CASTRUCCI, Augusto
Tipologia Persona
Intestazione di autorità
- Intestazione
- CASTRUCCI, Augusto
Date di esistenza
- Luogo di nascita
- Pisa
- Data di nascita
- January 1 1872
- Luogo di morte
- Milano
Biografia / Storia
- Nasce a Pisa il 1° gennaio 1872 da Pietro e Angela Berni. Dopo le elementari frequenta la Scuola d’arte e mestieri e inizia a lavorare come apprendista tipografo, maturando la sua formazione politica in un ambiente come quello pisano, fortemente impregnato di umori libertari. Diventato anarchico, nel 1891 è segnalato come responsabile del gruppo Bakunin di San Zeno. Nel 1893 sostiene il concorso per la Scuola operai allievi fuochisti di Pisa. Risultato idoneo, viene trasferito per ordine della questura alla scuola di Milano, dove termina il corso nel 1894, riuscendo secondo. Dopo varie peregrinazioni, spesso per disposizione delle questure locali (Civitavecchia nel 1894, Rivarolo Ligure nel 1895, Pisa 1896, Savona nel 1897, Livorno nel 1899, Siena nel 1900), nel 1903 viene inviato a Pisa e rimane nella sua città natale fino al 1922.
Nel giugno 1900, frattanto, aveva sostenuto a Napoli gli esami per il passaggio a macchinista, risultando primo nel compartimento. I suoi esordi in ambito sindacale risalgono al 1897, quando aderisce alla Lega ferrovieri italiani, la prima organizzazione del personale delle ferrovie, sorta a Milano nel 1894 e sciolta dopo i tumulti milanesi del maggio 1898. L’organizzazione, rinata dopo pochi mesi con il nome di Riscatto ferroviario, vede C. di nuovo nelle sue file. Quando, nel corso del 1900, prevale la linea volta a dare vita a sindacati professionali di categoria e viene fondata la Federazione di sindacati e sodalizi ferroviari, comprendente il Sindacato conduttori locomotive, il Sindacato operai ferrovieri e il Riscatto per le altre categorie, C. entra a far parte del proprio organismo professionale, di cui diventa rappresentante prima a Siena, poi a Pisa.
È nel periodo 1903-1907, in una delle fasi più convulse della storia del movimento operaio italiano, che emerge con chiarezza il ruolo dirigente di C. Sono gli anni della rottura del precario equilibrio nella Federazione, con l’uscita del Riscatto (1903), del primo sciopero generale nazionale (set. 1904), dei progetti di nazionalizzazione delle ferrovie e delle agitazioni dei ferrovieri in difesa del diritto di sciopero (1905). Quando, nell’aprile 1905, i ferrovieri rispondono con lo sciopero generale al progetto del governo Fortis (che mira a equipararli ai pubblici ufficiali, licenziandoli in caso di astensione dal lavoro), a Pisa, secondo la questura, è C. “l’anima direttiva” dello sciopero stesso. Descritto come “di carattere arditissimo e ambizioso, [...] di intelligenza pronta e svegliata”, C. esercita un notevole ascendente sui suoi compagni di lavoro, diventando in breve l’esponente di punta dell’ala rivoluzionaria che si oppone al Consiglio generale del Sindacato conduttori, di ispirazione riformista. Fervente sostenitore dell’unificazione del Sindacato conduttori con gli altri sodalizi ferroviari, attorno a lui si coagula la componente unitaria che nel 1906 mette in minoranza il vecchio gruppo dirigente. Il prevalere, all’interno dei diversi organismi ferroviari, delle tendenze favorevoli alla riunificazione, porta, dopo un referendum plebiscitario nel gennaio 1907, alla creazione dell’organizzazione unitaria, il SFI, del cui Consiglio generale C. entra a far parte come segretario della Commissione del personale di macchina.
L’impegno sindacale non impedisce a C. di partecipare alle iniziative del movimento anarchico.
Nel giugno 1907 è presente a Roma al primo congresso anarchico italiano. Collabora talvolta alla stampa anarchica, soprattutto quella pisana («Il Precursor», «L’Avvenire anarchico»), su temi riguardanti i ferrovieri, firmandosi Augusto Ferrer. La sua principale attività resta comunque quella sindacale. Come scrive C. stesso: “Con P. Gori, L. Fabbri e Malatesta, con i deliberati del Congresso di Amsterdam, io mi sono sempre trovato d’accordo e fin da giovinetto ho seguito la tattica della... penetrazione nell’Organizzazione Operaia” (A. Castrucci, Per fatto personale, «La Tribuna dei ferrovieri», 1° ago. 1908). Nel 1908 C. fonda «In marcia!», rivista mensile a cura della Commissione di categoria del personale della trazione, il cui primo numero vede la luce il 1° novembre. La rivista, che ha l’obiettivo di essere “tecnica, di critica, ed, aggiungiamo, di elevamento morale” (La Redazione [A. Castrucci], Il nostro saluto e il nostro programma, «In marcia!», novembre 1908), si propone di “sviluppare e [di] sviscerare” le “varie e complesse quistioni” della categoria senza nuocere all’organizzazione unitaria (In marcia..., «La Tribuna dei ferrovieri», 1° nov. 1908). In pochi mesi «In marcia!» raggiunge la tiratura di duemila copie e C. ne è il direttore e il principale collaboratore, sotto numerosi pseudonimi (“L’In Marcia!”, “La Redazione”, “Noi”, “a. c.”, “Galfe”, “Gwynplaine”, “Il fotografo rosso”, “Spartaco”, “Uno della Redazione”, “Germinal”, “La Commissione di categoria”, “Un Compilatore”, “Bruto”, “L’Archivista”, “Il pensionato”, “L’occhio di Pisa”, “N. 84651”, come C. illustra al genero in una lettera del 1° gennaio 1932, consegnandogli la collezione di «In marcia!»).
L’attività di C. non si limita però alla propaganda e alla politica giornalistica. Se al II congresso del SFI (1908) riformisti e integralisti avevano prevalso sulla corrente rivoluzionaria, nel Terzo congresso (Milano, apr. 1909), anche a causa del rifiuto governativo di accogliere il memoriale presentato dal Sindacato, i rivoluzionari ottengono nuovamente la maggioranza. Per questo motivo alcune sezioni decidono di abbandonare il SFI e di costituire organismi di categoria autonomi, il più importante dei quali è il sof. Nasce così la Federazione dei ferrovieri, di orientamento riformista. In tale frangente C. si distingue per la durezza degli attacchi ai “sindacati gialli”, di cui «In marcia!» offre numerose testimonianze. La particolare competenza di C. sui problemi del personale di macchina lo porta a ricoprire incarichi rappresentativi a livello nazionale. Nel 1910 fa parte della commissione incaricata di negoziare con il ministro dei Lavori Pubblici aspetti a latere del memoriale del 1909.
Nel 1912 viene eletto nella rappresentanza istituita dalla legge Sacchi allo scopo di stabilire un confronto diretto con la Direzione generale delle Ferrovie. Negli anni precedenti C. si era sempre opposto, con scarso successo, all’adesione del SFI alla CGdL, che ancora nel IV congresso del 1911 viene riconfermata. Tuttavia, quando nel novembre 1912 sindacalisti rivoluzionari e anarchici costituiscono a Modena l’USI, C. preferisce scegliere la via dell’autonomia da entrambi le centrali sindacali, nonostante la viva simpatia per l’USI e il forte rifiuto verso la cgdl. Al v congresso del SFI (1913) l’anarchico pisano, e con lui la maggior parte dei delegati, si schiera a favore di una soluzione autonoma, per non compromettere l’unità dei ferrovieri. Successivamente però C. modifica il proprio orientamento, tanto che al Settimo congresso, alla vigilia dell’intervento italiano in guerra, si pronuncia a favore dell’adesione all’USI. Tale mutamento di rotta, se non sostanziale, certo esplicito, va ricercato principalmente negli avvenimenti della Settimana rossa del giugno 1914. Di fronte al moto insurrezionale che da Ancona si propaga ad altre città e regioni italiane, la CGdL assume una linea così prudente da provocare una profonda crisi nel movimento operaio. I ferrovieri partecipano solo marginalmente all’agitazione (solo il 20% della categoria è coinvolta). Ciò nonostante il Comitato centrale del SFI viene colpito con numerosi arresti, molti ferrovieri vengono licenziati e lo stesso C. retrocesso a fuochista per un anno. Poiché l’USI, al contrario della Confederazione, aveva fattivamente solidarizzato con i ferrovieri, C. ritiene un dovere morale aderire all’Unione. La proposta, che si concretizza in sede congressuale nell’odg Fellini, viene tuttavia respinta. Dopo questo insuccesso, C. non proporrà più la richiesta di adesione all’USI, limitandosi a suggerire, come all’Ottavo congresso del 1917, un “rapporto privilegiato”.
Nel gennaio 1915 C. è uno dei protagonisti del Convegno anarchico italiano tenutosi a Pisa e suo è il testo della mozione conclusiva, in cui si riafferma l’avversione irriducibile degli anarchici nei confronti di ogni conflitto e si propone una campagna contro la guerra pronta a giungere fino allo sciopero insurrezionale. Durante la guerra i problemi dei ferrovieri si aggravano notevolmente. Con l’organico quasi dimezzato i turni diventano massacranti, gli incidenti molto frequenti. In questa fase il rapporto tra C. e l’USI diventa più sempre più stretto. Come gli scrive A. Borghi: “tu sei un capitale morale che appartieni a noi e non a te stesso”. Non si tratta soltanto di affinità ideologiche tra anarchici, ma anche di convergenze operative. C., e l’USI con lui, pensa a un’agitazione per le otto ore prima della fine della guerra, mentre la cgdl ritiene opportuno rimandare ogni movimento per non compromettere le sorti del conflitto. Ed è proprio nel dopoguerra, nel pieno del Biennio rosso, e dopo uno sciopero generale di 10 giorni (20-29 gen. 1920) che i ferrovieri ottengono le otto ore.
C. fa parte del Comitato di agitazione incaricato di dirigere la vertenza e partecipa alle trattative con il governo. Secondo la polizia “lo sciopero generale ferroviario del gennaio 1920 [è] quasi un suo trionfo personale”. Tra il 1919 (ix congresso) e il 1921 (X congresso) C. è sempre a favore dell’autonomia del SFI contro le reiterate proposte di adesione alla cgdl. Proposte che provengono non solo dai riformisti, ma da tutto lo schieramento socialista e anche, dopo la scissione di Livorno, dai comunisti, che, sulla direttiva del Comintern, puntano a una conquista dall’interno della Confederazione. C., invece, in linea con la leadership dell’USI, pensa allo scioglimento di entrambi le centrali e alla rifondazione di un organizzazione unitaria. Nell’ottobre 1921 C. prospetta una Costituente proletaria, a cui dovrebbero aderire “tutti quegli organismi che seguono il metodo della lotta di classe, e che dissentono dall’indirizzo sindacale della Confederazione del lavoro” (L’In marcia!, Quello che si potrebbe fare, «In marcia!», ott. 1921). Nonostante questo orientamento, che lo induce a sostenere un’adesione al Comintern, non cessa di polemizzare sempre duramente con i riformisti e poi con i comunisti, colpevoli di voler piegare il sindacato alle direttive del partito, suscitando la malevola ironia di Antonio Gramsci che lo annovera tra i “mandarini sindacali” ([A. Gramsci], Le masse e i capi, «L’Ordine nuovo», 30 ott. 1921).
Nel gennaio 1922 C. viene aggredito dai fascisti a Pisa e ai primi di agosto i fascisti pisani devastano la sua abitazione e affiggono il bando con relativa condanna a morte. Costretto a trasferirsi a Milano, inizia a lavorare a Como fino al 1° marzo 1923 quando, con il fascismo ormai al governo, viene esonerato dal servizio. Nonostante l’allontanamento dalle ferrovie, C. rimane alla direzione del periodico «In marcia!» continuando la sua battaglia. Quando, nell’ottobre 1923, un ristretto convegno di fiduciari di sezione, a Roma, decide l’adesione del SFI alla Confederazione, C. ha ancora la forza di battersi contro questo deliberato, sostenendo che così si era “steso l’atto di morte del Sindacato ferrovieri” (A. Castrucci, Sindacato e Confederazione, «In marcia!», nov. 1923). Nonostante la durezza dello scontro, è la preoccupazione unitaria a prevalere. C., sia attraverso la rivista, sia con viaggi in vari punti d’Italia, si dedica soprattutto a tenere i contatti con i ferrovieri dimissionari, esonerati, licenziati.
Nel 1925 il SFI viene sciolto dal Prefetto di Bologna. C. continua a pubblicare la rivista, tentando anche di tenere in piedi un sindacato clandestino. Dopo le leggi del 1926 anche «In marcia!» deve sospendere le pubblicazioni. Durante il fascismo C. viene variamente perseguitato: diffidato, detenuto a S. Vittore per 6 mesi nel 1930, denunciato al Tribunale speciale, condannato a tre anni di confino commutati in due anni di ammonizione per le condizioni di salute della moglie, fermato in varie occasioni, l’ultima delle quali nel 1944.
Dopo la Liberazione C. riprende il ruolo di Segretario nazionale di categoria e la direzione di «In marcia!». Lascia il primo all’inizio del 1946 e la seconda alla fine dello stesso anno, diventando Segretario generale onorario del SFI. Quando, nel 1949, la direzione di «In marcia!» viene assunta dal nuovo Segretario di categoria, Ottavio Fedi, C. riprende a collaborare con la rubrica Entro e fuori rotaia. Il 4 marzo 1951, in occasione di una piccola cerimonia tenuta nei locali della Mutua macchinisti, in via S. Gregorio a Milano, C. consegna a Fedi la propria collezione di «In marcia!». Muore a Milano il 27 febbraio 1952. (M. Antonioli)
Fonti
- Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; A. Castrucci, Il mio curriculum (Stato di servizio), «In marcia!», dic. 1946.
Bibliografia: scritti di C.: Battaglie e vittorie dei ferrovieri italiani (Cenni storici dal 1877 al 1944), Milano 1945 (rist. Milano 1988); scritti su C.: M.C. Cabassi, La vicenda di «In marcia» periodico dei macchinisti FS 1908-1926, in 80 anni di storia dei macchinisti attraverso la rivista «In marcia», a cura di E. Ordigoni, Firenze 1988; M. Antonioli, Augusto Castrucci, un leader del Sindacato ferrovieri, «Il Treno», 1989, n. 6; Id., «Una voce levatasi dal fumo». Profilo di Augusto Castrucci. in Id., Il sindacalismo italiano. Dalle origini al fascismo. Studi e ricerche, Pisa 2001; C. Ferrari, La vita del macchinista Augusto Castrucci, in G. Sacchetti, C. Ferrari, M.C. Cabassi, Ricordo di uomini e lotte del 900, Firenze 2000.
Codice identificativo dell'istituzione responsabile
- 181
Note
- Paternità e maternità: Pietro e Angela Berni
Bibliografia
- 2003