​MANZINI, Giuseppe

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
​MANZINI, Giuseppe

Date di esistenza

Luogo di nascita
Vicofaro
Data di nascita
October 7 1853
Luogo di morte
Cutigliano

Biografia / Storia

Nasce a Vicofaro (PT) il 7 ottobre 1853 da Giovanni e Giulia Martinelli, meccanico, orafo e orologiaio. Lasciato il liceo senza conseguire la licenza, abbraccia le idee mazziniane e frequenta i repubblicani Minuti e Gorini, come ricorderà Carlo Lotti il 5 aprile 1883, prima di unirsi agli internazionalisti. Collaboratore assiduo dei giornali «La Favilla», il «Sempre Avanti» e «La lotta di classe», dirige nel 1883 il periodico l’«Ilota» di Pistoia, che è favorevole all’alleanza fra i socialisti costiani e gli internazionalisti vicini a Malatesta.

Il 1° aprile 1883 il giornale di M. pubblica una lunga lettera dell’anarchico campano, che polemizza duramente con Andrea Costa, escludendo ogni possibilità di amalgamare le tendenze fra loro incompatibili dei legalitari e degli anarchici e invitando i compagni a “stringersi nelle file di quell’associazione, che i disertori di essa, dopo aver tentato di ucciderla, si affannano di proclamar morta perché in essa è la condanna della loro condotta, perché l’averla abbandonata punge forse con un rimorso la loro coscienza”. La lettera di Malatesta, che provocherà, il 5 aprile, un polemico intervento di Francesco Natta e di Francesco Pezzi, viene subito postillata da M., che chiarisce di non credere che Costa possa “viziarsi nel parlamento e recar danno al partito. Egli in un conferenza da poco tempo tenuta in Pistoia cercò di spiegare la sua linea di condotta dicendoci che la sua andata al Parlamento doveva servire più che altro ad uno scopo di propaganda […]. Noi, benché convinti che il parlamentarismo non possa giovare al nostro partito perché rivoluzionari, con tutto ciò ancora non possiamo disapprovare il contegno di Costa perché riteniamo che egli agisca nella convinzione di bene operare. Il tempo chiarirà tutto”.

Il 15 aprile 1883 M. risponde alla lettera di un repubblicano di Cecina, Carlo Lotti, che se i “repubblicani – socialisti o mazziniani” e i “socialisti assoluti” convergono nella necessità della rivoluzione, la differenza fra loro non è “tanto fine o leggera, come crede il Lotti, ma di sostanza e le due tendenze divergono là dove i repubblicani puntano ad associare il capitale e il lavoro e i “socialisti assoluti” vogliono sostituire alla proprietà individuale la proprietà collettiva della terra e degli strumenti di lavoro ed annientare il “potere privilegiato” e “dispotico”.  La replica riveste un certo interesse anche perché M. accenna alla sua evoluzione dall’“umanitarismo” all’anarchismo e chiarisce i motivi del distacco da Mazzini: “Principalmente diremo che se un tempo, spinti da sentimenti umanitari, cospiravamo contro le presenti istituzioni nelle file dei repubblicani, non però quali credenti nella fede di Mazzini, oggi, quantunque sempre giovani, che l’esperienza ci è stata maestra, che i bisogni del popolo sono maggiormente sentiti e che nuove idee chiare e positive ci sono state presentate alla mente non abbiamo potuto rimanere là dove se non bisognava arrestare il progresso se ne ritardava certamente i suoi grandi sviluppi. Noi abbiamo ammirato Mazzini, perché egli per noi rappresentava e rappresenta la costanza, il sacrificio e il disinteresse. Mazzini è uno di quei grandi geni ai quali ci siamo sempre mostrati riverenti e rispettosi; però è necessario osservare che per quanto la sua mente fosse continuamente fissa sopra un luminoso avvenire, pure qual mortale doveva inevitabilmente assoggettarsi ad una gran parte di quanto i tempi esigevano, ciò che vuol dire che seguendolo non si farebbe che rendere inutili tanti sacrifizi fatti da uomini generosi e ritardare il progresso di venti o trent’anni”.

Arrestato per aver apposto, ricordando Garibaldi il 2 giugno 1883, “alla corona commemorativa, l’iscrizione: “I socialisti pistoiesi a Giuseppe Garibaldi”, M. viene condannato a 15 giorni di carcere e a 100 lire di multa. Denunciato nel 1884 per aver espresso, in un manifesto pubblico, la propria solidarietà a E. Malatesta e a F.S. Merlino, condannati come malfattori dal Tribunale di Roma, si vede infliggere, il 23 agosto 1884, 10 mesi di carcere e 1500 lire di multa “per reato di manifestazione di voto e minaccia di distruzione dell’ordine monarchico costituzionale” e 4 mesi di reclusione e 400 lire di multa “per offese al rispetto dovuto alla legge dello Stato; reati commessi a mezzo stampa”. Il 30 giugno 1885 è condannato, in contumacia, ad altri 23 mesi di carcere e a 1400 lire di multa dalla Corte di assise di Firenze in quanto “colpevole di reato a mezzo stampa”. Amnistiato il 10 giugno 1887, è assegnato, il 20 dicembre 1894, al domicilio coatto per 5 anni dalla Commissione provinciale di Firenze, in base alla “legge Crispi”, e tradotto a Porto Ercole il 22 gennaio 1895. Prosciolto condizionalmente il 29 luglio 1895 e sottoposto a vigilanza speciale, si sposa con Leonida Mazzoncini e diventa padre, l’anno seguente, di una bambina, Gianna, la futura autrice della Sparviera e dello struggente, doloroso Ritratto in piedi, in cui ripercorrerà la vicenda di suo padre.

Trasferitosi, il 19 ottobre 1896, a Grosseto, dove lavora per il suocero Giuseppe Mazzoncini nel commercio dei salumi, M. cerca di distribuire nel capoluogo maremmano un opuscolo autobiografico intitolato “Porto Ercole”, che ha fatto stampare nella tipografia Martini di Prato, ma la pubblicazione è sequestrata. L’11 novembre 1897 il Ministero dell’Interno segnala che fra le carte sequestrate a E. Malatesta è stato scoperto il nome di M., insieme a quelli degli anarchici grossetani (quasi tutti schedati o in procinto di esserlo) Alessandro Carletti, Giuseppe Penni, Enrico Marcucci, Giuseppe Sartini e Enrico Bianciardi.

Separatosi dalla moglie e tornato a Pistoia nel marzo 1900, M. viene schedato il 7 giugno 1900: nel “cenno biografico” si legge che è persona alta m.1,70, di corporatura complessa, capelli grigi, fronte alta, naso tendente all’aquilino, baffi piccoli e brinati ed espressione fisionomica risoluta, che indossa abitualmente abiti decenti. Secondo il sottoprefetto di Pistoia, “riscuote cattiva fama nella pubblica opinione” ed è “di carattere piuttosto violento”, ha “discreta educazione” e “sufficiente intelligenza”, vive “con ciò che ricava dal commercio di oreficeria ed orologeria, a cui ora si è dedicato”, frequenta “per lo più i socialisti ed anarchici del luogo”, ha discreta influenza sugli anarchici, in Italia “ed anche all’estero”, ed è in corrispondenza con i compagni di fede, residenti a Londra, a Lugano e a Marsiglia. Propagandista attivo e capace, tiene verso le autorità “un contegno indifferente, ma rispettoso”, e “pel passato” ha  preso parte “a manifestazioni del partito, ma sempre a mezzo della pubblica stampa, sia con lo scrivere sui giornali che con firmare manifesti”.

Il 2 gennaio 1900 M. parla a Grosseto, a nome degli anarchici, all’inaugurazione della sala del circolo elettorale socialista, insieme ai socialisti Franceschi e Falconi, e approva un ordine del giorno, in cui si deplora “che il recente decreto d’amnistia non sia stato esteso a tutti i condannati politici” e si delibera “di riprendere con più forza la campagna in favore dei coatti politici e di Cesare Batacchi”. Il 30 giugno 1900 viene denunciato per incitamento all’odio fra le classi sociali, avendo cantato l’Inno dei lavoratori durante alcune conferenze pubbliche, da lui tenute senza preavvisare le autorità, il 21 marzo 1911 è incluso nell’elenco dei sovversivi pericolosi (al n.6575) e nel 1913 è segnalato perché fa parte del Gruppo libertario di Pistoia.

Alla fine del 1921 nel pieno della guerra civile che insanguina le strade della Toscana e del pistoiese tra fascisti e antifascisti le autorità decretano di inviare al "domicilio coatto" l'anziano M. e confinarlo a Cutigliano dove è costantemente e attentamente “sempre vigilato”. Nel piccolo comune dell'Altra Val di Lima M. maniene contatti epistolari con i compagni e con la figlia Gianna che risiede a Firenze.
Alla fine del settembre 1925 mentre rientra a casa a piedi nei pressi del ponte che attraversa il torrente Lima all'ingresso della strada che porta al paese è fatto segno di un aggressione da parte dei fascisti locali che gli lanciano diverse pietre con l'intenzione di ferirlo. Rientrato a casa, due giorni dopo, il 29 settembre 1925, viene colpito da infarto e muore all'istante. Alla figlia, prima di morire, ha chiesto “di avere sulla sua sepoltura due ciotole di miglio per gli uccelli”, perché cantino, “specie al tramonto e non per me soltanto”. Ai suoi funerali partecipato un piccolo nucleo di campagni anarchici e socialistri: Pietro Tonarelli, Aurelio Corsini, Antonio Lenzini, Oscar Bugelli, Bruno Fallaci e il professor Agnoletti. (F. Bucci, G. Ciao Pointer, A. Tozzi ).

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; F. Natta, F. Pezzi, Polemica, «Ilota», 8 apr. 1883; E. Malatesta, Ancora sulla riorganizzazione del partito socialista, ivi, 22 apr. 1883.
 
Bibliografia: Scritti di M.: Postilla a: E. Malatesta. Cari compagni dell’Ilota, «Ilota», 1° apr. 1883; Fra socialisti e repubblicani, ivi, 15 apr. 1883; Scritti su M.: G. Franceschi,  Grosseto, «La Martinella», 6 gen. 1900; G. Manzini, Ritratto in piedi, Milano 1971; Bettini 1, pp.29-30; L. Fava Guzzetta, Gianna Manzini, Firenze 1975; M. Binaghi, Addio, Lugano bella. Gli esuli politici nella Svizzera italiana di fine Ottocento (1866-1895), Locarno 2002, pp.406-407; A. Mori con la partecipazione di A. Bernardini e E. Baldassarri, Giuseppe Manzini (Pistoia 1853-Cutigliano 1925). Storia e scritti di un anarchico pistoiese, Cutigliano, Gruppo di Studi Alta Val di Lima, 2016.

Codice identificativo dell'istituzione responsabile

181

Note

Paternità e maternità: Giovanni e Giulia Martinelli

Bibliografia

August 28 2016

Oggetto

Persona

Collezione

città

frazione