnato coattamente al Comando, si dilegua nuovamente; rintracciato il giorno successivo, è arrestato. Alla fine di gennaio è tradotto a Brindisi presso la Delegazione Intendenza Albania-Macedonia, per essere destinato ad un reparto di stanza in Albania. Colpito da malaria è ricoverato e, nel settembre dello stesso anno, ricondotto in Italia per essere aggregato al Distaccamento malarici di Arpino (FR). Dopo trenta giorni di convalescenza, nel dicembre 1920 è assegnato al 79° RGT-FTR di Venezia, con il grado di caporale.

Congedatosi nel gennaio 1921, torna a Perugia dove, grazie all’interessamento del fratello Maro (anch’egli anarchico), trova impiego alla SIAMIC (Società industrie aeronautiche e meccaniche Italia centrale). Alla comparsa dello squadrismo, si distingue nelle attività di resistenza attiva ma, apertamente osteggiato dalle autorità (in accordo con i fascisti locali), in aprile è denunciato – insieme ad altri – per associazione a delinquere e detenzione e fabbricazione abusiva di materie esplosive. Colpito da mandato di cattura, si rende irreperibile fino a che, nel novembre 1921, è assolto, unitamente ad alcuni degli imputati, per insufficienza di prove (il collegio di difesa è composto da Umberto Angeloni, Bruno Cassinelli, Tito Oro Nobili, Giuseppe e Francesco Sbaraglini).

Dal 1922 si stabilisce a Milano, lavorando presso alcune officine meccaniche. Alla fine del giugno 1925, prende parte ai lavori del convegno dell’USI, tenutosi a Genova. Nel maggio 1927 è diffidato e in ottobre espatria clandestinamente in Francia, grazie all’aiuto di alcune guide alpine che lavorano con il fratello Maro in Valle d’Aosta.

Dopo un breve periodo di permanenza a Marsiglia (dove si distingue come un esponente di primo piano del movimento anarchico locale, assieme a Giulio Bacconi, Angelo Diotallevi e Celso Persici), si stabilisce – raggiunto prima dalla moglie Linda Tellini e poi dalla figlioletta – nei dintorni di Parigi (in alcune località della Hauts-de-Seine) dove svolge un’intensa attività di organizzazione e propaganda, collaborando al periodico di tendenza organizzatrice «La lotta umana» (pubblicato dal gruppo Pensiero e volontà) e al giornale «Fede!», diretto da Virgilio Gozzoli e Luigi Damiani. Dopo la trasformazione del gruppo Pensiero e volontà in Comitato provvisorio per il riallacciamento delle forze comuniste-anarchiche e, successivamente (nel giugno 1930), nell’UCAPI, ne dirige l’organo, il quinicinale «Lotta anarchica», coadiuvato da Berneri e Bernardo Cremonini (insospettato confidente dell’OVRA e fonte primaria delle notizie riguardanti Mastrodicasa conservate nei fascicoli della PS).

Alcuni degli pseudonimi utilizzati segnalano il suo attaccamento al borgo natio: oltre a Mastro e Numitore, usa quelli di P. Felcino, e Maniconi (dal patriota risorgimentale Vincenzo, originario della frazione perugina). Tra i giornali che si avvalgono della sua collaborazione vi sono anche «Studi sociali» di Montevideo e l’«Adunata dei refrattari» di New York. Nel 1933 fa parte del Comitato nazionale pro vittime politiche d’Italia, e della LIDU. Dopo la costituzione del Gruppo d’intesa della regione parigina, nel novembre 1933, a conclusione dei lavori di un Convegno anarchico dei profughi italiani (cui partecipano anarchici provenienti da varie località di Francia e Svizzera, appartenenti a diverse tendenze), partecipa alla fondazione della FAPI, entrando, in dicembre, nella redazione del suo organo di stampa, «Lotte sociali», come esponente della tendenza organizzatrice.

Tra il 1933 e il 1935 è colpito più volte da decreti di espulsione, ma riesce sempre ad evitare il ritorno in Italia. Nel 1935 partecipa a riunioni con altri esponenti antifascisti (in particolare di Giustizia e Libertà) per preparare le mobilitazioni per il diritto d’asilo, proponendo l’attuazione dello sciopero della fame come strumento di protesta. In ottobre, è tra gli organizzatori del Convegno d’intesa degli anarchici italiani emigrati in Europa al quale partecipano una cinquantina di attivisti libertari, esuli in Francia, Belgio e Svizzera. Verbalizzato con lo pseudonimo di Leo, presenta una delle tre relazioni discusse, per poi entrare a far parte del neo costituito Comitato anarchico d’azione rivoluzionaria, unitamente a Berneri, Cremonini, Carlo Frigerio, Gusmano Mariani e Umberto Marzocchi.

Nel gennaio 1936 è arrestato per infrazione al decreto di espulsione ed impiego di falsi documenti d’identità e condannato a 15 giorni di carcere. Allo scoppio della guerra civile spagnola, si costituisce a Parigi il Comitato Anarchico pro Spagna, con il compito di stabilire le modalità per l’invio di armi e volontari per la Spagna; oltre a Mastrodicasa, ne fanno parte Gozzoli e Umberto Tommasini. Alla fine di settembre, a Mastrodicasa è anche affidato il compito di tracciare il nuovo programma della costituenda FAI. Partito per Barcellona in novembre, aderisce alla CNT-FAIb della capitale catalana, collaborando – dal gennaio all’agosto 1937 – al giornale diretto da Berneri «Guerra di classe».

Il suo nome figura in un elenco di volontari della Colonna Italiana Francisco Ascaso, in possesso della polizia fascista. Dopo lo scoppio della “guerra civile nella guerra civile” e l’assassinio di Berneri (con il quale condivideva l’abitazione), rientra in Francia verso la fine dell’estate. Il 25 e 26 dicembre 1937 partecipa, a Marsiglia, al Congresso nazionale degli anarchici italiani all’estero nel quale si decide di trasformare la FAI in UAI e di dotare quest’ultima di un organo di stampa, «Il Momento», da egli condiretto insieme a Gozzoli. A Mastrodicasa è anche affidato il compito di redigere il «Bollettino d’informazioni dell’UAI», che egli riesce a pubblicare fino al dicembre 1939, nonostante affetto da tubercolosi e ricercato dalla polizia francese per essere espulso.

Fallito il tentativo di sottrarsi all’espulsione arruolandosi (al pari di altri reduci “spagnoli”) nella Legione straniera, dopo la sconfitta militare francese partecipa all’organizzazione della Resistenza parigina. Agli inizi del 1941 si lascia catturare dalla polizia tedesca in cambio della libertà dei propri familiari, per poi essere deportato in Germania insieme a Giovanna Berneri e altri anarchici italiani. Internato nel campo di concentramento di Treviri, secondo le fonti di polizia muore di tubercolosi nella clinica ospedaliera Marien-Krankenhaus il 20 maggio 1942. Sepolto nel cimitero della città tedesca, nel dopoguerra il governo francese assegna alla sua memoria la Legion d’Onore di III classe in quanto “eroe partigiano”, riconoscendo alla moglie il diritto alla pensione come vedova di guerra; mentre l’amministrazione comunale di Perugia, nel 1968, intitola a suo nome una delle vie principali di Ponte Felcino. (E. Francescangeli)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; ivi, Divisione Polizia Politica, Fascicoli personali, ad nomen; AICVAS, Scheda biografica. Archivio storico della FAI, Fondo Bistoni; Arolsen Archives. https://arolsen-archives.org, ad nomen; Così caddero i nostri compagni, «L’Impulso», 15 aprile 1955, p. 2.

Sitografia: Dictionnaire international des militants anarchistes, versione on-line, http://militants-anarchistes.info

Bibliografia: U. Bistoni, Profilo di un combattente anarchico: Leonida Mastrodicasa (Numitore), «Umanità nova», 6 apr. 1968; L. Catanelli, Pagine di storia locale: l’antifascismo nei borghi perugini, in S. Bovini (a cura di), L’Umbria nella Resistenza, Vol. 1, Roma 1972, pp. 87-103; L. Bettini, Bibliografia dell’anarchismo, vol. 1 t. 2. Periodici e numeri unici anarchici in lingua italiana pubblicati all’estero (1872-1971), Firenze 1976; Convegno d’intesa degli anarchici italiani emigrati in Europa (Francia-Belgio-Svizzera). Parigi, ottobre 1935, Pistoia 1980; A. Lopez (a cura di), La Colonna Italiana, Quaderno AICVAS 1985; L. Brunelli e G. Canali, L’antifascismo umbro e la guerra civile spagnola, Perugia 1992; U. Bistoni, Leonida Mastrodicasa (Numitore). Un combattente per l’Anarchia, Perugia 1995; La Spagna nel nostro cuore. 1936-1939, Tre anni di storia da non dimenticare, Roma 1996, ad indicem; L. Di Lembo, Guerra di classe e lotta umana. L’Anarchismo in Italia dal Biennio rosso alla Guerra di Spagna, Pisa 2001, ad indicem; F. Bertolucci, Gli anarchici italiani deportati in Germania durante il Secondo conflitto mondiale, «A : rivista anarchica», aprile 2017, pp. 63-98.

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181

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