COSTA, Pietro
Tipologia Persona
Intestazione di autorità
- Intestazione
- COSTA, Pietro
Date di esistenza
- Luogo di nascita
- Castel Bolognese
- Data di nascita
- February 6 1900
- Luogo di morte
- Castel Bolognese
Biografia / Storia
- Nasce a Castel Bolognese (Ra) il 6 febbraio 1900 da Mariano e Maria Pasini, ferroviere e impiegato. Il padre è un muratore di note simpatie socialiste. Frequenta le sei classi elementari e poi un corso triennale presso la R. Scuola Tecnica Valsalva di Imola, concludendo gli studi nel 1915. Amplia le sue conoscenze con lo studio individuale e la lettura, soprattutto di testi su argomenti sociali e politici, formandosi una discreta cultura da autodidatta. Aderisce ancora adolescente al movimento anarchico, e nel 1916 è tra i fondatori della Biblioteca Libertaria di Castel Bolognese (che nel primo dopoguerra troverà ospitalità nei locali del Circolo anarchico), insieme a Nello Garavini, Bindo Lama, Aurelio Lolli, Giuseppe Santandrea e altri giovani della sua generazione. Un’amicizia particolarmente stretta lo lega a Garavini, che all’epoca è il principale animatore del gruppo dei giovani libertari castellani. Dopo una breve esperienza di lavoro presso il Comune di Castel Bolognese, nel 1916 C. viene assunto in qualità di applicato avventizio presso le Ferrovie dello Stato. Collabora con Garavini nel sostegno al movimento dei disertori, riuscendo a procurare ad alcuni di loro dei falsi passaporti interni, utili in caso di controlli da parte delle forze di polizia. Chiamato alle armi nel 1918, presta il servizio militare nel Genio come telegrafista, fino al congedo nel gennaio 1919. Per quasi un anno torna a lavorare al Comune, poi nel 1920 viene riassunto dalle Ferrovie, impiegato telegrafista alla Stazione di Castel Bolognese. Senza mettersi particolarmente in evidenza contribuisce alle agitazioni del periodo, prende parte a tutte le manifestazioni anarchiche a Castel Bolognese e nei comuni vicini e partecipa a tutti gli scioperi dei ferrovieri. Anche grazie a lui il Circolo ferrovieri, di cui fa parte, diviene un luogo di ritrovo di anarchici e socialisti, tanto da divenire uno degli obiettivi privilegiati dell’azione squadristica dei fascisti. Nel 1922, dopo la devastazione del Circolo socialista, anche il Circolo dei ferrovieri e il Circolo anarchico chiudono i battenti (in seguito, il 27 luglio 1923, il ferroviere socialista Adelmo Ballardini verrà assassinato da un gruppo di fascisti). Una nota informativa del Prefetto di Ravenna, del settembre 1923, segnala che C. “fa attiva per quanto simulata propaganda delle sue idee” approfittando del suo impiego, e che “per l’ascendente che ha fra i compagni di idee è ritenuto il capo degli anarchici del paese”. Subisce anche alcune perquisizioni, senza esito. Poco dopo molti ferrovieri vengono licenziati solo perché antifascisti, e C. è tra loro. Per trovare lavoro e sottrarsi all’atmosfera ormai pesante del paese natale, si trasferisce a Milano dove nell’agosto 1924 viene assunto come impiegato alla Carlo Erba. A Milano, dove ritrova N. Garavini e la sua compagna Emma Neri che lo hanno preceduto, continua a svolgere attività politica clandestina nel movimento anarchico, assumendo un ruolo di rilievo. Nel gennaio 1926, con Diego Domenico Guadagnini di Imola, è tra gli organizzatori di un Convegno clandestino della uai che si tiene in una trattoria della Bovisa, presenti circa 20 anarchici del Centro-nord, tra i quali C. Berneri. Diffonde clandestinamente stampati pro Sacco e Vanzetti, ed è in corrispondenza con L. Fabbri esule in Francia. Sorvegliato dalla polizia fin dall’agosto del 1926, perché sospettato di essere a capo di un gruppo di anarchici e di fornire passaporti falsi a sovversivi e comunque di favorirne l’espatrio clandestino, per le pressioni delle autorità viene licenziato prima dalla Carlo Erba e poi dall’Istituto Informativo Italiano. Nella sua attività politica si serve del falso nome “Pietro Pasini” (utilizzando il cognome della madre). Il 13 aprile 1929 C. viene arrestato perché accusato, oltre che di propaganda sovversiva, di avere ricostituito il “Partito anarchico” (la UAI) e di avere svolto attività a favore del Comitato pro vittime politiche (associazione clandestina operante fra Milano e Verona che raccoglie aiuti economici da inviare alle famiglie dei perseguitati politici). Nelle indagini sono coinvolti altri otto anarchici: il ferroviere ticinese Giuseppe Peretti (a favore del quale si sviluppa una mobilitazione internazionale e intervengono le stesse autorità svizzere), Guglielmo Cimoso, Angelo Rognoni, Umberto Biscardo, Diego D. Guadagnini, Gino Bibbi, Romeo Asara, Ermenegilda Villa. Sottoposto a pressanti interrogatori C. confessa l’attività del gruppo e fa i nomi dei compagni implicati, ammettendo anche gli incontri clandestini con Peretti, qualificato come emissario di Berneri. Accusa inoltre Gino Bibbi e Giovanni Domaschi di avere organizzato e fornito bombe per l’attentato di Gino Lucetti. Il questore, che conduce personalmente le indagini, dimostra però di non credere a tutte le rivelazioni. Processato dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato, con sentenza del 2 ottobre 1929 è condannato a due anni di carcere, alla interdizione perpetua dai pubblici uffici e a tre anni di sorveglianza speciale. Trascorre gli anni di prigionia nel carcere di Lecce, rifiutando di sottoscrivere la richiesta di grazia presentata dai familiari. In una lettera inviata a Garavini (dal 1926 esule in Brasile), e da questi poi trasmessa per conoscenza a Fabbri, C. manifesta rammarico per il comportamento tenuto durante gli interrogatori e per la propria debolezza, che teme gli abbia procurato il risentimento da parte dei vecchi compagni. Matura in questo periodo, in ogni caso, il suo distacco dal movimento anarchico e l’avvicinamento al PCdI clandestino, a cui si iscrive nel 1931, subito dopo la scarcerazione. Tornato a Castel Bolognese per scontare i tre anni di sorveglianza speciale, patisce la discriminazione di cui sono oggetto i perseguitati politici, e trascorre un lungo periodo di notevoli ristrettezze economiche. Dopo quattro anni senza un lavoro, si adatta a fare l’imbianchino. Morta la madre, si sposa nel 1941. Apparentemente si mostra ossequiente nei confronti delle direttive del Regime, tanto da essere radiato nel novembre 1942 dallo schedario dei sovversivi, ma il suo fascicolo viene riaperto a distanza di pochi mesi in quanto si verifica che continua a svolgere attività antifascista clandestina. Nel giugno 1943, ricercato dalla polizia per avere diffuso insieme ad altri propaganda sovversiva a Imola, si rende irreperibile, ma la moglie viene fermata al suo posto e lui è costretto a consegnarsi. Viene scarcerato il 23 agosto, quando già il regime fascista è caduto. Nel periodo successivo all’8 settembre prende parte alla lotta di liberazione come organizzatore e commissario politico della SAP operante nella zona di Castel Bolognese, e pur non partecipando ad azioni armate nell’aprile 1945 consegue il grado di comandante di brigata partigiana. Nell’immediato dopoguerra è uno degli esponenti di maggior rilievo del PCI locale, membro del Consiglio Comunale e Presidente delle Opere Pie. Nel clima della guerra fredda subisce ancora persecuzioni e vessazioni, tanto da dovere lasciare nel 1950 in pre-pensionamento le Ferrovie, dove era stato riassunto dopo la Liberazione. A partire dallo stesso anno inizia il suo progressivo allontanamento dal gruppo dirigente del PCI locale, di cui continua a essere peraltro il militante di maggiore prestigio. Negli anni successivi si dedica soprattutto alla stampa e propaganda, come corrispondente de «l’Unità» e fondatore e principale animatore de «La Torre», il giornale locale della “Giunta d’intesa socialcomunista” e poi del solo PCI, il cui primo numero esce nell’aprile 1954. Nei primi anni Settanta è tra i promotori della nascita della Biblioteca Comunale L. Dal Pane a cui, dopo avere profuso tante energie, lascia in dono anche il proprio archivio personale. Muore a Castel Bolognese il 28 luglio 1982. (G. Landi)
Fonti
- Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; ivi, Pubblica sicurezza, 1930-31, b. 400, f. K1A – Partito Anarchico/indagini Questore Rizzo; Biblioteca comunale Luigi Dal Pane – Castel Bolognese, Fondo Pietro Costa; Istituto storico della Resistenza - ravenna, Fondo Pietro Costa; Biblioteca libertaria “Armando Borghi” – Castel Bolognese (Ra), Fondo Anarchici Castellani; ivi, Fondo Nello Garavini; ivi, N. Garavini, Testimonianze; Museo Civico del 1° e 2° Risorgimento – Bologna, Fondo Pietro Costa.
Bibliografia: Scritti di C.: Un paese di Romagna. Castelbolognese fra due battaglie (1797-1945), Imola 1971; Castelbolognese dal fascismo alla liberazione (con S. Borghesi), Imola 1975; Comune e popolo a Castelbolognese (1859-1922), Imola 1980; I Garibaldini. Per una storia del Risorgimento a Castelbolognese (con altri), Mostra storico-documentaria 28-31 maggio 1982, 1982 (ciclost.). Scritti su C.: R. Suzzi, Alcune riflessioni sulla sinistra nel dopoguerra, in Associazioni e personaggi nella storia di Castelbolognese, Imola 1980; M. De Agostini, Il Movimento Anarchico Milanese nel ventennio fascista, «L’Internazionale», apr. 1981; Ricordo di Pietro Costa, «La Torre» (C. Bolognese), set. 1982; A. Magnani, Sessant’anni di un militante comunista reggiano, Milano 1982; Castelbolognese nelle immagini del passato, Imola 1983; Pietro Costa. Scritti inediti ed inventari d’archivio, a cura di S.Borghesi, et al., Castel Bolognese 1987; A. Dal Pont, S. Carolini, L’Italia al confino, Milano 1983, ad indicem; Aula IV - Tutti i processi del Tribunale Speciale Fascista contro gli imputati di antifascismo dall’anno 1927 al 1943, a cura di A. Dal Pont, [et al.], Roma 1961 Il movimento anarchico a Castelbolognese (1870-1945). Mostra storico-documentaria, Castel Bolognese 6-17 giugno 1984, Castel Bolognese 1984; G. Sacchetti, Sovversivi agli atti. Gli anarchici nelle carte del Ministero dell’Interno. Schedatura e controllo poliziesco nell’Italia del Novecento, Ragusa, 2002, ad indicem.
Codice identificativo dell'istituzione responsabile
- 181
Note
- Paternità e maternità: Mariano e Maria Pasini
Bibliografia
- 2003