LANCIOTTI, Umberto
Tipologia Persona
Intestazione di autorità
- Intestazione
- LANCIOTTI, Umberto
Date di esistenza
- Luogo di nascita
- Forano
- Data di nascita
- April 1 1894
- Luogo di morte
- Follonica
Biografia / Storia
- Nasce a Forano Sabina (RI) il 1° aprile 1894 da Emidio e Angela Di Mario, cameriere, autista meccanico. Il babbo è un guardiano ferroviario, che nel 1897 si trasferisce a Sassoferrato, con la moglie e i tre figli. L. frequenta le scuole tecniche e segue con simpatia la vicenda di Augusto Masetti. Nel 1913 L. emigra in Francia e, qualche mese più tardi, raggiunge gli Stati Uniti, dove fa il minatore a Scranton (Pennsylvania) e si unisce agli anarchici antiorganizzatori, che pubblicano la «Cronaca sovversiva» di Barre. Chiamato alle armi nel 1914, rimane in America e viene denunciato per renitenza alla leva. Negli usa conosce Raffaele Schiavina, frequenta assiduamente Nicola Recchi e collabora con gli IWW in attività agitatorie di varia natura. Operaio a Monessen, in uno stabilimento di chiodi e lamiere, e contabile in una banca, condanna, senza appello, il conflitto mondiale – approvando la consegna di Galleani: “Contro la guerra, contro la pace, per la rivoluzione sociale” e si dà “molto da fare, insieme a Nicola Recchi”. Accusato di diserzione, presta la sua opera nelle fabbriche di automobili di Detroit e partecipa alle agitazioni promosse per salvare la vita di Carlo Tresca. Nel settembre, 1920 rientra a Genova. Ricongiuntosi ai genitori, che vivono a Loreto, lavora alla costruzione del doppio binario della ferrovia Loreto-Porto Civitanova fino al marzo 1921, quando viene licenziato per aver aderito a uno sciopero, e poi fa per sette mesi, a Zara, il magazziniere di un grossista di vino. Nel novembre 1922 affronta, ad Ancona, una banda di squadristi, uscendo ferito dal conflitto. Temendo di essere arrestato in quanto disertore, a fine anno si imbarca illegalmente su una nave diretta in Olanda. Sceso a Cardiff, passa dei giorni difficili nella città gallese, perché è privo di risorse, ma un marinaio dell’Andrea Doria gli fornisce il recapito londinese di un autorevole esponente anarchico: Emidio Recchioni, che lo aiuta a procurarsi un lavoro. Qualche settimana dopo, L. prende la parola al comizio di un ex deputato comunista e ribadisce che “i principi anarchici non consentono di fare causa comune con i comunisti”. Nella capitale inglese fa il cameriere fino al 1925, quando impartisce una severa lezione al proprietario di un circolo, che intendeva licenziarlo, e si deve nascondere per sfuggire a una probabile estradizione. In seguito s’imbarca clandestinamente e, in aprile, scende a Buenos Aires, dove conosce molti anarchici italiani e spagnoli. Apprezzato per l’intelligenza, la prontezza di spirito e la “sorprendente flemma” e temuto per l’audacia e lo sprezzo del pericolo, frequenta assiduamente, in questa fase, oltre a ritrovare Recchi, frequenta Aldo Aguzzi e collabora soprattutto con il gruppo formato da Miguel Arcángel Roscigna, Emilio Uriondo, Pedro Boadas Rivas (un attentatore catalano, “raccomandato” a Roscigna da Durruti) e dai fratelli Antonio e Vicente Moretti, mentre ha rapporti sporadici con Severino Di Giovanni e i fratelli Paulino e Alejandro Scarfó: “Di Giovanni lo ricordo come un personaggio autoritario […], stampava un giornale, “Il culmine”, scriveva molti articoli, era convinto di quello che faceva, ma era fortemente accentratore… Aveva degli scoppi d’ira terribili. Una volta ebbe uno scontro con Aguzzi. Aldo espresse delle critiche, non ricordo se si trattasse dell’uccisione di Emilio López Arango [redattore de «La Protesta», insieme a Diego Abad de Santillán], fatto è che Di Giovanni lo afferrò alla gola, ma Aguzzi non aveva paura, […] c’eravamo anche noi, io e Recchi, e noi non eravamo dei ragazzi, avevamo fatto delle scelte negli Stati Uniti, Di Giovanni dovette fermarsi”. Dal 1928 al 1930, in Argentina si scatena una stagione di attentati anarchici, dei quali è ritenuto colpevole il gruppo di Di Giovanni. Il 23 giugno 1930 L. viene arrestato nella Trattoria Vesuvio insieme a Emilio Uriondo e a Juan López Dumpiérrez, e condannato a due anni di carcere, che dovrà scontare a Ushuaia, nella Terra del Fuoco, e il 19 luglio il questore di Ancona chiede il suo inserimento nel «Bollettino delle ricerche» come: “Anarchico pericoloso. Colpito mandato cattura tuttora eseguibile per diserzione”. Il 6 settembre il generale Uriburu instaura una feroce dittatura in Argentina e il primo febbraio 1931 Severino Di Giovanni e Paulino Scarfó vengono fucilati, dopo un processo sommario. Roscigna e Fernando Malvicini riparano invece in Brasile e in Uruguay, per essere consegnati – qualche anno dopo – alla polizia argentina, che li assassinerà brutalmente, gettandone i corpi nel Río de la Plata. Quanto a L., rimesso in libertà il 13 luglio 1932, viene nuovamente arrestato a Rosario e torturato selvaggiamente, insieme a Recchi. Successivamente espulso dall’Argentina e deportato in Italia, arriva a Napoli il 24 ottobre 1933, “senza becco di quattrino”. Interrogato l’8 novembre 1933 nella Questura di Ancona, fa i nomi di Aldo Aguzzi, di Orazio Vadarazco [Horacio Badaraco], direttore del giornale «Antorcha», e del drammaturgo Pacheco González e racconta di aver frequentato a Buenos Aires Emilio Uriondo, Juan López Dumpiérrez e Enrique [Fernando] Malvicini. Nega però di aver conosciuto Di Giovanni e di aver fatto parte di organizzazioni terroristiche. Condannato dal Tribunale militare di Roma, il 28 dicembre, a un anno di carcere per diserzione, viene incluso tra i sovversivi attentatori, e il 14 febbraio 1935 – espiata la reclusione – è assegnato al confino per cinque anni. Deportato a Ponza, non si piega ai fascisti e il 20 agosto viene condannato a tre mesi di arresti per contravvenzione agli obblighi del confino. Tradotto a Tremiti il 5 luglio 1937, viene punito quattro volte con il divieto di libera uscita e il dimezzamento del sussidio, perché si è rifiutato di salutare romanamente, e il 27 novembre viene incarcerato a Lucera fino al 25 gennaio 1938. Trasferito a Bernalda il 23 marzo 1939, dimostra “sempre” ripetono le autorità il 31 marzo “persistente attaccamento alle sue idee sovversive, e non manca di istigare i suoi simili, incitandoli a rendersi inosservanti all’obbligo del saluto romano”. Nei mesi seguenti L. non modifica il suo comportamento e il 3 novembre il prefetto di Foggia riferisce che “non ha dato prova di ravvedimento ed ha conservato inalterate le proprie idee anarchiche, frequentando la compagnia degli elementi più pericolosi”. Rilasciato il 5 febbraio 1940, L. non riesce a trovare un’occupazione a Loreto e alla fine dell’anno si sposta a Milano. Nel capoluogo lombardo viene assunto – come operaio – in uno “stabilimento ausiliario”, ciò che suscita le proteste della Prefettura meneghina, la quale il 10 gennaio 1942 chiede il suo allontanamento dalla fabbrica. Rimasto a Milano fino al 1945, insieme a Recchi, L. riprende il suo posto fra gli anarchici dopo la liberazione, sostenendo generosamente la stampa del movimento e partecipando ai convegni e ai congressi. Per vivere fa l’assistente edile, come riferisce la Questura di Ancona al Ministero dell’Interno il 5 ottobre 1956. Nel 1964 si trasferisce a Follonica, dove frequenta i compagni di fede Renato Palmizzi e Andrea Anelli, e nel 1966 aderisce ai GIA: “io ero sempre stato vicino alle posizioni di Galleani e di Sartin e non ero d’accordo con la FAI”. La morte lo coglie a Follonica il 9 giugno 1974. (F. Bucci, G. Ciao Pointer, M. Lenzerini)
Fonti
- Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; Archivio privato F. Bucci, Testimonianze di U. Lanciotti, 4 mag. 1970 e 10 ott. 1973; F. [Bucci], Umberto Lanciotti, «Umanità nova», 22 giu. 1974.
Bibliografia: O. Bayer, Severino di Giovanni, l’idealista della violenza, Pistoia 1973; M.B. Montani, L’attività dell’anarchico Aldo Aguzzi durante l’esilio in Argentina (1923–1936), Tesi di laurea, Università di Pisa, aa.1976-1977; D. Abad de Santillán, Memorias, 1897–1936, Barcelona 1977; Dal A. Dal Pont, S. Carolini, L’Italia al confino, Milano 1983, ad indicem; Antifascisti nel casellario politico centrale, 18 voll., Roma 1988-1995, ad nomen; O. Bayer, Gli anarchici espropriatori e altri saggi sulla storia dell’anarchismo in Argentina, Cecina 1996, pp.26, 35, 44, 47, 57; C. Bini, Baires scopre l’amore di un anarchico italiano, «La Nazione», 1° ago. 1999.
Codice identificativo dell'istituzione responsabile
- 181
Note
- Paternità e maternità: Emidio e Angela Di Mario
Bibliografia
- 2004