MASETTI, Agostino
Tipologia Persona
Intestazione di autorità
- Intestazione
- MASETTI, Agostino
Date di esistenza
- Luogo di nascita
- Ravenna
- Data di nascita
- November 25 1880
Biografia / Storia
- Nasce a Ravenna il 25 novembre 1880, da Romano e Lucia Nardi, facchino. Inizialmente socialista, si avvicina all’anarchismo perché contrario ai metodi gradualisti e legalitari del cooperativismo “baldiniano”. Attivo nel campo dell’organizzazione sindacale, M. è membro della Commissione di controllo della Camera del lavoro di Ravenna, nonché della locale Lega di resistenza tra facchini (nel maggio del 1902 viene eletto rappresentante di detta Lega al congresso nazionale di categoria). Per un breve periodo, a cavallo tra il marzo e l’aprile 1902, collabora a «Il Ribelle» di Ferrara, organo della Federazione socialista-anarchica romagnola, firmandosi Tino, suo abituale pseudonimo. Dalle carte di Pubblica Sicurezza, risulta che egli gode, all’interno del movimento libertario ravennate, di una “certa influenza”, che riceve regolarmente la stampa “sovversiva”, soprattutto il milanese «Il Grido della Folla» - di cui egli, pur non riconoscendosi in tutte le idee degli individualisti, si professa grande estimatore (cfr. «L’Aurora», 1-2 luglio 1905) -, ed è altresì in stretti rapporti con Armando Borghi e Domenico Zavattero (il quale, tra l’altro, convive con la sorella di lui, Aglae). Collabora assiduamente con «L’Aurora» (maggio 1904-marzo 1907), il settimanale anarchico ravennate diretto proprio da Zavattero (poi da Borghi). Nei suoi articoli, M. tratta per lo più di cronaca sindacale (le vicissitudini della Lega facchini, ma anche la questione bracciantile, centrale negli equilibri socio-economici della provincia), senza però disdegnare temi di ordine teorico generale, prendendo parte attiva al dibattito che oppone il giornale romagnolo– fautore di un anarchismo “moderatamente” antiorganizzatore – alla corrente organizzatrice gravitante attorno a «Il Pensiero» di Luigi Fabbri. Emblematico, sotto questo profilo, l’articolo A proposito del convegno di Forlì («L’Aurora», 5-6 agosto 1905), in margine ad un incontro, promosso il 27 agosto 1905 dall’Unione socialista anarchica forlivese d’intesa con «L’Agitazione» di Roma, per la ricostituzione di una Federazione socialista-anarchica romagnola. “Sono individualista – scrive M. in polemica con i compagni organizzatori forlivesi, in qualche misura riecheggiando le coeve posizioni di Borghi – perché ritengo di aver diritto di ragionare su tutto ciò che mi viene proposto, e di accettare solo quello che credo utile e buono. Accettata un’idea, non ho nessuna difficoltà di unirmi con altri individui […] che la pensano come la penso io. A questa unione non metto limiti, e siccome ritengo necessario per la traduzione in fatto dell’idea […] un continuo lavoro di propaganda, sono per l’organizzazione permanente degli anarchici, purché assolutamente libertaria, dal basso in alto, discentrata [sic], senza l’imperio di maggioranze o minoranze e tanto meno di individui”. Le pagine del settimanale anarchico ravennate ci dicono anche di suoi soggiorni – non altrimenti documentati – all’estero (lettera da Reinfemberg, datata 20 giugno 1905) e a Torino, ove si trasferisce presumibilmente nel gennaio del 1906. Dal capoluogo piemontese, M. invia regolari corrispondenze a «L’Aurora», e là viene arrestato e condannato a tre anni di reclusione, per aver aderito al grande sciopero generale del 2-7 maggio 1906, innestato dall’agitazione delle operaie del cotonificio Hoffman e conclusosi tragicamente con un eccidio proletario. Su «L’Aurora» del 2 marzo 1907 troviamo notizia di una sottoscrizione a favore suo e di Zavattero (anch’egli in carcere a Torino, con l’accusa di aver stampato e diffuso un volantino antimilitarista), promossa dagli anarchici di Ravenna. Scarcerato anzitempo, in seguito ad un’amnistia, rientra nel capoluogo romagnolo ai primi di marzo del 1909. Figura nella redazione di una risorta e presto abortita edizione de «L’Aurora», diretta da Giuseppe Gugino (febbraio-aprile 1909), quindi, a partire dalla primavera del 1910, intraprende una durevole collaborazione con «L’Agitatore» di Bologna. Nondimeno, proprio in quel periodo, i rapporti di M. con la comunità anarchica ravennate conoscono una seria crisi. All’insorgere dell’aspro conflitto per il possesso della macchine trebbiatrici, che funesta a lungo il Ravennate, mettendo gli uni contro gli altri lavoratori socialisti e repubblicani (causando anche la scissione della Camera del lavoro di Ravenna), M., pur simpatizzando per la causa dei primi, si oppone ad un impegno diretto degli anarchici in quella lotta - sostenuto invece dal gruppo de «L’Agitatore» -, temendo che ciò possa significare la compromissione dell’anarchismo con il riformismo socialista, che egli disprezza (e al quale non nasconde di preferire certo repubblicanesimo intransigente e barricadiero). Il dissenso con i compagni ravennati si spinge fino a indurlo a dichiarare di non aver “più nulla in comune” con essi («L’Agitatore», 21 ago. 1910). In realtà, la separazione si rivela di breve durata e M. rientra a tutti gli effetti nel movimento. Coinvolto nei moti della settimana rossa, e accusato di omicidio, fugge a Marsiglia, ospite del “cognato” Zavattero. Lo scoppio della guerra europea lo coglie dunque in Francia, e sono forse i contatti con l’emigrazione italiana a Marsiglia, attraversata da vibranti fermenti nazionalistici, e le emerse tendenze repubblicane, a spingerlo ad arruolarsi volontario nella Legione garibaldina di Peppino Garibaldi (cfr. «Il Resto del Carlino», 16 ottobre 1914; recante una lettera di M. dalla Francia, nella quale l’anarchico romagnolo si lamenta del trattamento al quale i volontari italiani sono sottoposti dalle autorità militari francesi, ed in particolare del fatto che la Legione italiana sia stata semplicemente inquadrata nella Legione straniera, dovendo così rinunciare alla propria autonomia). Conclusa quell’esperienza, M. rientra clandestinamente in Italia, “protetto – come informa la Prefettura ravennate - dai suoi compagni di fede”. Arrestato a Ravenna il 5 dicembre 1914, beneficia dell’amnistia concessa per i fatti del giugno, in tempo per aver parte alla campagna interventista. Divenuto infatti un acceso interventista (e per questo definitivamente in rotta con i vecchi compagni, che solo pochi mesi prima, nel corso della sua latitanza, lo hanno assistito e incoraggiato), nel febbraio del 1915 M. è tra i principali fautori del Fascio ravennate d’azione internazionalista, facente riferimento alla locale sezione del Partito repubblicano (cfr. «La Libertà», 20 febbraio 1915). Richiamato alle armi il 5 maggio 1916, cade in combattimento a Carso Ponte di Duino (TS), il 4 giugno 1917. (A. Luparini)
Fonti
- Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen.
Bibliografia: A. Luparini, Anarchici di Mussolini. Dalla sinistra al fascismo dalla rivoluzione al revisionismo, Montespertoli 2001, ad indicem.
Codice identificativo dell'istituzione responsabile
- 181
Note
- Paternità e maternità: Romano e Lucia Nardi
Bibliografia
- 2004