​GIUSTI, Galba

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
​GIUSTI, Galba

Date di esistenza

Luogo di nascita
Forlì
Data di nascita
July 28 1893
Luogo di morte
Forlì

Biografia / Storia

Nasce a Forlì il 28 luglio 1893 da Antonio e Carolina Molducci, tappezziere. Apprendista presso alcune note botteghe cittadine, studia da autodidatta i classici e riceve lezioni di canto, fino a entrare nel coro del Teatro Comunale. Forse sotto l’influenza del padre, un anarchico piuttosto noto in città, aderisce anch’egli agli ideali libertari ma la scarsa documentazione non consente di ricostruire la sua attività politica prima della presa del potere da parte del fascismo. In gioventù stringe amicizia con i socialisti locali, a quanto risulta instaurando un buon rapporto anche con Mussolini. Il 26 luglio 1917, mentre è militare in artiglieria, si sposa per procura con Edvige Mazzetti, da cui avrà cinque figli (Igea, Platone, Tacito, Euterpe, Eràto). Rimane coinvolto nella ritirata di Caporetto insieme alla moglie da cui si è fatto raggiungere clandestinamente. Nel dopoguerra intraprende l’attività di tappezziere in proprio, raggiungendo in breve tempo un discreto benessere economico e alcuni riconoscimenti professionali. Fin dai primi tempi assume un atteggiamento critico nei confronti del fascismo al potere, unendosi al gruppo antifascista giellista che fa capo all’avv. Bruno Angeletti. Per questo, secondo fonti che però non hanno trovato riscontro nelle carte di polizia, subisce una ventina di arresti cautelativi e varie perquisizioni sia nel laboratorio che nella sua abitazione. Nonostante ciò Mussolini gli commissiona i lavori di tappezzeria di Rocca delle Caminate. Nel gennaio 1937 è diffidato perché diffonde “notizie sfavorevoli alle operazioni dell’esercito del Generale Franco”. Riceve nuove diffide nel 1939 per “aver fatto apprezzamenti irriguardosi nei confronti di Altissime Personalità” e poi ancora nel febbraio 1943 per “attività disfattista”. Successivamente sul suo conto vengono elevati gravi sospetti per l’attività che svolgerebbe all’interno dell’organizzazione antifascista “Italia Libera” per i frequenti contatti tenuti con noti esponenti dell’antifascismo forlivese. Nel periodo compreso tra il 25 luglio e l’8 settembre 1943 manifesta apertamente i suoi sentimenti di avversione al fascismo, mantenendosi in relazione con elementi del suo stesso orientamento politico. Svolge comunque un ruolo di moderazione, evitando in qualche caso rappresaglie contro i fascisti. Il 27 luglio è tra i firmatari di un appello rivolto agli operai forlivesi in sciopero, che pur solidarizzando con loro li invita a ritornare al lavoro. Il manifesto è diffuso dal Comitato forlivese di azione antifascista, un organismo interpartitico di cui  fanno parte, oltre a G. per gli anarchici, due esponenti comunisti, un socialista, un cattolico e un aderente alla Unione Lavoratori Italiani. Dopo avere subìto, secondo alcune fonti, un primo arresto nel dicembre 1943, il suo nome è compreso in un elenco di persone segnalate nel gennaio 1944 dalla Questura di Forlì come esponenti del movimento antifascista nella provincia. È pertanto convocato davanti alla locale Commissione Provinciale per essere sottoposto all’ammonizione. In seguito, secondo altre fonti, verrebbe ricercato per attività sovversiva e condannato a morte (mentre il figlio Platone resterebbe ostaggio della polizia), trovando sicuro rifugio con altri antifascisti in una casa di proprietà dell’amico socialista Alessandro Schiavi. Di certo è arrestato il 26 maggio 1944, per ordine del Tribunale Provinciale Straordinario di Forlì creato dalle autorità della Repubblica Sociale Italiana, accusato con gli altri firmatari del manifesto del 27 luglio 1943 di avere “denigrato il Fascismo e le sue istituzioni incitando anche a violenze contro elementi fascisti con la richiesta di allontanamento di costoro dal lavoro”, ma lo stesso Tribunale lo rilascia in libertà provvisoria il 30 maggio 1944 e ordina infine l’archiviazione degli atti per tutti gli imputati il successivo 18 giugno. È probabile che la sua latitanza inizi solo nel periodo successivo, concludendosi poi con la liberazione della città. In ogni caso, quando a Forlì si forma clandestinamente il Comitato di Liberazione Nazionale nell’inverno del 1944, e anche in seguito, nessun anarchico sarà presente tra i suoi membri. Nell’immediato dopoguerra riprende l’attività politica di G., che per esporre le proprie idee si serve anche di giornali di altre tendenze (si veda in particolare il suo art. Onestà politica ne «Il Pensiero romagnolo», settimanale forlivese del Partito Repubblicano Italiano, 5 gen. 1946). Quest’attività all’interno del movimento libertario si conclude però ben presto in modo inatteso, con un comunicato apparso nel numero del 1° maggio 1946 de «L’Aurora», periodico della Federazione Anarchica Romagnola: “Il Gruppo ‘Pietro Gori’ di Forlì  avverte i compagni e i partiti che il signor Giusti Galba è stato allontanato dal movimento anarchico per volontà unanime di questo Gruppo per mancanza di coerenza e di probità. N.d.R. – Il convegno regionale del 22 Aprile ha approvato la decisione del Gruppo P. Gori. Per il Gruppo: Soprani Ulisse”. Non è dato sapere le ragioni di questa grave decisione, ma nei numeri successivi del periodico compariranno altri articoli critici nei confronti di G., accusato di avere pubblicato – dopo il suo allontanamento dal movimento – su giornali di altri partiti degli articoli a favore della partecipazione degli anarchici alle elezioni. Da varie testimonianze orali raccolte nel corso degli anni si può concludere che G., nel periodo della sua militanza e anche dopo, è stato giudicato dai compagni romagnoli una figura incoerente che si lasciava “usare” dagli altri partiti. Negli anni successivi sembra che la sua attività pubblica si esaurisca nel dibattito per la ricostruzione del Teatro, distrutto nel corso del conflitto. Su questo tema pubblica vari articoli sulla stampa cittadina. Personaggio molto noto a Forlì, di alta statura e col pizzetto a punta, attira l’attenzione anche per la prestanza fisica e l’abbigliamento (ama vestire con la tipica capparella nera romagnola, la cravatta alla lavallière, un nero cappello a larghe falde). Muore a Forlì il 10 dicembre 1953. (G. Landi)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; Istituto Storico della Resistenza Forlì, Fondo Flamigni; Comunicato, «L’Aurora», 1° mag. 1946; La Redazione, L’onestà e la … politica, ivi, 15 giu. 1946; La Redazione, Improbità ovvero Narciso da Forlì, ivi, 30 giu. 1946.
 
Bibliografia: La provincia di Forlì nella resistenza e nel-la guerra di liberazione. Immagini e documenti, Forlì 1979; Guglielmo Marconi (“Paolo”), Vita e ricordi sull’8 Brigata romagnola, a cura di D. Mengozzi, Rimini 1984; P. Temeroli, Nel laboratorio della Resistenza. Aspetti politici della lotta di liberazione a Forlì e in Romagna (luglio 1943-marzo 1944), Cesena1995; Personaggi della vita pubblica di Forlì e circondario. Dizionario biobibliografico 1897-1987, 2 vol., a cura di L. Bedeschi e D. Mengozzi, Urbino 1996, ad nomen.

Codice identificativo dell'istituzione responsabile

181

Note

Paternità e maternità: Antonio e Carolina Molducci

Bibliografia

2003

Persona

Collezione

città