DI GIOVANNI, Severino

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
DI GIOVANNI, Severino

Date di esistenza

Luogo di nascita
Chieti
Data di nascita
March 17 1901
Luogo di morte
Buenos Aires

Biografia / Storia

Nasce a Chieti il 17 marzo 1901 da Carmelo e Maria Rosa Durante, tipografo. “Della sua giovinezza poco sappiamo. Un compagno che ci scrive da Buenos Aires ci dice che fu fin da piccolo intelligente, vivace, insofferente all’autorità familiare, e che i genitori lo tennero per qualche tempo in un istituto di Ancona” («L’Adunata dei refrattari», 28 mar. 1931). Studia da maestro ma non si diploma, insegnando comunque in un paesino abruzzese. Si forma una cultura politica leggendo Stirner, Proudhon, Bakunin, Kropotkin, Réclus, Nettlau, Malatesta e Nietzsche, e impara il mestiere di tipografo, probabilmente presso il vecchio tipografo anarchico teatino Camillo di Sciullo. Il 10 maggio 1919 si sposa con Maria Teresa Masciarelli (Masciulli o Santini), nel 1922 emigra a Buenos Aires e nel 1923 diventa cittadino argentino. Lo stesso anno fonda, con altri cinque compagni, il gruppo anarchico “Renzo Novatore” e il 1° luglio 1924 incita, dalle pagine de «L’Avvenire» di Buenos Aires, a distruggere le caserme, i tribunali, le chiese e tutti gli altri “idoli di cartapesta”. Il 20 ottobre rende omaggio a Matteotti, che, “immolandosi, si è purificato da ogni fazione, rendendosi all’ideale, che tutto emancipa” e il 25  subisce il primo fermo per aver partecipato a un tumulto durante un’assemblea operaia. Il 5 novembre scrive che Anatole France, appena scomparso, era un “cavaliere dell’umanità” e un “paladino della libertà”, e il 5 dicembre esalta “Renzo Novatore” (Abele Ricieri Ferrari) nel secondo anniversario della sua morte violenta. Il 25 aprile 1925 dedica un articolo a Proudhon, Mazzini, Bakunin e Marx e il 6 giugno è fra gli anarchici che riescono a entrare nel teatro Colón di Buenos Aires, dove si festeggia solennemente il 25° anniversario dell’incoronazione di Vittorio Emanuele III, e si mettono a gridare all’ambasciatore italiano e alle camicie nere: “Assassini! Ladri! W Matteotti!” e a lanciare dal loggione centinaia di volantini. Arrestato con altri compagni al termine di una violenta colluttazione, dichiara apertamente la sua fede politica e viene rilasciato dopo qualche giorno, e schedato come “temibile agitatore anarchico”. In seguito svolge molteplici attività rivoluzionarie e culturali: prende la parola a manifestazioni e assemblee, stampa e distribuisce volantini, allestisce una biblioteca circolante per i compagni di lingua italiana e crea la libreria Culmine che offre a basso prezzo opere libertarie. Il 1° agosto comincia a pubblicare la rivista «Culmine», che, al principio del 1926, trasforma in giornale, per far crescere “in seno alle masse italiane una vasta corrente rivoluzionaria e libertaria” e “mantenere vivo lo spirito d’avversione al fascismo”. Il periodico, che ospita articoli di Aldo Aguzzi, Tintino Persio Rasi, Enrico Arrigoni, C. Berneri, Gaetano Marino, Emile Armand, Gioacchino Bianciardi, Alexander Berkmann, Ugo Fedeli, Egisto Serni e Nino Napolitano, condanna l’“inferno bolscevico” ed è favorevole a un antifascismo esclusivamente anarchico e contrario al “garibaldinismo”. La mattina del 16 giugno D. assiste a un comizio in favore di Sacco e Vanzetti, durante il quale l’anarchico Antonio De Marco pronuncia un violentissimo discorso contro il governo statunitense e contro quello italiano e invoca maggiori “azioni individuali”. Verso le 23 dello stesso giorno una bomba di grande potenza esplode davanti all’Ambasciata degli Stati Uniti, aprendo una larga breccia nella recinzione e facendo crollare lo stemma americano. Nelle ore seguenti la polizia arresta molti sovversivi e qualche giorno dopo viene fermato e interrogato anche D., che ripete di essere anarchico, ma nega la sua partecipazione all’attentato. Costretto a procurarsi un domicilio che non sia conosciuto dalla polizia, riesce a trovarlo presso la famiglia Scarfò, di origine italiana, i cui figli Paulino e Alejandro saranno tra i suoi principali collaboratori e la giovane figlia América Josefina diventerà la compagna dei suoi ultimi anni di vita. Nei primi mesi del 1927 D. lancia un appello al sabotaggio per strappare Sacco e Vanzetti alla sedia elettrica, esalta l’attentato di Gino Lucetti a Mussolini, raccoglie aiuti per lui e per la sua famiglia e difende Pollastro, una delle figure più conosciute dell’illegalismo italiano. Nell’estate del 1927 D. pubblica un “fiero memoriale” di Vanzetti, solidarizza con Ascaso, Durruti e Jover, minacciati di estradizione dalla Francia, e invita i compagni a impedire l’espansione del fascismo in Argentina, poi, la notte del 22 luglio fa esplodere un tremendo ordigno a Buenos Aires, sotto il monumento a Washington, per protestare contro le condanne di Sacco e Vanzetti, e un’ora dopo piazza un’altra bomba sotto la sede della concessionaria della Ford, distruggendola. Schedato il 25 agosto dalla Prefettura di Chieti, che lo descrive come un giovane alto m. 1.70, di corporatura snella e dai capelli biondi, D. reclama, il 20 ottobre, il rilascio dell’anarchico Simone Radowitzky, detenuto a Ushaia da quasi 20 anni, e annuncia l’uscita di un opuscolo dedicato a Sacco e Vanzetti. Il 10 novembre chiede la liberazione degli anarchici spagnoli Guiot Cabanas e Climent Ferrer e torna a difendere Ascaso, Durruti e Jover. Il 26 novembre fa scoppiare un ordigno davanti alla fabbrica Combinados, “colpevole” di aver dato i nomi di “Sacco e Vanzetti” a una marca di sigarette per incrementare i propri affari, e il 24 dicembre mette una bomba nella sede della “National City Bank” di Calle San Martín, per vendicare Sacco e Vanzetti, ma la deflagrazione uccide due innocenti, un certo Taboada e la diciannovenne Angélica Magda Villar. Nelle sue attività terroristiche D. è coadiuvato dai due fratelli Scarfó, Emilio Uriondo, José Paz, Giulio Montagna, Silvio Astolfi, Giuseppe Romano, Agostino Cremonesi e Jorge Tamayo, alcuni dei quali confezionano con lui, nella primavera del 1928, un micidiale ordigno per ammazzare il console italiano di Buenos Aires, l’ex squadrista Italo Capanni. La bomba, posta nell’edificio la mattina del 23 maggio 1928, fallisce il bersaglio, ma fa strage degli emigrati, uccidendone nove e ferendone più di 30: “Un carnaio d’innocenti”, scriverà Aldo Aguzzi. Un’altra bomba, lasciata nella farmacia del presidente del sottocomitato fascista di Boca, viene disattivata da un bambino. L’eccidio suscita profonda pietà per le vittime e indignazione e orrore nei confronti degli attentatori e innesca una polemica asperrima in seno al movimento anarchico. Uno degli esponenti principali della Federación obrera regional argentina, l’intellettuale Diego Abad de Santillán, deplora su «La Protesta» di Buenos Aires, il quotidiano diretto da Emilio López Arango, che l’anarchismo si faccia conoscere per la sua capacità di assaltare le banche e di provocare “ecatombi criminali ed assurde” e segnala la presenza nelle file libertarie di giornali e militanti, che starebbero più “a loro agio in testa alle bande mussoliniane che in seno a un movimento che pretende di creare un nuovo mondo morale e di fondare una nuova vita sulla solidarietà, sull’amore e sulla giustizia”. Gli articoli di Santillán rendono furibondo D. e fanno nascere in lui il proposito di vendicarsi con le armi di chi lo critica sulla stampa, né bastano a distoglierlo da quella idea la solidarietà di Paolo Schicchi su «La Diana» di Parigi, le accuse degli “adunatisti” a Santillán di collusione con la polizia e le dichiarazioni, con le quali Aguzzi esclude che D. sia una spia o un provocatore. Dopo la strage del 23 maggio attentati e omicidi proseguono e il 14 ottobre D. tenta di far saltare una nave di un armatore che ha rifiutato ogni concessione alle maestranze in agitazione; il 14 novembre, giornata di sciopero generale per Radowitzki, un altro ordigno toglie la vita a un innocente accanto alla cattedrale di Buenos Aires e due bombe scoppiano a Rosario; il 25 aprile 1929 l’ex amministratore di «Culmine», Giulio Montagna, cade sotto i colpi di D., che lo riteneva un delatore; il 22 ottobre il vice commissario della polizia di Rosario, Juan Velar, noto torturatore di sovversivi, viene sfigurato da una scarica di pallini da caccia e il 28 ottobre Emilio López Arango è assassinato per vendetta. Tutti gli attentati sono ricondotti – in una forma o nell’altra – a D., che, in questa terribile stagione di sangue, continua a coltivare i progetti di importanti iniziative editoriali e trova il modo di rendere omaggio agli anarchici espropriatori Andrea Baby e Antonio Moretti. Il 20 gennaio 1930 viene ucciso a Rosario Agostino Cremonesi, un militante libertario, che da qualche tempo intratteneva “amichevoli relazioni” con la polizia, e i sospetti si indirizzano, di nuovo, su D., che, questa volta, respinge le accuse. Il 6 settembre il generale Uriburu instaura una dittatura militare in Argentina, avviando nel paese una dura politica di repressione antioperaia e sopprimendo i partiti, i sindacati, i giornali, i circoli, le associazioni operaie e di sinistra. La fine della democrazia non impedisce a D. di andare avanti per la sua strada, assaltando, il 2 ottobre, l’Opera sanitaria, dove rapina 286.000 pesos per autofinanziarsi, e impadronendosi poi di 23.000 pesos in una fabbrica di scarpe. Ma il cerchio intorno a lui si va chiudendo, qualche arrestato cede durante gli interrogatori e il 30 gennaio 1931 D. viene ferito e catturato nella fattoria di Burzaco. Processato con rito sommario, è fucilato la mattina del 1° febbraio 1931, insieme a Paulino Scarfó. (F. Bucci – G. Ciao Pointer – F. Palombo – G. Piermaria)
 

Fonti

Fonti: Archivio centrale dello Stato, Dipartimento di polizia politica, ad nomen; ivi, H2, b. 32. 

Bibliografia: O. Bayer, Severino Di Giovanni, l’idealista della violenza, Pistoia 1973; R. Arlt, Aguafuertes porteñas, in Obra Completa, Buenos Aires 1981, pp. 260-63; O. Bayer, Gli anarchici espropriatori e altri saggi sulla storia dell’anarchismo in Argentina, Cecina 1996.

Codice identificativo dell'istituzione responsabile

181

Note

Paternità e maternità: Carmelo e Maria Rosa Durante

Bibliografia

2015

Persona

Collezione