GIODA, Mario Giuseppe
Tipologia Persona
Intestazione di autorità
- Intestazione
- GIODA, Mario Giuseppe
Date di esistenza
- Luogo di nascita
- Torino
- Data di nascita
- July 7 1883
- Luogo di morte
- Torino
Biografia / Storia
- Nasce a Torino il 7 luglio 1883, da Vincenzo e Raimonda Vianetto. La famiglia, di modestissime condizioni economiche, lo avvia giovanissimo al mestiere di operaio tipografo. Temperamento introverso e riflessivo, G. si forma una cultura da autodidatta, mostrando predilezione per la letteratura (soprattutto per il romanzo naturalista francese di Emile Zola) e la poesia. Poeta dilettante egli stesso, autore di versi ingenuamente sentimentali ma non del tutto privi di una certa aura quasi crepuscolare da cui traspare un’indole incline alla malinconia, G. coltiverà tutta la vita il desiderio di veder pubblicate le proprie poesie (alcune sue rime giovanili appariranno postume in Vita di Mario Gioda narrata da Giovanni Croce). Si accosta all’anarchismo agli inizi del ’900 (“fin dal 1902”, annota la Prefettura torinese nell’agosto del 1914, “richiamò l’attenzione della locale Questura perché sovente accompagnavasi con elementi sovversivi”), e, pur senza mai dedicarsi all’attività politica vera e propria – da cui lo tiene lontano la sua vocazione eminentemente speculativa (“Non è capace di azione” rileva ancora la Prefettura di Torino, “ed è anzi timido e dimesso ed in occasione di affermazioni piazzaiuole dei compagni, quando può si eclissa”) –, conduce, negli anni prebellici, una intensa collaborazione con i principali periodici antiorganizzatori («Il Grido della Folla», «Sciarpa Nera», «La Protesta Umana», «La Rivolta» di Milano), nonché con numerosi altri giornali, di orientamento libertario (tra i quali «Volontà») e non, cimentandosi nei campi più disparati, dalla politica alla filosofia, alla critica letteraria e di costume, e guadagnandosi fama di commentatore arguto e versatile e la stima di molti autorevoli compagni, non ultimo lo stesso E. Malatesta. Benché generalmente annoverato tra gli stirneriani, G. non è un individualista; egli stesso, chiamato nel 1911 a definire le proprie convinzioni politiche, nega che l’anarchismo del quale si professa seguace sia mai stato “incravattato di superomismo nietzschiano o stirneriano” (Il mio repubblicanesimo, «La Ragione della Domenica», 6 ago. 1911). In ogni caso, nella formazione politica di G. influiscono, oltre all’anarchismo, anche altri fattori. Amico di lunga data di un irregolare del socialismo italiano quale Paolo Valera, di cui si professa grande estimatore, contribuendo peraltro alla rinascita de «La Folla», nel 1912, e scrivendovi poi regolarmente, per lo più sotto pseudonimi (“L’Amico di Vautrin” e “Il Follaiolo Torinese” i più ricorrenti); G. manifesta inoltre palesi simpatie repubblicane (si vedano, a tale riguardo, gli articoli Del xxix Luglio e “per un cencio di repubblica”, «La Ragione della Domenica», 30 luglio 1911, e Il mio repubblicanesimo, cit.), grazie anche alla frequentazione di alcuni dei più noti esponenti del repubblicanesimo italiano e torinese, tra i quali l’anziano garibaldino Ergisto Bezzi e il tipografo mazziniano Terenzio Grandi. Questa sorta di sincretismo politico-culturale lo porta, in occasione della Settimana rossa e nel periodo immediatamente successivo, a farsi convinto assertore della necessità non solo di una più stretta intesa tra le diverse anime del movimento anarchico, ma anche di addivenire all’unione di tutte le forze sovversive in chiave rivoluzionaria e repubblicana (una relazione a tema di G., Gli anarchici di fronte agli altri partiti sovversivi, figura nel programma del congresso nazionale anarchico di Firenze, previsto per il 16 e 17 agosto 1914, ma mai svoltosi); necessità, quest’ultima, difesa ancora alla vigilia della conflagrazione europea (cfr. La necessità della repubblica. Io difendo il blocco rosso, «L’Iniziativa», 1 ago. 1914), e che gli vale non poche critiche, ad esempio da parte di L. Fabbri. Ma le propensioni mazziniane e sindacaliste hanno certo un peso non secondario nel determinare l’approdo di G. all’interventismo rivoluzionario (a conclusione di un breve percorso iniziato con la pubblicazione sulle pagine di «Volontà», l’8 agosto 1914, del controverso articolo Tra il fumo e il sangue della grande guerra, nel quale egli, preso atto del crollo dell’Internazionale, sostiene l’opportunità che in caso d’invasione austriaca dell’Italia anche gli anarchici impugnino le armi in difesa della libertà), e il conseguente suo distacco dal movimento libertario, accompagnato da infuocate polemiche. G. è dunque nel manipolo degli anarchici interventisti, collaborando attivamente a «La Guerra Sociale», l’organo della frazione anarcointerventista diretto da Edoardo Malusardi. A suo tempo riformato per gravi motivi di salute, ottiene comunque di farsi richiamare alle armi, il 21 luglio 1916, per essere tuttavia definitivamente congedato poco tempo dopo. Nel corso della guerra l’ormai ex anarchico viene rafforzando il proprio repubblicanesimo (fino a sposare la proposta, avanzata da Maria Rygier nel tardo autunno del 1915, di far confluire tutte le forze dell’interventismo rivoluzionario nel PRI) e sviluppa altresì una nuova coscienza produttivista, stimolata dall’assidua collaborazione con il mussoliniano «Il Popolo d’Italia». Produttivismo e trincerismo sono all’origine, nel dopoguerra, della convinta adesione di G. al fascismo. Presente alla riunione di Piazza S. Sepolcro del 23 marzo 1919, due giorni dopo G. è tra i promotori del Fascio di combattimento torinese, del quale assume la segreteria, in seguito dirigendo per qualche tempo «Il Maglio», organo di quel Fascio. Gli anni della sua militanza fascista sono contrassegnati, sotto il profilo politico, da un susseguirsi di alti e bassi, cui si aggiungono l’aggravarsi delle condizioni di salute, a seguito dell’insorgere di una grave malattia, e il perdurare delle ristrettezze economiche. Esponente dell’ala “sinistra” del movimento fascista, G. vive dunque continui contrasti con Cesare Maria De Vecchi. Dopo la marcia su Roma, l’ex tipografo anarchico, pur tra non poche ambiguità e reticenze, si schiera di fatto con i moderati del PNF a favore della normalizzazione, contro il perdurare dell’illegalità squadristica (famoso l’episodio in cui egli, insieme a Rocca, fa giungere una corona di fiori sul feretro dell’amico Carlo Berruti, consigliere comunale comunista – ed ex anarchico –, brutalmente assassinato dagli squadristi nell’ambito dei drammatici fatti di Torino del dicembre 1922). Per questa via G. arriva ad appoggiare l’infruttuosa campagna revisionista intrapresa da Massimo Rocca a partire dal settembre del ’23, ma le forti resistenze incontrate, sia a livello locale che nazionale, e la salute vieppiù malferma finiscono per limitarne inevitabilmente l’operato politico. Muore a Torino il 28 settembre 1924. (A. Luparini)
Fonti
- Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen.
Bibliografia: Vita di Mario Gioda narrata da Giovanni Croce, a cura del gruppo rionale fascista Mario Gioda, Torino 1938; E. Mana, Origini del fascismo a Torino (1919-1926), in Torino fra liberalismo e fascismo, a cura di N. Tranfaglia e U. Levra, Milano 1987, ad indicem; M. Antonioli, Gli anarchici italiani e la Prima Guerra mondiale. Lettere di Luigi Fabbri e di Cesare Agostinelli a Nella Giacomelli (1914-1915), «Rivista Storica dell’Anarchismo», gen.-giu. 1994; Id., Gli anarchici italiani e la Prima Guerra mondiale. Lettere di anarchici interventisti (1914-1915), « Rivista Storica dell’Anarchismo», gen.-giu. 1995; Dizionario biografico degli italiani, Roma [pubbl. in corso], ad nomen; Luparini, passim; P.C. Masini, Gli anarchici fra neutralità e intervento (1914-1915), « Rivista Storica dell’Anarchismo», lug.-dic. 2001; M. Antonioli, Nazionalismo sovversivo?, « Rivista Storica dell’Anarchismo», gen.-giu. 2002.
Codice identificativo dell'istituzione responsabile
- 181
Note
- Paternità e maternità: Vincenzo e Raimonda Vianetto
Bibliografia
- 2003