LAMA, Vincenzo
Tipologia Persona
Intestazione di autorità
- Intestazione
- LAMA, Vincenzo
Date di esistenza
- Luogo di nascita
- Faenza
- Data di nascita
- December 5 1866
- Luogo di morte
- Imola
Biografia / Storia
- Nasce a Faenza (RA) il 5 dicembre 1866, da Pietro e Domenica Drei; calzolaio. Detto “Bosca”. La famiglia si trasferisce presto a Solarolo (RA) e di qui, nel 1875, a Castel Bolognese (RA). Qui vivrà la maggior parte della sua esistenza. Compie solo le prime classi elementari. Dopo avere appartenuto per qualche tempo al partito socialista aderisce all’anarchismo, di cui diventa un attivo militante. Anarchico sarà anche il fratello Paolo. È una delle figure più note fra gli anarchici castellani della prima generazione, grazie anche alla rappresentazione che ne ha lasciato lo scrittore Francesco Serantini in alcuni sui racconti, originariamente apparsi sul quotidiano «Il Resto del Carlino». È zoppo per una sciatica. La sua attività militante nel movimento libertario è documentata a partire dagli anni Novanta. Esercita una discreta influenza sui compagni, ma limitata all’ambito strettamente locale. Nelle carte di polizia viene definito “di carattere vivace e provocante”, dotato di “discreta educazione, molta intelligenza e poca coltura”. Nel 1892 fa parte, assieme al fratello, del gruppo di dieci anarchici intransigenti che escono dal Circolo di Studi Sociali di Castel Bolognese (a cui partecipavano socialisti, repubblicani e anarchici), per solidarietà con Raffaele Cavallazzi, accusato di “atteggiamento autoritario” ed espulso, perché ha cercato di contrastare la linea riformista e gradualista del socialista Umberto Brunelli e di spostare il Circolo stesso su posizioni più radicali. Il 1 luglio 1894 presta la sua abitazione per una riunione clandestina a cui, oltre a diversi castellani, prendono parte anarchici provenienti da Imola (tra cui Adamo Mancini) e da alcune località della provincia di Ravenna. La riunione va inquadrata in una serie di incontri fra gli anarchici romagnoli, molti dei quali tenuti a Castel Bolognese per la sua favorevole collocazione geografica, che si svolgono nel corso di tutto il 1894 per discutere sulle misure da prendere nei confronti delle leggi repressive introdotte dal governo Crispi. Viene proposto per il domicilio coatto ma la Commissione provinciale sospende la denuncia e non prende alcuna deliberazione. Verso la fine dello stesso anno viene processato insieme ad altri sei anarchici castellani (Raffaele Cavallazzi, Francesco Budini detto “Patacò”, Ugo Biancini, Giovanni Borghesi detto “Sablì”, Pietro Mariano Scardovi detto “Càcher” e Pietro Garavini detto “Piràt”) per il delitto di “associazione a delinquere”, e il 7 dicembre 1894 il Tribunale di Ravenna lo condanna a 18 mesi di reclusione e a successivi due anni di sorveglianza speciale della ps. Torna in libertà nel gennaio del 1896, dopo avere scontato la pena, ma il successivo 20 marzo viene arrestato per contravvenzione alla vigilanza speciale e poi condannato ad altri 32 giorni di carcere. Nel luglio 1900 firma una protesta pubblicata su «L’Agitazione» di Ancona, in solidarietà con gli anarchici anconetani processati per “associazione sediziosa”. Il 20 settembre viene arrestato e denunciato all’autorità giudiziaria quale uno dei componenti il nucleo organizzatore del Gruppo socialista-anarchico di Castel Bolognese, sciolto d’autorità nel clima repressivo seguito al regicidio di Bresci, ma il successivo 1° ottobre gli viene concessa la libertà provvisoria, e in seguito viene prosciolto dall’accusa di “associazione sediziosa”. Nel nuovo secolo, durante l’epoca giolittiana, può condurre una vita meno tormentata e meno esposta alle persecuzioni delle autorità. Lavoratore assiduo, il suo banchetto di calzolaio diventa un centro di discussioni e di propaganda. Attira anche i bambini del paese, dai quali sa farsi amare, e che restano ad ascoltarlo per ore senza annoiarsi mentre racconta “infinite storielle”, tutte con “un fondo umano e sociale” (come ricorda l’anarchico Nello Garavini). A partire dal 1915, pur continuando a professare principi anarchici e a frequentare la compagnia di sovversivi, non viene più considerato pericoloso dalle autorità. Peraltro la sorveglianza nei suoi confronti non cessa fino al 1930, quando viene proposta la sua radiazione dallo schedario dei sovversivi. Durante l’epoca fascista mantiene un atteggiamento di ferma opposizione e la sua bottega di calzolaio costituisce un punto d’incontro per molti antifascisti. Nel gennaio 1938, con il figlio Bindo (anarchico in gioventù, poi comunista), si trasferisce a Bologna e in seguito a Imola dove muore il 24 dicembre 1961. Per volontà della famiglia è sepolto a Castel Bolognese. (G. Landi)
Fonti
- Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; Biblioteca libertaria A. Borghi, Fondo Anarchici castellani; N. Garavini, Testimonianze, dattiloscritto inedito; Biblioteca Comunale L. Dal Pane, Castel Bolognese, Fondo Pietro Costa.
Bibliografia: Lama Vincenzo («Bosca»), «UN», 29 ott. 1961; P.C. [P. Costa], Figure che ci lasciano.«Bosca», «La Torre» (Castel Bolognese), nov. 1961; F. Serantini, Bischetto da calzolaio, in Id., Racconti, Bologna 1970; P. Costa, Un paese di Romagna. Castelbolognese fra due battaglie (1797-1945), Imola 1971; Id., Comune e popolo a Castelbolognese (1859-1922), Imola 1980; O. Diversi, Dall’ultima trincea tedesca sul Senio. Castelbolognese 1943-1980, Imola 1981; Castelbolognese nelle immagini del passato, Imola 1983; Il movimento anarchico a Castelbolognese (1870-1945), Castel Bolognese 1984.
Codice identificativo dell'istituzione responsabile
- 181
Note
- Paternità e maternità: Pietro e Domenica Drei
Bibliografia
- 2004